Dopo il successo crescente delle
prime tre stagioni, Gomorra 4 torna dal 29 marzo
su Sky Atlantic con una quarta stagione che si propone come un
ennesimo azzeramento di quanto visto fino ad ora. Con la direzione
artistica di Francesca Comencini,
la serie, ideata da Roberto Saviano,
presenta sin dai primi due episodi grandi premesse e nuove regole
del gioco, che porteranno i personaggi principali a doversi
ricostruire da zero per non soccombere.
Gomorra 4, la quarta stagione
riparte esattamente lì dove finiva la terza, con la morte di Ciro
l’Immortale. Scosso da questa perdita, Genny Savastano (Salvatore
Esposito) prova a cambiare vita per il bene della sua
famiglia. Per farlo si getta nel mondo dell’imprenditoria,
lasciando il suo regno nelle mani di Patrizia (Cristiana
Dell’Anna). Questo cambio di potere però sembra
scontentare in molti, ed una nuova guerra è pronta a scoppiare.
Quando si fa concludere una
stagione con un gran colpo di scena, la stagione che seguirà deve
farsi carico di quell’eredità e reggere, se non alzare, il valore
della serie. È ancora presto per dire se la quarta stagione di
Gomorra riuscirà in questo intento, ma le scelte operate fanno
presagire novità in grado di portare la serie su strade nuove e
affascinanti. Con Gomorra 4 infatti si esce dagli
ambienti a noi familiari e, insieme ai personaggi, ci si trova ad
esplorare contesti totalmente nuovi, i quali danno l’impressione di
trovarsi in un oceano ancor più grande, nel quale si è immensamente
piccoli.
Lo spaesamento è infatti il
leitmotiv della stagione. Uno spaesamento che si dimostra da subito
vincente, perché costringe i protagonisti a dover procedere nei
loro intenti con la paura costante di sbagliare e non avere nuove
opportunità. Tutto ciò contribuisce ad aumentare il conflitto della
serie, e ci permette di scoprire nuove sfumature della personalità
dei personaggi nel momento in cui questi sono posti in situazioni
di crisi.
Sin dalla prima puntata, diretta da
Francesca Comencini, si pongono le basi per quella
che può affermarsi come una stagione diversa e allo stesso tempo
fedele al canone della serie. La storia di Genny Savastano
prosegue, acquisendo nuove forme e divenendo sempre più intrigante
agli occhi dello spettatore, che non può non chiedersi quali
potranno ancora essere gli sviluppi futuri del personaggio.
Salvatore Esposito è ora, con la dipartita di
Marco D’Amore, protagonista assoluto e
dimostra di avere sempre più la padronanza del personaggio,
riuscendo a mostrarcene nuovi e credibili aspetti.
Le ambizioni della quarta stagione
sono dunque alte, e il cambio di contesto può facilitare il
raggiungimento di nuove vette. Il rischio di ricadere in situazioni
già viste o poco credibili ai fini della crescita della storia e
dei personaggi sono altrettanto alte, ma con quella che è ormai una
solida squadra di produzione si può pensare che
Gomorra saprà sorprendere a riguardo, rinnovandosi
ancora e ancora.
Restano alti gli ascolti di
Gomorra 3 – La serie, la produzione originale Sky,
Cattleya e Fandango in associazione con Beta Film: gli episodi 9 e
10, trasmessi ieri sera su Sky Atlantic/+1 HD, Sky Cinema Uno/+1 HD
e disponibili su Sky On Demand, sono stati visti in media da
893.427 mila spettatori e
1.376.555 contatti unici.
In particolare l’episodio
9 ha ottenuto un ascolto di 937.135 mila
spettatori medi, mentre il decimo ha raccolto in
media 849.718 mila spettatori.
Sempre molto forte anche la
permanenza così come lo scorso venerdì che, su base
familiare, segna un dato stabile dell’88%,
simbolo di grande attenzione da parte del
pubblico.
Positivo anche il dato nei
sette giorni per gli episodi 7 e 8 che raggiungono un
ascolto complessivo di oltre 1 milione 900 mila
spettatori medi.
Sui social, ieri sera
“Gomorra – La serie” è stato il secondo programma
televisivo su Sky Atlantic più commentato della serata con
88 mila interazionipubblicate principalmente su
Facebook ( 90%) e Twitter (10%) durante il primetime (Fonte:
Nielsen), il cui volume rappresenta il 17% del totale
Social TV in Italia (Fonte: Nielsen).
L’hashtag ufficiale
#Gomorra3 è entrato in trending topic su Twitter
ieri sera e vi è rimasto fino alle prime ore di questa
mattina. Gli hashtag più utilizzati sono stati #Gomorra3
(1,908) e #gomorra , mentre @SalvioEsposito risulta
essere l’ account più menzionato. (Fonte: Nielsen).
Appuntamento a venerdì prossimo, 22
dicembre su Sky Atlantic HD e Sky Cinema Uno HD, per il gran finale
di stagione della serie cult.
Sono iniziate da tempo le riprese
di Gomorra 2, il secondo ciclo di
episodi della serie televisiva di successo trasmessa dal canale Sky
Italia e oggi arriva un video dal set:
Se vi state chiedendo cosa accadrà nella seconda stagione di
Gomorra – La Serie, guardate cosa ci hanno rivelato i protagonisti
in questa intervista!
Ecco la nostra intervista a
Ivana Lotito e Salvatore
Esposito, in occasione della presentazione di
Gomorra – Stagione Finale, il quinto e ultimo
ciclo di puntate che racconta la storia della famiglia Savastano.
Le serie sarà disponibile con due episodi a settimana su Sky a
partire dal 19 novembre.
L’ atteso debutto di
GOMORRA 5 – STAGIONE FINALE di Gomorra,
che come annunciato dal trailer ufficiale appena rilasciato
arriverà su Sky e in streaming su NOW a partire dal 19
novembre.
I primi due episodi della stagione
finale verranno proiettati in anteprima, fuori concorso, il 13
ottobre, al CanneSeries, come evento di chiusura del festival delle
serie TV di Cannes.
Nata da un’idea di Roberto Saviano
e tratta dal suo omonimo romanzo, la più famosa e apprezzata tra le
serie italiane nel mondo – nella classifica del New York Times al
quinto posto fra le produzioni non americane più importanti del
decennio 2010/2020 – è stata venduta in più di 190 territori,
ricevendo ovunque un’accoglienza entusiastica da parte di pubblico
e critica, ottenendo numerosissimi premi e contribuendo in maniera
decisiva a ridefinire gli standard della serialità italiana.
Girati fra Napoli, Riga e Roma, i
dieci nuovi episodi di Gomorra 5 –
Stagione finale sono scritti dagli head writer
Leonardo Fasoli e
Maddalena Ravagli, che firmano anche il
soggetto di serie con Roberto Saviano. Completano il team di
scrittura Valerio Cilio e Gianluca Leoncini. I primi 5 episodi e il
nono sono diretti da Marco D’Amore, già regista di
due episodi di Gomorra 4 e del film L’Immortale,
grande successo targato Cattleya e Vision Distribution che fa da
ponte narrativo fra la quarta e la quinta stagione, mentre gli
episodi 6, 7, 8 e 10 sono diretti da Claudio
Cupellini, al timone fin dagli esordi della serie.
Entrambi sono anche supervisori artistici.
Le potenti immagini del trailer
mostrano di nuovo sul set Salvatore
Esposito nei panni di Genny Savastano, costretto
alla latitanza, in un bunker, alla fine della quarta
stagione, e il grande ritorno di Marco
D’Amore, nuovamente protagonista nel
ruolo di Ciro Di Marzio, creduto morto alla fine della terza
stagione e – come svelato dal
film L’’mmortale – clamorosamente tornato in
scena in Lettonia.
Con loro ritornano anche
Ivana Lotito nei panni di Azzurra, che abbandonata
da Genny farà di tutto per tenere il piccolo Pietro al sicuro,
lontano da suo padre e da tutto ciò che rappresenta, e
Arturo Muselli che torna a interpretare Enzo
Sangue Blu, l’ex re di Forcella divorato dai sensi di colpa per
aver visto troppi compagni morire per colpa sua.
Oltre agli
ormai storici protagonisti della serie Sky, prossimi
a uno showdown che appare sempre più inevitabile, le immagini del
trailer mostrano però per la primissima volta anche diversi nuovi
ingressi nel cast: Domenico “Mimmo” Borrelli
(5 è il numero perfetto, L’equilibrio) è Don
Angelo detto ‘O Maestrale, il feroce boss di Ponticelli che si
rivelerà fondamentale per la guerra di Genny contro i Levante e per
permettergli di riprendersi Secondigliano. Tania
Garribba (Il Primo Re, Tutto il mio folle
amore) interpreta invece Donna Luciana, la moglie di ‘O
Maestrale, donna dal carattere feroce al pari del marito e
un’intelligenza astuta e raffinata. Nei panni di ‘O Munaciello, uno
dei capipiazza di Secondigliano, entra nel cast anche
Carmine Paternoster (Gomorra,
L’intervallo). E ancora Antonio Ferrante
(Preferisco il rumore del mare, Tutti i soldi del
mondo) e Nunzia Schiano (Dogman,
Reality, Benvenuti al Sud), a interpretare
rispettivamente Vincenzo Garignano detto ‘O Galantommo, anziano
boss di un piccolo paese alle pendici del Vesuvio, e Nunzia, donna
fiera e infaticabile, da quasi cinquant’anni sua devota moglie.
È stato un incontro
emozionato ed emozionante quello che ha presentato alla stampa di
settore Gomorra – Stagione Finale. Presenti
produttori, protagonisti, sceneggiatori, ma le vere star
dell’incontro sono state Marco D’Amore e Salvatore
Esposito, Ciro e Genny, i due protagonisti che dall’inizio
di questa saga shakespeariana disgraziata hanno tenuto in gioco,
più o meno consapevolmente le sorti di Scampia e della malavita
organizzata in Campania (senza fermarsi troppo ai confini
geografici).
La cornice che ha
ospitato l’incontro, il Teatro Brancaccio di Roma, ha offerto a
Marco D’Amore un gancio molto efficace per il suo
intervento d’apertura: “Siamo in un teatro, e mi è venuto in
mente Goethe che, parlando proprio del teatro, dice che vorrebbe
che fosse pericoloso come lo è il filo di un funambolo affinché
nessuno vi si arrischiasse. Allo stesso modo, per me, la
pericolosità del racconto di Gomorra – La Serie è
stata costante, ma per fortuna non ero solo a camminare sul quel
filo. Devo dire che, nel tempo, chi non ha sentito la
responsabilità di quel racconto è caduto. Questa è una serie che
non ha nulla a che vedere con la semplicità e la facilità. È stato
difficile tutto, girare, stare nelle location, convivere con questo
materiale che ci siamo portati dentro e che ci ha cambiato la vita.
Soltanto a bilancio di una carriera potrò dire cosa è stato per me
professionalmente Gomorra – La Serie, ma come uomo posso dire di
esserne uscito migliorato, mi ha reso più comprensivo nel confronti
di chi ha fatto scelte differenti dalla mia.”
Salvatore
Esposito, che interpreta Genny Savastano, l’altra faccia
di Gomorra – La Serie, l’altro grande perno
intorno al quale ruota tutta la storia, dal 2014 a oggi, ha
esordito con una battuta, facendo eco ai famosi video di
The Jackal che raccontano in maniera comica
“gli effetti di Gomorra sulla gente”. “Alla fine di
questa avventura, bisogna valutare gli effetti di Gomorra su di
noi. Come il mio incontro con Maradona, in cui è stato lui a dire a
me che era un onore incontrarmi, che era fan della serie. Una
cosa assurda.” Commenta ridendo, per poi continuare “È
stato un viaggio incredibile, sono cresciuto come uomo e come
artista, ho incontrato dei grandi professionisti, e tutto quello
che ho ricevuto è stato frutto del lavoro non solo nostro ma di
tutti quelli che hanno collaborato con noi. Tutti quelli che hanno
fatto sì che Gomorra fosse quello che è oggi. Ho definito la fine
di questa serie come la fine di una relazione d’amore, all’inizio
sei euforico ma arriva il momento in cui guardi indietro, c’è
tristezza e malinconia, ma c’è la consapevolezza di aver dato più
del tuo massimo.”
Dalla seconda stagione,
Ivana Lotito è al fianco di Esposito, nei panni di
Azzurra, donna che vive un profondo conflitto tra il suo desiderio
di liberarsi della condizione di essere “moglie di” e l’amore che,
nonostante tutto, prova per questo ragazzo con cui condivide tante
cose. Per Lotito: “Gomorra è un’esperienza totalizzante, da
tutti i punti di vista, il piano professionale si intreccia con
quello personale. Tutti abbiamo speso ogni risorsa che avevamo. Io
conoscevo già il successo della serie ed
ero terrorizzata di non essere all’altezza, ma mi sentivo
privilegiata a far parte di questo progetto. Ho cercato di
apprendere il più possibile e il più in fretta possibile e poi mi
sono affidata a dei professionisti. Loro mi hanno dato degli
strumenti che mi hanno accompagnata in tutto il mio percorso. Ho
avuto colleghi e registi che si sono spesi con grande cura e amore.
