Élite - stagione 4 recensione

Élite, teen drama spagnolo dal successo formidabile, approda su Netflix con una quarta stagione a partire dal 18 Giugno 2021. La serie tenta di confermarsi come prodotto di punta per un pubblico adolescenziale tramite l’ingresso di nuovi alunni alla scuola elitaria “Las Encinas”, gli immancabili conflitti giovani e una nuova investigazione poliziesca su cui fare luce.

 

E’ possibile guardare inoltre sulla piattaforma anche una serie di quattro racconti tra i dieci e i quindici minuti, Élite-storie brevi, in cui si approfondisce il rapporto tra alcuni dei personaggi principali: ci si avventura in una festa intima con Rebeka (Claudia Salas); si approfondisce il rapporto tra Nadia e Guzmán (Miguel Bernardeu), che hanno deciso di mantenere a distanza il loro amore; ci viene poi raccontata la storia di Alexis, un compagno di chemioterapia che Ander (Aron Piper), già dimesso dall’ospedale, cercherà di aiutare con il suo trattamento assieme al fidanzato Omar; infine si assiste a come Samuel (Itzan Escamilla) combatte tra alti e bassi per impedire a Carla (Ester Expòsito) di partire per Londra.

L’eccessiva ricorsività della quarta stagione di Élite

Nell’ultima stagione di Élite è una nuova studentessa de Las Encinas ad essere vittima di un’aggressione, questa volta presso il Club del Lago. E’ Ariadna (Carla Dìaz), figlia del nuovo preside della scuola, Benjamìn Blanco (Diego Martìn), che approda a scuola con la prerogativa di trasferire ordine e disciplina agli studenti. Una nuova indagine poliziesca tenterà quindi di far luce sull’accaduto, mentre si snoderanno nuovi intrecci narrativi innestati su passioni, conflitti e interessi occulti tra gli alunni dell’istituto.

Che la serie Élite non fosse la massima rappresentazione di una fiction di qualità era chiaro fin dall’inizio, ma nessuno poteva negare a questo prodotto la sua facilità di binge-watching grazie alle sue grandi dosi di impudenza e irriverenza. Quel divertimento “senza complessi” è ciò che ha reso Élite una delle serie Netflix più famose al di fuori dei confini spagnoli.

Indubbiamente uno dei punti più deboli e meno funzionali a livello filmico della quarta stagione di Elite è la sua sceneggiatura, che consta di una trama principale piuttosto ripetitiva: un nuovo incidente, con la sua corrispondente vittima, è il fulcro dei movimenti di tutti i suoi personaggi. Qualcosa già sfruttato nella serie fino alla nausea, e che in questa nuova stagione risulta essere più prevedibile che mai, arrivando ad eguagliare quasi quello della prima stagione. Tale è la coincidenza che entrambe le vittime finiranno per galleggiare nell’acqua, e lo spettatore dovrà scoprire cosa nasconde ciascuno dei personaggi di Las Encinas in questo nuovo “incidente”. È chiaro che le idee sono esaurite da tempo e che la serie Élite avrebbe dovuto chiudere le porte di Las Encinas già da tempo; sarebbe stata una degna conclusione di una serie che puntava le sue armi sul puro divertimento, sugli outfit dei suoi protagonisti e sulle scene osé.

Le interpretazioni hanno sempre dato risultati piuttosto irregolari, con pochi nomi che riuscivano effettivamente a mantenere un certo ritmo narrativo, e la maggior parte che al contrario lo lasciavano naufragare. In quest’ultima stagione di Élite si percepisce fin troppo chiaramente la mancanza di Danna Paola e Ester Expòsito, le due attrici che più di ogni altro personaggio difendevano degnamente i propri ruoli; è difficile trovare altrettanto incisive le performance offerte dai nuovi volti della scuola Las Encinas: Patrick (Manu Ríos), Mencía (Martina Cariddi), Philippe (Pol Granch), y Ariadna (Carla Díaz).

Élite - stagione 4 cast

Élite: intrattenimento patinato senza approfondimenti degni di nota

Élite ha sempre ambito a soffermarsi tu temi piuttosto controversi e plausibilmente criticabili data la loro rappresentazione esplicita, come l’abuso sui minori, il consenso durante i rapporti sessuali o la normalizzazione e la visibilità delle relazioni al di fuori di etichette prestabilite; specialmente nella prima stagione della serie gli approfondimenti tematici erano stati trattati in maniera ottimale, considerando il frangente di pubblico che la serie mira a coinvolgere. Tuttavia il problema di fondo di questa stagione emerge proprio nella mancanza di profondità con cui si presentano i topoi narrativi, nel poco approfondimento psicologico dei personaggi, dei quali bisognerebbe seguire una certa crescita identitaria, e tematiche potenzialmente rilevanti non riescono ad andare oltre lo status di sottotrame poco o per niente credibili.

In questa quarta stagione, Élite non tralascia il suo discorso di lotta di classe con la storia d’amore di Philippe e Cayetana (erede e popolano, clichè che si è ripetuto in ogni sottotrama della serie) e l’irruzione del nuovo direttore, che crede nella meritocrazia ed è disposto ad abbattere le barriere tra gli strati sociali. Tuttavia la serie si perde, come sempre, nel “voglio e non posso”, tracciando strutture narrative bruciate come il cast originale.

Patrick diventerà presto l’apice di un tortuoso triangolo amoroso in cui saranno coinvolti Omar e Ander e la ribelle Mencía diventerà la nuova cotta di Rebeka. Da parte sua, Ariadna sarà l’oggetto del desiderio di Guzmán e Samuel, che avranno i loro continui scontri per attirare la sua attenzione. Rimangono i tratti distintivi di Élite: scene bollenti all’ordine del giorno, una gioventù trasgressiva che passa di festa in festa, con musica da discoteca, luci al neon, glitter, le dipendenze di turno e i malesseri amorosi. Ci sono sequenze specifiche in cui si cerca “l’effetto Euphoria“, pur senza l’eleganza della produzione HBO o un ricco sottotesto per cementare un discorso che va oltre la morbosità passeggera.

Note di merito della serie sono sicuramente l’accortezza scenografia e di trucco e parrucco, elementi indispensabili per delineare di tutto punto l’ambiente sociale elitario in cui si svolgono le vicende, che tanto riprende da quello che ormai è considerato un caposaldo del genere: Gossip Girl. Eppure la serie risulta recidiva negli stessi vizi, consegnandoci una banalità evasiva che non va oltre l’intrattenimento patinato e un voyeurismo morboso e superficiale.

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