Napoleon: recensione del film di Ridley Scott con Joaquin Phoenix

Distribuito in sala dal 23 novembre da Eagle Pictures, il film ripercorre l'ascesa, la caduta e il peso storico di Napoleone Bonaparte.

Joaquin Phoenix Napoleon

Il 2 dicembre del 1804, Napoleone Bonaparte viene incoronato nuovo imperatore di Francia. Proprio come avvenuto nella realtà, anche nel film di Ridley Scott a lui dedicato, Napoleon, egli strappa la corona dalle mani del papa per autoincoronarsi. Napoleone voleva così dimostrare che egli stava divenendo imperatore sulla base dei suoi meriti e per volontà del suo popolo e non per consacrazione religiosa o concessione divina. Un gesto, questo, che dà ulteriore prova dell’idea che aveva di sé stesso, supportato però da inequivocabili risultati militari. Napoleone era ossessionato dalla grandezza, dal proprio culto, ma, come spesso accade, sono poi state queste ossessioni a portarlo alla rovina.

 

La trama di Napoleon: Francia, esercito, Giuseppina

Scott ripercorre allora tutta la vita del celebre imperatore, dalla rivoluzione del 1789, durante la quale un poco più che ventenne Napoleone (interpretato da Joaquin Phoenix) assistette alla caduta della monarchia, fino al suo esilio sull’isola di Sant’Elena, nel 1815, dove rimarrà fino al sopraggiungere della morte, avvenuta nel 1821. Tra questi due apici, si anima una storia di passioni e ambizioni, dal travagliato amore per Giuseppina (interpretata da Vanessa Kirby) fino alle conquiste militari che lo hanno portato a divenire imperatore. Guerre, strategie e l’ossessione per un erede caratterizzano allora l’esistenza di una delle più influenti figure storiche dell’umanità, la cui ambizione ha avuto pochi eguali.

C’era dunque molta attesa nei confronti di questo nuovo epico kolossal storico firmato da un regista che, con i suoi 86 anni, è ancora tra i più brillanti in attività. Un regista che con film come I duellanti, Il gladiatore, Le crociate o il recente The Last Duel ha ampiamente dimostrato di saper padroneggiare come pochi questo genere e che ritrova ora Joaquin Phoenix affidandogli uno di quei ruoli larger than life che difficilmente ricapita di poter assumere. Ma raccontare un personaggio del genere in un film (per quanto di due ore e quaranta di durata) è un impresa da non sottovalutare e che Scott riesce a vincere solo in parte.

Napoleon Joaquin Phoenix Vanessa Kirby
Joaquin Phoenix e Vanessa Kirby in una scena di Napoleon.

Napoleone lo stratega, l’amante, l’egotista

Napoleon vuole essere lo studio della psicologia di un uomo complesso quale era Napoleone. Il regista sceglie di far risaltare questa sua personalità, in cui convivono genio, follia ma anche tante insicurezze, attraverso il suo rapporto tanto con le imprese militari quanto con la sfera privata. Da qui emerge dunque un ritratto di Napoleone quale grande stratega accecato però dal proprio egotismo, nonché limitato dalle proprie ossessioni, in primis quella del culto di sé stesso. Esasperando i suoi vizi, i suoi tic e i suoi aspetti più brutali, Scott restituisce dunque un ritratto quasi satirico (non bisogna dimenticare che Scott è britannico) del celebre generale francese. Una volontà di satira che sembra – almeno nella prima parte – ricordare gli eccessi di House of Gucci, qui fortunatamente non raggiunti in un film a cui ben poco si sarebbero adattati.

Rimane però uno sguardo severo su Napoleone, colpevole di aver osato troppo, di aver sacrificato ciò che invece poteva salvarlo. Tuttavia, per quanto affascinante il ritratto progressivamente sempre più cupo che il regista ne fa, il film sembra invece apparire piuttosto incerto sulla direzione da prendere, quantomeno nella sua prima metà. Assistiamo nel corso di essa ad un rapido scorrere di eventi storici di cui si avverte però una certa superficialità nella loro trattazione, oltre ad un montaggio che talvolta troppo bruscamente salta dall’uno all’altro, restituendo un racconto troppo sfilacciato. Scott ha rivelato l’esistenza di una director’s cut del film di 4 ore, nella quale è possibile a questo punto ipotizzare che questa prima parte trovi riscatto, ma di certo la versione che di essa è destinata alla sala può generare più di qualche perplessità.

