Attacco al Potere 2 è -come si evince dal titolo- il secondo capitolo del fortunato action movie Attacco al Potere – Olympus Has Fallen che vedeva al timone di regia Antoine Fuqua, pronto qui a cedere il testimone a Babak Najafi per portare, di nuovo, al successo uno dei maggiori incassi del 2013.
La trama di Attacco al Potere 2 vede di nuovo in azione- a distanza di due anni dalle avventure catastrofiche del primo capitolo-gli stessi protagonisti che si muovono nei piani alti del potere: il presidente americano Benjamin Asher (Aaron Eckhart), il vicepresidente Allan Trumbull (Morgan Freeman), il capo dei servizi segreti Lynne Jacobs (Angela Bassett) e l’uomo chiave della scorta del presidente, tale Mike Banning (nei cui panni si cala, ancora una volta, Gerard Butler): la morte totalmente inaspettata del primo ministro britannico costringe il presidente a presenziare ai funerali di Stato; ma l’evento si rivela una trappola organizzata dal terrorista e trafficante d’armi Aamir Barkawi, che ha giurato vendetta per l’eccidio della sua famiglia. Per portarla a termine non esita ad uccidere tutti i capi di Stato presenti alla cerimonia, tranne il presidente che riesce a salvarsi solo grazie all’intervento, risoluto ed essenziale, di Mike. Ma la strada verso la salvezza è lastricata di ostacoli e minacce d’ogni tipo.
Najafi guida questo enorme, trash ed eccessivo baraccone hollywoodiano, destinato all’intrattenimento disimpegnato del pubblico: intento interessante, se solo la pellicola non fosse intrisa di retorica propagandistica filo-statunitense. Presupposto vicino soprattutto al gusto dei blockbuster americani anni ’80-’90, incentrati sulla figura centrale e predominante dell’eroe: qui lo è Mike Banning, superhero tutto muscoli e strategie che si lancia in una solitaria, folle, eccessiva ed inverosimile corsa contro tutti (come la conquista della meta nel rugby) pur di portare a termine-fino in fondo-la propria missione, ovvero salvare il presidente.
Banning è l’aggiornamento 2.0 dell’eroe classico, capace di superare titaniche sfide, dotato quasi di poteri sovrannaturali (giustamente, nell’epoca dei cinecomics popolati da supereroi deve essere alla loro altezza e non sfigurare) e di un’astuzia che gli permette di avere più vite di un gatto e più risorse del migliore Bond da antologia; in più, Butler ha il volto giusto e quell’atteggiamento sempre in bilico tra un gusto cialtrone e l’efficienza tipica dei personaggi di carta. Ma non basta quest’eroe tipico e sfrontato a tenere in piedi l’intero, grande, circo: l’intreccio scontato, i personaggi ridotti all’osso in fase di scrittura, che diventano mere macchiette pronte a muoversi sullo schermo come pedine su un’enorme scacchiera, la regia videoludica figlia dell’era moderna non servono a produrre un grande giocattolo per intrattenere, quanto l’ennesimo punto da aggiungere ad una lunga lista di prodotti demodé figli di un tempo passato, anche se ancorati alla nostra contemporaneità.