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Prometheus: tante nuove foto

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Prometheus: tante nuove foto

Sembra che i protagonisti di Prometheus si siano proprio divertiti a realizzare questo nuovo photoshoot per Entertainment Weekly. Charlize Theron, Michael Fassbender e Noomi Rapace sono a loro agio nelle tute spaziali che ha fatto loro indossare Ridley Scott, e così non si sottraggono all’obbiettivo, in scena e fuori.

Ecco li qui insieme agli altri componenti del cast e al regista:

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Ricordiamo nel cast del film Prometheus diretto da Ridley Scott troviamo Michael FassbenderIdris ElbaCharlize TheronNoomi RapaceGuy Pearce, Logan Marshall-Green, Sean Harris, Rafe Spall.

Nel film Un gruppo di scienziati è in viaggio verso un lontano pianeta alla ricerca delle origini dell’uomo. Gli astronauti, però, entrano in contatto con un’entità che potrebbe causare l’estinzione della razza umana.

Mario Sesti direttore editoriale del TaorminaFilmFest

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Mario Sesti è il nuovo direttore editoriale del TaorminaFilmFest. La 58esima edizione dell’evento si svolgerà quest’anno a partire dal 23 fino al 28 giugno e prevede un’anteprima il 22 a Messina,

Emily Blunt: come si vince mobbizzando l’eroina

Emily Blunt: come si vince mobbizzando l’eroina

Emily Blunt – Da una parte c’è un mostro sacro come Meryl Streep, terribile Miranda Priestly, tirannica direttrice di una prestigiosa rivista di moda, e dall’altra c’è Anne Hathaway, la dolce idealista giornalista Andy Sachs: in mezzo, c’è l’altra segretaria di redazione, acida e scostante, con una certa tendenza al mobbing, Emily, interpretata da Emily Blunt, classe 1983, che con Il diavolo veste Prada, nel 2006 ottiene il primo ruolo che la fa notare, ingrato sulla carta, ma che l’attrice riesce a rendere ottimamente, tanto che uscendo dal cinema la si ricorda e non solo per la sua antipatia.

Inglese, volto che sembra uscito da un quadro dell’Ottocento ma che non le impedisce di essere ottima in ruoli moderni, Emily segue studi di recitazione, fa molto teatro e un po’ di televisione, tra cui un telefilm su Poirot da Agatha Christie e uno sceneggiato su Enrico VIII. Il primo grosso ruolo da protagonista al cinema è in un film molto amato nei festival, soprattutto quelli a tematica omosessuale, e cioè My summer of love, del 2004, di Helen Cross, amore tra due ragazze che provengono da due ambienti sociali differenti.

Nel 2006, oltre a Il diavolo veste Prada, Emily Blunt interpreta anche il thriller Le verità negate, dove si trova a lavorare con Sam Neill e Susan Sarandon, nel ruolo della presunta figlia di una donna di mezz’età che torna dal passato con oscuri e inquietanti scopi, in una variante comunque efficace del tema della famiglia normale minacciata dal nemico esterno.

Emily Blunt: come si vince mobbizzando l’eroina

Nel 2007 Emily Blunt è una ragazza in fuga da una tormenta di neve nell’horror Wind chill, rimane coinvolta nelle lotte di potere de La guerra di Charlie Wilson dove incontra Tom Hanks e Julia Roberts, lavora con Juliette Binoche nella commedia romantica L’amore secondo Dan e soprattuttto è coprotagonista e membro di un gruppo di lettura su Jane Austen ne Il club di Jane Austen, film che la consacra definitivamente.

Il resto è storia recente e dimostra come Emily Blunt non voglia incasellarsi in un solo tipo di film: è infatti la giovane regina Vittoria in The Young Victoria, sontuoso film in costume uscito in Italia solo per il mercato dell’home video, una ladra sgangherata nello spassoso Wild Target, la romantica fidanzata dell’Uomo Lupo in Wolfman accanto a Benicio del Toro, la principessa di Lilliput ne I fantastici viaggi di Gulliver, una sconosciuta sul treno con cui costruire un futuro possibile nell’interessante pellicola fantascientifica I guardiani del destino, la segretaria di Miss Piggy nell’ultimo film dei Muppet.

La stiamo per vedere o la vedremo presto nella commedia psicologica Il pescatore di sogni, per la regia di Lasse Hallstromm, a fianco di Ewan Mc Gregor e Kristin Scott Thomas e in un altro film di fantascienza, Looper, con Bruce Willis, per una storia che rievoca Terminator, e poi più avanti in Arthur Newman, Golf Pro con Colin Firth e di nuovo Anne Hathaway, e in All you need is kill, di nuovo cinema di fantascienza con alieni, con Tom Cruise.

Non male comunque per una ragazza inglese che si era fatta notare mobbizzando l’eroina della vicenda.

Ratatouille: recensione del film Disney Pixar

Ratatouille: recensione del film Disney Pixar

La recensione del film d’Animazione Ratatouille della Disney Pixar diretto da Brad Bird e Jan Pinkava. Voci originali di Patton Oswalt (Rémy), Lou Romano (Alfredo Linguini), Janeane Garofalo (Colette Tatou), Peter Sohn (Émile), Brad Garrett (Auguste Gusteau), Ian Holm (Skinner), Brian Dennehy (Django), Peter O’Toole (Anton Ego).

La trama

Il topino Rémy sembra non essere intenzionato ad accettare la propria natura di roditore, magari rovistando per tutta la vita nella spazzatura. Vuole sfruttare il suo straordinario olfatto per creare delle vere e proprie opere d’arte con il cibo, proprio come il suo idolo umano, lo chef Auguste Gusteau. Sullo sfondo di un’affascinate Parigi, Rèmy giungerà al ristorante appartenuto a Gusteau e verrà coinvolto nelle vicende di un goffo sguattero: Alfredo Linguini. Tra i due nascerà un’amicizia che affonderà le sue radici nell’arte della cucina e nella volontà di far rinascere il ristorante di Gesteau, contrastando il malizioso chef Skinner e conquistando le papille gustative del critico Anton Ego.

L’analisi del film

Dopo l’Oscar al miglior film d’animazione con Gli Incredibili, Brad Bird replica questo successo con Ratatouille. Solo dopo averlo visto abbiamo la certezza che Ratatouille riprende la definizione di film d’animazione per eccellenza, non solo per l’accuratezza degli effetti digitali, ma anche per un’avventura che si adatta alla visione degli adulti, oltre che dei bambini.