Hanno trovato nel tempo parole e modalità comunicative che mi hanno
fatto imparare molto, mi hanno fatta diventare adulta. Insieme a
loro abbiamo dato vita ad un personaggio per il quale si rinuncia
all’idea che la fragilità sia una debolezza. Non c’è mai il rischio
di superficialità e io non mi sono mai sentita sola, anche quando
mi si chiedeva di ricercare il dolore più profondo dentro di me.
Azzurra vive una specie di asfissia, ora, da una parte causata
dalla guerra in corso, dall’altra dalla sua esperienza personale.
Lei odia il nome che ha acquisito ma non riesce ad affrancarsi
dall’amore che vibra per quella persona che hai scelto e che ti
assomiglia, come si somigliano Genny e Azzurra.”
A coronare il piccolo
gruppo di attori che traghetteranno lo spettatore dalla quarta alla
quinta e ultima stagione di Gomorra – La
Serie c’era anche Arturo Muselli,
interprete di Enzo Sangueblù e a bordo del progetto dalla terza
stagione. “Alla conferenza stampa di presentazione della mia
prima stagione ero così agitato di dire troppo sulla trama che ho
cominciato a parlare del trono di spade. Ora credo di essere
diventato molto più bravo a gestire i segreti. Il mio è un
personaggio che ha bisogno di credere in qualcosa, ha dei valori e
un credo, vuole riportare quei valori nel mondo in cui vive e andrà
avanti per ottenere quello che vuole. In lui c’è una
contrapposizione tra passato e futuro, lui viene dal passato, ma è
destinato alla violenza che spinge dal futuro. Lo ritroviamo
anestetizzato, mentre mette in dubbio il suo ritorno all’azione, o
la possibilità di lasciarsi morire. Ma è un personaggio che vive
nell’azione.”
Ospite d’onore della
conferenza stampa, Roberto Saviano, ideatore della
serie e mente dalla quale è partito come ben sappiamo tutto il
fenomeno di Gomorra, con l’omonimo libro del 2006, che ha
inquadrato l’esperienza di Gomorra – La
Serie nella sua interezza.
“È difficilissimo
trovare le parole per sintetizzare come è iniziato tutto. La
necessità era quella di raccontare una storia dandosi spazio, non
esaurire il racconto in poco tempo. Avere la possibilità, nel
tempo, di poter raccontare il più complesso dei poteri, spesso
schiacciato da una sintesi superficiale. La serialità per questo
progetto nasce dall’esigenza di darsi questo spazio e raccontare il
potere. Gomorra è il racconto della famiglia, del potere, ciò che
ha reso la serie così di successo è il fatto che Scampia diventa la
periferia di tutte le metropoli, che tutte le periferie del mondo
si riconoscono in questo racconto, e questo vuol dire che
nonostante siamo in un posto specifico, raccontiamo una dinamica
universale. Le immagini, le persone, le vicende diventano
internazionali. Solo la serialità poteva permettere una cosa del
genere, con la scelta del dialetto, per dare autenticità,
permetterle di esistere. Il coraggio iniziale di riconoscere nella
possibilità di costruzione di questo mondo, una sua vocazione
universale. Nel nostro racconto però non c’è l’eroe positivo in cui
rifugiarsi, si racconta il punto di vista del potere.
Non avere l’eroe
positivo è determinante per il suo successo. I protagonisti di cui
parliamo sono già sconfitti, ma la loro potenza è il loro sapere e
conoscere il mondo in cui agiscono. Gli attori si sono dovuti
trasformare in qualcuno che non pensa mai di farcela, in nessun
momento, aspetta solo di morire, quando, come, per mano di chi non
lo sa. È un mondo che ha già perso.”
Il team di registi di
questa quinta e ultima stagione della serie si assottiglia, sono
solo Marco D’Amore e Claudio
Cupellini a sedersi dietro al macchina da presa, ed
entrambi, in diverse vesti, sono nel progetto dall’inizio. Per
Cupellini “non è quantificabile quanto mi ha dato Gomorra, e
nemmeno lo è quello che ho vissuto come esperienza nello stare a
Napoli per 5 stagioni, in cui sono entrato in punta di piedi. Era
un mondo che non conoscevo, né la realtà in cui andavo ad inserirmi
né il mondo della serialità. Mi sono trovato a dover maneggiare un
lavoro impostato in maniera eccellente da Sollima e dagli
sceneggiatori. La materia era bollente, difficile e complicata, ma
anche dolorosa. Arrivando da fuori cominciavo a toccare con mano un
mondo che non corrispondeva a quello che sapevo, che era diverso. I
sentimenti che ho provato durante questo percorso sono stati duri,
ho avuto la fortuna di potermene affrancare nel momento in cui
tornavo a casa, però è stato uno dei colpi di fortuna della mia
carriera.”
Gomorra –
Stagione Finale, l’atto conclusivo del cult Sky
Original prodotto da Cattleya in collaborazione con Beta Film, è
in prima TV mondiale il 19 novembre in Italia su Sky e in
streaming su NOW.
Arriva Goltzius and The
Pelican Company, il nuovo film di Peter Greenaway. Hendrik
Goltzius, incisore, stampatore ed editore, contemporaneo di
Rembrandt, è in viaggio verso l’Italia assieme alla compagnia
teatrale del Pellicano. Sulla strada decide di fermarsi in Alsazia,
ospite del margravio locale, un laido individuo che oltre a
governare e a defecare in pubblico, sbucciando mele per le sue
scimmie, si diletta di mecenatismo.
Goltzius vorrebbe convincerlo a
finanziere la realizzazione dei suoi libri con le storie
dell’antico testamento viste in maniera erotica e ambiguamente
metaforica, in particolare la storia di Lot e delle sue figlie, di
Davide e di Betsabea e di Sansone e Dalila. Il margravio però esita
a farsi convincere, così l’incisore gli propone di mettere in scena
per lui sei rappresentazioni, una per sera, insieme agli attori
della compagnia del Pellicano. Allettato dalla prospettiva di
partecipare attivamente in messinscene erotiche il Margravio
accetta. Ma la finzione si fonde con la realtà e così prende il via
un perfido gioco di sesso, sangue e potere.
Dopo il film su Rembrandt,
Greenaway realizza il secondo capitolo della sua personale trilogia
dedicata all’arte fiamminga, che si concluderà con un
lungometraggio dedicato a Hieronymus Bosch. Il risultato è a dir
poco superbo. La bellezza folgorante delle immagini si fonde con un
testo profondo, ma ironico, sovversivo, ma incredibilmente logico,
dove con l’innocenza di un fanciullo si dichiara che in fondo la
parola God (Dio) atro non è che la parola cane (Dog) letta a
contrario, oppure che il detto “una mela al giorno toglie il medico
di torno” sia una conseguenza di quanto avvenuto con Adamo ed
Eva.
Arriva Goltzius and The Pelican
Company, le tecniche
La tecnologia digitale è di valido
supporto alla pittura su schermo di Peter Greenaway che riesce a
sviluppare le ricerche visive iniziate con il suo ormai lontano
Prospero’s Book (L’ultima Tempesta), che accostato a questa nuova
opera appare oggi quasi un taccuino di schizzi. Il compositing si
fa complesso, multistratificato, con intarsi estremamente complessi
e green-screen al servizio dell’arte espressiva e non degli effetti
spettacolari. Addirittura entrano in gioco modellazioni in 3D
volutamente dichiarate come tali e lasciate in uno stadio
intermedio, per voler dare un senso straniante di progettazione
architettonica che irrompe nelle realtà. Goltzius, Piranesi,
Rembrandt e tutta una folta schiera di artisti citati
esplicitamente o negli stupefacenti giochi di collages digitali
esprimono la loro arte avendo a disposizione una tavolozza
tecnologica che ai loro tempi non sarebbe stata minimamente
pensabile. E infatti Greenaway apre il suo film con una breve
disquisizione proprio sull’evoluzione delle tecniche e delle
tecnologie espressive.
In Goltzius and The Pelican
Company la storia si svolge all’interno della corte del
margravio, genialmente ricostruita, o meglio adattata in una
vecchia fabbrica dimessa, con caldaie a vapore, vasche d’acqua
stagnante e tutto un fantasmagorico patrimonio di archeologia
industriale che magicamente si sposa con l’epoca barocca grazie al
lavoro dello scenografo Ben Zuydwijk e dei costumisti Marrit Van
Der Burgt e Blanda Budak. Le musiche dell’italiano Marco Robino
accompagnano egregiamente questa messinscena di sapore
elisabettiano ibridata con le atmosfere di Brecht e Weill.
Peccato che non vedremo mai in sala
o in dvd “Goltzius and The Pelican Company” a causa della sua
carica sovversiva, intelligente, colta, divertente, sensuale (e mai
erotica) che tanto potrebbe dar fastidio ad un pubblico
assoggettato alla visione passiva di standard in-espressivi ormai
imposti, definiti, o meglio somministrati come un farmaco
cretinizzante.
Peter Greenaway
non è considerabile un regista, nel senso più restrittivo del
termine, poiché le sue sperimentazioni visive spaziano a tutto
tondo nelle arti espressive per poi confluire magicamente nel
linguaggio cinematografico. Greenaway sostiene che il cinema è
“morto”, perché in poco più di un secolo di vita non ha avuto
evoluzioni sostanziali, a differenza di quanto invece è avvenuto e
continua ad avvenire con la pittura, attribuendo la colpa ad un uso
sfrenato e commerciale della struttura narrativa, che a poco a poco
ha finito con il soffocare l’atto creativo e la ricerca
formale.
Fin dai suoi primi film la ricerca
espressiva balza immediatamente alla ribalta creando uno stile
inconfondibile ed unico, forse difficile da penetrare da parte di
un pubblico “normale”, ma deliziosamente invitante per chi decide
di farsi trascinare dai giochi enciclopedici e metaforici del
filmmaker gallese. La sua nuova fatica cinematografica “Goltzius
and The Pelican Company” è il degno coronamento di decenni di
sperimentazioni e sicuramente il punto di partenza per nuove strade
da percorrere.
La narrazione, anche se
apparentemente fondamentale, è come al solito una delle tante
impalcature che per Greenaway sostengono il materiale filmico. Ben
più importanti sono le sottostrutture, come le sei rappresentazioni
teatrali che cadenzano l’andamento del film, o i vari peccati di
natura sessuale, come l’incesto, la necrofilia, il voyeurismo, o
ancora le incisioni di Goltzius mescolate con gli schizzi dello
stesso Greenaway.
Il film racconta un episodio della
vita di Hendrik Goltzius, incisore, stampatore ed editore,
contemporaneo di Rembrandt, che è in viaggio verso l’Italia assieme
alla compagnia teatrale del Pellicano. Sulla strada decide di
fermarsi in Alsazia, ospite del margravio locale, un laido
individuo che oltre a governare e a defecare in pubblico,
sbucciando mele per le sue scimmie, si diletta di mecenatismo.
Goltzius vorrebbe convincerlo a
finanziere la realizzazione dei suoi libri con le storie
dell’antico testamento viste in maniera erotica e ambiguamente
metaforica, in particolare la storia di Lot e delle sue figlie, di
Davide e di Betsabea e di Sansone e Dalila. Il margravio però esita
a farsi convincere, così l’incisore gli propone di mettere in scena
per lui sei rappresentazioni, una per sera, insieme agli attori
della compagnia del Pellicano. Allettato dalla prospettiva di
partecipare attivamente in messinscene erotiche il Margravio
accetta. Ma la finzione si fonde con la realtà e così prende il via
un perfido gioco di sesso, sangue e potere.
Dopo il film su
Rembrandt, “Nightwatching” del 2007, Greenaway realizza il secondo
capitolo della sua personale trilogia dedicata all’arte fiamminga,
che si concluderà con un lungometraggio dedicato al visionaro
pittore Hieronymus Bosch. “Goltzius and Pelican Company” segue
inoltre un’altra importante trilogia “The Tulse Luper Suitcases”
del 2003, dove la sperimentazione visiva prendeva il sopravvento
sulla narrazione, soprattutto negli ultimi due capitoli, facendo
avvicinare l’opera più ad una complessa performance di video-arte
piuttosto che ad un film. E questo non è mio avviso un difetto,
anzi dovrebbe essere inteso come un pregio, perché le sei ore della
rocambolesca vita di Tulse Luper, racchiusa in novantadue valige
disseminate per il mondo, è un divertente viaggio enciclopedico,
visionario, surreale, a volte sconfinante nel non-sense. Peccato
che in un ambiente ormai corroso dalla mercificazione tale
colossale opera sia stata intesa come non adatta al pubblico e
quindi relegata nel limbo della non-distribuzione, eccezione fatta
per il primo capitolo della trilogia.
