Road to Oscar 2023: la Migliore sceneggiatura Originale e Adattata

Road to Oscar 2023

La sceneggiatura è una scrittura di servizio, non è mai un’opera conclusa ma aspetta sempre l’intervento di qualcun altro per entrare nel regno dell’essere. La sceneggiatura però racconta una storia, spesso setta i tempi e il tono di un film (nel nostra cosa parliamo di sceneggiature cinematografiche, ovviamente) ed è giusto che, come tutti i mestieri del cinema, abbia un posto anche nell’ambito dei riconoscimenti assegnati dall’Academy Awards.

 

Anche per gli Oscar 2023, le categorie di eccellenza dedicate alla sceneggiatura sono due, la prima per la migliore sceneggiatura originale, ovvero la storia che è frutto dell’invenzione dell’autore della stessa, e la seconda è per la migliore sceneggiatura adattata, che parte quindi da un’opera pre-esistente, che più spesso è un libro, ma può essere anche un articolo di giornale, un’inchiesta, un fumetto, insomma un’altra storia pre-esistente che viene declinata nel linguaggio cinematografico. Scopriamo insieme quali sono i candidati di quest’anno per le migliori sceneggiature e cerchiamo di capire a chi andrà l’Oscar 2023 per la migliore sceneggiatura originale e adattata.

Sceneggiatura adattata

La cinquina in categoria è estremamente varia, quest’anno, sia per genere che per ambizione che i film in oggetto hanno. Si parte dal tedesco Niente di nuovo sul fronte occidentale, riadattamento (il terzo) del romanzo omonimo di Erich Maria Remarque. Pur non trattandosi di ‘un’operazione particolarmente ispirata o efficace, la scrittura del film è comunque molto solida, partendo da un romanzo che ha fatto la storia del genere, eppure desta perplessità la sua presenza in cinquina. D’altronde però il film stesso, che ha guadagnato 9 nomination, è un piccolo caso di stagione, dal momento che ha sto-vinto ai BAFTA e che conta di portare a casa qualche riconoscimento anche presso l’Academy. Edward Berger, che firma anche la regia, non brilla certo per originalità, ma è probabile che il momento storico abbia fatto sentire la necessità di valorizzare il suo lavoro.

Secondo titolo in nomination è Glass Onion: A Knives Out Mystery, firmata da Rian Johnson. Anche in questo caso, il mistero è più nella nomination che nel film, dal momento che, a differenza della perfezione strutturale con il quale era stato scritto il film di cui questo è un sequel diretto (Cena con delitto, 2019), in questo casi i meccanismi non sembrano bene oliati e il dramma prende presto il posto del whodunit, che dovrebbe essere invece il cuore del progetto. Questo posto in nomination sembra però in qualche modo dovuto a un film che, battente bandiera Netflix, gode della fortuna del suo predecessore.

Uno dei titoli più interessanti degli ultimi mesi e che con sorpresa è arrivato fino agli Oscar con due nomination (l’altra è per la splendida performance di Bill Nighy da protagonista) è Living, diretto da Oliver Hermanus e remake dello splendido Vivere di Akira Kurosawa. Lo stile giapponese, dilatato e delicato trasuda da ogni frame del film e apparentemente anche dalla scrittura, discreta, precisa, sempre elegante, forse anche troppo formale, come il protagonista di cui racconta. Firmato dallo scrittore giapponese Nobel per la letteratura Kazuo Ishiguro, lo script di Living merita a tutti gli effetti di essere riconosciuto come uno dei migliori testi dell’anno, anche se forse ha davvero poche possibilità di vittoria.

