The Woman King – Intervista a Gina Prince-Bythewood e Lashana Lynch

The Woman King

Arriva finalmente anche nelle sale italiane The Woman King, action storico diretto da Gina Prince-Bythewood (The Old Guard) che racconta la storia vera delle guerriere Agojie, un esercito composto da sole donne che nel 1820 circa difese dai nemici il regno di Dahomey, situato nell’Africa Occidentale. Progetto che è costato più di cinquanta milioni di dollari, The Woman King vede protagonista assoluta il premio Oscar Viola Davis (Barriere) nel ruolo di Nanisca, capo delle Agojie. Accanto a lei recitano anche John Boyega (Detroit), Thuso Mbedu (The Underground Railroad) e Lashana Lynch (No Time To Die). E proprio con quest’ultima le la stessa regista abbiamo parlato del film durante la presentazione avvenuta allo scorso Toronto Film Festival:

 

The Woman King è un dramma storico contenente molte scene d’azione, un qualcosa di diverso dai suoi precedenti film. Ha cambiato in qualche modo la sua idea di regia per questo?

Gina Prince-Bythewood: Sapevo di dovermi avvicinare al progetto in maniera diversa, volevo avesse una dimensione epica, il che significava muovere la macchina da presa di piú rispetto a quello che solitamente faccio. Per certi versi ho anche cambiato stile: mi piace ad esempio adoperare la macchina a mano per le scene d’azione, ma non l’ho usata troppo in questo caso perché volevo un approccio più classico, qualcosa nello stile di Braveheart o Il gladiatore. A prescindere dallo stile però, qualsiasi progetto che mi interessa deve cominciare con una buona storia e personaggi interessanti.

Cosa l’ha portata a interpretare il personaggio di Izogie in questo progetto?

Lashana Lynch: La prima volta che ho letto la sceneggiatura ero felicissima del fatto che qualcuno avrebbe realizzato il film, a prescindere se ne fossi stata parte o meno. Non è facile avere uno script che va in profondità nell’esplorare i personaggi e allo stesso l’ambizione di raccontare molte tematiche. Questo equilibrio è molto difficile da ottenere, soprattutto in una produzione di questa portata. Izogie è l’istruttore delle reclute, un ruolo che è stato per me molto importante a livello umano: ho apprezzato molto il modo in cui il personaggio sente la responsabilità di trasmettere alle generazioni più giovani la giusta dose di fierezza ma anche di femminilità. Io stessa ho sentito il peso di onorare al meglio i miei antenati interpretando questa donna.

La forza nel film sta nello spettacolo che offre quanto nella capacità di mostrare gli esseri umani dietro le guerriere. Come siete arrivate a ottenere questo risultato?

G.P-B: Con Viola Davis abbiamo condiviso prima di tutto la gioia di fare qualcosa mai tentato in precedenza, raccontare una storia rimasta sepolta nel passato, ignorata. Abbiamo reso protagoniste donne con cui il pubblico può connettersi, identificarsi. Volevamo essere sicure di mostrare la loro umanità, non soltanto il lato guerriero. Forza e vulnerabilità fanno parte di ogni essere umano, e noi l’abbiamo portato sul grande schermo. Si tratta di un film molto specifico a livello culturale ma con un’anima da blockbuster epico, adatto al grande pubblico. 

L.L.: È stato un progetto complesso da girare, con tante scene di notte oltre che hanno richiesto grosso impegno fisico. È stato bello avere una donna al comando, capace di prendersi cura non soltanto del tuo lato forte e professionale ma anche in qualche modo della tua vulnerabilità. Si è creato un enorme senso di appartenenza anche con il cast tecnico durante le riprese, remavamo tutti nella stessa direzione, verso l’obiettivo comunque di dare il massimo per questa storia e questi personaggi. Mostrare anche la nostra debolezza, non soltanto quelle dei personaggi, è stato fondamentale per connetterci veramente l’una con l’altra, ci ha permesso di conquistare il rispetto reciproco.

A proposito di sentimenti forti, quale è stata la scena più emozionante da realizzare in The Woman King?

