Jane Got a Gun: la spiegazione del finale del film

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Jane Got a Gun (2015) rappresenta un capitolo peculiare nella filmografia di Gavin O’Connor, regista noto per film come Warrior e The Accountant, in cui i protagonisti si trovano sempre a fare i conti con lealtà, conflitti personali e un contesto ostile. In questo western, O’Connor mantiene il suo interesse per i legami umani e la tensione morale, declinandoli in un’ambientazione che richiama il cinema classico americano. La produzione travagliata – con regista e cast cambiati più volte – non impedisce al film di mostrare la solidità del tocco registico di O’Connor.

Al centro della vicenda spicca la presenza di Natalie Portman, non solo protagonista ma anche produttrice del film, che interpreta una donna costretta a difendere la propria famiglia in un mondo dominato dalla violenza maschile. La sua Jane è una figura complessa, segnata dalla sofferenza e dalla determinazione, in grado di dare al western una sensibilità diversa da quella tradizionale. Accanto a lei, Joel Edgerton ed Ewan McGregor completano un cast che unisce intensità e carisma, contribuendo a rendere il film più stratificato di quanto possa apparire a prima vista.

Dal punto di vista del genere, Jane Got a Gun si colloca nella tradizione del western crepuscolare, in cui i miti della frontiera vengono rivisitati alla luce di un’umanità fragile e imperfetta. I temi della vendetta, della resilienza e della sopravvivenza si intrecciano con riflessioni su amore e fiducia tradita, richiamando opere come Gli spietati di Clint Eastwood o Il Grinta dei fratelli Coen, dove i protagonisti si muovono in una frontiera segnata dalla brutalità ma anche dalla ricerca di riscatto. Nel prosieguo dell’articolo ci soffermeremo in particolare sul finale del film, analizzandone significato e implicazioni tematiche.

La trama di Jane Got a Gun 

Jane Got a Gun è incentrato su Jane Hammond (Natalie Portman), che ha costruito una nuova vita con il marito Bill “Ham” Hammond (Noah Emmerich) dopo essere stati tormentati da una banda di fuorilegge chiamati Bishop Boys. La coppia si ritrova però ancora una volta nel mirino della banda quando Ham incappa in un duello con Colin (Ewan McGregor), capo della gang. Jane, che non ha nessuno a cui rivolgersi, chiede quindi aiuto al suo ex fidanzato Dan Frost (Joel Edgerton). Perseguitata da vecchi ricordi, il passato di Jane incontra il presente in una battaglia al cardiopalma per la sopravvivenza.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto di Jane Got a Gun, la tensione raggiunge il culmine quando la banda di Bishop assedia la casa di Jane e Dan. Le trappole preparate nel terreno esplodono, falciando gran parte dei fuorilegge, ma lo scontro continua feroce e senza tregua. Per proteggere Ham, ormai morente, i due lo nascondono sotto le assi del pavimento, ma le sue ferite sono troppo gravi e l’uomo muore durante l’attacco. La battaglia prosegue con Jane e Dan che, feriti ma determinati, resistono ai pochi superstiti, fino a trovarsi faccia a faccia con Bishop stesso.

Il duello finale tra Jane e Bishop segna la vera resa dei conti. Bishop riesce quasi a sopraffare Dan, ma Jane interviene alle sue spalle, ribaltando la situazione. L’uomo tenta un ultimo disperato ricatto emotivo, rivelando che Mary, la figlia che Jane credeva morta, è ancora viva e prigioniera al bordello. Dopo un confronto carico di odio e dolore, Jane lo uccide, ponendo fine a un capitolo di violenza e soprusi. Con Dan, la donna si reca quindi al bordello, libera Mary e la riporta con sé, riunendo finalmente una famiglia segnata dalle cicatrici ma pronta a ripartire.

Natalie Portman in Jane Got a Gun

Il finale assume una forte valenza simbolica: la morte di Ham non è solo la perdita di un marito, ma la chiusura definitiva con un passato di menzogne e colpe che non appartenevano del tutto a Jane. La sua uccisione di Bishop diventa così un atto di liberazione, un gesto che restituisce dignità a lei e alla sua famiglia. Al tempo stesso, la rivelazione su Mary trasforma una tragedia in un nuovo inizio, ribaltando il tema del lutto in quello della rinascita.

Per lo spettatore, il film suggerisce che la vera forza non risiede nella violenza, ma nella resilienza e nella capacità di sopravvivere alle ferite del destino. Jane emerge come un’eroina atipica del western: non una vendicatrice spietata, ma una donna che lotta per proteggere i propri cari, per non farsi più sopraffare da uomini e potere. Il legame ricostruito con Dan aggiunge inoltre un tocco di speranza, indicando la possibilità di guarigione emotiva anche dopo anni di dolore.

In definitiva, Jane Got a Gun lascia un messaggio chiaro: il coraggio di affrontare i propri fantasmi e la determinazione a non arrendersi possono cambiare il corso della vita. Il film trasforma un racconto di sangue e vendetta in una riflessione sulla famiglia, sull’amore ritrovato e sulla possibilità di ricominciare. Il viaggio di Jane, da vittima a protagonista della propria storia, diventa così un manifesto di resilienza e autodeterminazione femminile all’interno di un genere tradizionalmente dominato dagli uomini.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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