Steven Spielberg lo ha definito il film che ha salvato il cinema, e per molti versi è così: Top Gun: Maverick arriva alla Notte degli Oscar 2023 con diverse nomination, qualcuna in meno (quella a Tom Cruise come migliore protagonista, molto attesa) e qualcuna in più, come questa alla sceneggiatura, che più che omaggiare il testo in sé, omaggia la perfezione del lavoro cinematografico svolto nel dare anima a un sequel a 36 anni dall’originale. Ehren KrugerChristopher McQuarrie e Eric Warren Singer hanno svolto un lavoro che più che ispirato o “bello”, oseremmo definire solido; il film funziona in ogni sua parte, è un ottimo blockbuster, tocca le corde giuste, riesce a coinvolgere e emozionare il suo pubblico, è tutto ciò che un film dovrebbe essere, ma forse premiarlo per la sceneggiatura sembra forse fuori luogo, se non fosse, ed è importante dirlo, che l’hanno cinematografico è stato abbastanza sotto tono e quindi spazio anche ai sequel (è il secondo nominato in categoria) e spazio anche all’ego di Cruise che si propaga in ogni aspetto del film.

Come dicevamo in apertura di questo articolo, la sceneggiatura adattata è una sceneggiatura che parte da qualcosa di già esistente, e nel caso di Women Talking – Il diritto di Scegliere, quinto titolo di categoria, la sceneggiatura è stata tratta da fatti avvenuti nella colonia Manitoba in Bolivia nel 2011. Scritto e diretto da Sarah Polley, il film avrebbe dovuto avere, nelle speranze di chi lo ha realizzato, molto più spazio in questa stagione dei premi, ma si è ridotto ad ottenere soltanto questa nomination unitamente a quella di Miglior Film, che però sembra esclusivamente un riconoscimento dell’Academy, visto che il film ha davvero pochissime possibilità di portare a casa il premio. Tuttavia il lavoro di sceneggiatura di Polley vale la pena di essere preso in considerazione, perché si fa portatore di una sensibilità contemporanea che è importante raccontare e soprattutto si avvale di un gruppo di interpreti che lo portano in vita davvero eccellenti. È davvero improbabile che vincerà, ma è molto bello che sia qui.

Sceneggiatura originale

I contendenti in questa categoria sono senza dubbio interessanti e, come per la categoria gemella, spaziano tra generi e toni. Guida la cinquina Gli Spiriti dell’Isola di Martin McDonagh. Il film, reduce da una stagione dei premi davvero soddisfacente, con grandi successi ai Golden Globes e ai BAFTA, è trai favoriti di categoria, dal momento che McDonagh è molto ben voluto dall’Academy soprattutto per quanto riguarda il suo lavoro di sceneggiatore. Il film è la testimonianza di come un bravo scrittore, quale lui è, riesce a declinare i dilemmi dell’esistenza umana in toni e inflessioni differenti in base alla storia che scegli di raccontare. In questa spietata eppure brillante fotografia della nostra realtà, McDonagh dà davvero il meglio della sua arte che difficilmente lascerà indifferenti i membri dell’Academy, se non fosse per un fortissimo contendente…

Parliamo ovviamente dell’Asso Piglia Tutto Everything Everywhere All at Once che sta facendo piazza pulita in questa season awards e che, ricordiamolo, ha già vinto il premio del sindacato degli Sceneggiatori, il WGA, assegnato a Daniel Kwan e Daniel Scheinert, che firmano anche la regia. Questa maniera disorganica, sbilenca eppure perfettamente controllata di raccontare la storia di una “donna normale” (per quanto può essere normale un personaggio interpretato dalla divina Michelle Yeoh) è senza dubbio il punto forte di uno script che, mai come in questo caso, è al servizio della realizzazione di un film assolutamente sui generis, che ha entusiasmato tanto il pubblico e la critica.

The Fabelmans è la grandezza di Steven Spielberg allo stato puro dell’arte. Non esiste un altro cineasta che, dopo aver raccontato, sempre ad altissimi livelli, tutte le storie e i mondi raccontabili, riesce a conservare una tale freschezza, una tale concentrazione e una tale fiducia nella parola scritta per il cinema quanto questo regista che nel suo 70 anni confeziona un’opera così densa e dolorosa eppure piena di speranza e fiducia nel sogno che ha vissuto tutta la vita. Il segreto del film è proprio nella sua scrittura, con buona pace degli ottimi interpreti, e se The Fabelmans dovesse davvero essere premiato in questa categoria, si potrebbe trattare davvero di uno di quei rari casi in cui a vincere è davvero il migliore.

