La Zona d’interesse: la storia vera dietro al film di Jonathan Glazer

L'ispirazione reale dietro l'agghiacciante racconto sull'Olocausto di The Zone of Interest

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La zona d’interesse (la recensione) di Jonathan Glazer è indubbiamente uno dei film più discussi del 2024, e lo è stato già dalla sua presentazione in concorso al Festival di Cannes 2023, dove si è aggiudicato il Gran premio della giuria. Il film, candidato a 5 premi Oscar, analizza la quotidianità della famiglia del comandante del campo di concentramento di Auschwitz, Rudolf Höss, che cerca di crearsi una vita idilliaca nella loro nuova dimora situata proprio al lato del filo spinato, dall’altra parte del muro dove si svolge tragedia dell’Olocausto.

Basato, in parte, sulla storia dell’omonimo romanzo di Martin Amis del 2014, che racconta in maniera romanzata la vita dell’ufficiale nazista, che Glazer stava cercando di adattare da oltre un decennio. Questo provocatorio dramma sulla Seconda Guerra Mondiale solleva molte domande, lasciando gli spettatori immersi in un silenzio contemplativo anche giorni dopo la visione. In occasione dell’uscita nelle sale italiane de La zona d’interesse, vogliamo analizzare con la voi la tragica storia vera dietro al film di Jonathan Glazer e la prospettiva unica con cui il regista britannico ha scelto di adattarla.

La zona d’interesse: cosa è accaduto veramente

Rudolf Hoess personaggio vero La zona d'interesse
Bernhard Walther or Ernst Hofmann or Karl-Friedrich Höcker, Public domain, via Wikimedia Commons

Anche se La zona d’interesse si basa su eventi reali, non tutto ciò che viene rappresentato nel film è necessariamente avvenuto. Gran parte della trama si focalizza sulle dinamiche della famiglia Höss, di cui esistono pochi documenti pubblici, pertanto, una porzione del film si basa su speculazioni e concessioni creative. Tuttavia, il film apporta una significativa modifica rispetto al libro originale.

Al posto di scegliere come protagonista la famiglia Doll, attorno a cui Amis sviluppa la sua narrazione, il regista Jonathan Glazer sceglie di concentrarsi sulla famiglia Höss, realmente esistita. Un approccio che rende il film più fedele alla Storia, poiché permette di esplorare in maniera più accurata i nazisti coinvolti nei crimini di massa perpetrati durante l’Olocausto.

L’orrore di un edificio realmente esistito

La zona d'interesse Sandra Hüller
Sandra Hüller in una scena di La zona d’interesse

La villa degli Höss, nel sud della Polonia, è il luogo d’azione dell’insidioso dramma sull’Olocausto. All’apparenza idilliaco edificio a due piani con un giardino curato alla perfezione, si trova in realtà all’ombra di Auschwitz, il campo di concentramento più grande e più letale del Terzo Reich. Qui viveva il comandante nazista Rudolf Höss,  comandante del campo di Auschwitz dal maggio 1940 al dicembre 1943, assieme alla moglie Hedwig e ai loro due figli.

La zona d’interesse dipinge un ritratto della felicità domestica della famiglia Höss, che ha costruito il proprio paradiso sulle fondamenta di un genocidio, senza mai mettere in contrasto questa utopia con le vittime dell’Olocausto dall’altra parte del muro, e concentrandosi (quasi) esclusivamente sui suoi carnefici. La narrazione si apre con una scena familiare, un tranquillo pic-nic in riva al lago, sotto il sole splendente.

Tuttavia, mentre ci addentriamo nell’intimità domestica di questa famiglia, scopriamo che Rudolf (interpretato da Christian Friedel) è coinvolto direttamente nello sterminio degli ebrei europei. La moglie Hedwig (interpretata da Sandra Hüller), che si autoproclama in maniera agghiacciante “Regina di Auschwitz”, gestisce con rigore una casa in cui le regole vengono poste al di sopra di tutto, persino del legame con il marito. Nonostante la famiglia faccia del suo meglio per soffocare i suoni di disperazione, pianti e spari, le atrocità che avvengono al di là del muro sono innegabili e filtrano attraverso le fessure della normalità apparente.

