Mauro Corona, la mia vita finché capita: intervista al regista Niccolò Pagani

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Presentato in anteprima al 73. Trento Film Festival nella sezione non competitiva Anteprime, Mauro Corona, la mia vita finché capita è il nuovo film di Niccolò Pagani che ritrae da molto vicino e con un approccio ferocemente intimo un uomo complesso in un continuo andare e venire indietro e avanti nel tempo. Il film arriverà il 5 maggio nelle sale italiane, distribuito da Wanted Cinema e noi abbiamo raggiunto il regista, Niccolò Pagani, che ci ha raccontato la genesi del progetto.

Quando si decide di fare un documentario e investire del tempo per raccogliere la storia di una personalità importante, si parte in genere da una fascinazione per quel personaggio. Da dove nasce il tuo interesse per Mauro Corona e qual è la genesi di questo progetto?

“In realtà conoscevo Mauro, come tutti noi, come personaggio televisivo, ospite di Carta Bianca, ma non avevo mai preso in considerazione l’idea di raccontarne la storia. Poi sono stato invitato alla presentazione di un suo libro e siamo andati a pranzo insieme. Mi è bastato sentirlo parlare per 10 minuti per capire che c’era un universo dietro a quell’uomo, il personaggio di Carta Bianca non era affatto la stessa persona con cui stavo parlando. A quel punto ho deciso che c’era una storia bella da raccontare.”

Quando Corona racconta la sua vita e il suo lavoro lascia costantemente intendere che ci sia una sola verità: tutto è importante, ma nulla conta davvero. La sua partecipazione a questo progetto e la scelta di raccontare la sua storia sono state dettate dallo stesso principio, secondo te? 

“Assolutamente così. Quando abbiamo cominciato a parlare di questo progetto, lui era preoccupato della mancanza di interesse delle persone in un racconto della sua vita. Ma poi il suo approccio è stato uguale a quello che ha per tutte le cose che fa nella vita, che può essere riassunto perfettamente nella frase che lui stesso cita di Mario Rigoni Stern: ‘E’ tutto niente’. Quello è stato il suo approccio: metterci l’anima ma allo stesso tempo essere consapevoli che nulla abbia davvero un valore. Questo principio caratterizza il personaggio di Mauro Corona e il suo modo di vivere, ma ha finito per caratterizzare anche il film: mi ha dato la possibilità di tenere una macchina da presa sulla sua faccia e lui è riuscito a essere molto spontaneo, per lui non faceva alcuna differenza. Perché a lui non importava che ci fosse la macchina da presa, era spontaneo e diretto.”

Come si contiene una personalità così esuberante all’interno dei parametri di un film?

“Questa è stata l’operazione più difficile per la sua esuberanza. Metterlo nelle gabbie di una produzione cinematografica che ha un ritmo e un tempo è stata la cosa più complicata di tutte. Ho cercato di lasciargli più spazio possibile, sapendo che poi in fase di montaggio, che ho seguito io in prima persona, avrei dato una struttura al suo flusso di pensiero. Ho cercato di non contenerlo affatto e poi lavorare in montaggio in maniera più faticosa ma che mi avrebbe garantito un risultato migliore.”

Quindi, la scrittura del film è avvenuta in fase di montaggio?

“C’erano dei temi e degli argomenti che volevo venissero fuori dalle nostre chiacchierate. Dal rapporto con i genitori, a quello con la scrittura e la scultura, con la montagna e la scalata, erano tutti argomenti che volevo lui affrontasse, ma la struttura ultima è stata data in fase di montaggio, anche per questo ho deciso di montare io il film. Credo che nei documentari la mano del regista si sente soprattutto il quella fase della lavorazione.”

Questo tipo di lavoro ti ha permesso di dare al film una struttura quasi circolare, in cui si parte dal racconto familiare e del padre, e si chiude con un momento di grande tenerezza sulla tomba della madre, e quindi di nuovo alla famiglia che nel suoi due pilastri è stata per lui così diversa e in conflitto.

“Il ritorno al tema toccato all’inizio del film nella conclusione è stato un tratto cercato che è stato notato da molti, e mi rende particolarmente contento, perché è un ritorno all’origine, e in mezzo, come dice il titolo ‘la vita finché capita’, con il racconto delle esperienze e anche delle persone che in qualche modo hanno fatto parte e fanno parte del suo percorso.”

Il confronto tra Mauro Corona e Erri de Luca verso la fine del film è uno dei passaggi più densi. Che emozione è stata assistere al confronto di questi due intellettuali così diversi ma allo stesso tempo cosi in connessione?

“Non riesco mai a essere distaccato quando racconto una storia, perché mi faccio coinvolgere emotivamente e comincio a guardare il film dagli occhi dello spettatore, riflettendo su quale possa essere il messaggio ultimo di questa storia. Tenevo tantissimo all’incontro con Erri de Luca perché lo stimo moltissimo, sono stato molto contento di averlo nel film, e credo che abbia offerto uno dei confronti più belli di tutto il film, proprio per questa differenza di visione della vita che hanno i due. Erri porta una ventata di ottimismo, che fino a quel punto non era riuscita a entrare nel film.”

Mauro Corona, la mia vita finché capita arriva il sala il 5 maggio distribuito da Wanted Cinema.

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
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