Come Gli Spiriti dell’Isola, arriva dal Festival di Venezia anche il quarto titolo di questa piccola compagnia di nominati. Parliamo di Tár, scritto e diretto da Todd Field. Il film si poggia completamente sulle spalle della sua grande interprete, Cate Blanchett, che non a caso gareggia per la statuetta di migliore protagonista, ma a nulla sarebbe servito il suo talento se non fosse stato sorretto da una scrittura così affilata e originale. Il film racconta di come il potere piega le coscienze, tutte le coscienze, e lo fa attraverso il personaggio di Lidia Tár, direttore d’orchestra di fama internazionale che lentamente scivola nella pazzia proprio a causa di quel potere che con fatica e dedizione si è guadagnata. Questo punto di vista, così insolito nella contemporaneità, si dimostra fondamentale per rientrare il discorso sul potere che troppo spesso si riduce semplicemente a una conversazione contro il patriarcato. Il film di Field ci mostra proprio attraverso la sua scrittura che il più grande nemico della parità è appunto il potere e l’abuso di esso nelle mani di chi lo detiene.

Chiude questa cinquina di altissimo profilo Triangle of Sadness. Nel 2017, Ruben Ostlund aveva vinto la Palma d’Oro a Cannes con The Square, e questo lo aveva messo sotto i riflettori del cinema internazionale e di Hollywood in particolare. Con la replica di una vittoria così prestigiosa nel 2022 con Triangle of Sadness, il regista svedese che piace così tanto alla Hollywood brillante e riuscito a trovare il suo spazio anche trai nominati agli Oscar 2023, dove concorre in tre delle categorie più prestigiose del premio: Miglior Film, Miglior Regia e, appunto, Migliore Sceneggiatura Originale. Il regista e sceneggiatore svedese non ha niente da invidiare agli altri candidati, che al massimo conosco meglio le regole del gioco, ma sicuramente è un segnale molto importante per l’industria del cinema, il fatto che film in lingua non inglese finiscano con questa frequenza nelle categorie della scrittura. Ha pochissime possibilità di vittoria, ma la satira contro la ricchezza e il lusso che fa Ostlund è sicuramente una via intelligente e efficace di entrare nei meccanismi dell’industria di Hollywood.

Chi vincerà gli Oscar 2023 alle sceneggiature?

Il panorama di candidati alle migliori sceneggiature per gli Oscar 2023 è senza dubbio vasto, ma soprattutto vario. È davvero interessante la differenza di toni e generi che questi dieci film rappresentano e quanto siano inclusivi dal punto di vista dei temi e della provenienza. È chiaro che non c’è una rappresentazione 1:1 di quello che è il mercato di Hollywood, ma sicuramente mostra una interessante pluralità di voci che rappresentano a tutti gli effetti il vero e proprio senso degli Academy Awards e dei premi in generale. Queste competizioni raramente vedono trionfare il film migliore, ma da moltissimi anni ormai si concentrano di più su quello che è il lavoro che invece parla di più alla contemporaneità.

Alla luce di questa osservazione tutt’altro che marginale, sembrano quasi scontate le vittorie nelle rispettive categorie, di Niente di nuovo sul fronte occidentale e di Everything Everywhere All at Once che in un modo o nell’altro sono effettivamente opere che raccontano il nostro tempo, nel caso del primo titolo suo malgrado. E se nella categoria Migliore sceneggiatura Adattata i giochi sembrano fatti, resta comunque forte la speranza di Gli Spiriti dell’Isola di portare a casa questo riconoscimento, dal momento che per le altre categoria in cui è nominata è davvero difficile che riesca a spuntarla. Il giudizio è rimesso al gusto dell’Academy, che la notte del 12 marzo, dal Dolby Theatre, incoronerà il meglio dell’industria cinematografica degli ultimi dodici mesi.

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