Ricreare la dimora degli Höss

Ricreare la dimora degli Höss
Fonte: The Movie Database

Lo scenografo Chris Oddy sapeva che il design della casa era fondamentale per l’efficacia del film. “All’inizio siamo partiti dalla casa vera e propria, e credo che l’avremo visitata forse sei o sette volte in totale“, dice Oddy. “Ho familiarizzato molto con la casa e l’ho osservata abbastanza a lungo da capire cosa c’era di originale“. Le ricerche di Oddy gli hanno permesso di ricreare l’intera casa e il suo giardino come si presentavano dopo i lavori di ristrutturazione di Rudolph ed stata costruita nello stesso quartiere, non lontano dal sito originale.

Secondo lo scenografo, la casa era stata sottratta a una famiglia polacca e sottoposta a modifiche architettoniche a immagine e somiglianza della famiglia Höss. Dopo anni di preparazione e quattro mesi “molto efficienti” di sforzi pratici, il team di produzione è stato in grado di allestire un’incarnazione dell’utopia nazista, una casa che diventa importante quanto qualsiasi personaggio sullo schermo.

Quello che Chris ha costruito lì è davvero una simulazione diretta della casa e del giardino e la sua vicinanza al campo è stata essenziale per noi“, dice Glazer. “Non c’è nessuna messa in scena di fantasia. Si sta guardando come vivevano“. Lo spazio ricreato era una casa a sè stante, così vicina all’indirizzo originale da avere una vista sulla ciminiera del campo di concentramento. Il team ha dovuto rielaborare l’ambiente per garantire spazi dinamici che consentissero agli attori di muoversi, camere da letto e l’ufficio di Rudolph posizionati correttamente, nonché finestre nei punti giusti.

Catturare la banalità del male

Catturare la banalità del maleIl film La zona d’interesse è stato girato con 10 telecamere nascoste in luoghi diversi della casa e senza troupe sul set, per creare un senso di neutrale obiettività nella narrazione, un approccio “da Grande Fratello”, come è stato definito dal regista stesso. Gli attori entravano sul set “e si limitavano ad esistere“, svolgendo attività domestiche banali nella casa mentre le telecamere giravano.

Anche se ci troviamo in una sorta di casa intima, non ci lasciamo coinvolgere dalle loro psicologie sullo schermo“, dice Glazer. “Li osserviamo più per il loro comportamento e le loro azioni che per il loro pensiero“. Glazer ha consolidato questa distanza critica evitando le convenzioni e gli strumenti cinematografici come i primi piani, l’illuminazione artificiale e il trucco. In questo modo, lo spettatore non viene manipolato dalla “gloria e dalla glorificazione dei personaggi“, aggiunge. Al contrario, ci viene offerta una visione dettagliata e francamente banale della loro routine domestica: i bambini giocano, marito e moglie rievocano vecchi ricordi e Hedwig si trucca con rossetto e abiti presi da donne ebree. Non ci avviciniamo alla conoscenza di questi colpevoli, eppure le loro vite non appaiono drammaticamente diverse dalle nostre.

Una vita borghese costruita sulla sofferenza

La zona d'interesse, Jonathan Glazer
Fonte: The Movie Database

In genere possiamo pensare ai nazisti e alle persone che commettono atrocità come a dei mostri e quindi non a noi, non a degli esseri umani[…] il che in realtà non ci insegna nulla“, dice Glazer.Ci lascia una distanza molto sicura, immaginando che nessuno di noi sia in grado di farlo“. Invitando gli spettatori a passare dalla parte del a quella del colpevole, Glazer ci invita a riflettere sulle nostre somiglianze con queste persone, a intendere che potenzialmente siamo tutti capaci di un simile male.