Ratatouille è il film d’animazione per eccellenza 

Il soggetto della storia era stato sviluppato da Jan Pinkava, successivamente sostituito da Bird che vi apportò modifiche insieme a Jim Capobianco (noto per Il gobbo di Notre Dame, Il re leone, Mosters & Co e Alla ricerca di Nemo), Emily Cook e Kathy Greenberg. Il risultato è una storia avvincente che non stanca mai lo spettatore, grazie ad una sceneggiatura che, oltre alla sua innocenza e semplicità, lascia spazio a interessanti tematiche: il difficile ingresso delle donne nel mondo dell’alta cucina, come lamenta il personaggio di Tony Colette; la separazione e l’emancipazione dalla famiglia; la fiducia nelle proprie capacità per realizzare un sogno.

A completare il quadro ci sono le particolarità dell’animazione. I personaggi umani, seppur lontani dal reale aspetto antropico, sono resi alla perfezione grazie a complesse espressioni facciali; i topi vengono realizzati nei dettagli più minuziosi pur mantenendo la caratterizzazione animata. Inoltre gli sviluppatori, primo fra tutti Brad Bird, hanno frequentato corsi di cucina (tra cui il ristorante di Thomas Keller, l’inventore della ratatouille), per riuscire a riprodurre una grande varietà di piatti. Il loro duro lavoro non si è fermato qui, basti pensare alla complessa scenografia che ha come soggetto Parigi: per realizzarla c’è stato bisogno di foto e riproduzioni di strade ed edifici riprese dalla città e rese all’altezza del protagonista Rémy.

Queste non sono altro che peculiarità aggiunte alla meraviglia che ci coglie con la visione di Ratatouille. La vicenda non è mai statica, ci lascia incollati alla poltrona per circa un’ora e un quarto, senza mai stancarci. Le peripezie del topolino e dello sbadato Linguini nascondono dietro la loro comicità una morale che dimentichiamo spesso durante la nostra vita: così come il mondo della cucina può risultare totalmente estraneo a chi in realtà è in grado di riuscire nel campo, così qualsiasi altro sogno può divenire raggiungibile grazie alla determinazione. È proprio con questa lezione che il finale del film ci lascia, mentre pensiamo di correre a casa per sperimentare ricette su ricette.

X-men – conflitto finale: recensione del film con Hugh Jackman

X-men – conflitto finale: recensione del film con Hugh Jackman

X-men – conflitto finale è il terzo capitolo della saga sui mutanti al cinema ed è diretto da Brett Ratner. Nel cast ritornano i protagonisti Hugh Jackman, Patrick Stewart, Ian McKellen, Halle Berry, James Marsden, Famke Janssen, Anna Paquin, Kelsey Grammer, Rebecca Romijn, Shawn Ashmore, Ellen Page, Ben Foster, Aaron Stanford, Daniel Cudmore, Vinnie Jones

X-men – conflitto finale, la trama: Il mondo dei mutanti è destinato a dividersi di nuovo, questa volta per l’avvento di una cura, portata da un bambino speciale che ha il dono di annullare il gene mutante. Per alcuni costituirà la possibilità di integrarsi e non essere più perseguitati; per altri questa non è altro che un’ennesima minaccia alla razza mutante. Così la pensa Magneto che deciderà di organizzarsi con un esercito. Intanto nella scuola di Xavier le lezioni continuano, ma Wolverine si ritrova a fare il supplente di Ciclope, ancora sconvolto dalla morte di Jean. Non si darà pace e intraprenderà un viaggio ad Alkali Lake per vegliare sulla tomba dell’amata. Inaspettatamente Jean Grey, ora Fenice, risorgerà dalle acque per ritrovarsi con Ciclope.

Qualcosa va storto e Wolverine e Tempesta accorrono trovando Jean svenuta. Si scoprirà che sono stati proprio i suoi poteri a salvarla, ma saranno troppo potenti per essere controllati di nuovo dal professor Xavier. Magneto non si farà sfuggire l’occasione di arruolare la Fenice nella sua guerra contro gli umani e la loro cura.

X-men – conflitto finale, l’analisi

X-men – conflitto finale doveva essere ispirato alla Saga di Fenice Nera di John Byrne e Chris Claremont e alla saga Talenti di Joss Whedon e John Cassady. A quanto pare Bryan Singer, che aveva ormai preso il ritmo nei film degli X-men, ha abbandonato la produzione per un altro supereroe: Superman della DC Comics. Viene chiamato Brett Ratner (conosciuto per Rush Hour e Red Dragon) che, insieme a Zac Penn e Simon Kinberg, riscrive la sceneggiatura stravolgendola non poco. Il risultato non può essere che disastroso per l’accozzaglia di personaggi e di storie che si intrecciano in modo mediocre.

X-men - conflitto finaleDegne di nota sono le scene d’azione che contribuirebbero a considerare la produzione come un film dell’omonimo genere, ben lontano e distinto dal fumetto. Ratner non si attiene alla storia e, oltre alla storia della Fenice, vi aggiunge la trama della cura che più avanti prevarrà in X-men – conflitto finale. Non possiamo far altro che rimpiangere le scelte che Singer ha confessato di aver pensato per questo terzo capitolo: il personaggio di Ciclope prevedeva una più consistente partecipazione, come non è avvenuto nei precedenti film; il ruolo della Fenice era centrale e prevedeva una sua totale indifferenza alla guerra in atto tra mutanti e umani, per poi arrivare al finale del film in cui Jean Grey avrebbe scelto di andarsene, diventando un’entità superiore. Elementi che forse avrebbero migliorato la qualità della produzione.

Neanche il dilemma morale e la tematica sociale del problema mutanti, su cui si erano basate le precedenti pellicole, riesce a emergere il questo terzo capitolo. Tra i difetti che riscontriamo vi sono i ruoli di Hugh Jackman (Wolverine) e Halle Berry (Tempesta) che, pur riportando una più che adeguata interpretazione, divengono protagonisti insensati della vicenda. Persino Patrick Stewart (Xavier) e Ian McKellen (Magneto), ormai a loro agio nei panni dei personaggi interpretati, risentono di un totale accantonamento della loro caratterizzazione. Famke Janssen (Jean Grey/ Fenice) si muove bene nella sua interpretazione, ma ancora una volta paga la superficialità con cui vengono trattati i personaggi. Gli altri mutanti come Rogue (Anna Paquin), L’uomo Ghiaccio (Shawn Ashmore), Colosso (Daniel Cudmore), la Bestia, Kitty Pride (Ellen Page), Mystica (Rebecca Romijn), Fenomeno (Vinnie Jones) sono solo ombre con cui il pubblico non riesce a familiarizzare.

