Dopo il grande successo di Hollywood, Ryan Murphy torna a proporre al suo pubblico, tramite Netflix, una nuova serie originale che va ad esplorare le origini di uno dei personaggi cinematografici più amati ed odiati di sempre, l’infermiera Mildred Ratched, protagonista di Qualcuno volò sul nido del cuculo. E se è vero che il personaggio originale nasce dalle pagine del romanzo omonimo di Ken Kesey, è altrettanto vero che l’infermiera Ratched è stata consegnata all’immortalità da Louise Flatcher, che per il ruolo vinse premio Oscar, Golden Globe e BAFTA.
Ad incarnare la protagonista della serie di Ryan Murphy è Sarah Paulson, alla quale ancora una volta l’autore chiede uno sforzo importante. L’attrice profonde in Mildred tutto il suo immenso talento e si fa seguire in questa origin story da consumare tutta d’uno fiato; gli otto episodi di Ratched richiedono di essere guardati in binge watching. Ma andiamo con ordine. Mentre il film di Milos Forman era ambientato in Oregon, nel 1963, la storia che racconta Murphy va indietro nel tempo fino al 1947.
Ratched Origin Story

Pian piano scopriremo qual è il vero scopo di Mildred e impareremo a sondarne la mente e l’animo, pozzi neri ricchi di scintillii e insenature da scandagliare. L’idea di scrivere la storia di origine di un personaggio così affascinante è sicuramente allettante, e Ryan Murphy ha intercettato questa possibilità in mezzo a tanti altri autori che avrebbero potuto fare lo stesso. Certo, l’ideatore di AHS e di ACS sembra essere già sulla carta la persona adatta a raccontare una storia morbosa, violenta, intrigante e controversa e anche nella realtà il suo lavoro si rivela effettivamente vincente.
I due pilastri su cui poggia Ratched

Il talento di Murphy, che non sempre riesce a trapelare dalle sue creazioni (chi scrive non aveva affatto gradito Hollywood, a suo tempo), questa volta si mette al servizio di una storia che è perfettamente adeguata al suo stile e così entrambi ne escono valorizzati. Oltre alle scelte di rappresentazione grafica della violenza, dell’utilizzo espressionistico e anti-naturalistico dei colori e della consueta accuratezza nel decor e nei costumi, l’autore torna a parlare di omosessualità (tra le altre cose), ma per la prima volta lo fa da un punto di vista medico, rievocando con vividi particolari, quel periodo di tempo purtroppo molto lungo, in cui l’omosessualità veniva considerata una patologia mentale, da curare con metodi che poco avevano a che fare con la medicina e tutto invece con la tortura vera e propria. E sarebbe bello dire che, ad oggi, le cose sono completamente cambiate!
Una sorellanza di “streghe”

Ratched è a tutti gli effetti figlia di Ryan Murphy, le atmosfere elegantissime che strabordano nel kitsch, la morbosità dei personaggi, la violenza grafica, la riflessione sull’omosessualità, la critica alla società, una trama avvincente, personaggi borderline e a tratti sgradevoli, eroi difficili da incasellare che attraggono e respingono allo stesso tempo. Nella serie originale Netflix, Murphy infonde tutto ciò che ha caratterizzato la sua produzione fino ad oggi, per lo fa con grande maturità ed equilibrio.
Nella conclusione aperta, che lascia ampio spazio alla possibilità di un secondo ciclo, Ratched svela il suo punto debole, ovvero l’incapacità di chiudere una storia che si sa essere buona per cedere piuttosto alla tentazione di annacquarla con altre eventuali stagioni, che potrebbero invece rivelarsi non all’altezza.


