“L’ingegneria dei videogiochi mette in campo una vera e propria creazione di un mondo, oggi, molto più che un film. L’estetica di un gioco per me è una delle forme espressive più interessanti in circolazione”. Con queste parole il regista Harmony Korine presentava il suo film AGGRO DR1FT al Festival di Venezia nel 2023. Un esperimento, il suo, che contribuiva alla spinta verso un superamento del cinema così come lo conosciamo verso una maggiore ibridazione con l’arte, l’estetica e le regole dei videogiochi. Poco più di un anno dopo, ecco arrivare Grand Theft Hamlet, un documentario realizzato interamente all’interno di un videogioco e basato su uno spettacolo teatrale, anch’esso avvenuto nel medesimo ambiente virtuale.
Si tratta dell’esperimento realizzato da Pynny Grylls e Sam Crane, con la partecipazione dell’attore Mark Oosterveen, che si configura come nuova clamorosa dimostrazione di quanto profetizzato da Korine. Già da tempo, in realtà, il cinema ha ripreso a piene mani certe dinamiche dei videogiochi per includerle all’interno delle proprie convenzioni. Film come Source Code o Edge of Tomorrow ne sono un esempio. Ma con Grand Theft Hamlet si giunge a qualcosa di completamente nuovo, un post-cinema che apre ad una serie di scenari particolarmente entusiasmanti e ad una serie di riflessioni su quella che di qui a pochi anni potrebbe diventare una realtà molto più diffusa.
La trama di Grand Theft Hamlet
Gennaio 2021. Il Regno Unito è al suo terzo lockdown. Per gli attori teatrali Mark e Sam, il futuro appare desolante. Il primo – single e senza figli – è sempre più isolato socialmente, mentre Sam è in preda al panico per il mantenimento della sua giovane famiglia. Insieme, trascorrono le loro giornate nel mondo digitale online di Grand Theft Auto e quando si imbattono in un teatro, hanno improvvisamente l’idea di mettere in scena una produzione completa di Amleto all’interno del gioco. Grand Theft Hamlet racconta dunque la loro ridicola, esilarante e commovente avventura, mentre combattono contro violenti truffatori e scoprono sorprendenti verità sulla vita, sull’amicizia e sul potere duraturo di Shakespeare.
Fuga dal mondo reale
Ci si potrebbero scrivere pagine e pagine su un film (anche se chiamarlo tale è riduttivo) come Grand Theft Hamlet, per cui cerchiamo di andare con ordine. Partiamo con il dire che – come avranno intuito gli appassionati – il videogioco all’interno del quale si svolge il racconto proposto da Grylls, Crane e Oosterveen è GTA, ovvero Grand Theft Auto, una serie di videogiochi action-adventure open world, tra le più famose di tutti i tempi, in cui il giocatore controlla un fuorilegge e la sua ascesa nella criminalità organizzata, portando a termine specifiche missioni o anche semplicemente dandosi alla pazza gioia girovagando per la città. Pazza gioia che, normalmente, prevede l’infrangere ogni regola possibile.
Di questo videogioco esiste anche una versione online, dove singoli utenti possono dunque incontrarsi, interagire – e soprattutto uccidersi brutalmente a vicenda – in un mondo virtuale in cui tutto è concesso, compreso l’allestire uno spettacolo teatrale, come dimostrato dagli autori di Grand Theft Hamlet. La volontà di Crane e Oosterveen, nata dall’esigenza di contrastare la depressione data dal periodo del Covid-19 nasce dunque come una vera e propria evasione dalla realtà, ritrovando in GTA Online il luogo ideale dove poter fare tutto ciò che in quel preciso momento storico non era possibile fare nella realtà.
Si sviluppano già da qui una serie di riflessioni sui mondi virtuali oggi disponibili, in cui è possibile entrare con degli avatar (impossibile non pensare, su questo tema, all’esemplare Avatar di James Cameron). Nel momento in cui il mondo reale diventa un luogo sempre più ostile, tra guerre, malattie e preoccupanti scenari politici, ecco allora che le realtà virtuali diventano dei luoghi utopici in cui poter trovare riparo, lasciandosi alle spalle ogni preoccupazione. Certo, si tratta a suo modo di una fuga, quando sarebbe più costruttivo cercare di risolvere le problematiche del mondo, ma difficile non comprendere le ragioni che portano a sceglierla, specialmente dinanzi ad una situazione come quella del lockdown che non offre alternative.