Forse il pubblico che non ha particolari aspettative potrà giudicarlo un buon film d’azione, mentre i fan del fumetto non saranno soddisfatti di come si è conclusa la saga X-men, dato che ha rischiato di essere inghiottito dal baratro che aveva già coinvolto il franchise di un altro personaggio dei fumetti: Batman.

Another Earth: recensione del film di Mike Cahill

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Another Earth: recensione del film di Mike Cahill

Mike Cahill, documentarista, fa il suo esordio alla regia con Another Earth, portandosi dietro l’essenzialità del suo retaggio e un tocco delicato e attento, raccontando un dramma sci-fi dai toni delicati ed essenziali.

In Another Earth Rhoda Williams (Brit Marling) è una studentessa brillante che di ritorno da una festa con amici, sta guidando e vede in cielo un pianeta molto vicino alla Terra.  Mentre è distratta, si scontra con un’altra macchina e uccide due membri della famiglia al suo interno. A seguito dell’incidente la giovane donna viene condannata a quattro anni di carcere, ma quando esce il senso di colpa la porta a voler incontrare l’unico superstite di quella disgraziata famiglia, il compositore John Burroughs (William Mapother). Ma il pianeta misterioso che ha attirato l’attenzione di Rhoda è ancora visibile e anzi, si sta avvicinando alla Terra. Si tratta di un pianeta “specchio” , su cui ognuno degli abitanti della Terra ha un corrispettivo, un gemello che conduce una vita parallela alla nostra. La cosa non sfugge ai media, e presto il “caso” genera anche un concorso in cui il vincitore potrà visitare lo strano pianeta, Terra 2. Rhoda considera la possibilità di visitarlo per scoprire che tipo di vita sta vivendo il suo “specchio” nella Terra “alternativa”. Intanto, il suo avvicinarsi a John crea una relazione sempre più intima tra la ragazza e il compositore, che ne ignora la vera identità.

Another Earth, il film

Another Earth si rivela essere estremamente delicato, essenziale e sospeso in un’atmosfera impalpabile. La bella protagonista, anche co-sceneggiatrice insieme al regista, cammina in questa desolata cittadina, cercando di controllare e far zittire il suo senso di colpa che non le da tregua. Ci prova con il confronto con la sua vittima, ma anche lui appare inconsolabile. La colpa e la redenzione dunque, un argomento che non smette mai di risultare affascinante, specie se trattato con la delicatezza che ha dimostrato di avere Cahill. Straordinaria l’interpretazione del caratterista William Mapother nel dolente ruolo di un uomo distrutto dalla tragicità della sua vita, e proprio lui, insieme alla Marling, sono i principali fautori della buona riuscita del film.

Anche la colonna sonora, del gruppo newyorkese Fall On Your Sword, aiutano a costruire l’atmosfera tesa di un’anima sempre in attesa di qualcosa o qualcuno che riesca a sollevarla dalla tremenda morsa della colpa. La scenografia è scarna, la fotografia sgranata, tutto intorno ai protagonisti appare rarefatto come per convogliare l’attenzione solo su di loro e sulla loro vicenda, e in secondo piano su questo pianeta che condiziona gli animi e che si rivelerà la soluzione alla sofferenza, alla solitudine e all’alienazione a cui condanna un mondo ingiusto.

Per quanto tempo è comparso sullo schermo ogni Vendicatore?

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Il NY Magazine ha deciso di scoprire in che modo Whedon, il regista di The Avengers, sia riuscito a spartire il tempo per ogni supereroe del film, per cui ha incaricato qualcuno armato di cronometro

Ribelle – The Brave: un video promozionale

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Ribelle – The Brave: un video promozionale

La Pixar conferma la sua genialità, anche e soprattutto nella promozione dei suoi lungometraggi. Come era successo per Up con gli uppisodi e con Toy Story 3 con I consigli di Ken per la seduzione,

Bonnie Wright diventa regista e va a Cannes

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L’operatore Arthur Loveday ha postato sul suo Vimeo un video promozionale dei lavori a cui ha partecipato e parteciperà nella stagione cinematografica 2011/2012.

Uno shakespeariano tra i supereroi: Tom Hiddleston

Uno shakespeariano tra i supereroi: Tom Hiddleston

Tom Hiddleston – E’ alto, almeno 1.87 stando a IMDb, è gentile, ha un fisico da modello (lo è stato), ha sguardo acuto e intelligente, voce profonda e suadente, portamento regale.

Di mestiere fa l’attore, ma pochi ad oggi lo riconoscerebbero se lo incrociassero per strada: è Tom Hiddleston, inglese doc e attore 30enne che ha cominciato la sua scalata al successo dopo anni di gavetta nei teatri londinesi.

Oggi, guardando bene i profondi occhi di Tom, lo si potrebbe riconoscere sul grande schermo mentre interpreta il super cattivo Loki, villain di The Avengers, il cine-fumetto targato Marvel Studios che imperversa dal 25 aprile nelle sale cinematografiche italiane. Ma la storia di Thomas William Hiddleston parte da molto lontano, dal 2005, quando si diplomò alla Royal Academy of Dramatic Art e da lì cominciò la sua carriera d’attore, divisa tra piccole parti al cinema e tanto teatro, quello inglese, con la “T” maiuscola. Nel 2007 prende parte alla piccola produzione di Unrelated, film inglese completamente girato qui da noi a Siena, 2008 invece affianca nientemeno che Kenneth Branagh, considerato l’erede di Laurence Olivier, nella serie tv Wallander, ma l’anno della svolta è il 2011.