Il risultato visivo di “Goltzius
and Pelican Company” è a dir poco superbo. La bellezza folgorante
delle immagini si fonde con un testo profondo, ma ironico,
sovversivo, ma incredibilmente logico, dove con l’innocenza di un
fanciullo si dichiara che in fondo la parola God (Dio) atro non è
che la parola cane (Dog) letta a contrario, oppure che il detto
“una mela al giorno toglie il medico di torno” sia una conseguenza
di quanto avvenuto con Adamo ed Eva. Il tutto giocato in una
ammiccante ambiguità tra teatrale e reale, tra messinscena e gioco
di ruolo, che permette di fare quello che altrimenti non sarebbe
lecito, o meglio dignitoso. I personaggi si mascherano, pur
rimanendo perfettamente riconoscibili, e sotto questo effimera
anonimato, si abbandonano ai desideri più morbosi e agli atti più
efferati. Ma il gioco sembra sfuggire loro di mano. E quando il
labile copione viene sconvolto con l’inserimento forzato di una
storia dal nuovo testamento, quella di Salomè e Giovanni Battista,
gli stessi protagonisti sembrano subire una tragica crisi di
identità, non distinguendo più i confini della
rappresentazione.
La tecnologia digitale è di valido
supporto alla pittura su schermo di Peter Greenaway che riesce a
sviluppare le ricerche visive iniziate con il suo ormai lontano
“Prospero’s Books” (L’ultima Tempesta) del 1991, che accostato a
questa nuova opera appare oggi quasi un taccuino di schizzi.
Ma le sue sperimentazioni partono
da molto prima, anche in tempi non sospetti, quando l’uso di
tecnologie di manipolazione dell’immagine era ancora da
considerarsi fantascienza. Come non pensare ad una delle scene
chiave di “The Belly of an Architect” (Il ventre dell’architetto)
del 1987, dove il protagonista scopre di essere stato seguito e
fotografato dalla sua amante per mesi durante la sua permanenza a
Roma. In tale scena la storia del film è condensata in pochi
secondi attraverso una serie di collage fotografici reali, montati
in una successione di piccoli carrelli laterali sottolineati dalla
splendida musica di Wim Mertens; sembra quasi una dichiarazione
d’intenti, in attesa di una tecnologia adeguata che permetta di
manipolare il materiale filmico.
C’è da dire inoltre che le
sperimentazioni di Greenaway iniziano molto prima, con le sue prime
opere come “The Falls” del 1980 o “Vertical Feature Remake” del
1978, dove i suoi disegni, la sua pittura, le sue fotografie si
integrano con materiale filmico assumendo una nuova identità
espressiva.
In “Goltzius and Pelican Company”
il compositing si fa complesso, multistratificato, con intarsi
estremamente complessi e green-screen al servizio dell’arte
espressiva e non degli effetti spettacolari. Come in “Prospero’
books” , in “Pillow’s Books” e in “Tulse Luper Suitecases”,
l’immagine nell’immagine rompe il concetto di montaggio
tradizionale a stacco e sovverte le regole legate alla continuità
temporale, proponendo simultaneamente diverse viste della stessa
rappresentazione. Lo spazio esplode, si disintegra e si ricompone
digitalmente in un collage visivamente esaustivo, che sembra
seguire contemporaneamente gli enunciati delle principali
avanguardie artistiche storiche del novecento.
In alcuni momenti
entrano addirittura in gioco modellazioni in 3D volutamente
dichiarate come tali e lasciate in uno stadio intermedio, per voler
dare un senso straniante di progettazione architettonica che
irrompe nelle realtà. E’ bello vedere dichiarato tale artificio,
che nei film destinati alla normale distribuzione si cerca invece
affannosamente di farlo sembrare il più reale possibile. Per
Greenaway i personaggi sono liberi di muoversi nell’artificio, tra
obelischi disegnati e gabbie digitali, in una sorta di “graphic
novel” che sembra uscita dalle mani di Piranesi.
Goltzius, Rembrandt e tutta una
folta schiera di artisti citati esplicitamente o negli stupefacenti
giochi di collages digitali esprimono la loro arte avendo a
disposizione una tavolozza tecnologica che ai loro tempi non
sarebbe stata minimamente pensabile. E infatti Greenaway apre il
suo film con una breve disquisizione proprio sull’evoluzione delle
tecniche e delle tecnologie espressive.
Anche la scelta delle ottiche
subisce un evoluzione sostanziale. Fino a questo momento Greenaway
prediligeva ottiche medie che restituissero una esatta percezione
di quanto inquadrato e senza forzature prospettiche. Ma in
“Goltzius and Pelican Company” la visione si allarga, le ottiche
divengono sempre più corte, fino ad esibire delle splendide riprese
in fish-eye, quasi a voler sottolineare con tale scelta l’aspetto
voyeristico delle rappresentazioni.
La storia si svolge
all’interno della corte del margravio, genialmente ricostruita, o
meglio adattata in una vecchia fabbrica dimessa, con caldaie a
vapore, vasche d’acqua stagnante e tutto un fantasmagorico
patrimonio di archeologia industriale che magicamente si sposa con
l’epoca barocca grazie al lavoro dello scenografo Ben Zuydwijk e
dei costumisti Marrit Van Der Burgt e Blanda Budak. Il concetto di
rigore storico è dimenticato, le epoche si sovrappongono e si
mescolano, ma tutto rimane credibile, perché in fondo è giusto
raccontare il passato tenendo ben presente tutto quello che è
intercorso tra la nostra epoca e i fatti narrati, anzi sarebbe
disonesto il contrario.
Le splendide musiche dell’italiano
Marco Robino, insieme al suo gruppo “Gli Architorti”, accompagnano
egregiamente questa messinscena di sapore elisabettiano ibridata
con le atmosfere di Brecht e Weill.
Peter Greenaway rinnova la collaborazione ormai decennale
con l’italianissimo Quintetto Architorti, in occasione del suo
nuovo lavoro, Goltzius and the Pelican
Company.
La formazione di stanza a Torino,
nata nel 1994 per iniziativa del violoncellista Mario Robino, snoda
su otto composizioni il commento sonoro dell’ultima opera del
regista, ambientata nell’Alsazia del ‘500.
Brani dalla durata variabile, trai
circa tre minuti dell’incipit, ‘Caprilli’, caratterizzato da
un’attitudine quasi ludica, agli oltre quindici della chiusura,
“Food of Love’.
L’impostazione è, come si può
immaginare, del tutto classica: al quintetto – due violini, viola,
violoncello e contrabbasso – si aggiungono occasionalmente qualche
fiato e voci ‘liriche’, per un lavoro che è stato registrato
ricorrendo ad una tecnica di sovraincinsione, applicata alle
sonorità minimaliste del quintetto.
Le otto tracce, oltre naturalmente a
subire l’influenza della lunga tradizione della musica per archi,
riportano elementi di esperienze più recenti, tra cui appunto
quella del minimalismo sonoro, con effetti che spesso possono
ricondurre alle composizioni di Michael Nyman (non
a caso, altro storico collaboratore di Greenaway).
L’apertura dai
contorni giocosi, fa da prologo ad un lavoro in cui a farla da
padrone è comunque una certa tensione drammatica, una calma che
evoca atmosfere ‘misteriose’ pronta spesso e volentieri ad
esplodere in momenti di dinamismo quasi furente.
Il Quintetto Architorti, che oltre a
comporre la colonna sonora ha anche partecipato attivamente al
film, commenta così le vicende dell’incisore di stampe erotiche
Goltzius che, al fine di ottenere un finanziamento per completare
un ciclo di opere dedicate alle situazioni più scabrose del Vecchio
Testamento, accetta l’offerta del Margravio di Alsazia: mettere in
scena dal vivo quelle stesse scene, suscitando reazioni a catena
sia nella corte alsaziana, che nella stessa compagnia, dato che
quei racconti affrontano il tema sessuale spingendosi fino ai tabù
più inconfessabili, per un film che riflette sulla sessualità e sui
rapporti di questa con la religione.
Una nuova sfida per la formazione
torinese la cui ‘missione’, nelle stesse intenzioni del fondatore
Robino, è stata quella di spingersi al di là dei confini di genere
per contaminarsi con esperienze sonore anche apparentemente molto
distanti, prova ne siano le collaborazioni con gruppi come
Subsonica e Africa Unite e artisti come Tony Esposito, Madaski e
Meg.
Arriva finalmente a Roma per il pubblico Goltzius and
Pelican Company, l’ultimo progetto multimediale
(definirlo semplicemente film sarebbe riduttivo) del regista
inglese Peter Greenaway, dopo essere stato
proiettato alla 7° edizione del Festival Internazionale del Film di
Roma nella sezione Cinema XXI .
Ma non si tratta di una normale uscita in sala, bensì una nuova
modalità di fruizione, che trova in tale film il prodotto giusto
per uscire dagli schemi ormai asfittici delle normali logiche da
botteghino. Grazie a un idea dell’associazione
il film sarà in cartellone nei più prestigiosi teatri italiani e
successivamente disponibile per le sale cinematografiche d’essai.
Un percorso distributivo innovativo e sperimentale, ideato e
realizzato da due realtà milanesi giovani e dinamiche, attive nella
produzione, distribuzione e promozione di cinema e prodotti
culturali di qualità, ovvero Lo Scrittoio e
Cinecult.
Il progetto distributivo si pone come vera e propria operazione
culturale: il film verrà infatti proposto in lingua originale con
sottotitoli in italiano, scelta che permette di non intervenire in
alcun modo sulla potenza espressiva del film e privilegiare la
costruzione dell’immagine e dell’immaginario di
Greenaway.
Il film sarà in programmazione Dal 12 al 16 novembre al Teatro
Argentina di Roma. Tutti i giorni alle 21 e, domenica 16/11 anche
alle 18.30. Mercoledì 12 novembre sarà presente Peter
Greenaway. Inoltre
il visionario film-maker gallese sarà ospite stasera alle 19 nella
trasmissione Hollywood Party su Rai Radio 3.
L’attrice iraniana
Golshifteh Farahani è divenuta celebre per essere
stata la prima attrice del suo paese ad aver recitato in una grande
produzione hollywoodiana, e da quel momento la sua carriera ha
visto realizzarsi un significativo incremento della popolarità, il
che le ha permesso di recitare in film di rilievo al fianco di
importanti autori e attori. Ecco 10 cose che non sai di
Golshifteh Farahani.
Parte delle cose che non sai di Golshifteh Farahani
Golshifteh Farahani: i suoi
film
1. Ha recitato in celebri
film. Dopo aver partecipato a numerosi lungometraggi nel
proprio paese, l’attrice ottiene fama internazionale recitando nel
film Nessuna verità (2008), al fianco di Leonardo
DiCaprio. Con la popolarità acquisita prende poi parte
a About Elly (2009), There Be Dragons (2011),
Pollo alle prugne (2011), Just Like Woman (2012),
Eden (2014), Exodus – Dei e
re (2014), Due amici (2015), Quella peste di
Sophie (2016), Paterson
(2016), Pirati dei Caraibi –
La vendetta di Salazar (2017), Sempre amici
(2017), Christmas & Co. (2017), La notte ha
divorato il mondo (2018), Les filles du
soleil (2018) e Un divano a Tunisi (2019).
2. Ha partecipato al
doppiaggio di una serie animata. Nel 2019 l’attrice
ricopre per la prima volta il ruolo di doppiatrice per la serie
Gen: Lock, ambientata nel 2068 sul pianeta terra, dove
alcuni ribelli tentano di abbattere una pericolosa autocrazia
instauratasi a livello globale. Nella serie, l’attrice presta la
sua voce al personaggio di Yasamin Mandrani.
Golshifteh Farahani è su
Instagram
3. Ha un account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram con un proprio profilo, seguito da 7,6 milioni di
persone. All’interno di questo l’attrice è solita condividere
curiosità quotidiane con i propri fan, ma particolarmente presenti
sono anche immagini promozionali dei suoi progetti da interprete
come anche fotografie realizzate per servizi di moda.
Golshifteh Farahani: chi è suo
marito
4. È stata sposata.
Per sette anni l’attrice è stata sposata, in Iran, con il
produttore Amin Mahdavi. Tuttavia, nel momento in cui la Farahani
ha iniziato a partecipare a produzioni cinematografiche estere, le
è stato proibito di tornare nel suo paese per via di alcune scene
di nudo da lei girate. Questo allontanamento, che l’attrice ha
vissuto come un vero e proprio lutto, ha contribuito alla fine del
suo matrimonio.
Golshifteh Farahani e Louis
Garrel
5. Hanno avuto una
relazione. Nel 2011 l’attrice conosce l’attore e regista
Louis
Garrel, recitando nel cortometraggio La règle de
trois, da lui diretto. I due si innamorano e intraprendono una
relazione, lavorando nuovamente insieme per il film Due
amici, anch’esso diretto da Garrel. I due in seguito si
separano senza fornire particolari dettagli.
