Dopo anni di attività legata alle
sceneggiature più famose su cui ha lavorato Danny Boyle,
Alex Garland decide di fare il passo verso
la regia e, così come le sue storie, anche l’esordio dietro alla
macchina da presa è di grande pregio e ottima fattura.
Caleb lavora per una società
informatica e un giorno scopre di essere il fortunato vincitore di
una lotteria interna all’azienda. Il vincitore ha la possibilità di
trascorrere una settimana in un posto non meglio identificato del
Nord Europa nel bunker del suo capo. Lo scopo della sua visita è
quello di applicare il test di Turing all’intelligenza artificiale
Ava, creata da Nathan stesso, per capire fino a che punto una
macchina è intelligente. Quello che il giovane non sa è che Nathan,
il misterioso datore di lavoro con una spiccata tendenza alla cura
maniacale della mente e del corpo, nasconde un segreto.
Ex-Machina è un affascinante viaggio
filosofico nella mente umana e meccanica
Sci-fi claustrofobico dal finale
spiazzante, Ex-Machina è un affascinante viaggio
filosofico nella mente umana e meccanica, una storia che attinge a
innumerevoli fonti, da Frankenstein di Mary Shelley ad Asimov,
toccando tutti i luoghi comuni del genere senza mai apparire già
visto. Oltre alla scrittura dello stesso Garland, il film si
fregia di un trittico di attori con un futuro roseo, già coinvolti
in alcuni dei progetti più attesi delle prossime stagioni, e con un
importante talento che mettono a disposizione della storia.
Oscar Isaac, noto al grande pubblico grazie ad A
proposito di Davis, dei fratelli Coen, riesce a incarnare
con grande potenza espressiva una personalità che rasenta la
psicopatia, mentre
Domhnall Gleeson, fisico asciutto e aspetto gracile, è
la vittima perfetta, l’ignara pedina di un gioco tra super
intelligenze, che però non esita a sfoderare gli artigli. Alicia
Vikander è Ava: bellezza delicata, sguardo dolce, fisico
filiforme, lei è tutto ciò che un uomo è uno scienziato possano
desiderare. Ma fino a che punto quegli occhi sono sinceri o
umani?
Garland trasporta lo spettatore in
un cunicolo di possibilità e successione di eventi, facendo
stringere sempre più lo spazio intorno allo spettatore, quasi si
trovasse anche lui nello stretto e buio bunker in cui si svolgono
gli esperimenti di Nathan. Ogni dettaglio di
Ex-Machina appare perfettamente studiato per invitare
lo spettatore a occupare una sedia chiaramente scomoda ma al
cui richiamo non si resiste.
L’unità spazio temporale e il tono,
oltre che il titolo, da tragedia greca vanno a scomodare anche
Aristotele con la futilità dei tentativi umani di “giocare a
fare Dio”. Non c’è un intervento esterno, un deus ex
machina che risolve la situazione, c’è solo l’uomo e la sua
inadeguatezza, anche di fronte a ciò che crea e che crede di poter
gestire.
Una piccola ingenuità nella messa
in scena del finale rovina parzialmente l’aura di perfezione di
un’opera prima che sicuramente resterà negli anni a paradigma del
genere e di riflessione su quello che vuol dire essere intelligenti
e soprattutto essere umani.