Tom Hiddleston: uno shakespeariano tra i supereroi 

Il nostro bel Tom prende parte a ben quattro film, molto diversi ma molto importanti per la sua formazione e la sua fama successiva. Il primo della lista è Thor, il film tratto dall’omonimo fumetto incentrato sul Dio del Tuono, e in cui il nostro interpreta Loki, fratellastro malefico del biondo e buono Thor. C’è da dire, in merito a questa scelta, che molti fattori hanno influito sulla scelta di Tom per questo ruolo così complesso: Loki è quello che si definisce un personaggio shakespeariano, con i tormenti e le lacerazioni interiori di un Amleto o di un Macbeth. Nonostante il film sia promosso con riserva, Hiddleston regala al suo cattivo un ritratto coinvolgente e toccante, degno di un eroe da tragedia greca. Sempre nel 2011 Tom è protagonista di The Deep Blu Sea, elegantissimo film inglese in cui recita accanto alla talentuosa e bellissima Rachel Weisz, presto in uscita qui in Italia e poi per due dei registi più importanti del panorama cinematografico mondiale: Woody Allen e Steven Spielberg.

Per Allen, Tom diventa nientemeno che F. Scott Fitzgerald in Midnight in Paris. Hiddleston è straordinariamente convincente e divertente nei panni di inizio secolo del famosissimo romanziere americano. Per Spielberg invece Tom si presta ad interpretare il piccolo ruolo del Capitano Nicholls in War Horse, uscito in Italia nei primi giorni di Febbraio 2012.  Il vero salto di qualità per Tom però è avvenuto proprio ora, con The Avengers, in cui riprende il ruolo del super cattivo Loki e si schiera contro i Vendicatori della Marvel: il fratellastro Thor, Captain America, Iron Man e Occhio di Falco.

Se sia questa la volta buona per Tom di spiccare il volo verso Hollywood non ci è dato saperlo, sembra invece che l’attore sia fortemente ancorato alle sue origini teatrali, dal momento che sta girando Henry V e Henry IV per la Tv inglese. Quando incontra i fan è generoso, quando incontra i giornalisti lo è ancora di più, forse consapevole dell’effetto che la sua voce ha sulle persone, Tom Hiddleston rappresenta la generazione di attori capaci e affascinanti, che senza mai rinunciare alla professionalità, riesce ad affascinare con uno sguardo. Perfetto erede della scuola inglese.

La fuga di Martha: recensione del film con Elisabeth Olsen

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La fuga di Martha: recensione del film con Elisabeth Olsen

Quando un titolo è fondamentale. Quando quattro parole messe all’inizio del film ne alterano la lettura e la comprensione. E’ il caso de La fuga di Martha, film incredibile diretto da Sean Durkin, premiato per la regia al Sundance, e causa della scoperta della strepitosa Elizabeth Olsen, la sorella talentuosa delle più famose gemelle.

Il titolo a cui si accennava all’inizio è quello originale del film, Martha Marcy May Marlene, ovvero tre nomi, tre identità di una ragazza che, straziata dalla vita, soffre di manie di persecuzione ai limiti della schizofrenia a causa di una convivenza di due anni in una setta religiosa, in cui era sottoposta alle attenzioni non del tutto gradite di Patrick, il leader del gruppo, interpretato da un sempre straordinario John Hawkes.

La sua vera identità, quella anagrafica è Martha, una ragazza orfana che ha vissuto l’infanzia con la zia e con una sorella apprensiva, Lucy; Marcy May è il nome che le da Patrick nella comunità, un nome che a detta sua le si addice, ma che la farà staccare dalla realtà e la convincerà che quello che dice il suo mentore è giusto e puro; Marlene è la ragazza senza identità, una specie di nome in codice che le ragazze della comunità si danno quando rispondono al telefono della casa comune, un nome che le accomuna e che allo stesso tempo le accomuna e le estranea da se stesse, che le rende uguali tra loro. Martha riesce a trovare la forza di scappare, a ritrovare la sorella e ad iniziare con lei un percorso di cura per la propria mente e la propria anima, ma non prima di aver provato quanto la vita in quella specie di comunità l’abbia traviata dalla normalità.

Elizabeth Olsen regge da sé tutto il film La fuga di Martha dando straordinaria prova della sua duttilità espressiva, che probabilmente in originale è accompagnata da toni di voce differenti per ogni momento. La regia è discreta, narrativa, ma allo stesso tempo molto incentrata su di lei, la ragazza persa, quasi interrotta, che nel bel mezzo della sua formazione da adulta, ha trovato una compagnia che l’ha staccata da sé; tutt’altro lavoro vogliono fare con lei la sorella Lucy (Sarah Paulson) e suo cognato (Hugh Dancy) che invece sono ben piantati nella realtà quotidiana e vogliono che lei pensi al futuro. Niente di più assurdo per una giovane donna spezzata dall’interno, deviata da se stessa.

La fuga di Martha è un film che va digerito, assorbito e compreso, un film di non semplice lettura che lascia aperti molti interrogativi sulla società, sul ruolo della famiglia e sulla capacità del singolo di prendere decisioni, ma resta prima di tutto il racconto di una vita e di una individualità perduta.

Django Unchained: Kurt Russell e Sacha Baron Cohen abbandonano il cast!

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Perdite a sorpresa per il cast di Django Unchained. Dopo Kevin Costner anche Kurt Russell ha deciso di lasciare il ruolo del cattivo Ace Woody. La produzione è nuovamente alla ricerca del cattivo. Oltre a Russell, è arrivata anche la notizie che Sacha Baron Cohen ha dovuto rinunciare al suo piccolo ruolo nel film, a causa di impegni lavorativi sopraggiunti. Il film uscirà negli USA il 25 dicembre, il 4 gennaio in Italia.

 

Il pescatore di sogni: recensione del film con Ewan McGregor

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Il pescatore di sogni: recensione del film con Ewan McGregor

Quello che succede ad un uomo ordinario che viene catapultato suo malgrado in mezzo ad un’impresa straordinaria e un po’ folle. Questo potrebbe essere un breve e significativo commento a Il Pescatore di Sogni, la commedia romantica inglese diretta da Lasse Hallstrom e tratta dal romanzo Salmon fishing in the Yemen.

In Il Pescatore di sogni Ewan McGregor è Alfred Jones e lavora per il Ministero della Pesca e dell’Agricoltura. Emily Blunt è la signorina Harriet Chetwode-Talbot assistente di un ricco sceicco yemenita che vuole trapiantare la pesca al salmone nel suo Paese. Kristin Scott Thomas è Patricia Maxwell, portavoce del Governo britannico e alla disperata ricerca di una notizia che possa gettare una luce positiva sui rapporti tra Regno Unito e Medio Oriente. Le tre vite di questi personaggi collideranno burrascosamente e si concentreranno nella realizzazione di un progetto folle e visionario.

