“Anche da sveglio, non smettere di sognare.” – Elf Me
Dalla notte dei tempi, c’è un preciso periodo dell’anno – quello del Natale – in cui sogni e desideri si fanno più vividi, intensi, fagocitati dalla sua atmosfera accogliente e luminosa. È la festa comandata più attesa, in fondo, il momento in cui adulti e piccini si siedono attorno a un tavolo, o in un angolo nascosto, con in mano carta e penna, per rimanere fedeli a un’antica tradizione: scrivere la lettera a Babbo Natale. Un gesto simbolico, in cui ognuno incide sul foglio con l’inchiostro ciò che vorrebbe ricevere sotto l’albero, che sia qualcosa di materiale o affettivo. E nel mentre buttano giù due o tre righe, magari accanto al caminetto acceso, immaginano quell’omone dalla barba bianca il quale, una volta lette, incarica i suoi aiutanti di fiducia, gli elfi, di far diventare le richieste realtà. Elf Me, nuovo film natalizio diretto dagli YouNuts, inizia proprio qui, al Polo Nord, nell’ azienda-dimora di Babbo Natale, facendosi spazio fra gli affaccendati elfi dalle orecchie a punta con il compito di monitorare tutto il comparto regali, tra agitazioni, corse e scadenze. Il film inagura il periodo natalizio di Amazon Prime Video, e vuole raccontare la festività attraverso un duplice sguardo: quello di un elfo, Trip, e quello di un bambino, Elia, che riscoprirà la felicità del Natale grazie al tocco magico e dolcemente divertente di un fabbricante sgangherato e burlone. Elf Me arriva su Prime Video dal 24 novembre.
Elf Me, la trama
Nella terra di Babbo Natale numerosi elfi sono in fermento per l’arrivo del 25 dicembre. I regali hanno bisogno di essere realizzati e impacchettati, pronti per arrivare puntuali nelle case dei bambini. Ognuno di loro ha una propria mansione e ogni settore si occupa di una determinata fase di produzione del dono. Trip fa parte degli elfi costruttori che ogni anno vengono chiamati da Babbo Natale per mostrargli la loro ultima creazione. Il problema, però, è che pur inventando giocattoli divertenti, quelli di Trip spesso sono difettati oppure finiscono per non funzionare come lui immagina.
In un momento di sconforto, dopo che l’ultima sua creazione si rivela l’ennesimo disastro, l’elfo si imbatte in una di quelle per cui va più orgoglioso, la macchina spara-regali, la quale era stata scartata perché pericolosa. Erroneamente, mentre cerca di dimostrare a se stesso quanto in realtà valga, Trip finisce per essere lui stesso impacchettato e spedito, arrivando in un paesello di montagna vicino Roma. Qui vive Elia, un bambino fin troppo cinico con una madre, Ivana, una giocattolaia, che al contrario è una grande sognatrice, e vive la vita positivamente pur portandosi sulle spalle un peso enorme. È che Elia, dentro al suo cuore, ha un solo desiderio: rivedere il padre. L’incontro con Trip sarà incisivo per lui e l’elfo pasticcione lo aiuterà a crescere e, contemporaneamente, crescerà anche lui.
Un film italiano ambizioso
Sin dall’inizio di Elf Me ci si accorge che il film prodotto e sceneggiato (insieme a Giovanni Gualdoni, Leonardo Ortolani, Marcello Cavalli e Tommaso Renzoni) da Gabriele Mainetti ha un sapore differente rispetto ai prodotti natalizi uscenti sul nostro territorio a cui siamo abituati. Pur conservando in alcune scene, linguaggi e scenari quell’italianità tipica delle commedie nostrane, con l’immancabile comicità che ci contraddistingue, Elf Me si abbandona a quel gusto di internazionalità che caratterizza le pellicole d’oltreoceano. Lo dimostra il lavoro anzitutto svolto sugli effetti speciali, dalle dita scintillanti di Trip quando costruisce giocattoli, a questi stessi che prendono vita, fino ad arrivare all’iconica scena delle bici volanti. Un’operazione che nel cinema italiano non si vede spesso, spesso sacrificata, mal sfruttata o messa al margine, la quale però ci dimostra, con Elf Me, che anche nel Bel Paese si hanno le risorse giuste per puntare in alto ed eccellere nella forma.
Ma non è solo il comparto del VFX, supervisionato da Maurizio Corridori, a dover essere elogiato: un altro grande lavoro è stato svolto sulle scenografie, meticolosamente curate e colorate, ma soprattutto cariche di dettagli, che si rifanno un po’ (intenzionalmente, potremmo dire) ai film statunitensi, a cui Elf Me strizza l’occhio senza però diventarne copia carbone. Le reference poi, che in realtà sono veri e propri omaggi, sono più che evidenti, e spaziano da E.T. di Steven Spielberg a Jumanji di Joe Johnston. Diventando dimostrazione di quanto diceva Tarantino: la bravura sta nel saper rubare dagli altri ma fare proprio quel lavoro, adattarlo alla propria identità, senza cadere nella mera riproduzione. Ed è quello che fa il film: si nutre delle storie del passato, quelle per cui forse proviamo più nostalgia, inserendole in un prodotto fresco, pieno di humor e moderno, in cui la nostra artigianalità si percepisce, ma viene lavorata al contempo in qualcosa di più ambizioso, nel quale ci si è permessi di alzare l’asticella. Rimanendo, straordinariamente, in equilibrio.
Elia e Trip: una coppia vincente
Pur reggendosi su una storia comune, che bene o male altri prodotti hanno già sperimentato, Elf Me è comunque capace di rendersi speciale, fruibile e godibile. Mai noioso o posticcio. Una riuscita dovuta, in primis, da un lavoro di messa in scena mirato e preciso, esaltato da un cast valido e calzante, in cui spiccano i due affiatati protagonisti: da una parte abbiamo il Pinocchio di Matteo Garrone, Federico Ielapi, astro nascente del nostro cinema, e dall’altra uno dei comici più apprezzati a cui si è molto affezionati, Lillo Petrolo. Un duo che convince, diverte ed emoziona, supportato da ottimi comprimari come Claudio Santamaria nei panni di un villain che parla ciociaro, e già tale caratteristica strappa due risate, e Anna Foglietta, madre di Elia nonché giocattolaia che crede ancora nei sogni.
E in fondo la bellezza di Elf Me si ritrova proprio in loro, nei characters, ognuno dei quali si muove lanciando messaggi diversi, ma importanti nella stessa misura. Dal non smettere di sognare, colonna portante del film, perché come dice Peter Pan “solo così si impara a volare”, a quanto sia bello crescere e consapevolizzarsi, senza però rinunciare alle proprie unicità, alle tematiche del bullismo, dell’altruismo, della famiglia, il focolare acceso che mai si spegne. Fino ad arrivare all’importanza della diversità e delle nostre imperfezioni, rappresentate in tal senso da Trip, che pur essendo un elfo combinaguai ha una creatività da invidiare, e da Elia, che fa della sua dislessia un punto di forza. E allora, se ci pensiamo bene, non si racchiude in tutto questo il vero senso del Natale?