Quanta bellezza c’è in un racconto femminile? Se lo è chiesto Ferzan Ozpetek per lungo tempo, prima di decidere che Diamanti, la sua quindicesima fatica, potesse prendere vita sullo schermo. Il desiderio di realizzare una storia al cui centro c’era lo sguardo di sole donne lo ha accompagnato per gran parte della sua carriera, e finalmente il regista italo-turco ha deciso di trasformare una volontà in realtà.
E lo ha fatto partendo dal cinema, la casa in cui ha deciso lavorativamente di abitare, inserendo lì una narrazione che ha lo sguardo e il temperamento femminile. Ozpetek, per questo progetto, ha chiamato a raccolta le sue attrici preferite, sia quelle con cui ha lavorato – Luisa Ranieri, Lunetta Savino, Anna Ferzetti, Milena Vukotic, Elena Sofia Ricci, Paola Minaccioni, Kasia Smutniak, Carla Signoris – che quelle dirette per la prima volta – Vanessa Scalera, Milena Mancini, Aurora Giovinazzo e Mara Venier, per plasmare un film metacinematografico, dove realtà e immaginazione si uniscono in una danza suggestiva ed eterna.
La trama di Diamanti
Ferzan Ozpetek vuole realizzare un nuovo film, questa volta dedicandosi solo all’universo femminile. Vuole che siano le donne a dominare la scena, e così riunisce attorno a una tavola le attrici che più ama. Comunica loro il suo progetto e i ruoli che ha pensato per ciascuna, consegnandole la sceneggiatura. Ognua di esse comincia a leggere il copione, mentre la cinepresa, ruotando lentamente, ci trasporta indietro nel tempo fino agli anni Settanta. Siamo nella sartoria delle sorelle Canova, Alberta e Gabriella, che si occupano di confezionare costumi per il cinema e il teatro. L’arrivo della costumista Premio Oscar Bianca Vega provoca un po’ di trambusto, poiché realizzare abiti impegnativi per un film ambientato nel Settecento.. Nel frattempo, ciascuna affronta le proprie battaglie quotidiane: c’è chi è in ansia per il figlio, chi fatica a far quadrare i conti e chi torna a casa con la paura di un marito violento. Fardelli che però riescono ad alleviare grazie all’amicizia che le unisce.
I diamanti di Ferzan Ozpetek
Dopo il poco riuscito Nuovo Olimpo, dove la cifra stilistica del regista aveva vacillato, mancando di sentimento e partecipazione, con Diamanti si torna al vero cinema di Ozpetek, fatto di suggestioni, passioni viscerali e sguardi intensi. Si parte e si finisce da una tavola imbandita, colorata, stracolma di piatti, attorno alla quale hanno sempre gravitato i suoi personaggi, essendo simbolo di convivialità, famiglia, unione nonché suo marchio di fabbrica. Questa volta, però, l’ago della bilancia è tutto spostato sul femminile. Gli uomini sono messi al margine, apparendo in maniera sporadica. La potenza della sua nuova pellicola si sprigiona così dalla forza delle donne, dalla solidarietà tra le protagoniste, dal loro tendersi la mano oltre i confini delle incomprensioni e dei dibattiti. Un gesto che le conduce a una dimensione quasi eterea, dove esistono solo loro, nella forma più pura di sé stesse. Le donne sono eterne, perché, al di là del corpo, ciò che resta è la loro essenza, come accade nel cinema: questo è il sottotesto di Diamanti di Ozpetek.
Fra realtà e immaginazione
E il cinema è proprio il secondo protagonista del film. Mentre la macchina da presa riprende le attrici e lo stesso regista, una delicata transizione ci trascina indietro nel tempo, nella sartoria delle sorelle Canova. Un passaggio sottolineato in primis dal cambio della fotografia, molto calda e avvolgente, e in secondo luogo da parrucche e abbigliamento anni Settanta. La realtà si dissolve nell’artificio, qui esplicitamente svelato, per evidenziare la natura metacinematografica dell’opera. Ozpetek illumina uno dei tanti settori che compongono lo sfaccettato universo della settima arte: quello dei costumisti. Le mani sapienti delle donne che ci lavorano plasmano abiti che non sono solo pezzi di stoffa, ma elementi essenziali che contribuiscono a creare l’identità del personaggio in scena, dandogli una forma completa e autentica. Il regista porta così su schermo un’altro pezzo della sua vita relativa al cinema, come era accaduto anche con Nuovo Olimpo, rivelando di aver frequentato le sartorie ed aver preso dimistichezza con corpini, cuciture, gonne, orli, bottoni e pizzi quando faceva l’aiuto-regista negli stessi anni che racconta.
Diamanti si può dire perciò una pellicola riuscita: elegante, luminosa e sofisticata. Un’opera corale dove ogni personaggio si incasella in maniera funzionale all’interno della narrazione, restituendo storie universali che spaziano dalla lotta contro il patriarcato e la violenza, al superamento del lutto, fino alla ricerca di sé. Le attrici di Ozpetek regalano interpretazioni piene e sentite, messe in risalto tanto dalle musiche originali di Giuliano Taviani, quanto quelle di Mina – a cui rimane fedele – e Patty Pravo. Alla fine della favola, il regista ci lascia con un promemoria: le donne sono come il cinema, hanno la capacità di rendere immortale tutto ciò che toccano. Ecco perché, insieme, compongono una meravigliosa sinfonia.
Diamanti
Sommario
Diamanti si può dire una pellicola riuscita: elegante, luminosa e sofisticata. Un’opera corale dove ogni personaggio si incasella in maniera funzionale all’interno della narrazione, restituendo storie universali che spaziano dalla lotta contro il patriarcato e la violenza, al superamento del lutto, fino alla ricerca di sé. Le attrici di Ozpetek regalano interpretazioni piene e sentite, messe in risalto tanto dalle musiche originali di Giuliano Taviani, quanto quelle di Mina – a cui rimane fedele – e Patty Pravo.