La sceneggiatura di Il pescatore di sogni è firmata da Simon Beaufoy è il punto forte del film: brillante, divertente, che ben caratterizza i personaggi e li colloca alla perfezione in una storia che sebbene dall’inizio sia prevedibile, non manca di fascino. Merito soprattutto del personaggio dello Sciecco, interpretato splendidamente da Amr Waked (Syriana), e che scardina il cliché del ricco uomo orientale preso dalla sua ricchezza e dalle sue mogli e ne fa un uomo di fede, in cerca di un misticismo e all’inseguimento di una visione di grandezza per il suo popolo. A lui si contrappone un impiegato banale, grigio e con la testa sulle spalle, un McGregor che si conferma ottimo interprete e ritrae un uomo tenero e inconsapevolmente insoddisfatto che scardinerà la propria vita per seguire un’emozione mai provata prima.

Anche Emily Blunt conferma il suo talento anche se forse messo al servizio di un personaggi meno interessante. Grandissima prova per la Thomas che invece mette in scena una donna solida, senza scrupoli nel lavoro così come è attenta nella vita dei suoi figli e di suo marito. Forse dietro al suo cinismo e al suo linguaggio non proprio british si nasconde una critica all’attività della stampa e alla manipolazione dei media, ma poco importa, dal momento che la Maxwell è il principale veicolo di comicità del film e si contrappone al tema romantico affidato alla coppia Blunt – McGregor.

Il pescatore di sogni racconta di un sogno, dell’importanza di un progetto nella vita e delle scelte che si compiono per realizzare proprio quei sogni che ci guidano; è un film romantico e ironico, sicuramente melenso in alcune scelte, ma ben confezionato e ben raccontato da un regista che padroneggia alla perfezione questi elementi narrativi.

Spring Breakers: nuovo foto del film con James Franco!

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Spring Breakers: nuovo foto del film con James Franco!

Sono state rilasciate nuove foto dal set di Spring Breakers, nuovo film di Harmony Korine incentrato su un gruppo di ragazze del college che decide di rapinare un fast food per far cassa in vista

The Scribbler: al via le riprese

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Avranno inizio questa settimana a Los Angeles le riprese del thriller The Scribbler, tratto dall’omonima graphic novel di Daniel Schaffer pubblicata da Image Comics nel 2006. Dan Suits dirigerà da

L’oscuro talento di Benicio del Toro

L’oscuro talento di Benicio del Toro

Benicio del Toro – Volto inconfondibile, espressione profonda, fascino un po’ oscuro e talento da vendere. Questo, in breve, il ritratto di un grandissimo attore dei nostri giorni: Benicio Monserrate Rafael Del Toro, o, più semplicemente, Benicio Del Toro. Il poliedrico artista, che ha dato volto e anima a diversi personaggi ambigui, intensi e spesso sull’orlo del precipizio, dopo un periodo di relativo silenzio, torna a far parlare di sé e delle sue sfide.

Del Toro, infatti, sarà ospite al Festival di Cannes 2012 e, per una volta, non saranno valutate le sue doti di attore, ma quelle di regista di uno degli episodi del film 7 giorni a la Havana. La carriera di Benicio però, nonostante adesso sembri al suo apice, non è sempre stata una strada in discesa. A lungo sottovalutato dalla critica e utilizzato per ruoli minori dai registi, l’attore è riuscito ad affermarsi professionalmente solo dopo lunghi anni di gavetta.

Nato nel 1967 a Santurce, Puerto Rico, resta orfano di madre all’età di 9 anni e, con il padre e il fratello, si trasferisce in una fattoria della Pennsylvania. Dopo il liceo si iscrive all’Università della California, a San Diego, per studiare economia e commercio ed è un corso di recitazione frequentato durante il primo anno d’università a insinuare in lui l’amore per il mestiere d’attore. Inizia ad apparire in diverse rappresentazioni studentesche, una delle quali viene selezionata per partecipare al festival D’Arti Drammatiche al Lafayette Theatre di New York. La strada è tracciata: Del Toro si trasferisce nella Grande Mela ed entra prima nella Square Acting School, poi vince una borsa di studio per lo Stella Adler Conservatory e infine si sposta a Los Angeles per approfondire la sua preparazione presso l’Actor Circle Theatre, grazie al quale ottiene i primi ruoli in alcune serie televisive.

L’oscuro talento di Benicio del Toro

Nel 1987 fa una fugace apparizione in Miami Vice, ma è solo l’anno successivo che avviene il suo incontro con il cinema. Nel 1988, infatti, debutta sul grande schermo nel film La mia vita picchiatella di Randal Kleiser con Pee-wee Herman e Valeria Golino, mentre nel 1989 compare in 007 Vendetta Privata di John Glen. Gli inizi di Del Toro nel mondo del cinema, almeno fino al 1990, appaiono dunque un po’ miseri e caratterizzati dall’interpretazione di ruoli marginali, di contorno. L’occasione di mettersi in luce arriva infatti solo nel 1991 con il primo film diretto da Sean Penn, Lupo Solitario (Indian Runner). Qui Del Toro conosce Viggo Mortensen e ritrova Valeria Golino, con cui avrà una relazione fino al 1992. Da questo momento l’attore riesce a prender parte a diversi film: Milionario per caso di Ramon Menendez, Uova d’Oro di Juan José Bigas Luna e Fearless-Senza Paura di Peter Weir, nel 1993; China Moon-Lago di sangue e Il prezzo di Hollywood nel 1994. I suoi sono ancora ruoli secondari, di supporto, ma che gli servono per farsi notare.

Nel 1995 l’attore inizia lentamente a raccogliere i frutti dei suoi sforzi: l’interpretazione del ricattatore Fred Fenster ne I soliti sospetti di Bryan Singer gli vale un primo riconoscimento, un Indipendent Spirit Award come miglior attore non protagonista e, l’anno dopo, il personaggio di Benny Dalmau nel film Basquiat di Julian Schnabel, gli vale un secondo Indipendent Spirit Award. Stampa e critica iniziano ad accorgersi di lui, i registi lo chiamano sempre più spesso e così la seconda metà degli anni ’90 Del Toro diventa Gaspare Spoglia nel film Fratelli-The Funeral (1996) di Abel Ferrara, Juan Primo in The Fan (1996) -dove ha l’occasione di lavorare con De Niro- e il dottor Gonzo nel discusso Paura e Delirio a Las Vegas (1998) di Terry Gilliam. Nel frattempo, insieme a Matthew McConaughey e Valeria Golino, prende parte alla produzione del cortometraggio Submission, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1995. La vita sentimentale dell’attore corre parallela alla sua vita artistica e così, nel 1997, incontra Alicia Silverstone sul set della commedia Una ragazza sfrenata e si lega a lei per i successivi due anni.