Parte delle cose che non sai di Golshifteh Farahani
Golshifteh Farahani in
Paterson
6. Non ha sostenuto alcun
provino. Nel film Paterson, diretto da
Jim Jarmusch e con protagonista Adam
Driver, l’attrice interpreta il ruolo di Laura,
artistica moglie del personaggio principale. L’attrice ha
dichiarato di non aver dovuto sostenere alcun provino per la parte,
Jarmusch si limitò a contattarla tramite Skype per conoscerla, e
dopo qualche settimana la richiamò per affidarle la parte.
Golshifteh Farahani in Pirati dei
Caraibi
7. Era attratta
dall’ambiguità del suo personaggio. Nel quinto capitolo
della saga di Pirati dei Caraibi, l’attrice ricopre il
ruolo dei Shansa, una maga dai misteriosi poteri. La Farahani si è
dichiarata attratta dal personaggio per via del suo avere sia
caratteristiche buone che negative, affermandosi così per la sua
natura controversa.
8. Si è sottoposta ad un
lungo processo di trucco. Per poter dar vita al
personaggio di Shansa, l’attrice si è dovuta radicalmente
trasformare attraverso il trucco, assumendo così le caratteristiche
del personaggio: testa rasata e numerosi tatuaggi su tutto il corpo
e il viso. Il processo ha richiesto diverse ore al giorno di
preparazione.
Golshifteh Farahani a Cannes
2019
9. Ha ricevuto ottimi
apprezzamenti per il suo abito. Nel 2019 l’attrice
partecipa al Festival
di Cannes, venendo indicata come una delle interpreti più belle
ad aver calcato il tappeto rosso durante quell’edizione. La
Farahani indossava infatti un abito nero con una profonda
scollatura, firmato Givenchy. In molti hanno ritenuto l’abito
adeguato a risaltare il fisico e il fascino dell’attrice.
Golshifteh Farahani: età e
altezza
10. Golshifteh Farahani è
nata a Teheran, in Iran, il 10 luglio 1983. L’attrice è
alta complessivamente 169 centimetri.
Gollum è uno dei
personaggi tolkieniani più complessi e affascinanti mai incontrati
nella letteratura del ‘900. All’interno del corpus di Tolkien è
senza dubbio il più ambiguo, cupo e misterioso, nonché quello verso
il quale si prova maggiore senso di compassione e insieme di
repulsione. Ne Lo Hobbit, Gollum ha un
ruolo minore, ruolo che viene tuttavia ampliato a dovere ne
Il Signore degli Anelli, in cui diventerà
uno dei personaggi chiave.
Il mio tesssoro!Gollum
La sua nascita potrebbe risalire al
1928, nel racconto Glip, in cui Tolkien scrive di un
personaggio molto simile a Gollum e dal quale
potrebbe essere poi nato così come lo conosciamo.
In un primo momento Tolkien aveva
fatto di Gollum una creatura piuttosto amichevole
e onesta, che ammette di aver perso al gioco degli indovinelli
contro Bilbo e si offre di aiutarlo. Poi però la sua natura cambia
e diventa la creatura infida che ben conosciamo. In realtà però ne
Lo Hobbit la creatura rimane piuttosto nell’ombra,
in quanto lo stesso Tolkien dice di non sapere “chi o che cosa
fosse”. Solo nel 1937, quando Tolkien comincia a sistemare i
suoi appunti su Il Signore degli Anelli, abbiamo la
possibilità di sapere qualcosa in più di lui: nel capitolo
L’ombra del passato infatti Gandalf racconta la storia di
Gollum a Frodo nel dettaglio, basandosi sulle sue indagini e le sue
supposizioni.
Nel 2466 della
Terza Era della Terra di
Mezzo, Sméagol va a pesca insieme a Déagol suo cugino.
Il secondo cade dalla barca nell’Anduin e trova sul fondale un
anello. Alla vista del ninnolo Sméagol impazzisce,
aggredisce il cugino uccidendolo ed entra in possesso di quello che
si rivelerà essere l’Unico Anello, forgiato da
Sauron in persona nella fucine del Monte Fato.
Sméagol, di mente e cuore debole, si lascia
avvelenare dall’oggetto, con la conseguenza terribile di essere
bandito dalla sua famiglia e dai suoi amici. Si rifugia così in un
esilio volontario sotto le montagne, avendo preso ad odiare la luce
del Sole e della Luce (“faccia gialla” e “faccia pallida”).
A quel periodo risale la sua
trasformazione in Gollum, poiché viene
soprannominato così a causa dell’orribile rumore di gola che
emette. Nel suo nuovo rifugio comincia ad adattarsi all’oscurità
nutrendosi solo di pesci crudi e orchi. Gollum
tenne per sé l’Anello per circa 500 anni, chiamandolo Tesoro,
perché l’unica cosa al mondo di cui avesse cura, l’unica di cui gli
importasse davvero. Dopo questi 500 anni, Sauron cominciò a
riacquistare consistenza e ammassò la sua ombra a Nord, nel Bosco
Atro. L’Anello avvertì che il potere che l’aveva generato stava
diventando più forte e abbandonò Gollum.
Ma in quel momento accadde qualcosa
di prodigioso, qualcosa che nemmeno l’Anello poteva immaginare,
infatti Bilbo Baggins, un piccolo hobbit della Contea
lo trovò e se ne impadronì. In questo momento abbiamo ne Lo
Hobbit l’entrata in scena di Gollum che
sfiderà Bilbo al gioco degli indovinelli con lo scopo di
imbrogliare e di mangiare lo sventurato (e apparentemente gustoso)
ospite. Dopo la rocambolesca fuga di Bilbo, non sappiamo più nulla
di Gollum fino a che ricomparirà misteriosamente
ne Il Signore degli Anelli al seguito della
Compagnia nelle miniere di Moria.
Gollum insieme a Frodo e Sam in una scena de Il Signore degli
Anelli
In realtà dopo la perdita
dell’Anello, Gollum trovò il coraggio di uscire
dal suo rifugio, vagando alla ricerca del suo Tesoro, fino a che
non venne catturato e torturato da Sauron stesso. Da lui l’Oscuro
Signore apprende della strada che ha preso l’Anello e comincia a
trovare interessante la Contea e i Baggins. Intanto Gollum viene
lasciato libero nelle Paludi Morte, dove incontrerà Aragorn che lo
cattura e lo mette sotto chiave presso re
Thranduil nel Bosco Atro. Gli Elfi però
impietositi dal suo aspetto misero ed emaciato, abbassano la
guardia permettendogli di scappare.
Da quel momento
Gollum troverà rifugio nelle miniere di Moria,
dove si imbatterà proprio nella Compagnia e nel nuovo “padrone del
Tesoro”. Da qui in poi la sua storia è ben nota: segue la
Compagnia, tenta di attaccare Sam e Frodo sull’Emyn Muil e dienta
la loro guida fino al Nero Cancello e a Minas Morgul. Poi li
accompagna tra le fauci di Shelob per poi incontrare di nuovo gli
hobbit sulle pendici dell’Orodruin, dove si compirà il suo destino.
Alla sua morte, Gollum ha circa 600 anni, una longevità che deve
principalmente al suo lungo possesso dell’Anello, che gli ha
impedito di invecchiare, pur rovinandogli l’anima e la mente. Un
po’ come è successo a Bilbo che nei 60 anni in cui ha avuto con sé
l’Anello non è invecchiato di un giorno, cominciando però a
sentirsi verso la fine un po’ “sottile”, come “del burro spalmato
su troppo pane”.
Prima di trasformarsi in
Gollum, Gandalf ci informa che Sméagol era molto
simile ad un hobbit e amava molto il Fiume e l’acqua. Sulla base di
queste informazioni possiamo dedurre che potesse appartenere al
ceppo degli Sturoi, ovvero quegli hobbit che amavano l’acqua e le
imbarcazioni. Non tutti gli hobbit infatti amano i corsi d’acqua,
come ben testimonia Sam nel momento in cui è costretto ad
imbarcarsi per seguire il corso dell’Anduin.
Il possesso
dell’Anello muta profondamente Gollum, lo rende
miserabile e malvagio, molto furbo e violento, forte nonostante
l’apparente fragilità, oltre a mutarne anche i gusti alimentari. Si
può benissimo dire che l’Anello conferisce a
Gollum una personalità dissociata. “Lui odia e
ama l’anello, proprio come odia e ama se stesso” come dirà
Gandalf, che più di tutti sembra essere capace di spiegare il
comportamento ambivalente di Gollum, nonostante forse solo Frodo
riesca a capire fino infondo come si deve sentire in realtà la
creatura.
Solo con Frodo infatti la parte
buona, Sméagol, tornerà a galla, riuscendo a
restituirgli un po’ di serenità. Proverbiale infine è la sua
avversione per gli Elfi, e tutto ciò che è fabbricato e prodotto da
loro, questa sua repulsione lo contrapporrà ancora di più al suo
alter ego per eccellenza, ovvero Sam, che invece adora gli elfi e
tutto ci che rappresentano.
Ne Il Signore degli Anelli il personaggio di
Grima Vermilinguo è l’unico che può vagamente essere paragonato a
quello di Gollum per affinità di carattere e comportamento.
Entrambi infatti sono doppiogiochisti e sono schiacciati da un
potere malefico superiore, inoltre entrambi tradiranno i loro
padroni.
Nella trilogia de
Il Signore degli Anelli diretta da
Peter Jackson, Gollum è uno degli
elementi più rivoluzionari e più riusciti dell’intera saga, oltre a
rappresentare una vera e propria pietra miliare per la tecnica
della motion capture. Jackson infatti, in collaborazione con la
Weta
Digital, mise a punto una particolare tecnica che
potesse permettere di realizzare una creatura digitale con tutte le
movenze e le caratteristiche di un attore in carne ed ossa.
Ad interpretare Gollum chiamò
quindi Andy Serkis che prestò movimenti corporei e
facciali alla sua controparte digitale. La motion capture è ora una
tecnica digitale che ha raggiunto livelli di verosimiglianza
altissimi ma, ricordiamo, venne creata proprio per dare una forma
credibile alla nostra piccola e infida creatura. Gollum è al 13°
posto tra i migliori 100 personaggi cinematografici di sempre
secondo Empire, oltre a godere di una miriade di citazioni, in
cartoni animati e serie tv, tra le quali ricordiamo quella epica di
Big Bang Theory in cui il protagonista Sheldon sogna di essersi
trasformato in Gollum dopo essere entrato in possesso per caso
dell’anello usato per girare alcune scene del film. La sua frase
maggiormente rappresentativa “il mio tesssssoro” è entrata
a far parte del linguaggio comune trai giovani (e non) fans della
saga.
Andy Serkis ha
partecipato al Comic Con di San Diego in compagnia di tutto il cast
de Lo Hobbit la Battaglia delle Cinque
Armate. L’attore ha mandato un caro saluto ai suoi
fan nella maniera che più gli è congeniale.
Il personaggio di
Gollum, interpretato da Serkis nella trilogia del
Signore degli Anelli e ne Lo
Hobbit Un Viaggio Inaspettato, è diventato un’icona
cinematografica ormai consolidata, presente nelle classifiche dei
personaggi più amati e più odiati del cinema e con ancora un enorme
potere evocativo. La sua esistenza sullo schermo è stata anche
l’alba dell’ennesima rivoluzione tecnica del cinema che ci ha dato
poi altri film memorabili, come
Avatar.
Andy Serkis, voce e corpo di
Gollum, resterà sempre legato a questo personaggio, e scommettiamo
che la cosa lo diverte e lo lusinga. Lunga vita a Gollum e a
Andy Serkis!
La vicenda ha un che di surreale
eppure è vera, riportata dall’Associated Press.
Un tribunale turco sta cercando di
decidere se Gollum, il personaggio de Il Signore degli
Anelli, è un personaggio positivo o negativo.
La questione è nata nel momento in
cui un cittadino, tale BilginCiftci, ha accostato l’immagine dell’infelice
creatura tolkieniana al contestato presidente turco Recep
Tayyip Erdogan.
Come ben sanno i fan di Tolkien e di
Peter Jackson, il personaggio è a dir poco
ambivalente, in quanto la sua natura (Smeagol) estremamente docile
e servile, è stata corrotta dall’Anello, trasformandola in quella
aggressiva e cattiva di Gollum.
L’avvocato dello sfortunato signor
Ciftci ha deciso che, dopo aver percorso la strada della libertà di
pensiero che non ha convinto i giudici, adesso è il caso di
dipingere Gollum come un personaggio molto positivo.
E’ uno degli sceneggiatori
hollywoodiani più importanti della scena contemporanea, apprezzato
dal pubblico e dalle critica il cui talento è stato
riconosciuto con un meritato Oscar per lo scrip di A Beautiful
Mind.