Simili sensazioni si avvertono nel racconto della relazione tra Napoleone e l’amata Giuseppina. Viene fatta capire sin da subito l’importanza di lei nella vita pubblica e privata di lui (nonché nel film stesso), ma anche in questo caso i loro scambi risultano spesso sacrificati, così come sacrificata appare Kirby nei panni di una donna che, fatta eccezione per alcune fugaci ma forti dimostrazioni di potere e modernità, non riesce ad esprimere il meglio di sé. Un peccato, considerando che proprio nello scavare nel turbolento rapporto tra i due il film poteva non solo individuare quanto bastava per raccontare il Napoleone che sembra interessare al regista, ma anche una propria forte identità artistica.

Napoleon Joaquin Phoenix
Joaquin Phoenix in una scena di Napoleon.

Ascesa e caduta di un imperatore

Dal momento dell’incoronazione – che arriva esattamente alla metà del lungometraggio – il film inizia però ad acquisire quella gravità nei toni e nelle atmosfere tanto attesa, sottolineata da una colonna sonora che finalmente diventa più incisiva, accompagnandoci dunque verso la decadenza come imperatore e come uomo di Napoleone. È durante questa seconda parte che si assiste ai momenti migliori e più appassionanti del film, all’emergere di quel senso dell’epica che caratterizza poi un paio di sequenze di guerra particolarmente coinvolgenti ed emozionanti, che Scott compone con quella grande padronanza della macchina da presa e della messa in scena che lo contraddistingue. La seconda ora e un quarto del film è dunque ciò che ci si poteva aspettare da un’opera di grandi proporzioni di questo tipo, con questo tipo di protagonista.

Lo stesso Napoleone, infatti, diventa a questo punto una figura sempre più cupa, affascinante nella sua tragicità. Ed è da qui che emerge con maggior forza la sua personalità, merito anche di Joaquin Phoenix, dal cui sguardo spiritato si sprigiona tutta la follia ma anche il romanticismo di Napoleone. L’attore dimostra una volta di più di essere dotato di una capacità di immedesimazione impressionante, dando qui vita ad una performance in grado di oscurare (a volte fin troppo) tutto il resto. Intorno a lui, Scott costruisce un film realmente imponente – grazie anche alle scenografie di Arthur Max e i costumi di David Crossman e Janty Yates – che offre un gusto per l’immagine che, pur parzialmente mancato nella prima parte, nella seconda si presenta con piu forza seducendo l’occhio dello spettatore.

Rimane in ogni caso la sensazione che nel voler raccontare tanto il Napoleone stratega militare quanto il Napoleone amante burrascoso, non si ottenga una particolare chiave di lettura né dell’uno né dell’altro. Ovviamente era impensabile non trattare entrambi questi aspetti – a meno che non si volesse compiere un’operazione narrativa molto più particolare – ma non sempre la sceneggiatura di David Scarpa (Tutti i soldi del mondo), a cui si devono i maggiori limiti del film, riesce a bilanciarli, restituendo dunque un ritratto psicologico non particolarmente riuscito. Quando però riesce a distanziarsi quel che basta dal contesto politico, portandoci quasi nella soggettività del protagonista e concentrandosi unicamente sull’operato di Napoleone tanto nei campi di battaglia quanto sotto le lenzuola, ecco allora che il film e il suo protagonista dimostrano la propria originalità e grandezza.

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RASSEGNA PANORAMICA
Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
napoleon-ridley-scott-joaquin-phoenixRidley Scott ci presenta un Napoleone folle ed egotista, estremizzando i suoi lati peggiori e narrandoceli tanto nei campi di battaglia quanto nelle proprie stanze private. Il film non propone altre chiavi di lettura del personaggio oltre questa sua folle natura ambiziosa, raffigurata qui con uno sguardo severo nei suoi confronti. Le carenze di scrittura sono però compensate da ottime interpretazioni, un'imponente messa in scena e la regia di un maestro del cinema.