Solo il nuovo millennio, però, è in grado di offrire a Benicio Del Toro il successo che merita: nel 2000 l’attore si confronta con il film di denuncia ed è diretto da Ken Loach in Bread and Roses, per poi interpretare Franky 4 dita, un accanito scommettitore, nel film di Guy Ritchie The Snatch-Lo Strappo; ma è il personaggio di Javier Rodriguez in Traffic che gli farà vincere il Premio Oscar come Miglior attore non protagonista. Nel capolavoro di Soderbergh, infatti, Del Toro interpeta magistralmente un poliziotto che cerca di frenare il traffico di droga sul confine tra Messico e Stati Uniti, un personaggio al limite tra due mondi, in bilico tra due tensioni. È grazie a Traffic che il pubblico apre gli occhi su questo attore così espressivo, così carismatico, talmente capace di guardare dentro i suoi personaggi da renderli completamente credibili. Da questo momento le più belle interpretazioni di Del Toro seguono tutte la medesima sorta di leitmotiv ed egli inizia sempre più spesso ad incarnare personaggi dalla psicologia complessa, vite disperate e in bilico tra dannazione e salvezza, santità e perdizione, ordine e crimine. Il suo talento gli permette di restituire sullo schermo ogni tipo di esistenza in modo profondo e contemporaneamente misurato, come se partecipasse davvero alle sofferenze, ai dubbi, ai turbamenti che lacerano i suoi personaggi.

Così, dopo una partecipazione al film Le vie della violenza (2001), esordio di Christopher McQuarrie alla regia e una parte in La Promessa (2001), terzo lungometraggio di Sean Penn, tra il 2003 ed oggi tutti i ruoli di Benicio Del Toro hanno contribuito a renderlo un attore sempre più maturo, sempre più espressivo. Nel 2003 è co-protagonista di The Hunted-La Preda di William Friedkin e di 21 grammi di Alejandro Gonzalez Iñarritu. Se nel primo film l’attore diventa Aaron Hallam, un soldato che, tornato da una missione in Kosovo, è incapace di reinserirsi nel mondo reale e non riesce a smettere di uccidere, nel secondo lungometraggio è Jack Jordan, un ex-detenuto che diventa credente integralista, ma che investe accidentalmente un padre di famiglia con le sue due figlie. I ruoli leggeri sembrano quindi non essere tagliati su misura per l’attore che, due anni dopo, è di nuovo sul grande schermo con un personaggio controverso nel film tratto dal fumetto di Frank Miller, Sin City. Il poliziotto interpretato da Del Toro, Jack Rafferty, è un uomo corrotto: nonostante il suo distintivo lo identifichi come uomo di legge, infatti, ha una sua banda e taglieggia i criminali, impadronendosi dei loro averi.

Ed ecco che, nel 2007, cambia di nuovo pelle senza perdere la sua cifra stilistica incarnando un commovente e disperato Jerry Sunborne in Noi due Sconosciuti di Susanne Bier. Il suo personaggio è un tossicodipendente che perde il suo unico amico e che, aggrappandosi alla moglie del defunto, cerca di liberarsi dalla dipendenza dall’eroina, mentre lei prova a superare il lutto e il vuoto lasciato dalla scomparsa dell’amato. Infine nel 2008, diretto ancora una volta da Soderbergh, l’attore veste i panni del comandante Ernesto Guevara nel film Che, ruolo che sembra scritto per lui e che gli vale la Palma d’Oro come miglior attore al Festival di Cannes del 2008. Benicio Del Toro, infatti, non solo è molto vicino al Che da un punto di vista fisico, ma è perfetto per incarnare quell’ideale che accetta l’uso della forza solo per la realizzazione di un mondo migliore. Nel 2010 presta il suo corpo al film Wolfman di Joe Johnston, remake dell’Uomo Lupo del 1941, dove interpreta un personaggio diviso tra due tensioni: quella umana e quella bestiale. Dopo una breve apparizione in Somewhere (2010) di Sofia Coppola, Del Toro si è dedicato ad altri progetti, tra cui si possono segnalare Le Belve di Oliver Stone (uscita prevista ottobre 2012).

Per il momento, quindi, non resta che attendere il suo esordio da regista con l’episodio El Yuma all’interno del film corale 7 giorni all’Havana. Se il suo talento come regista è anche solo vicino alla sua bravura come attore non resteremo delusi.

Stephen Frears dirigerà il biopic su Freddie Mercury?

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Arrivano aggiornamenti sul biopic di Freddie Mercury che, ricordiamo è in sviluppo da diversi mesi con Sacha Baron Cohen come protagonista e produttore. Secondo Variety Stephen Frears (The Queen) è attualmente il primo linea per dirigere il film.

100 metri dal Paradiso: il cast racconta

100 metri dal Paradiso: il cast racconta

Al cinema Barberini di Roma per presentare l’ultimo lavoro di Raffaele Verzillo, una commedia che si sviluppa tra Chiesa e mondo secolare coniugando sport e fede attraverso un’originale intuizione, interviene lo stesso regista, assieme a una nutrita rappresentanza del cast, sia tecnico che artistico.

Festival di Roma: firma Muller, Kermesse all’Auditorium dal 9 al 17 Novembre!

Il consiglio di amministrazione della Fondazione Cinema per Roma che si è tenuto ieri ha finalmente dato il via libera all’edizione 2012 del Festival con una serie di decisioni chiave, in tempo per presiedere Cannes e lavorare.

