Argylle – La super spia: recensione dello spy con Henry Cavill

Nell'azione troviamo coinvolti anche Dua Lipa, che ci accoglie nella storia, Bryce Dallas Howard, Sam Rockwell, Bryan Cranston.

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Annunciato dal 2021, è da allora che aspettavamo il film nel quale Matthew Vaughn era riuscito a coinvolgere la star Dua Lipa (prima ancora della sua apparizione come sirena in Barbie). Finalmente Argylle – La super spia arriva in sala, distribuito al cinema da Universal Pictures a partire dal 1 febbraio 2024, e con lui tutti gli strani personaggi partoriti dalla fantasia “contorta” del regista della saga di Kingsman (ma soprattutto di Stardust e Kick-Ass) e produttore dei primi film di Guy Ritchie. Uno, insomma, che col cinema, i generi e le aspettative si diverte da sempre a giocare, e che in questa occasione ha trascinato nel suo mondo anche Henry Cavill, Bryce Dallas Howard, Sam Rockwell, Bryan Cranston, Catherine O’Hara, Ariana DeBose, John Cena, Samuel L. Jackson e la Sofia Boutella di Rebel Moon.

 

Argylle – La super spia, la trama

Elly Conway (Howard) è la solitaria autrice di una serie di romanzi a tema spionistico in testa a ogni classifica di vendita e di gradimento. Per lei il massimo della vita è una serata a casa al computer con il proprio gatto, Alfie, almeno fino a che non piomba nella sua vita Aidan (Rockwell), una spia allergica ai felini. Una spia vera, non come l’agente segreto Argylle protagonista delle storie che scrive, nelle quali racconta della sua lotta per impedire il piano della Divisione, una potentissima organizzazione criminale su scala planetaria. Una trama pericolosamente simile a quella che sembra esser ordita davvero e per opporsi ala quale la povera Elly – per tacer del gatto – si troverà a dover correre in giro per il mondo per rimanere sempre un passo avanti a quegli spietati assassini, mentre la separazione fra il suo mondo di finzione e quello reale sembra farsi sempre più sfocata.

Realtà, ma soprattutto illusioni

E proprio del continuo intrecciarsi e alternarsi di realtà e fantasia vive questo primo capitolo di una annunciata trilogia. Nel quale, parafrasando il Conte Mascetti di Amici miei, pare esserci tutto e invece… Di certo, c’è l’attesissima Dua Lipa, giocata come un jolly sin dall’incipit, in una dance scene che difficilmente ruberà il titolo di iconico a quella di John Travolta e Uma Thurman in Pulp Fiction, ma che permette al pubblico di sincronizzarsi immediatamente con il tono dello spy thriller più infarcito di bugie e menzogne in circolazione.

O almeno con un livello di esso, considerato che anche la rocambolesca e spettacolare scena iniziale – ormai imprescindibile, almeno per ogni film di agenti segreti che si rispetti – si svolge tutta nella fantasia dell’autrice protagonista, la tranquilla e casalinga Elly interpretata da Bryce Dallas Howard. Sarà lei l’anello di congiunzione tra le diverse realtà assemblate da Vaughn (anche con trovate simpatiche di regia), stavolta meno felice nel tenere in equilibrio follia e coerenza narrativa, trovate e personaggi. Che pure non mancano.

argylle la super spiaPiatto ricco, mi ci impiccio

In Argylle, la spia inespressiva da videogioco di Henry Cavill fa il paio con l’agente segreto troppo impreparato per essere vero dell’irresistibile Sam Rockwell, come l’MVP Bryan Cranston fa il paio con se stesso e Samuel L. Jackson con “quello nero di un film qualunque” su cui ironizzava Seth MacFarlane in Ted. Insomma, un gioco di ruolo continuo che qualsiasi sceneggiatore avrebbe avuto difficoltà a gestire e che anche il Jason Fuchs di La La Land e It – Capitolo 2 non riesce sempre a tenere sotto controllo (ammesso che non sia vera la leggenda che vorrebbe Taylor Swift come vera Elly Conway e autrice del libro alla base della storia).

Uno spy che gioca col pubblico

Si consiglia di prenderlo con molto spirito, e pronti a giocare, per sorvolare più facilmente su qualche leggerezza e artificiosità e godersi la rilettura ironica dei canoni del genere spy-action. Anche perché nella prima ora il mix funziona – senza assomigliare né ai vari Kingsman, Austin Powers o Get Smart, ma evitando di raggiungere il livello del terribile Mordecai – affidandosi a qualche furbizia formale per movimentare l’azione quando la trama mostra i primi cedimenti. Purtroppo in Argylle – La super spia la carne al fuoco è troppa, per quanto il moltiplicarsi delle possibilità e delle citazioni (inevitabile e dovuta quella esplicita a un cult come The Manchurian Candidate) si assicurino l’attenzione dello spettatore, più per curiosità che per la tensione che tanta critica statunitense ha esaltato, vista la sostanziale prevedibilità dell’intreccio.

Che si conclude in maniera piuttosto dovuta, dopo una eccessivamente prolungata risoluzione, e un finale multiplo, dopo aver messo in scena ogni possibile stereotipo del genere e aver trovato spazio per un altro numero di ballo – surreale quanto letale – con la promessa di continuare ancora il gioco di specchi. Moltiplicandolo, vista l’apparizione che apre a una nuova lettura dello spettacolo al quale abbiamo dovuto assistere nelle oltre due ore appena trascorse. Ma avremo tempo per preparaci, ammesso che la trilogia – anche quella – diventi realtà.

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