Trascorrendo il tempo da questa parte del muro, ci rendiamo conto di come i coniugi Höss riescano a ripartire senza sforzo il successo materiale che hanno costruito sulla sofferenza. “Erano persone normali che erano riuscite a separare i loro cervelli in modo tale che questo non li preoccupasse“, dice Oddy. “In un certo senso si rallegravano dello stile di vita da nouveau riche che si erano ritagliati grazie a questo, senza battere ciglio“. Questa compartimentazione è presente anche a livello strutturale. Glazer dice che La zona d’interesse è formato da due film sovrapposti, uno auditivo e uno visivo. Il film che sentiamo quando i nostri occhi sono chiusi è informato dai suoni dei filmati d’archivio, dei documentari e dei libri di storia.

Il potere del fuoricampo

la zona d'interesse jonatan glazer

L’impatto de La zona d’interesse deriva sia da ciò che mostra sia da ciò che omette, arrivando persino a un frangente documentartistico verso la fine del film. Con il raro permesso degli amministratori del sito, gli spettatori vengono portati all’interno del Museo e Memoriale di Auschwitz-Birkenau nel presente, mentre gli addetti alle pulizie si occupano dello spazio. “Stavano di nuovo catturando ciò che accade realmente al museo ogni mattina di ogni giorno“, dice Oddy. La troupe ha collaborato con il museo per molti mesi, utilizzando la sua biblioteca d’archivio e la sua vasta collezione di immagini per la realizzazione del film.

Le scene girate nel museo sono i nostri unici scorci dell’altro lato del muro, lontano dalla famiglia Höss. Ci rimane la straziante eredità di Auschwitz e ci viene ricordata la portata dei crimini del nazismo. Gli archivi del museo hanno fornito preziose informazioni sulla vita di Rudolph e Hedwig, che iniziarono come una famiglia di operai che aspirava a uno stile di vita borghese. Solo grazie alle promozioni militari di Höss e alla volontà della coppia di compartimentare le sofferenze di cui la loro ideologia è responsabile, hanno potuto raggiungere questo livello di mobilità sociale e finanziare le loro aspirazioni.

Gli ultimi anni di Rudolph

La zona d'interesse Christian Friedel

In qualità di comandante di Auschwitz, Rudolph fu responsabile dell’uccisione di quasi un milione di ebrei e di altre persone detenute nel campo. Dopo la fine della guerra, visse sotto falsa identità prima che i servizi segreti britannici lo rintracciassero e lo arrestassero. Ruloph testimoniò al processo di Norimberga – un tribunale congiunto ordinato da Francia, Unione Sovietica, Regno Unito e Stati Uniti tra il 1945 e il 1946 – prima di essere processato in Polonia e impiccato il 16 aprile 1947 sul luogo dei suoi crimini.

Rudolph non ammise mai la colpevolezza delle sue azioni, insistendo fino alla fine – con un ritornello che divenne ossessionantemente familiare come giustificazione di tanti altri nazisti – che stava semplicemente eseguendo gli ordini. Hedwig si rifece una vita in Germania, per poi risposarsi e trasferirsi in America, dove visse fino alla morte, avvenuta a 90 anni. Nel film non vengono mostrate le vite della famiglia Hoss oltre al periodo ad Auschwitz.

Al contrario, Glazer lascia il pubblico nell’ossessione di quello che chiama “genocidio ambientale“. Sono stati realizzati molti film efficaci sull’Olocausto, molti dei quali hanno lasciato agli spettatori immagini indelebili di sofferenza. Glazer ha aggiunto a questo corpus di opere un film in cui le atrocità più terribili sono appena fuori dall’inquadratura. “Le atrocità sono perpetue“, dice, anche se non si possono vedere. “Quando guardo ogni fotogramma del film, sono sempre lì“.

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