Brad Pitt nuovo testimonial di Chanel n° 5

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Per la prima volta la Chanel sceglie un uomo per pubblicizzare il suo famosissimo profumo n° 5. Si tratta nientemeno che di Brad Pitt che da qualche giorno sembra essere legato solo ai pettegolezzi

Marion Cotillard parla del suo ruolo ne Il cavaliere oscuro – Il ritorno

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Marion Cotillard ha cominciato a recitare per Il cavaliere oscuro – Il ritorno, il terzo Batman di Christopher Nolan nel giugno 2011. Interrogata sulla parte che il regista di Inception l’ha chiamata a sostenere, l’attrice francese ha detto che s’è trattato di un ruolo davvero molto piccolo; ha inoltre spiegato che, diversamente da quanto rumoreggiato in più occasioni, non la vedremo nei panni di Talia, figlia di Ra’s Al Gul (Liam Neeson), bensì in quelli di Miranda Tate, una donna d’affari ecologista affascinata dalla Wayne Enterprises. La bella Marion Cotillard, vista recentemente in Midnight in Paris, ha assicurato che il suo personaggio resterà “buono” fino alla fine. Vogliamo fidarci?

Il cavaliere oscuro – Il ritorno, il film

Il cavaliere oscuro – Il ritorno (The Dark Knight Rises) è un film del 2012 diretto da Christopher Nolan. La pellicola, prodotta da Legendary Pictures e Warner Bros., è il capitolo conclusivo di una trilogia iniziata nel 2005 con Batman Begins e proseguita nel 2008 con Il Cavaliere Oscuro, entrambi diretti da Christopher Nolan con protagonista Christian Bale. L’uscita nelle sale è avvenuta il 20 luglio 2012 negli Stati Uniti e il 29 agosto in Italia

A guidare il cast di all-star di Il cavaliere oscuro – Il ritorno c’è per la terza volta il vincitore del premio Oscar Christian Bale (“The Fighter”) che interpreta il duplice ruolo di Bruce Wayne/Batman. Nel film anche Anne Hathaway che intepreta Selina Kyle; Tom Hardy, nel ruolo di Bane; il premio Oscar Marion Cotillard (“La Vie en Rose”) che nel film è Miranda Tate; e Joseph Gordon-Levitt, nel ruolo di John Blake.

Fonte: The Hollywood Reporter

E’ morto Danilo De Girolamo

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E’ improvvisamente morto Danilo De Girolamo, famoso doppiatore italiano, conosciuto ai più per aver prestato la sua voce a David Thewlis, alias Remus Lupin, nella saga di Harry Potter.

Primo trailer di Gangster Squad con Sean Penn, Josh Brolin e Ryan Gosling

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Arriva finalmente il primo trailer di Gangster Squad,  gangster movie diretto da Ruben Fleischer (Zombieland). Nel cast del film oltre ai vari  Sean Penn, Josh Brolin e Ryan Gosling, ci sono anche Michael Pena, Robert Patrick, Anthony Mackie, la bella Emma Stone e Nick Nolte. Il film, scritto da Will Beall (un ex-poliziotto) si basa su una serie di articoli di Paul Lieberman sulla lotta alla criminalità nella città di Los Angeles verso la fine degli anni ’40.

Joss Whedon: niente competizione con Il cavaliere oscuro – Il ritorno

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Joss Whedon ha pubblicato sul suo sito ufficiale una lettera in cui ringrazia i fan per il supporto e la calorosa accoglienza offerta a The Avengers; ha inoltre parlato de Il cavaliere oscuro – Il ritorno, spiegando come non si senta coinvolto in una competizione violenta e fratricida con Christopher Nolan e il suo film sull’uomo pipistrello. Ecco un esempio delle “carezze” riservate da Whedon ai fan:

La gente mi ha detto che tutto ciò conta davvero qualcosa, che la mia vita sta per essere rivoluzionata. Ne sono certo anche io. E il cambiamento è sempre un fattore positivo – ti travolge di sensazioni sconvolgenti […] Ciò che non cambia mai è quel che davvero ha importanza nella vita di una persona. Quello che non è mai mutato per me è che ho sempre potuto fare affidamento sul più intelligente, fedele, appassionato, articolato gruppo di – non dirò neanche fan. Dirò “compari” – che nessuna strana setta, neanche la versione melefica del sottoscritto, sarebbe mai riuscita neppure a sognare…

Ora, invece, il Whedon-pensiero sul rapporto tra The Avengers e il terzo Batman firmato Nolan, con allegata la domanda posta dal fantaintervistatore Rutherford D. Actualperson.

RDA: Ho sentito un sacco di chiacchiere su questa sfida fra Gli Inutili [The Availers in inglese] e Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno. Come ti sentiresti se fossi eclissato da Nolan?

JW: Sono lieto che tu me l’abbia chiesto. Mi sentirei triste. Ma guardiamo il quadro nel suo complesso; non lo ripeterò mai abbastanza: QUESTO NON è UN GIOCO A SOMMA ZERO. I nostri successi, indipendentemente da chi ne ottenga di più, sono un reciproco beneficio. Stiamo cercando di provare che i film di supereroi non sono caramelline per gli occhi (sono TARTUFI per gli occhi!). La gente sembra crederci seduti uno di fronte all’altro, in competizione, e anche se sono orgoglioso di essere il Woody Strode di quel Kirk Douglas di Christopher Nolan, stanno decisamente mancando il bersaglio. A prescindere dagli incassi che farà Il cavaliere oscuro – Il ritorno nel primo week end, l’unica statistica che varrà qualcosa per me, sarà il biglietto che senza dubbio acquisterò. Nolan e Raimi hanno inventato il film di supereroi, yo! (una menzione speciale va a Jon Favreau e James Gunn). Sono felice di essere in questo gruppo.

Ricordiamo che The Avengers è uscito nelle sale italiane il 25 aprile. Per Il cavaliere oscuro – Il ritorno si dovrà attendere il 29 agosto 2012. Nei panni di Batman ci sarà ancora, naturalmente, Christian Bale;

A guidare il cast di all-star di Il cavaliere oscuro – Il ritorno c’è per la terza volta il vincitore del premio Oscar Christian Bale (“The Fighter”) che interpreta il duplice ruolo di Bruce Wayne/Batman. Nel film anche Anne Hathaway che intepreta Selina Kyle; Tom Hardy, nel ruolo di Bane; il premio Oscar Marion Cotillard (“La Vie en Rose”) che nel film è Miranda Tate; e Joseph Gordon-Levitt, nel ruolo di John Blake.

