Spider-Man Homecoming arriva al cinema con un carico di aspettative notevole, un carico che deriva dal folgorante esordio in Captain America Civil War, dal fandom indiavolato che per l’Uomo Ragno più che per qualsiasi altro supereroe (eccetto forse solo Batman) è sempre stato fedele al suo beniamino, dal fatto che per la terza volta il personaggio Marvel trova una sua incarnazione cinematografica destinata a lasciare il segno. Perché se Tobey ha fatto innamorare il mondo dei cinecomics e Andrew ha mostrato la difficoltà per il genere di reinventarsi, Tom Holland rinnova completamente lo stereotipo, non solo “portando a casa” l’eroe, all’interno del MCU, ma ridefinendone il concetto stesso, portandolo “con i piedi per terra” e vicino, vicinissimo allo spettatore.
Un rischio calcolato per la Casa delle Idee

In Spider-Man Homecoming non c’è nessun zio Ben a mostrare a Peter la retta via, e Tony Stark, per quanto affascinante mentore, non è molto pratico di ragazzini, perciò il nostro dovrà trovare da solo la strada, un cammino che passa inevitabilmente attraverso il narcisismo e l’egocentrismo smisurato degli adolescenti, con il loro senso di immortalità e di mancata percezione della realtà e del pericolo. Lo Spider-Man di Tom Holland è un liceale che desidera più di ogni altra cosa entrare negli Avengers, dopo la folle avventura berlinese (vista in Civil War), che vuole anche far colpo su una ragazza e allo stesso tempo che sente l’esigenza di mescolarsi con i suoi coetanei, dai quali si vede separato proprio dal tentativo di inseguire il suo grande sogno.
Spider-Man Homecoming come un ‘coming of age’

In Iron Man 3 (e in tutta la storia del Vendicatore con l’armatura) si poneva l’accento sulla vera natura del coraggio di Tony Stark: chi è Iron Man? L’uomo o l’armatura? Lo stesso discorso si applica in Spider-Man Homecoming, in maniera più articolata e consapevole, a Peter Parker, che insegue fama e sogni, senza conoscere effettivamente il suo valore e soprattutto i pericoli che corre e potrebbe far correre agli altri. “Se non sei niente senza il costume, allora non dovresti averlo”. Solo attraverso il castigo esiste l’espiazione e solo per questa strada il ragazzo diventa eroe, non con i suoi sensi da ragno, ma con il suo cuore e il suo coraggio di essere umano. Nell’umanità di Peter si scopre la forza di Spider-Man, come aveva saputo raccontare per immagini soltanto Sam Raimi.
L’Avvoltoio Michael Keaton di Spider-Man Homecoming

Tutto questo eroismo e il coming of age di un eroe non deve minimamente far pensare a un film serioso, dal momento che, in pieno stile Marvel, i toni e le battute di Spider-Man Homecoming sono leggeri, divertenti, anche se mai frivoli, perfettamente intonati all’età del protagonista. Proprio per questo, per una volta, l’ironia non è fuori posto, come nel caso delle ben note battutine che costellano gli altri film del franchise, ma si sposa non solo con la naturale predisposizione che proviene dai fumetti ma anche con l’età di questo Peter.
Amici nerd e zie sexy

Con una tuta ipertecnologica (protagonista di gran parte delle sequenze umoristiche), amici strani almeno quanto il protagonista, super-problemi e uno svolgimento dei fatti serrato in cui gli eventi si rincorrono senza sosta, Spider-Man Homecoming è una gioia non tanto per gli occhi, date le scene d’azione in digitale poco riuscite, quanto per il desiderio di farsi raccontare storie ben articolate, riscoprire personaggi che pensavamo di conoscere e ritrovare fiducia in un genere che mostra, ogni tanto, di saper sorprendere. Ovviamente rimanete seduti fino alla fine dei titoli di coda, la vostra pazienza verrà premiata…