Manga Productions, azienda leader nel settore dei
contenuti in Arabia Saudita, presenta il secondo trailer per la
nuova serie anime “Goldrake U”, che torna sugli schermi dopo 40
anni dalla messa in onda della serie originale. Molti dettagli
interessanti sono stati rivelati, tra cui l’apparizione di varie
scene ambientate in Arabia Saudita, in Francia e in Italia. Sono
stati inoltre rivelati i nuovi disegni dei personaggi e delle
Saucer Beasts, insieme alla data di trasmissione ufficiale:
luglio 2024.
Il secondo trailer è
stato lanciato in quattro lingue: arabo, francese, italiano e
inglese sul canale YouTube di Manga Productions, ed è ora
disponibile sui social media ufficiali internazionali di “Goldrake
U”.
Dr. Essam Bukhary, CEO
di Manga Productions, ha commentato questo lancio attraverso i
suoi social media, dicendo: “Noi di Manga Productions, in
collaborazione con i nostri partner in Giappone, siamo lieti di
presentare il personaggio di UFO Goldrake alle generazioni future
in un modo nuovo ed emozionante, attraverso la distribuzione e la
commercializzazione di questo lavoro al pubblico globale. Speriamo
che “Goldrake U”, nella sua nuova versione, ispiri gli eroi di
domani in tutto il mondo.”
Nel 2022 era stata
annunciata una partnership strategica tra Dynamic Planning e Manga
Productions per la licenza di “Goldrake”, al fine di utilizzarlo in
prodotti e personaggi per eventi di intrattenimento in tutto il
mondo, escluso il Giappone. Questa collaborazione ha portato alla
presentazione della statua del personaggio di “Goldrake” nella
città di Riyad (Arabia Saudita), registrata nel Guinness dei
primati come la più grande statua di metallo di un personaggio
immaginario nel mondo, con i suoi 33 metri di altezza. Il primo
teaser della serie è stato lanciato all’AkibaDaisuki Festival di
Tokyo nell’agosto 2023, e il primo video promozionale è stato
rilasciato nel dicembre dello stesso anno. Lo scorso anno, Manga
Productions ha inoltre rilasciato il gioco “UFO Robot Grendizer: La
festa dei lupi” in Medio Oriente e Nord Africa, in collaborazione
con la società francese Microids.
Secondo il trailer
ufficiale inglese lanciato sul canale YouTube di Manga Productions,
la nuova serie è basata su “UFO Robot Grendizer” di Go
Nagai. Il secondo video promozionale presenta lo staff di
“Goldrake U”, supervisionato dal Direttore Mitsuo Fukuda, con
la Composizione della Serie e la
Sceneggiatura di Ichiro Okouchi e lo script di Tatsuhito
Higuchi. Il design dei personaggi è curato da Yoshiyuki Sadamoto,
mentre Mari Araki è responsabile per il Design dei personaggi
secondari. Il design meccanico è realizzato da Wataru Inata,
AF_KURO e Junichi Akutsu (Astrays), con la collaborazione di
Pinakes, Tomoyuki Aoki, Zenseava e Masato Yoshinaga. Tra gli
illustratori principali: Hiroyuki Taiga, Takashi Hashimoto,
Masahiro Yamane e Toru Yoshida. I direttori artistici sono Hiroshi
Kato e Hirofumi Sakagami (Totonyan), mentre Tomoe Yoshimura
gestisce il Design del Colore e Atsushi Usuta (Nexus) si occupa
della fotografia. Yukio Nagasaki è Direttore del suono, con Effetti
sonori di Toshiya Wada e Maki Takuma (Swara Pro). La colonna sonora
è composta da Kohei Tanaka, la Produzione musicale è curata da PONY
CANYON e la Produzione di animazione è curata da GAINA.
Dopo il successo della commedia di
Adam SandlerThe Ridiculous
Six, Netflix aggiunge un altro film dal cast stellare alla
sua programmazione di film originali, iniziata con
Beasts Of No Nation. Si tratta di
Divanation, una commedia che vedrà
protagoniste Goldie Hawn, Bette Midler e
Diane Keaton. Le tre donne saranno tre ex cantanti
di un gruppo un tempo famoso, che dovranno tornare insieme dopo la
separazione della band, a ben 30 anni distanza. La reunion si
dimostra tesa ma catartica e le porterà finalmente a rendersi conto
di cosa le ha rese tanto popolari tanti anni prima. Il progetto
vedrà riunirsi, dopo circa 20 anni, le stesse Hawn,
Midler e Keaton: risale infatti al 1996
la collaborazione fra le tre attrici per Il club delle
prime mogli di Hugh Wilson. La
sceneggiatura di Divanation è stata
curata da Lisa Addario e Joey Siracusa. Il film
sarà prodotto da Brad Fischer della Mythology
Entertainment, James Vanderbilt e William Sherak.
Tracey Nyberg è produttrice esecutiva.
Netflix sta cercando di ampliare
considerevolmente il suo servizio di streaming, allargando di mese
in mese la sua offerta con notevoli titoli: tra i prossimi
film in programma, infatti, anche l’adattamento
cinematografico del romanzo di Kent HarufOur Souls At Night, con Robert
Redford e Jane Fonda (che tornerebbero a lavorare insieme
dopo A piedi nudi nel parco e
Il Cavaliere Elettrico).
Redford produrrà il progetto, sviluppato da una
sceneggiatura di Scott Neustadter e Michael H.
Weber, il team dietro a 500 Giorni insieme, La
colpa è nelle stelle, Città di carta e
The Spectacular Now.
Sono circa dieci anni che
Goldie Hawn non frequenta il grande schermo,
eppure questo potrebbe essere l’anno del grande ritorno, in
occasione del nuovo film di Jonathan Levine
(50/50).
Secondo The Wrap l’attrice
premio Oscar sarebbe in trattative per partecipare alla nuova
commedia che la potrebbe vedere nei panni della madre del
personaggio protagonista, interpretato da Amy
Schumer.
Il film non ha ancor aun titoloma
parlerà di una disavventura durante una vacanza familiare. La
sceneggiatura è di Katie Dippold e Paul
Feig produrrà il film con le Feigco e con la Chernin
Entertainment.
Si conclude con i Golden Reel Awards
2016 la lunga sequela di premi di settore che precedono gli Oscar
2016. Si tratta dei premi al montaggio del suono che hanno visto
vincere a pari merito Revenant e
Mad Max Fury Road. Inoltre, tutti gli
altri film che hanno la nomination di categoria agli Oscar sono
stati premiati, per cui la battaglia per l’Academy Award al miglior
montaggio sono è piuttosto aperta.
Di seguito i vincitori:
EFFETTI SONORI E FOLEY
“Mad Max: Fury Road,” Mark Mangini, Scott
Hecker, Wayne Pashley, Stuart Morton, David White, Julian Slater,
John Simpson, Blair Slater, Fabian Sanjurjo, Cate Cahill, Chris
Aud, Chuck Michael, Rick Lisle, Andrew Miller, Emma Mitchell,
Alicia Slusarski, Mario Gabrielli, Nigel Christensen, Phil Barrie,
Michael Mitchell, Jared Dwyer
“The Revenant,” Martín Hernández,
Randy Thom, Lon Bender, Jon Title, Geordy Sincavage, Todd Toon,
Mark Larry, Dino DiMuro, Adam Kopald, Pernell L. Salinas, Bill
Dean, D. Chris Smith, MPSE, Hector Gika, David McMoyler, Stephen
Robinson, Nancy MacCleod, Ryan Wassil, Aran Tanchum, Katy Rose,
Gretchen Thomas, Rick Owens, Vincent Guisetti, Catherine Harper,
Gregg Barbanell, Andrea Gard
DIALOGHI E ADR “Bridge Of Spies,” Richard Hymns, Gary Rydstrom,
Brian Chumney, Steve Slanec
EFFETTI SONORI, FOLEY, DIALOGHI E ADR IN UN FILM
ANIMATO “Inside Out,” Shannon Mills and Ren Klyce, Daniel
Laurie, Stephen M. Davis, John Roesch, Alyson Dee Moore, David C.
Hughes, Malcolm Fife, Jeremy Bowker, Tom Brennan
Con l’arrivo della season awards, si
sa, cominciano a fioccare (letteralmente) i red carpet e gli abiti
da gran galà. E così spesso capito che ad interessare di più il
pubblico medio siano le sfilate sui prestigiosi tappeti rossi di
Hollywood piuttosto che i vincitori e i premi.
In attesa di vedere cosa sfoggeranno
le attrici protagoniste di questa notte, durante la cerimonia di
assegnazione dei Golden Globes 2015, ecco le dieci attrici meglio
vestite dell’edizione passata.
I premi verranno assegnati la sera
dell’11 gennaio 2015 durante la cerimonia condotta da Tina
Fey e Amy Poehler. I Golden Globes sono i
premi della stampa estera, assegnati al mondo del cinema e della tv
dalla HFPA (Hollywood Foreign Press Association).
Negli ultimi anni,
trai il 2010 e il 2015, il Cecil B. DeMille Award (il
Golden Globe alla carriera) è stato consegnato a Martin
Scorsese, Robert De Niro, Morgan Freeman, Jodie Foster e
Woody Allen. Nel 2015 il prestigioso premio
intitolato ad uno dei più grandi registi della Grande Hollywood
verrà assegnato ad un attore, produttore, regista e sex symbol di
grande talento, Mr. George Clooney, che colleziona
così un’altra prestigiosa statuetta da aggiungere alla sua mensola
dei premi (già abbastanza affollata a dire il vero).
Il premio fu istituito nel 1952 e
venne assegnato appunto a Cecil B. DeMille,
regista, tra gli altri, de Il Più grande spettacolo del
mondo (1952) e I Dieci
Comandamenti (1956). George Clooney
si unisce quindi ad una foltissima schiera di personaggi di spicco
del mondo dello spettacolo ad essere stati insigniti di tale
riconoscimento.
Il globo d’oro della Hollywood
Foreign Press Association si andrà a creare uno spazio tra i due
Oscar (uno per il miglior film, Argo,
l’altro per la migliore interpretazione da non protagonista in
Syriana) e gli altri tre Golden Globes
(per migliore interpretazione in musical o commedia in
Fratello dove Sei?, per migliore
interpretazione da non protagonista in
Syriana e per migliore interpretazione
drammatica in Paradiso Amaro), senza
contare tutti gli altri riconoscimenti alla carriera e all’impegno
umanitario.
Considerando che a breve lo scapolo
d’oro di Hollywood George Clooney convoleràanche a
nozze, c’è da dire che per lui il 2015 si prospetta davvero un anno
interessante.
Ecco tutti i vincitori dei
Golden Globes 2025, i premi assegnati dalla
Hollywood Foreign Press Association, l’organizzazione formata
da giornalisti professionisti che rappresentano
l’industria del cinema statunitense in una varietà
di media, (giornali e riviste) al di fuori degli Stati
Uniti d’America. Attualmente, i 90 membri della HFPA lavorano in
almeno 55 paesi, ed hanno un bacino di lettori di oltre 250 milioni
di persone.
E’ stata un’edizione di prime volte
e di conferme per la HFPA.
Demi Moore, Zoe Saldana e Sebastian
Stan hanno vinto per la prima volta una statuetta,
mentre Colin Farrell e Ali Wong
hanno portato a casa di nuovo un riconoscimento dalla stampa
estera. I premi della serata sono stati generalmente ben
distribuiti con pochi film che hanno portato a casa più di un
premio, e tra questi l’imbattibile Emilia Perez,
che ha vinto nella categoria Miglior film in Lingua non Inglese, in
cui gareggiava l’Italia con Vermiglio, e in quella
per il miglior film comedy o musical.
Anche The Brutalist
di Brady Corbet ha portato a casa diversi
riconoscimenti, tra cui miglior regia, migliore attore a
Adrien Brody e miglior film drama. Per quanto
riguarda invece le serie, Shogun,
Hacks e Baby Reindeer sono stati
i più premiati.
I Golden Globes Awards
2025 sono stati un bilanciato mix di
premi attesi e autentiche sorprese. Tra le sorprese annoveriamo
anche la freschezza della conduzione di Nikki
Glaser che caustica ed elegante ha tenuto la barra dritta
senza intoppi fino al finale della serata che ha incoronato Emilia
Perez miglior film comedy/musical.
I veterani
Demi Moore e Colin Farrell sono riusciti a salire sul
palco, conquistando il loro premio, mentre Anora e
Il Robot Selvaggio, trai titoli più amati della
stagione, sono andati a casa a mani vuote. Diversi vincitori hanno
esternato una genuina sorpresa, su tutti Fernanda
Torres, splendida protagonista di Io sono ancora qui, premiata per la migliore
interpretazione in un film drammatico. Insieme a lei anche
Jacques Audiard, regista di Emilia
Perez, salito sul palco più volte di quante avesse
preventivato. Lui come Brady Corbet, per il suo
The Brutalist che ha portato a casa i premi
principali.