Benvenuti nell’epoca del post-cinema
Andando nel merito del film, però, la prima cosa che colpisce è come sia stata riposta grande attenzione nel replicare la grammatica cinematografica, con tutta l’ampia gamma di inquadrature possibili, dai totali ai primi piani. Regole che da tempo il mondo dei videogiochi ha ereditato, rielaborandole e riproponendole però a modo proprio. L’effetto è straniante, ma anche fortemente affascinante, in quanto ci porta a vivere un vero e proprio cortocircuito sulla natura di ciò che stiamo guardando. Non è live action, non è animazione, è il frutto di un progresso tecnologico che promette di rivoluzionare completamente l’arte del fare cinema.
Data la grande definizione e cura dei dettagli che i videogiochi di oggi riescono a proporre, non è impensabile l’idea che sempre più produzioni cinematografiche possano affidarsi a queste possibilità virtuali per realizzare le proprie storie, potenzialmente abbattendo enormemente i normali costi che oggi si hanno. Divertente, a tal proposito, il dettaglio dell’avatar di Pynny Grylls che, in quanto regista del documentario, è presente in scena intenta a svolgere le riprese (ovviamente finte) con uno smartphone. Chiariamoci, il cinema per come lo conosciamo oggi, fatto di attori in carne ed ossa e set tangibili, non sarà mai del tutto sostituito, ma di certo è evidente che siamo sulla via di una progressiva co-esistenza di queste realtà.
Grand Theft Hamlet lo dimostra ampiamente, proponendoci un gioco al quale si partecipa volentieri, tranquillizzati da ciò che in esso ci è familiare e ammaliati dalle sue evidenti particolarità. Un contrasto perfettamente rappresentato anche dalla volontà di mettere in scena un testo classico per eccellenza come l’Amleto di William Shakespeare all’interno di un contesto ultra contemporaneo. Tutti elementi che rendono il film semplicemente imperrdibile, per alcuni probabilmente respingente, ma di certo inevitabile dimostrazione delle possibilità del cinema del futuro (o meglio, del presente).
Un film che si interroga anche sull’elemento umano
Grand Theft Hamlet è dunque prima di tutto un’esperienza visiva, certo, ma nel corso c’è anche spazio in più occasioni per una riuscita comicità – specialmente per via della frequente violenza gratuita a cui gli utenti non sanno resistere -, e si ha occasione di scoprirsi partecipi delle preoccupazioni di Sam e Mark per il futuro. Preoccupazioni di carattere umano, che l’atto di estraniarsi nel gioco non riesce a far dimenticare del tutto. Da questo punto di vista, il film è allora anche un indicatore di dove l’umanità stia andando, di come si tenda a perdere di vista l’importanza di un reale rapporto e dunque la necessità di preservarlo. Perfetto esempio, a riguardo, è la scelta di Pynny e Sam di uscire dal gioco che stanno svolgendo in stanze diverse della stessa casa e incontrarsi per davvero.
Di certo, in conclusione, torna profetica un’altra affermazione di Harmony Korine – stavolta nel presentare Baby Invasion, un film girato come uno sparatutto in prima persona: “Il motivo per cui stiamo iniziando a vedere Hollywood crollare dal punto di vista creativo è perché […] sono così chiusi nelle convenzioni, e tutti quei ragazzi che sono così creativi ora troveranno altri percorsi e andranno in altri posti perché i film non sono più la forma d’arte dominante”. Da persona follemente lucida quale si è dimostrato, ha probabilmente ragione. È all’arte del videogioco e alle sue infinite possibilità che dobbiamo guardare per capire come potrebbe essere il cinema di domani. Grand Theft Hamlet ne è un validissimo esempio.
Grand Theft Hamlet
Sommario
Con Grand Theft Hamlet si propone una vera e propria esperienza visiva, che ci offre un assaggio del cinema del futuro (o meglio, del presente) quale forma d’arte sempre più legata all’elemento videoludico e in generale alle realtà virtuali. Il film, andando oltre le apparenze, offre – oltre a tante risate – una serie di lucide riflessioni a riguardo, come anche sulle derive dell’umanità in rapporto con la crescente fuga nel virtuale.