G.P-B: Senza dubbio quella ambientata nella piscina dove Nanisca e Nawi si incontrano e confrontano. È stata molto impegnativa a livello emozionale per le due attrici, il livello di profondità che Viola e Thuso hanno saputo dare ai rispettivi personaggi è a dir poco ammirevole. Si sono fidate ciecamente l’una dell’altra. Ne abbiamo parlato molto, ci siamo preparate al meglio e poi invece l’abbiamo girata in fretta, con pochi ciak, per mantenere l’emozione il più vera e potente possibile. 

E cosa invece l’ha sorpresa quanto ha cominciato a fare ricerche per entrare nel personaggio di Izogie?

L.L.: Ho scoperto che a queste guerriere veniva insegnato a non mostrare il dolore fisico, qualcosa che in battaglia può veramente sconcertare il tuo avversario. Ho cercato di esemplificare questo concetto in una scena in cui Izogie si misura con un guerriero in una sfida a chi riesce a trattenere più a lungo il dolore di una lancia conficcata nella spalla. Un altro aspetto che non conoscevo e che ho voluto abbracciare nel film è stata l’importanza della danza in quella cultura: un modo per prepararsi alla battaglia ma anche per celebrare la vita. 

Che tipo di preparazione avete effettuato per realizzare le scene di battaglia?

L.L.: Il linguaggio del corpo di Izogie è dettato dal fatto che fa parte di un esercito, che si addestra con altri soldati, eppure possiede una propria storia ed è finita nelle guardie del re per motivi diversi dalle altre, proviene da un altro ambiente. Ognuna delle attrici insieme a Gina ha creato la backstory del proprio ruolo e l’ha adoperata per costruirlo a livello non solo psicologico ma anche fisico. Con lo stunt coordinator Daniel Hernandez abbiamo definito uno stile personale di combattimento. Ho parlato molto con Gina del fatto che volevo mostrare sia l’aspetto femminile che quello mascolino di Izogie, al fine di evitare lo stereotipo di come le donne di colore vengono mostrate quando si tratta di film d’azione. Ricordo di averle mandato una foto di Jackie Chan che tiene in equilibrio tazze di tè sulla testa, sulle spalle e sulle mani: volevo raggiungere quel livello di equilibrio, di stabilità ma anche di grazia.

G.P-B: Sono stata felicissima di tornare a collaborare con Daniel dopo The Old Guard. ha lavorato a film come John Wick e Avengers: Endgame, tanto per capirci. Quando abbiamo pensato a come organizzare le battaglie tutto partiva comunque dai personaggi e dalle loro storie. Ha creato un modo di combattere specifico per ognuno dei personaggi principali, rendendo credibile il fatto che fossero capaci di sconfiggere guerrieri maschi. Non abbiamo quasi usato controfigure, tutti gli attori hanno fatto la maggior parte delle proprie scene d’azione. Questo mi ha dato la possibilità di girare inquadrature più lunghe, il che ha aumentato il realismo degli scontri. 

È vero che ha sostenuto l’intero training insieme alle attrici? 

G.P-B: Faccio molto allenamento prima di ogni film perché come regista non puoi ammalarti, devi portare sul set la tua stamina, essere pronto fisicamente e mentalmente. Il training camp che il cast ha fatto è stato parte delle prove, ha costruito il carattere dei personaggi. L’ho sostenuto insieme a loro per sviluppare quella fiducia che mi piace avere con un interprete. Se non mi sento di essere accanto a loro quando gli chiedo di spezzarsi la schiena per un ruolo, non posso pretendere poi che si fidino di me. Ci tengo a mostrare che sono anch’io nella battaglia. 

Avete girato The Woman King nei luoghi in cui le vicende narrate avvennero?

G.P-B: Ci sarebbe piaciuto molto girare nell’attuale Benin, dove all’epoca si trovava l’impero Dahomey, ma non c’erano le infrastrutture adatte per permetterci di farlo. Almeno non per una produzione di queste dimensioni. Volevamo a tutti i costi realizzare The Woman King in Africa, in particolar modo nella parte occidentale, così abbiamo effettuato alcune riprese in Ghana. Dal Benin abbiamo fatto venire alcune donne per insegnare al cast le tradizioni tramandate di generazione in generazione e aiutare le attrici con l’accento. 

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