Naturalmente, cosa significheranno queste sorprese per la stagione
dei premi in generale resta da vedere: non c’è sovrapposizione tra
i membri della HFPA e degli Academy Awards, e la divisione in
categorie per il dramma e la commedia/musical nei premi della
stampa estera offre un ventaglio più ampio di vincitori rispetto
agli Oscar.
Fernanda Torres stupisce tutti (lei per prima)
La più grande sorpresa della serata è stata senza dubbio la
vittoria di Fernanda Torres per Io sono ancora qui, in cui interpreta una
donna che deve sopportare la scomparsa del marito durante la
dittatura militare brasiliana (tratto da una storia vera). Il
lavoro profondamente toccante e sobrio di Torres nel film si
distingue dalle performance delle altre candidate, tutte impegnate
in ruoli che le hanno invece spinte a superare dei limiti, basti
pensare alle parti di Angelina Jolie e
Nicole Kidman per le rispettive candidature
(Maria e Babygirl). La gara per
l’assegnazione dell’Oscar alla migliore attrice di quest’anno è un
campo incredibilmente affollato e la vittoria di Torres ai Golden
Globes sembra mescolare ancora di più le carte.
La categoria Musical o Commedia sorprende con le vittorie di
Demi Moore e Sebastian Stan
Con una delle vittorie e gratificanti della serata, Demi
Moore ha battuto le presunte favorite Cynthia
Erivo e Mikey Madison per il suo ruolo
nel body horror The Substance. Nel suo commovente
discorso, Moore ha detto che durante la sua carriera
pluri-decennale, questa è la prima volta che vince qualcosa per una
sua interpretazione, e ha continuato dicendo che un produttore le
aveva detto all’inizio della sua carriera che era un'”attrice da
popcorn”, cosa che le aveva sempre fatto pensare di essere limitata
nelle sue scelte. Ma quel produttore si sbagliava di grosso, come
sa chiunque abbia visto la straordinaria interpretazione di Moore
nel film scritto e diretto da Coralie Fargeat.
Come accennato, la categoria per la migliore attrice è estremamente
competitiva quest’anno, ma Moore potrebbe aver pronunciato il tipo
di discorso che le garantirebbe una nomination all’Oscar.
Subito dopo la vittoria di Moore, Sebastian Stan è stato invitato sul palco
per accettare il suo globo d’oro per l’interpretazione in A
Different Man, in cui interpreta un attore nevrotico con
la deturpante condizione di neurofibromatosi che si sottopone a una
procedura sperimentale che lo cura così profondamente che finisce
per assomigliare al Soldato d’Inverno. La maggior parte degli
esperti vedeva Stan come outsider in questa categoria, con
Jesse Eisenberg come principale contendente per la
sua toccante interpretazione in A Real
Pain, che ha anche diretto.
In una delle categorie più aperte in una stagione di premi
straordinariamente incerta, Emilia
Perez ha finito per portare a casa anche
il Golden Globe per il miglior musical o commedia. Mentre
l’operetta non convenzionale, sul capo di un cartello messicano (la
candidata Karla Sofía Gascón) che diventa donna
dopo essersi sottoposta a un intervento chirurgico di affermazione
di genere, è già il musical più candidato nella storia dei Globes,
la sua vittoria qui non era affatto scontata, anche perché il film
era il favorito nella categoria di Miglior Film in lingua non
inglese.
Anora ha incantato il pubblico da quando ha
vinto la Palma d’oro al Festival
di Cannes; l’adattamento musicale di successo di Broadway
Wicked
ha battuto i record al botteghino per settimane; la satira nera
The Substance è emersa come uno dei più grandi
successi di passaparola della stagione; e il toccante A Real
Pain ha incantato praticamente chiunque l’abbia
visto.
Alla fine, il film di Audiard ha superato tutti i concorrenti e
le sue molteplici vittorie (attrice non protagonista, canzone
originale e film) hanno ufficialmente piazzato il film Netflix in pole position nella stagione dei
premi.
Wicked vince solo il premio del botteghino
Wicked è per molti versi il film dell’anno, in
quanto è stato un enorme successo al botteghino, è stato elogiato
dalla critica ed è diventato un galvanizzante evento culturale. E
sebbene il regista Jon M. Chu sia stato trascurato
per il suo lavoro, l’organismo di voto dei Globes ha candidato il
film per quattro premi, con Cynthia Erivo e
Ariana Grande nelle categorie attrice e attrice
non protagonista, e il film sia nella categoria miglior musical o
commedia che nella nuova categoria dedicata ai film con il maggiore
incasso della stagione. E alla fine, solo quest’ultimo è il Golden
Globe che Wicked si porta a casa, battendo
Deadpool & Wolverine di
Ryan Reynolds, che era il favorito, mentre la
stagione dei premi entra nel vivo.
Anora non vince
niente
Anora era l’unico film tra i
candidati principali ad aver vinto un premio cinematografico
importante, ovvero la Palma d’oro al Festival di Cannes. Con i
candidati per film (musical/commedia), regista, attrice, attore non
protagonista e sceneggiatura, la maggior parte si aspettava che la
frizzante commedia avrebbe vinto almeno un premio. Invece,
Anora è stato il candidato di più alto profilo a
tornare a casa a mani vuote.
Colin Farrell batte Richard
Gadd
Un’altra delle sorprese della serata
è stata la vittoria di Colin Farrell per The
Penguin (categoria migliore interpretazione maschile in una
miniserie). Farrell ha interpretato Oswald Cobb sotto strati di
protesi, il che non gli ha impedito di offrire una performance
sorprendente. La vittoria di Farrell ha impedito a Richard Gadd,
vincitore dell’Emmy di categoria, di trionfare, anche se Baby
Reindeer ha vinto nella categoria serie e nella categoria attrice
non protagonista, in cui Jessica Gunning è stata
premiata per la sua interpretazione della stalker, Martha.
Il trionfo di Shōgun, la rivincita
di Tadanobu Asano
Per la sua performance nei panni
dell’opportunista signore della guerra Yabushige, la star
giapponese Tadanobu Asano aveva perso la gara per
il miglior attore non protagonista agli Emmy a settembre,
nonostante Shōgun quella sera abbia dominato. Ma
contro una concorrenza formidabile ai Globes, in particolare
Ebon Moss-Bachrach di The Bear,
che ha vinto l’Emmy per il miglior attore non protagonista in una
commedia, ha ottenuto una vittoria a sorpresa in questa categoria,
che include drama, comedy e spettacoli limitati. E sembrava felice
durante il suo discorso, presentandosi persino al pubblico:
“Forse non mi conoscete. Sono un attore giapponese e mi chiamo
Tadanobu Asano!”.
Ali Wong è la migliore stand-up
comedian
Questo è solo il secondo anno in cui
questa categoria riconosce gli speciali di stand-up come una
categoria a sé stante (l’anno scorso ha vinto Ricky
Gervais), quindi non ci sono molti precedenti su cui
basarsi. Detto questo, persino Ali Wong è sembrata
sorpresa di vincere per il suo speciale Netflix “Ali Wong:
Single Lady” soprattutto guardando la concorrenza, in
particolare Jamie Foxx per “Jamie Foxx:
What Had Happened Was…“, che ha offerto i suoi primi
commenti pubblici sull’ictus che ha subito nel 2023. La
presentatrice della serata, Nikki Glaser, era una
delle favorite per il suo speciale HBO “Nikki Glaser:
Someday You’ll Die“, ma ha commentato la sconfitta con una
brillante battuta. “Potrei non aver vinto stasera”, ha
detto Glaser. “Ma il lato positivo è che ho appena guadagnato $
11.000 scommettendo su Ali Wong su un sito di gioco d’azzardo
europeo”.
Si apre ufficialmente la Season
Awards con il red carpet dei Golden Globes 2025 (qui
tutti i nominati), dove hanno sfilato i protagonisti
di Hollywood, nominati e non, presentatori e accompagnatori, per
celebrare le assegnazioni dei premi decisi dalla Hollywood Foreign
Press Association. Con una tendenza spiccatamente “metallica”, ecco
i look dal red carpet dei Golden Globes 2025:
Le nomination ai Golden
Globe 2025 sono state annunciate e tra una sorpresa e un
colpo di scena, si sono delineati quelli che saranno i prossimi
protagonisti di questa stagione dei premi. Oltre a sottolineare il
bel risultato di Vermiglio di Maura Delpero,
finito in cinquina per il miglior film in lingua non inglese, sono
diversi i titoli che si sono distinti per frequenza di nomination,
tra film e serie tv.
Trai titoli più nominati spiccano
Emilia
Perez per il cinema e la terza stagione di The
Bear, serie Hulu disponibile in Italia su Disney+.
La cerimonia dei Golden Globe 2025, presentata
da
Nikki Glaser,
andrà in onda in diretta su CBS domenica 5 gennaio alle 17:00
PT/20:00 ET, oltre allo streaming su Paramount+ negli Stati Uniti. In Italia potremo
vederla a partire dalle 2 della notte tra il 5 e il 6
gennaio.
La season awards si apre
ufficialmente con i Golden Globes 2023 e di seguito ecco tutti i
vincitori. The Fabelmans e Gli Spiriti dell’Isola si sono divisi il
podio, tra drama e comedy, con il film di Steven Spielberg che porta a casa
anche il premio alla regia e quello di Martin
McDonagh che vince per attore (Colin
Farrell) e sceneggiatura.
Sul versante dedicato alle serie tv,
Abbott Elementary vince ben tre premi, mentre
resta a bocca asciutta The
Crown, mentre House of the Dragon si porta a casa il premio per la
migliore serie drama. Successo anche per The White Lotus: Sicily, che oltre a
vincere per la migliore miniserie, incorona anche Jennifer
Coolidge.
I Golden Globes 2023 si preparano a tornare in
tv la notte del 10 gennaio e molte testate americane, tra cui
Variety, si sono
preparate per la cerimonia stilando un elenco dei film e delle
serie tv con maggiori possibilità di vittoria nelle singole
categorie.
Tra i film,
The Banshees of Inisherin di Martin
McDonagh ha ricevuto il maggior numero di nomination
(otto), tra cui quella per il miglior film commedia/musicale. La
pellicola con Colin Farrell protagonista si scontrerà
direttamente con Everything Everywhere All at Once, che ha
ottenuto il secondo maggior numero di nomination (sei). Il film
drammatico più nominato dell’anno è stato invece The
Fabelmans di Steven Spielberg che, con le sue
cinque nomination, potrebbe andare ad aggiudicarsi la statuetta per
la miglior regia. Tra i programmi televisivi, la serie comedy della
ABC
Abbott Elementary ha fatto da apripista, anch’essa con
cinque nomination. Analizziamo dunque assieme i pronostici per la
notte dei Golden Globes 2023.
CINEMA
Miglior Film Commedia-Musicale
Everything
Everywhere All At Once è in pole position nella corsa
agli Oscar 2023, soprattutto dopo essersi visto
assegnare il premio come miglior film dalla Los Angeles Film
Critics Association e primeggiando nelle nomination ai
Critics Choice Awards. Ma prima di trionfare alla notte
degli Oscar, sembra che il film dei The Daniels,
vero e proprio campione di incassi negli Stati Uniti, trionferà
nella categoria del miglior film (commedia o musicale) ai
Golden Globes.
Miglior Film Drammatico
Gabriel LaBelle as Sammy Fabelman in The Fabelmans, co-written,
produced and directed by Steven Spielberg.
Anche se Elvis di Baz Luhrmann
potrebbe vincere questa statuetta in nome dell’effetto “Bohemian
Rhapsody” di qualche anno fa, la vera partita se la giocano tre
titoli: Avatar: La via dell’acqua, The
Fabelmans e Top Gun: Maverick. Sembra difficile che
Tàr riesca ad aggiudicarsi il premio, dato che il
regista Todd Field non è stato neanche nominato
per la miglior regia. Il titolo verso cui la critica sembra
propendere è in realtà The
Fabelmans. Per quanto Avatar
2 sia un progetto tecnicamente infallibile,
James Cameron abbia vinto un Golden Globe per il
primo, e Top Gun: Maverick potrebbe vincere ai
PGA,
sembra che il film di Steven Spielberg avrà la
meglio.
Il talentuoso Colin Farrell ha vinto questo premio 14 anni
fa per un’altra commedia dark di Martin McDonagh
(In Bruges). Entrambi si sono superati con
Banshees, dunque la vittoria sembra scontata,
soprattutto considerando che Farrell si è
aggiudicato anche la Coppa Volpi al Festival di Venezia 2022, dove il film è
stato presentato in anteprima. Se avete visto
The Banshees Of Inisherin, l’interpretazione di
Colin Farrell nei panni di un semplice pastore
irlandese che lotta per capire perché il suo migliore amico lo
abbandoni improvvisamente non la dimenticherete presto e non
crediamo che nemmeno i votanti dell’HFPA la dimenticheranno:
Farrell conferisce infatti a Padraic una tenerezza
e una qualità fanciullesca che sono in egual misura esilaranti e
strazianti.
