Dopo Il ritorno di Casanova, il regista premio Oscar per Mediterraneo, Gabriele Salvatores, torna al cinema con Napoli – New York, racconto che prende forma a partire da un soggetto rimasto sino ad oggi irrealizzato di Federico Fellini e Tullio Pinelli. Racconto che nelle mani di Salvatores acquista il sapore e l’aspetto di una fiaba, attraverso la quale riportare sul grande schermo una serie di valori italiani da riscoprire e difendere, dall’arte di arrangiarsi alla solidarietà, e che acquistano qui quell’universalità grazie a cui tutti potranno ritrovarvisi, da Napoli a New York.
Nell’immediato dopoguerra, tra le macerie di una Napoli piegata dalla miseria, i piccoli Carmine (Antonio Guerra) e Celestina (Dea Lanzaro) tentano di sopravvivere come possono, aiutandosi a vicenda. Una notte, s’imbarcano come clandestini su una nave diretta a New York per andare a vivere con la sorella di Celestina emigrata mesi prima. I due bambini si uniscono ai tanti emigranti italiani in cerca di fortuna in America e sbarcano in una metropoli sconosciuta, che dopo numerose peripezie, impareranno a chiamare casa.
Un film che permette dunque a Salvatores di tornare nella sua Napoli, che della città racconta: “Io sono a Napoli, in via solitaria, e se nasci a Napoli, non te la levi mai di dosso. Napoli è uno state of mind. Penso che ai miei genitori avrebbe fatto piacere vedere questo film, ma le mie sorelle sono rimaste colpite proprio dalla rappresentazione di Napoli. Per me è stato emozionante tornarci e fare tutto il primo atto del film lì è stato molto importante. Per questo voglio ringraziare i napoletani“.
Dalle mani di Fellini e Pinelli alla cinepresa di Salvatores
L’idea di Napoli – New York nasce diversi decenni fa, come soggetto scritto da Federico Fellini e Tullio Pinelli. Di quel progetto poi non se ne fece nulla, fino a quando non venne riscoperto. “Trovo molto bello che una storia che si stava perdendo nel tempo abbia potuto trovare nuova vita. Naturalmente ero intimorito, considerando i maestri che l’hanno concepita, ma poi vi ho ritrovato delle cose che mi appartengono e ho deciso di farlo”, ha spiegato Salvatores.
“Ci dissero che avevano trovato degli scritti di Pinelli. – racconta invece Arturo Paglia, produttore del film, illustrando la genesi del progetto – Abbiamo messo d’accordo gli eredi di Fellini e per farlo ci abbiamo messo anni e anni. Poi ci siamo imbattuti in Gabriele, che ha accetto di farlo e lo ha trasformato da un film scritto come opera neorealista ad un film dotato di caratteristiche da fiaba”.
È allora di nuovo il regista a spiegare cosa ha cambiato del soggetto originale: “La parte dell’America. Fellini stesso diceva che Napoli sa scriverla ma New York l’hanno potuta solo immaginare. Quel che ho modificato, dunque, è stata quella troppa fiducia e speranza che all’epoca si nutrivano nei confronti degli Stati Uniti, ho eliminato quegli aspetti per offrire un ritratto più reale di quello che si è poi rivelato essere l’American Dream”. “Nella prima parte del racconto – aggiunge Salvatore sono però stato molto fedele, riproponendo anche dei dialoghi che Fellini e Pinelli scrissero“.
Napoli – New York è un film che ricorda i grandi valori dell’italianità
“A Napoli c’è un detto che fa: “Adda’ venì o’ pianerottolo, dicette chille ca’ ruciuliava pe’ scale..“. – afferma Salvatores – Ecco, penso che in questo periodo stiamo “rucioliando”. È un periodo difficile, con tanto odio e rancore. Mi piaceva quindi l’idea di fare un film sulla solidarietà, che ci ricordasse la bellezza del conoscere chi è diverso da noi. È un “film pianerottolo”, che offre una piccola pausa e fa pensare che possiamo essere migliori di come ci stiamo dimostrando in questo momento storico”.
Gli fa seguito Pierfrancesco Favino, che afferma: “Tra le tante cose belle, è un film che non pretende di dare lezioni. È una favola di formazione. Gabriele ha preso pagine scritte in un diverso periodo storico e le ha attualizzate, senza pretese, mostrandoci che, se le persone mettono sé stesse a disposizione del bene degli altri, forse qualche generazione futura farà delle scelte diverse e riuscirà a garantirsi il futuro”.
Pensieri a cui si unisce anche Anna Ammirati, descrivendo Napoli – New York come: “Un film che ha il profumo dei biscotti appena sfornati. Un film che in questo momento di buio ci racconta una storia di cui avevamo bisogno. Anche come vengono raccontate le donne, con uno sguardo di speranza che fa bene al cuore. Mi sono detta più volte “che bello far parte di un film necessario””. “In tutta sincerità – afferma invece Omar Benson Miller – questo film è molto più rilevante oggi in America, per un americano, dopo le recenti elezioni presidenziali“.
“Quello che affrontavamo in America nel 1949 lo stiamo vivendo di nuovo nel 2024. Penso sia un film importante, specialmente perché si trattano temi adulti attraverso gli occhi dei bambini”. Conclude Antonio Catania, affermando: “Vedere queste immagini degli italiani che nella piena povertà vanno in America in cerca di maggiore fortuna fa un certo effetto. Credo che ci siamo un po’ dimenticati che anche noi a nostro tempo abbiamo fatto questo percorso e questo film ce lo ricorda”.
Conclude la conferenza Favino, affermando: “Penso che spesso siamo noi a chiuderci davanti all’idea di cosa possiamo o non possiamo esportare e questo influenza il modo in cui siamo visti all’estero. È chiaro che, se continuiamo a pensare che i nostri punti forti siano la mafia e il cibo, questo è come ci vedranno. Sta a noi proporre un’idea di noi diversa e rifiutare l’idea del cliché che si ha di noi, così come dobbiamo rifiutare i cliché limitanti che abbiamo degli altri“.