Piano piano, la recensione di un doppio esordio da scudetto

Nel primo film di Nicola Prosatore anche Antonia Truppo, Lello Arena e un pezzo di Mare fuori

piano piano recensione

Dopo È stata la mano di Dio, e in vista dell’esito annunciato del campionato di calcio in corso, lo scudetto del Napoli torna a fare capolino nel nostro cinema, in questo caso da sfondo al Piano piano di Nicola Prosatore (Wanna), una storia minima di formazione dalle molte sfaccettature che I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection distribuiscono in sala dal 16 marzo 2023.

 

Un esordio che aveva fatto già parlare di sé in occasione della sua anteprima mondiale alla 75esima edizione del Locarno Film Festival e delle presentazione ad Alice nella città, durante la Festa del Cinema di Roma, dove il giovane Giuseppe Pirozzi – volto noto per la serie Mare fuori, protagonista insieme alla debuttante Dominique Donnarumma – si era aggiudicato il Premio RB Casting come miglior giovane interprete italiano.

Piano piano, una storia di formazione

Loro due i ragazzi sui quali ci viene chiesto di concentrare in particolare la nostra attenzione, divisa tra le diverse figure di un microcosmo popolato di volti noti, da Antonia Truppo (qui produttrice e sceneggiatrice insieme al regista, Francesco Agostini e Davide Serino) a Giovanni Esposito e Lello Arena, in un ruolo diverso dal solito, oltre ai fondamentali Antonio De Matteo e Massimiliano Caiazzo, anche loro tra le star della serie – ormai di culto – Mare fuori.

I loro nomi, Peppino e Anna. Uno figlio del magliaro che lavora al piano terra del palazzo dove vive lei con la madre, sola e agguerrita. Ancora bambini, ma quasi adolescenti, nella periferia della Napoli del 1987. Dalla finestra della sua stanza, Anna vede il cortile del palazzo-castello in mezzo al nulla e prossimo allo sgombero, ma soprattutto vede i personaggi che lo animano, nel bene e nel male. L’incontro con un misterioso soggetto nascosto in un campo proibito annuncia la fine dell’infanzia, per entrambi, sempre più desiderosi di spazi ed esperienze. Forse non quelle che avrebbero sperato.

Obbligati a crescere, per sentirsi più grandi

Perché “i grandi si fanno male”, come dice il film, nel quale la naturale fretta di crescere che hanno i due ragazzi si unisce al desiderio di uscire dal piccolo mondo che è sempre stato la loro vita. Quella palazzina – sgomberata per fare spazio al progetto dell’Asse Mediano (anche nella realtà vissuta dalla Truppo) – nella quale il tempo non sembra passare né il futuro esistere davvero, ma dalla quale si può finire in una dimensione parallela solo attraversando un buco nel muro.

Una fuga nella favola, in una illusione che sembra in grado di sopravvivere fino a che lo sguardo resta quello dei più piccoli, già usato da altri per raccontare povertà e ignoranza, guappi e violenza, da Claudio Giovannesi a Piazza e Grassadonia. Bambini che vediamo diventare grandi rapidamente, in qualche modo protetti dal regista, che per questa storia fondata “su fatti reali e, in questo caso, in parte autobiografici” sceglie il ritmo della Self Control di Raf, in opposizione ai temi più classici che Anna non vuole più suonare sulla piccola tastiera in camera sua.

Fuori dalla bolla, il mondo

C’è bellezza e innocenza in quel piccolo intorno difeso a ogni costo, anche nell’inferno che li circonda e che viene lasciato intendere più che rappresentato esplicitamente, anche se non sempre le soluzioni trovate convincono a pieno quando si abbandona certa narrazione iperrealista per concentrarsi su una interessante e a tratti spiazzante estetizzazione. E c’è tanto affetto per quel mondo ormai scomparso, trasformato in peggio, come quasi tutto quando si cresce, gradualmente, senza che ci si potesse opporre davvero. Un po’ come succede ad Anna, che cresce da una inquadratura all’altra, di colpo, ché piano piano non si va da nessuna parte, si rimanda la fuga, si vive di sogni e di speranze.

Sono i colpi di testa, le emozioni improvvise, i desideri brucianti o le curiosità, soprattutto le curiosità, che in realtà producono movimento, producono cambiamento, nella vita di Anna, Peppino, Ciro e del misterioso mariuolo interpretato da un egregio Antonio De Matteo, inatteso e poco celestiale Virgilio nel percorso pieno di delusioni che è quello di ogni bambino, di ogni popolo, di tutti. Pedina importante di un cast completato da un Lello Arena inusualmente cattivo, anche se forse un po’ troppo teatrale nella caratterizzazione scelta dal regista.

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RASSEGNA PANORAMICA
Mattia Pasquini
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