Attrice protagonista in un film
commedia-musicale
Se la critica sta ancora
parlando della sorprendente interpretazione di Michelle Yeoh in Everything Everywhere All At Once c’è un
motivo ben preciso. In mezzo a una gigante macchina di caos visivo
e narrativo, e in una sconcertante varietà di multiversi, la Yeoh
ha saputo tenere ben salde le redini del film in quanto suo centro
nevralgico. La sua vittoria è quasi scontata ai Golden
Globes 2023, soprattutto perchè i pronostici danno già
certa una sua nomination agli Oscar come miglior attrice
protagonista.
Attore protagonista in un film
drammatico
L’altalena della stagione
dei premi è sempre imprevedibile; sembrava scontato che Brendan Fraser vincesse in questa categoria
per la sua interpretazione in The Whale di Darren
Aronofsky. Tuttavia, dopo aver dichiarato che non avrebbe
partecipato ai Globes dopo le accuse di aggressione sessuale nei
confronti dell’ex presidente della HFPA Philip Berk. Questa svolta
potrebbe aver creato le premesse perfette per la vittoria di
Austin Butler che, nei panni del Re del Rock
and Roll Elvis nel
film di Baz Luhrmann, ha regalato al pubblico una performance
formidabile. Anche Bill Nighy se la gioca per la
sua interpretazione in Living dopo la vittoria ai
LAFCA, ma sembra improbabile che trionfi in questa
categoria.
Attrice protagonista in un film
drammatico
Si parla
dell’interpretazione di Cate Blanchett nel ruolo della complessa
direttrice d’orchestra Lydia Tár da quando il film
Tàr è
stato presentato in anteprima al Festival di Venezia, dove
l’attrice si è aggiudicata la Coppa Volpi come migliore attrice.
Lydia è un personaggio complicato, pieno di sfumature e
contraddizioni: una predatrice che è anche vittima del suo stesso
successo, apparentemente risoluta mentre la sua vita sta in realtà
andando in frantumi
Attore non protagonista in un film
(commedia o drammatico)
Questo è l’unico posto in
cui Ke Huy Quan potrebbe probabilmente perdere, e
non sarebbe importante per il suo cammino verso l’Oscar (come nel
caso di Kodi Smit-McPhee che ha battuto Troy Kotsur l’anno scorso).
Brendan Gleeson potrebbe accompagnare la vittoria
del suo co-protagonista Colin Farrell come attore protagonista
(commedia), ma Ke Huy Quan sembra la scelta più quotata al momento.
Ma come Aaron Taylor-Johnson con “Animali
Notturni” o Jodie Foster con
“The
Mauritanian“, non è da sottovalutare che Eddie
Redmayne porti a casa la statuetta per The
Good Nurse.
Attrice non protagonista in un film
(commedia o drammatico)
È qui che l’HFPA potrebbe
premiare il “buon comportamento” e una grande interprete come
Jamie Lee Curtis. Due volte vincitrice –
“Anything But Love” (1989) e “True
Lies” (1994). La Curtis è l’unica attrice che l’anno
scorso, nel pieno delle polemiche, ha sostenuto il gruppo e ha
partecipato alla cerimonia su Twitter registrando un video di
sostegno. Non è però da sottovalutare Angela Bassett, altra favorita e già
vincitrice per “What’s Love Got to Do With It?”
(1993), che l’ha resa la prima e tuttora unica donna di colore a
vincere il premio come miglior attrice (commedia o musical).
Miglior sceneggiatura
Questa è una delle
categorie per cui le previsioni di vittoria sembrano più incerte.
Si potrebbe reagire alla mancata candidatura di una donna alla
regia e premiare per la miglior sceneggiatura il Women
Talking di Sarah Polley, che sarebbe di
buon auspicio per una nomination agli Oscar 2023 nella categoria
della miglior sceneggiatura adattata. Inoltre, poiché Todd
Field non è stato nominato per la regia, si potrebbe
riconoscere l’autore in questo senso. Ma i pronostici propendono
per le due commedie dell’anno, “Banshees”
e “Everything“, con un vantaggio per il vincitore
del Golden Globe con “Tre
Manifesti a Ebbing, Missouri” (2017) Martin
McDonagh.
Miglior film d’animazione
Pinocchio
di Guillermo Del Toro è di gran lunga in testa
alla classifica, ma l’HFPA ha sconvolto il pubblico in passato con
questa categoria. Missing Link ha ribaltato ogni
previsione quando Toy Story 4 era in netto
vantaggio, e Il Gatto con gli Stivali: L’ultimo desiderio è
stato accolto calorosamente, quindi non è detta l’ultima parola.
Marcel the Shell with Shoes On e Turning Red hanno ancora qualche possibilità
di vittoria, ma è sempre meglio puntare sui pesi massimi, anche se
la categoria è difficile da prevedere.
Miglior film internazionale
RRR è
una delle più grandi sorprese della stagione dei premi 2023.
Nessuno avrebbe pensato che un’epopea d’azione di tre ore sarebbe
stato il film straniero con più probabilità di vittoria per il
miglior film internazionale, ma sembra che in questa categoria la
spunterà proprio l’India. Niente di nuovo sul fronte occidentale di
Netflix era inizialmente il favorito per la
vittoria e ha ancora una discreta possibilità di vincere, ma non
sembra che sarà RRR a perdere.
Miglior regista
Sono
passati più di 20 anni dalla sua ultima vittoria ai Golden Globes
(nel 1999 per Salvate il soldato Ryan). La
realizzazione del film più personale del regista dovrebbe cambiare
le cose; l’HFPA ha ignorato Steven Spielberg
l’anno scorso, quando è stato nominato per West Side Story (hanno invece premiato
Jane Campion per Il potere del
cane, che ha poi vinto anche l’Oscar), ma non crediamo che
quest’anno si lasceranno sfuggire l’occasione di assegnargli una
statuetta. Spielberg è stato nominato 13 volte ai Golden Globe per
la miglior regia, vincendo due volte. Il suo film
semi-autobiografico The
Fabelmans possiede tutte le qualità che i membri
dell’HFPA amano in un film: una narrazione piacevole sul potere del
cinema, vagamente ispirata a una storia vera.
TELEVISIONE
Miglior miniserie
Che ci crediate o no, la prima
edizione di The White Lotus della HBO ha ottenuto un solo
Globe l’anno scorso (per l’attrice non protagonista
Jennifer Coolidge). Dopo aver vinto ben 10 Emmy,
abbiamo la sensazione che i membri dell’HFPA compenseranno in modo
eccessivo tutte le mancate candidature facendo vincere il sequel
ambientato in Sicilia. La seconda stagione ha ottenuto tre
nomination per Coolidge, Aubrey
Plaza e F. Murray Abraham.
Miglior attore in una
miniserie
L’ultima collaborazione
di Ryan Murphy con Evan Peters ha battuto i record di ascolti per
Netflix quando Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer ha
debuttato a settembre. L’attore, che l’anno scorso è stato snobbato
dai Globes per “Mare of Easttown” nonostante abbia
vinto l’Emmy, è il favorito per la vittoria grazie alla sua
interpretazione nel ruolo del serial killer protagonista,
soprattutto quando condivide le scene con i colleghi che hanno
ricevuto nomination sempre ai Golden, Richard
Jenkins (nel ruolo del padre premuroso) e
NiecyNash-Betts (nel ruolo della
vicina sospettosa).
Miglior attrice in una
miniserie
Amanda
Seyfried ha interpretato Elizabeth
Holmes nella serie tv The
Dropout, in origine una studentessa che ha abbandonato il
college e creato la controversa società di biotecnologie Theranos.
L’attrice ha vinto un Emmy a settembre per lo show di Hulu, grazie
anche alla sua impressionante trasformazione sullo schermo, e spera
ora di ripetere la vittoria ai Golden Globes. Non guasta il fatto
che “The
Dropout” sia stata nominata anche per la categoria
“Miglior miniserie”.
Miglior attore non protagonista in
una miniserie
La seconda stagione della
serie antologica della HBO The White Lotus si svolge in Sicilia e
F. Murray Abraham interpreta un anziano turista
americano, Bert Di Grasso, che vuole saperne di più sulle origini
della sua famiglia con l’aiuto del figlio (Michael Imperioli) e del
nipote (Adam DiMarco). Per Abraham si tratta della seconda
nomination ai Golden Globe della carriera; in precedenza aveva
vinto il premio come miglior attore di film drammatico per
“Amadeus” (1984). Attenzione anche a Paul Walter
Hauser per Black Bird, serie tv Apple in
cui interpreta Lawrence “Larry” Hall, un serial killer e
stupratore.
Miglior attrice non protagonista in
una miniserie
Jennifer
Coolidge è già stata premiata l’anno scorso e potrebbe
facilmente esserlo di nuovo ma, se dovessimo puntare su The White Lotus, allora è più probabile che
vinca la sua co-protagonista Aubrey Plaza. Sembra
tuttavia che la favorita sia Niecy Nash-Betts di
Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer che,
nonostante i suoi quattro Emmy, sta festeggiando il suo primo
Golden Globe.
Miglior serie tv
commedia-musicale
Dopo che
Hacks ha trionfato lo scorso anno nella stessa
categoria, sembra che i Golden Globes 2023 premieranno
Abbott Elementary, ma attenziona anche a The
Bear, che ha conquistato il cuore della critica. Certo, la
sorpresa più grande sarebbe se la Mercoledì di Jenna Ortega
sbaragliasse la concorrenza, emulando vincitori del passato come
“Brooklyn Nine-Nine” (2013) e “Mozart of the Jungle” (2015). Abbott
Elementary ha ottenenuto ben cinque nomination ai Golden Globes
2023: serie comica, attrice comica (Brunson),
attrice non protagonista (Ralph e Janelle
James) e attore non protagonista (Tyler James
Williams).
Miglior attore in una serie tv
commedia-musicale
Direttamente da The Bear, una delle serie tv comedy più
apprezzate del 2022, il candidato alla vittoria in questa categoria
è Jeremy Allen White, che nella serie interpreta
Carmen “Carmy” Berzatto, un giovane chef che torna a casa a Chicago
per lavorare nella paninoteca italiana di famiglia dopo la morte
del fratello. La dark comedy è stata trasmessa in streaming da FX
su Hulu all’inizio dell’estate ed è disponibile su Disney+ in Italia.
Miglior attrice in una serie tv
commedia-musicale
Dopo aver premiato
Jean Smart l’anno scorso, non è da escludere che
all’attrice vada un altro trofeo, considerando che i Golden Globes
l’hanno assegnato due volte a Rachel Brosnahan per
The Marvelous Mrs. Maisel. Tuttavia, due
divertenti esordienti sembrano contendersi effettivamente la
vittoria: Quinta Brunson di Abbott
Elementary e la star emergente Jenna Ortega, che sembra potrebbe vincere
sull’onda del successo di Mercoledì.
Miglior serie tv drammatica
L’HFPA ama i nuovi show,
come “Boardwalk Empire” (2010), “Mr. Robot” (2015) e “The Handmaid’s Tale”, il che fa ben
sperare per House of the Dragon e Scissione.
Proprio la serie di Ben Stiller sembra essere il candidato più
papabile per il maggior riconoscimento televisivo in ambito
drammatico. D’altra parte, si potrebbe tornare a terreni già
battuti, come dimostra la recente vittoria Succession della HBO. Una svolta del genere
potrebbe aiutare The
Crown di Netflix ad aggiudicarsi la sua terza vittoria
dal 2016, ma è Scissione ad essere in netto vantaggio.
Migliore attore protagonista in una
serie tv drammatica
Le cose stanno andando bene
per Bob Odenkirk, che ha ricevuto un trofeo di
addio (il suo primo in assoluto) per lo spin-off di “Breaking Bad”
della AMC Better Call Saul, che si è concluso dopo sei
stagioni. Nel finale della serie, Saul Goodman si
ricongiunge con il suo unico vero amore Kim Wexler
(Rhea Seehorn) dopo essere finito in prigione per
una serie di crimini legati alla droga, una conclusione che ha
convinto pubblico e critica. Questo è il primo anno in cui
“Better
Call Saul” ha ricevuto una candidatura come miglior
serie drammatica.
Migliore attrice protagonista in
una serie tv drammatica
È strano notare che Zendaya abbia vinto due Emmy per il suo ruolo
di Rue Bennett in Euphoria, studentessa liceale
tossicodipendente, ma questa è la sua prima nomination ai
Golden Globe (e non è ancora stata premiata ai
SAG Awards). Si ritiene che la superstar si
giocherà la sua candidatura ai Globe con una vittoria per la
seconda stagione della serie HBO, andata in onda lo scorso gennaio
e febbraio.
