Wildlife: recensione del film di Paul Dano

wildlife

È tratto dall’omonimo romanzo di Richard Ford, Wildlife, l’esordio al cinema dietro alla macchina da presa di Paul Dano, presentato come film d’apertura della 57° Semaine de la Critique a Cannes 2018. Dano, che firma anche la sceneggiatura con la compagna Zoe Kazan, anche lei attrice e produttrice, decide di eliminare l’elemento di flashback del romanzo, che permetteva al protagonista di raccontare tutti gli eventi con “il senno di poi” e proietta tutta la storia nel presente.

 

In Wildlife Montana, anni ’60, una coppia con un figlio quattordicenne si è appena trasferita ma, di fronte a difficoltà con il lavoro, i due si allontanano e si separano. Tutto il dramma familiare viene raccontato attraverso gli occhi del tranquillo e riflessivo Joe (Ed Oxenbould) che guarda ai genitori come a un esempio di idillio a inizio film e che si troverà a fare da unico testimone alla dolorosa divisione.

Paul Dano è un attore straordinario: dotato di un volto poco comune e che sfugge alle definizioni hollywoodiane, sfugge grazie al talento alla trappola del caratterista e, nel tempo, ha collezionato tanti ruoli incredibili, che lo hanno preparato a raccontare questa storia con uno stile che non sorprende, nel senso che si allinea al suo approccio alla professione dell’attore.

Nonostante diriga due superstar, Carey Mulligan e Jake Gyllenhaal, Dano appoggia tutta la storia sulle spalle di Oxenbould, giovane e bravo interprete che mostra subito una somiglianza incredibile con lo stesso regista. Il suo Joe è un testimone, vive il suo rapporto con i genitori in maniera passiva, incapace di far capire al padre che non vuole giocare a football prima, e allo stesso modo impotente di fronte ai colpi di testa e ai tradimenti della madre.

A loro volta i genitori lo vedono come emanazioni di se stessi: per Jerry dovrebbe essere il classico ragazzo che per fare amicizia deve frequenta la squadra di football, sport per cui il ragazzino non è affatto dotato; per Jeanette diventa invece, nel corso del film, un confidente, contro la sua volontà, una persona a cui raccontare i propri turbamenti, di fronte alla solitudine della sua vita, indirizzata a forza solo verso la casa e la famiglia.

Wildlife racconta la difficoltà di un uomo di essere all’altezza delle proprie aspettative, l’impossibilità di una donna di assecondare il suo “istinto moderno” in un periodo storico sbagliato, l’approccio di un ragazzino metidabondo alla vita adulta. Mostrando tutti i particolari degli eventi con equilibrio e misura, Paul Dano regala al film un attento studio delle psicologie, scelte visive accurate, soprattutto un tono dolcemente malinconico che si esplicita nel finale, nell’espressione contrita di Jaenette, in quella affranta di Jerry, soprattutto nel sorriso sospeso di Joe.

- Pubblicità -
RASSEGNA PANORAMICA
Chiara Guida
Articolo precedenteCaptain Marvel: il cinecomic “sarà qualcosa di mai visto prima nel MCU”
Articolo successivoIron Man: rubata l’armatura originale di Tony Stark, la polizia di Los Angeles indaga
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
cannes-2018-wildlife-recensione-del-film-di-paul-danoWildlife racconta la difficoltà di un uomo di essere all’altezza delle proprie aspettative, l’impossibilità di una donna di assecondare il suo “istinto moderno” in un periodo storico sbagliato, l’approccio di un ragazzino metidabondo alla vita adulta.