Dopo aver interpretato Pierre, protagonista di The Quiet Son, film in concorso all’81esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Vincent Lindon torna a mostrarsi al grande pubblico alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, nel ruolo di Joseph. Con Le Choix de Joseph Cross – abbreviato Le Choix – diretto da Gilles Bourdos, l’attore francese continua a vestire i panni di un uomo solido e risoluto, che dopo aver lavorato tra i binari della ferrovia, ora si occupa di cemento e costruzioni. Due mestieri che plasmano il carattere, rendendo capace chi li svolge di affrontare imprevisti e difficoltà senza scivolare in facili ansie.
E questo è ancor più evidente in Joseph, che improvvisamente è costretto a guardare la sua vita incrinarsi e in ultimo frantumarsi, ma che grazie al suo bagaglio professionale riesce a mantenere un fragile equilibrio anche quando tutto intorno crolla. Le Choix è presentato nella sezione Progressive Cinema, ed è il remake francese dell’acclamato Locke di Steven Knight, Accanto a Lindon, troviamo le voci di Micha Lescot, Pascale Arbillot e Gregory Gadebois, che mettono alla prova la resistenza del protagonista restando fuori campo.
Le Choix, la trama
Joseph è un uomo caratterialmente forte e concreto, una particolarità che condivide con gli edifici che costruisce. Nel suo lavoro è sempre stato impeccabile, non ha mai commesso un errore e adesso lo attende la colata di cemento più grande del decennio. Non si aspetterebbe mai che la sera prima di quell’evento la sua vita sarebbe stata sconvolta da una telefonata che avrebbe cambiato le sue sorti. Senza pensarci due volte, Joseph si mette in auto, pronto ad andare verso Parigi, dove c’è qualcuno che lo aspetta. La notizia ricevuta, però, da potenzialmente bella, diventa la causa primaria dello sgretolamento, pezzo dopo pezzo, della sua esistenza. Come un palazzo robusto, ma dalle troppe crepe, l’uomo deve tentare di non crollare, cercando di tenere in piedi tutto quello per cui ha lavorato duramente, sia a livello personale che professionale.
Thriller e dramma, i capisaldi di una storia con poche emozioni
Ancora una volta, dopo il nostro simile e recente thriller-noir Non riattaccare, con una bravissima Barbara Ronchi, e ancor prima con, per l’appunto, Locke, ci troviamo a confrontarci con tre elementi chiave che dominano per 77 minuti: un’auto, un telefono (stavolta collegato al display di bordo) e una strada. La notte, incombente e soffocante, avvolge tutto, lasciando spazio solo a sprazzi di luce artificiale provenienti dai lampioni che irrompono furenti nell’abitacolo. A intermittenza fasci di luce gialla penetrano l’oscurità, illuminando il volto di un uomo che sta lottando con il proprio passato, cercando un riscatto attraverso una scelta che segnerà la sua vita futura.
L’impianto narrativo ricalca quello di Locke: telefonate incessanti, voci stanche, arrabbiate, disperate, che si alternano senza sosta riempiendo il veicolo, alle quali si aggiungono sospiri, imprecazioni, sguardi persi nel vuoto. Ma mentre nell’opera di Knight l’Ivan di Tom Hardy è sostenuto da una sceneggiatura concisa ed efficace, il Joseph di Lindon si smarrisce in una scrittura sfocata e traballante. Nonostante la staticità imposta dalla location unica – ossia l’interno di una macchina – ciò che manca in Le Choix è proprio l’emotività e la tensione palpabile, elementi che dovrebbero crescere progressivamente e guidare il ritmo del racconto.
Le telefonate, pur frequenti e decisive per il protagonista, non hanno l’impatto adeguato per far progredire la narrazione. Ogni problema sollevato sembra risolversi in pochi secondi, senza un vero climax emotivo che porti a un punto di svolta efficace e travolgente. Il risultato è di avere davanti a sé un’opera monotona, incapace di generare vero interesse o coinvolgimento.
Anche la regia, che avrebbe potuto portare dinamismo a una situazione così statica, non riesce a dare movimento o profondità, penalizzando la performance di Vincent Lindon e il suo Joseph, con un lavoro insufficiente sulla psicologia del personaggio. Nonostante il suo talento, il francese qui fatica a portare sulle spalle il personaggio, non riuscendo mai a creare una connessione autentica con lo spettatore. Ed è un vero peccato, considerato il suo indubbio valore attoriale.
Le Choix
Sommario
L’impianto narrativo ricalca fedelmente quello di Locke: telefonate incessanti, voci stanche, arrabbiate, disperate, che si alternano senza sosta riempiendo il veicolo, alle quali si aggiungono sospiri, imprecazioni, sguardi persi nel vuoto. Ma mentre nell’opera di Knight l’Ivan di Tom Hardy è sostenuto da una sceneggiatura concisa ed efficace, il Joseph di Lindon si smarrisce in una scrittura sfocata e traballante.