Delta: la recensione del film con Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio

Dal 23 marzo in sala, il film è stato dal regista Michele Vannucci come un film d’azione dalle forti implicazioni sociali.

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Michele Vannucci lo presenta come un racconto popolare e insieme “un film d’azione dalle forti implicazioni sociali“, ma la caccia all’uomo di Delta ha radici più profonde e ramificate. Dal 23 marzo nei cinema, distribuito da Adler Entertainment, il secondo film del regista di Il più grande sogno era già stato proiettato sulla Piazza Grande di Locarno ad agosto, ma solo oggi arriva nelle sale italiane, dove potremo – finalmente – vedere lo scontro tra Luigi Lo Cascio e Alessandro Borghi, “uomini persi nella nebbia, in lotta per non soccombere ai propri istinti“.

 

La lotta sul Delta del Po

Il territorio è fondamentale nelle storia raccontata e girata in Emilia-Romagna durante sei settimane tra Ravenna e i comuni di Comacchio, Goro, Mesola, Codigoro, Argenta e Tresignana nel ferrarese. Oltre, ovviamente, la zona del Parco del Delta del Po, teatro dello scontro tra bracconieri e pescatori.

Osso (Luigi Lo Cascio) vuole difendere il fiume dalla pesca indiscriminata della famiglia Florian, in fuga dal Danubio, ma sempre restando nelle regole che vorrebbe veder rispettate. Di diverso avviso la sorella, che insieme ad alcuni pescatori mal sopporta di non agire. Insieme ai bracconieri c’è però Elia (Alessandro Borghi), che in quelle terre è nato e con quella gente ha vissuto. Una piccola comunità che rischia di essere travolta dalla violenza cieca e dalla sete di vendetta, quando lo scontro finirà per rivelare la natura di un duello che non prevede eroi.

Delta-recensione

Un cuore di tenebra italiano

Sempre il regista ha definito “un cuore di tenebra italiano” il viaggio che in qualche modo compiono i protagonisti del film, ognuno a modo suo, ognuno con le sue ragioni, necessità e disperazioni. Posizioni che Vannucci ci invita a non giudicare, anzi persino a comprendere, in un doloroso confronto nel quale tutto cambia quando a prendere il sopravvento sono – forse nell’ordine – la solitudine, la disperazione, la rabbia, la violenza, la vendetta.

Una sorta di ‘crime sociale’ dalla base reale, che il regista omaggia in alcune sequenze e inserti particolarmente sottolineati, nei quali emerge il suo stesso passato, di “figlio adottivo di quelle terre”, delle quali ha studiato le storie e intervistato gli abitanti. Un mondo parallelo, di frontiera, che evidentemente aveva tanta urgenza di mettere in scena da rendere il Delta il vero protagonista, con buona pace della coppia Lo Cascio-Borghi, investiti di una carica allegorica ed emblematica che rischia di impoverire la caratterizzazione dei loro personaggi o fiaccarne la coerenza.

Ma è la parte umana in generale a convincere meno – soprattutto nei rapporti, soprattutto quelli sentimentali (con al centro la Anna di Emilia Scarpati Fanetti) – in un dramma che per fortuna può contare sulla possibilità di sfruttare una tradizione affascinante e una rappresentazione ambientale che si fa valore aggiunto in una rappresentazione diversa di tradimenti e paure antiche. Un utile memento per una società che spesso mette nel mirino i nemici sbagliati, sempre meno in grado di capire che in una guerra tra poveri non importa capire da che parte stare per sopravvivere.

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