Miglior attore non protagonista in
una serie tv (commedia o drammatica)
È la prima volta che l’HFPA divide
le sue categorie televisive di supporto, il che potrebbe aprire le
porte in questi Golden Globes 2023 ad alcuni
esordienti come Tyler James Williams, soprattutto
come manovra strategica per premiare “Abbott” se non riescono a
farlo altrove. Ma dovrebbe esserci spazio anche per John Turturro da Scissione,
che non si può sottovalutare.
Migliore attrice non protagonista
in una serie tv (commedia o drammatica)
Secondo voci di corridoio, i
Golden Globes potrebbero voler ripetere il momento
in cui Sheryl Lee Ralph ha smosso le montagne
degli Emmy quando ha ottenuto la sua vittoria. Tuttavia, la
principessa Diana di Elizabeth
Debicki in The Crown 5 sembra essere pronta per salire
sul palco, soprattutto se si considera che due anni fa avevano
premiato Emma Corrin come attrice televisiva
(drammatica) sempre per il suo ruolo nella serie tv Netflix.
L’80esima edizione della cerimonia
di consegna dei GOLDEN GLOBES, i prestigiosi premi
della HFPA (la Stampa Estera di Hollywood) al meglio della TV e del
cinema, sarà trasmessa in diretta, nella notte fra il 10 e
l’11 gennaio, in esclusiva per l’Italia su Sky e in streaming solo
su NOW.
In gara per le ambite statuette,
tradizionalmente considerati i più prestigiosi fra i premi
precursori degli Academy Awards, molti dei titoli in onda e in
streaming su Sky e NOW, annunciati oggi: su tutti la già
premiatissima agli Emmy seconda stagione di THE WHITE LOTUS, attualmente in onda su Sky
Atlantic (il gran finale è previsto per lunedì 19 dicembre), che
concorre fra le migliori miniserie o serie antologiche dell’anno, e
lo spin-off della serie dei record Il Trono di SpadeHOUSE OF THE DRAGON, già apprezzatissima dalla
critica e che così bene ha performato a partire da agosto su Sky e
NOW.
Le performance dei lead del
gioiellino di Mike White valgono a Jennifer
Coolidge, Aubrey Plaza e F.
Murray Abraham le nomination come migliori non
protagonisti nelle rispettive categorie. Fra i protagonisti si
segnalano le nomination di Colin Firth, al centro del true crime targato
HBO Max THE STAIRCASE, disponibile on demand su
Sky e in streaming su NOW, e quella di Kevin Costner, fra i migliori attori
protagonisti di una serie drama per la sua performance nei panni
dell’ormai iconico John Dutton nell’ultima stagione di YELLOWSTONE,
in arrivo con i nuovi episodi su Sky e NOW nel 2023. E ancora
Zendaya, fra le migliori attrici protagoniste
di una serie drammatica per EUPHORIA, nonché Kaley Cuoco, apprezzata come miglior
protagonista di una serie comedy per la seconda stagione di
L’ASSISTENTE DI VOLO – THE FLIGHT ATTENDANT,
on demand su Sky e in streaming su NOW.
Dopo un’edizione fantasma, con tanto
di boicottaggio da parte di star e rete televisiva, la
Hollywood Foreign Press Association ha fatto
tesoro della lezione e ha tentato di rimettere le cose in sesto per
i Golden Globes 2023, che si sono infatti
celebrati in diretta televisiva la scorsa notte. Cambiato
l’organico, cambiate alcune regole, arricchito il palmares, la 80°
edizione della cerimonia che assegna a cinema e tv i premi per il
meglio dell’ultimo anno, gestita dall’associazione della stampa
estera a Hollywood ha aperto ufficialmente la season awards, che da
ora comincia spedita nel segno, mai come quest’anno,
dell’inclusione.
Tantissime nazionalità erano
comprese nelle nomination e molte sono state premiate, e questo
sforzo di guardare oltre quello che viene offerto solo a un primo
sguardo premierà sicuramente sulla lunga distanza la ricchezza
delle storie a cui potremo avere accesso nei prossimi anni.
Jerrod Carmichael pungente ai Golden Globes
2023
Con un maestro di cerimonie, il
comico Jerrod Carmichael, che ha settato da subito
il tono della serata, gli 80° Golden Globes Awards
si sono svolti alternando momenti ilari, qualche sorpresa
nell’assegnazione dei premi, e una conduzione caustica, forse
troppo persino per i Globes, che negli anni passati hanno gestito
con grande scioltezza personaggi del calibro di Ricky
Gervais che certo non le manda a dire! Con la sua battuta
d’apertura (“Sono qui a presentare perché sono nero”) Carmichael ha
palesato che avrebbe potuto dire di tutto, a 360°, tanto che spesso
nemmeno lo smaliziato pubblico ha partecipato o applaudito, come
per la battuta su Shelly Miscavige e Scientology,
mentre prendeva in giro Tom Cruise (forse il
momento più “freddo” della serata) e come quando ha assegnato a
Will Smith il premio “Rock Hudson per la
migliore dimostrazione di mascolinità”, anche questa battuta
arrivata troppo presto, forse, per un pubblico ancora troppo
sobrio.
Volodymyr Zelensky in da house
Punto più basso dell’intera
cerimonia, però, è stato l’intervento in video di Volodymyr
Zelensky, presentato da un commosso Sean Penn. Il presidente
dell’Ucraina ha fatto un intervento che ha lasciato di sasso il
pubblico in sala, e anche chi lo ha ascoltato da casa mentre faceva
paralleli tra la libertà di Hollywood e la mancanza di libertà del
suo popolo per colpa dell’invasore. Senza nulla togliere alla
campagna per la pace che dovrebbe essere sempre accolta e perorata,
non era quello il luogo per un tale intervento.
Gli Spiriti dell’Isola batte tutti
Ma parliamo invece dei premi, che
hanno riservato notevoli sorprese a partire dal ricco bottino de
Gli Spiriti dell’Isola ai
Golden Globes 2023. Se il premio a Colin Farrell per la migliore interpretazione
maschile in una commedia era atteso, così come quello alla
sceneggiatura per Martin McDonagh, del tutto inaspettato è arrivato
il premio al film come migliore commedia. Un vero e proprio trionfo
per il film presentato a Venezia 79 che ha battuto il favorito di
categoria
Everything Everywhere All at Once.
Dall’Oriente con furore
Il film dei Daniels non è però
andato via a mani vuote, dal momento che, confermando le
aspettative, ha portato a casa due storiche statuette, la prima a
Michelle Yeoh, come migliore attrice in
una commedia. Dopo 40 anni di carriera sempre a livelli altissimi,
l’attrice vede riconosciuta non solo un solo una grande
performance, ma anche un’intero percorso artistico che l’ha portata
a lavorare con i più grandi registi viventi. Intimando alla regia
della trasmissione di abbassare la musica che incalza quando i
discorsi di ringraziamento diventano troppo lunghi per i tempi
televisivi, Yeoh ha detto “Posso mettervi al tappeto” e sappiamo
che non è un’esagerazione.
Ma è a inizio serata che arriva il
discorso più emozionato ed emozionante, quello di Ke Huy
Quan che vince come migliore non protagonista per
Everything Everywhere All at Once. Dopo 30 anni dal
suo grande successo di attore bambino (era lui il Data dei
Goonies e lo Shorty di Indiana Jones e il
Tempio Maledetto), in occasione dei
Golden Globes 2023, Ke ha avuto una seconda
possibilità e l’ha colta, ringraziando non solo i Daniels che lo
hanno scelto per il film, ma anche Steven Spielberg che all’epoca gli
diede il suo primo lavoro.
Le altre categorie dedicate agli
attori per il cinema sono state assegnate a Cate Blanchett per
Tár, come da pronostici, seppure l’attrice era assente
alla cerimonia, a Austin Butler, emozionatissimo per il
suo primo grande riconoscimento per il suo primo grande ruolo di
Elvis nell’omonimo film, e a Angela Bassett per
Black Panther: Wakanda Forever, che porta a casa il
suo secondo Golden Globe in carriera e il primo premio della HFPA a
un attore per il Marvel Cinematic Universe.
La notte di Spielberg
E’ stata però anche la serata di
Steven Spielberg, che ha portato a casa il suo
terzo Golden Globes per la migliore regia su venti nomination, una
percentuale positiva piuttosto bassa per il regista che meglio di
tutti, oggi, rappresenta il cinema a 360°. Suo anche il premio
conclusivo della serata, quello al miglior film drammatico, andato
a quel The Fabelmans che ha aspettato oltre 50 anni
per realizzare.
E se non è stata una sorpresa che il
premio al miglior film d’animazione sia stato assegnato a
Pinocchio di Guillermo del Toro, è
stato certamente divertente il discorso di ringraziamento del
regista messicano che prima ha lodato il fatto che fossero tutti lì
insieme di persona e che qualcuno di loro fosse ubriaco (“Cosa
potrebbe andare meglio?”) e poi ha ricordato che “l’animazione è
cinema”. Que Viva Mexico, Siempre!
E se Damien
Chazelle deve “accontentarsi” del solo premio alla colonna
sonora per il suo
Babylon, ritirato dal compositore Justin
Hurwitz, il quale con quattro nomination e quattro
vittorie dimostra di stare molto a cuore alla HFPA, dei
graditissimi pacchi regalo sono arrivati in Argentina e in India da
parte dei Golden Globes 2023, che hanno assegnato il premio al
miglior film internazionale a Argentina,
1985 e il premio alla migliore canzone originale
a Naatu Naatu diKala Bhairava, M. M.
Keeravani, Rahul Sipligunj, per RRR.
Grandi assenti trai premiati ai Golden Globes
2023
I premi dedicati alle serie tv sono
forse stati più sorprendenti e forse anche trascurati dalle star
vincitrici. Zendaya,Kevin
Costner e Amanda Seyfried, tutti e tre
vincitori in diverse categorie, erano assenti. The White Lotus: Sicily ha fatto cadere più di
una mascella, portando a casa il premio a Jennifer
Coolidge e quello per la migliore miniserie (premio
misterioso che genera notevole disappunto). Mentre
Elementary Abbott è stata la più premiata tra le
serie, con tre riconoscimenti per la migliore serie comedy, la
migliore attrice comedy, Quinta Brunson, e il
migliore attore non protagonista in una comedy, Tyler James
Williams. Un successo travolgente per quella che è una
delle migliori novità dell’anno appena trascorso.
E se da una parte la
veterana Julia Garner ha finalmente ricevuto un
Golden Globes per Orzak, Jeremy Allen White ha
fatto un “tiro pulito” con una nomination e una vittoria per
l’avvincente
The Bear, che lo ha portato al successo, nell’anno
appena trascorso, mentre la controversa opera di Ryan
Murphy (premiato con il Carol Burnett Award)
Dahmer – Monster: The Jeffrey Dahmer Story, ha
visto trionfare Evan Peters per una delle
interpretazioni più controverse della storia dei premi, che ha
fatto molto discutere quest’anno. C’è però da dire che il talento
sconfinato di Peters mette tutti d’accordo, e che lui stesso,
ringraziando per il premio, ha confermato che è stato un lavoro
“difficilissimo da portare a termine, difficilissimo da
guardare, e spero che se ne possa trarre anche del buono”.
La sorprese di Paul Walter Hauser e House of the Dragon
Chiudiamo la rassegna dei Golden
Globes 2023 con le due più grandi sorprese nella categoria tv. Lo
splendido Paul Walter Hauser ha conquistato prima
nomination e prima vittoria per
Black Bird, serie mozzafiato di Apple
Tv+, e
House of the Dragon ha portato a casa la
statuetta per la migliore serie drammatica, tra lo stupore di
Emma Darcy e Milly Ancock, le due interpreti di
Rhaenyra Targaryen, e lo shock dello showrunner
Miguel Sapochnik
che è arrivato sul palco senza cravatta giustificandosi “non
immaginavo di vincere, non ero pronto” e sperticandosi in lodi per
Scissione, la serie favorita che
gareggiava nella sua stessa categoria.
I
Golden Globes 2023 sono dunque solo l’inizio,
come ogni anni, di una stagione dei premi che speriamo possa essere
sorprendente e emozionante, soprattutto che possa condurre ad un
altro anno di innovazione e ricalibrazione dei punti di forza
all’interno della Hollywood Foreign Press Association.
In un’edizione snobbata da stampa e
star, i Golden Globes 2022 hanno assegnato comunque i
loro riconoscimenti per il 79° anno. La Hollywood Foreign Press
Association dopo aver affrontato i suoi problemi, legati
alla mancanza di diversità e rappresentazione nel suo comitato e
che comunque hanno avuto ripercussioni sull’evento di quest’anno,
ha così assegnato i premi a cinema e tv.
Sono stati annunciati i candidati ai
Golden Globes 2022, i premi assegnati al cinema americano dalla
stampa estera, la Hollywood Foreign Press
Association. Ecco di seguito tutti i nominati tra
cui, nella categoria miglior film in lingua non inglese, spicca
anche E’ Stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino.