Diretto da Renny Harlin – regista finlandese noto per blockbuster adrenalinici come Cliffhanger (1993) e 58 minuti per morire – Die Harder (1990) – The Misfits è il film d’azione con Harlin torna a un tipo di cinema spettacolare e dinamico, incentrato su rapine impossibili, gruppi di fuorilegge carismatici e una narrazione scandita da un ritmo incalzante. Protagonista del film è Pierce Brosnan, ex James Bond, che interpreta un ladro professionista coinvolto in una missione dalle sfumature etiche più ambigue.
La pellicola si inserisce nel solco dei heist movie contemporanei, ma con un tono scanzonato e internazionale, pensato per un pubblico amante dell’intrattenimento puro. Al classico impianto da film di rapina si aggiungono così elementi da spy story, commedia d’azione e perfino un pizzico di critica sociale. Il gruppo dei “Misfits” del titolo non è solo una banda di criminali fuori dagli schemi, ma anche un simbolo di outsider che decidono di usare le loro abilità per cause ritenute giuste.
Temi come la giustizia fai-da-te, la corruzione sistemica e il confine sottile tra eroismo e criminalità attraversano dunque la narrazione, offrendo spunti di riflessione sotto la patina brillante e patinata della messa in scena. Il finale del film apre così a interessanti riflessioni sulle motivazioni personali dei protagonisti e sul significato più ampio delle loro azioni. Nei prossimi paragrafi andremo dunque a esaminare proprio il finale di The Misfits, per coglierne il senso narrativo e i collegamenti con le tematiche portanti dell’intera opera.
La trama e il cast di The Misfits
Protagonista è il brillante ladro internazionale Richard Pace (Pierce Brosnan). Durante la sua evasione da una prigione federale di massima sicurezza, Pace finisce con l’essere nuovamente catturato, ma stavolta non da poliziotti. Viene infatti reclutato da una banda di ladri gentiluomini che si fa chiamare Misfits, capitanati dall’eccentrico e carismatico Ringo (Nick Cannon) e della cui banda fanno parte anche Violet (Jamie Chung), Il Principe (Rami Jaber), Wick (Mike Angelo) e niente meno che la figlia di Richard, Hope (Hermione Corfield).
Dopo aver ascoltato il folle piano del gruppo, che prevede di rubare milioni di lingotti d’oro destinati a finanziare gruppi terroristici, Richard decide di aiutarli. Ma a spingere Pace stavolta non sono solo l’amore per i soldi e l’idea di fare per una volta qualcosa che non sia solo per lui, ma anche dalla vendetta. Il proprietario dei lingotti è infatti anche il responsabile della sua incarcerazione: il vile e senza scrupoli uomo d’affari Schultz (Tim Roth).
La spiegazione del finale del film
Alla luce di questa premessa, il finale di The Misfits chiude il film con un tono ironico e spettacolare, coerente con l’atmosfera da heist movie moderno e adrenalinico. Nella parte conclusiva del film, dunque i Misfits scoprono che l’oro rubato è custodito in una cassaforte all’interno di una prigione nel Jazeristan, controllata da Schultz. Per impedire che finisca nelle mani della Confraternita, decidono di rubarlo. Inizialmente, Pace rifiuta di unirsi a loro, ma cambia idea dopo una conversazione con la figlia Hope.
Il piano prevede quindi l’infiltrazione nella prigione con una serie di travestimenti e strategie: Pace e Wick si fanno passare per prigionieri, mentre Ringo si presenta come tecnico incaricato di sostituire i forni. In questa fase, Pace distrugge una statua che raffigura Schultz, senza sapere che diventerà parte cruciale del piano. Dopo aver avvelenato il cibo della mensa per creare caos e far uscire alcuni prigionieri con ambulanze, i Misfits iniziano il colpo. Wick e Pace usano un’esplosione controllata per aprire la cassaforte, mentre Hope inscena una falsa esplosione all’esterno per distrarre le guardie.
L’oro viene rimosso e sostituito da una foto fissa che inganna la videosorveglianza. Quando Schultz capisce l’inganno, è troppo tardi. Insegue un camion nel deserto credendo che contenga l’oro, ma scopre che è vuoto. A quel punto, Hope si rivela e Schultz viene arrestato dalle autorità locali, sotto gli occhi del leader della Confraternita, Abu Hirawa, che decide di punirlo nonostante la sua innocenza apparente.
Il colpo si rivela un successo grazie a un ulteriore trucco: l’oro era stato fuso per creare una replica della statua distrutta, che è poi uscita dalla prigione alla luce del sole. La scena finale mostra i Misfits mentre si godono la vittoria in località esotiche, mentre una notizia dei telegiornali menziona come una grande donazione sia stata fatta in beneficenza e che il prezzo dell’oro sia in aumento. Pace, dopo una vita di fughe e inganni, sembra quindi trovare un senso più alto nelle sue azioni, quasi a voler suggerire un nuovo inizio, in equilibrio tra vendetta e redenzione.
L’oro non rappresenta più solo il guadagno personale, ma la possibilità di cambiare le cose, almeno in piccola parte. Tematicamente, il finale riflette dunque lo spirito del film: giustizia non convenzionale, lotta contro il potere corrotto e valorizzazione di una squadra di emarginati uniti da ideali comuni. Nonostante le atmosfere leggere e da blockbuster, il film lancia un messaggio chiaro: anche chi è considerato “inadatto” o “fuori dalle regole” può fare la differenza, se mosso da principi etici.