Fonte: Whedonesque

 

Dark Shadows: recensione del film di Tim Burton

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Dark Shadows: recensione del film di Tim Burton

Trai tanti registi del panorama cinematografico mondiale, Tim Burton è davvero tra quegli eletti che si fanno riconoscere da pochissime inquadrature, e così anche Dark Shadows, la sua ultima creatura, incarna alla perfezione il suo immaginario estetico e stilistico.

Barnabas Collins è l’erede di una importante famiglia di imprenditori e vive una vita agiata e laboriosa nella sua grande casa a Collinswood. Un giorno però rifiuta l’amore di una donna e questa si rivela essere una strega che gli farà pagare caro l’affronto subito trasformandolo in vampiro e aizzandogli contro gli abitanti del villaggio. Questi lo seppelliscono vivo in una bara e solo dopo 200 anni, per errore, Barnabas viene riesumato e torna così nella sua vecchia dimora dove i suoi discendenti non versano proprio in ottime condizioni.

Dark Shadows, la serie tv rivive al cinema

Basato sull’omonima serie tv degli anni ’70 e fortemente voluto dal suo protagonista Johnny Depp, qui anche produttore, Dark Shadows è, come accennato, un film pienamente burtoniano, o meglio che rispecchia benissimo l’amore per l’estetica e la bellezza scenografica dell’ultimo Burton. Nell’ultima parte della sua carriera il regista sembra aver dimenticato la semplicità realizzava propria dei suoi primi lavori a favore di una ricostruzione magniloquente degli scenari e del decor in generale, merito del maggiore afflusso di denaro del quale si può servire adesso rispetto agli inizi, tuttavia questa attenzione alla parte estetica sembra fargli perdere di vista l’anima dei suoi film, che all’inizio riempiva gli occhi e il cuore dello spettatore.

Dark Shadows

Dark Shadows si rivela quindi, purtroppo, una bellissima scatola con poco contenuto. Fanno eccezione i protagonisti del film: Johnny Depp è uno straordinario Barnabas che strizza l’occhio ripetutamente al temibile Nosferatu di Murnau per le sue movenze singhiozzanti e le sue lunghe unghie scure; Eva Green è di una bellezza mozzafiato, strizzata fino all’inverosimile nei sontuosi abiti di Colleen Atwood e con lei ci sono altre splendide tre donne: Michelle Pfeiffer nel ruolo della capo famiglia Elizabeth Collins, Chloe Moretz nei panni della irriverente figlia adolescente e Helena Bonham Carter, che con Depp, è quasi una presenza fissa nel cinema di Burton è invece la dottoressa Hoffmann.

Da buon abitudinario Burton punta sui suoi cavalli affidando a Danny Elfman la colonna sonora, che non è affatto male e che costituisce uno dei punti più interessanti del film. Il tono del film prevalentemente scanzonato e divertente assume a tratti le giuste tinte fosche e la giusta quantità di schizzi di sangue che solo un vampiro può giustificare; allo stesso tempo il tono ironico sembra prevalere su quello violento e così, per quanto a tratti macabro, il film può considerarsi una commedia per tutti, divertente e portata a casa dalle belle performance degli attori.

Tim Burton non riesce con Dark Shadows a risollevarsi dopo la deludente realizzazione di Alice in Wonderland, rimanendo ancora lontano dai bei film che ha dimostrato di saper fare con Big Fish.

Isole dall’11 Maggio in sala e contemporaneamente gratuito in rete!

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 sarà proiettato in anteprima per il pubblico a Roma, giovedì 1o Maggio, al nuovo Sacher. Asia Argento, Giorgio Colangeli, Ivan Franek, Anna Ferruzzo, Paolo Briguglia, Alessandro Tiberi e il regista Stefano Chiantini saranno in sala  alle 22.30 al Cinema Nuovo Sacher per l’anteprima aperta al pubblico del film ISOLE, in esclusiva per una sola sera a Roma.

Trovato un regista per Cali

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L’action Cali ha trovato un regista. Kristen Stewart sarà la protagonista del film action Cali, progetto rimasto senza regista fino a poco tempo fa. E’ di oggi la notizia che a dirigerlo sarà Nick

Prometheus vietato in Usa e UK

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Prometheus censurato in Usa e UK. La nuova pellicola fantascientifica di Ridley Scott sarà vietata ai minori di 15 anni in America ed in Inghilterra, dopo aver già ottenuto un rating R.

Le cause del divieto sono dovute a ” immagini ed espressioni verbali molto forti” che il regista non ha ritenuto di tagliare.

Massaggi scomodi per John Travolta

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Massaggi pericolosi per John Travolta. Secondo molti, Scientology starebbe facendo di tutto per mascherare la presunta omosessualità di John Travolta. Ora però l’attore si trova ad affrontare una

Un Viaggio in Paradiso per Mel Gibson

Un Viaggio in Paradiso per Mel Gibson

Negli ultimi tempi, la faccia di Mel Gibson ha trionfato sulle copertine dei rotocalchi più per gli scandali legati alla sua travagliata vita personale, che per i suoi successi professionali. Sembrano archiviate e- volutamente- cadute nell’oblio la fama e la gloria legate a pellicole di successo come Arma Letale, Braveheart o The Passion; oggi lo ricordiamo per il suo divorzio faraonico dalla storica moglie, per le accuse di violenza domestica e per le pesanti accuse di antisemitismo che hanno influito sulla lavorazione del suo ultimo film, incentrato sulla figura di Giuda Maccabeo e intitolato The Maccabees.

Eppure, proprio nel momento in cui Hollywood sembra avergli voltato definitivamente le spalle, la sua carriera comincia una lenta risalita, tortuosa e travagliata (durata circa dieci anni), grazie anche alla riconquista di un suo “spazio creativo” autonomo contraddistinto dalle presenze di amici e fidati collaboratori come Jodie Foster (che lo ha diretto nel sorprendente Mr. Beaver) o Adrian Grunberg, già suo collaboratore fin dai tempi di Apocalypto e adesso regista esordiente dell’action atipico Un Viaggio In Paradiso.

Forte di una sceneggiatura firmata a quattro mani da Grunberg e da Gibson stesso, che lo ha anche prodotto con la sua casa di produzione Icon, la pellicola ruota intorno alla figura di uno schivo e abile sicario della malavita, chiamato Driver (echi del “Drive” Refniano?) che decide di godersi la meritata “pensione” anticipata scappando con il bottino di un ultimo colpo. Ma qualcosa va storto, la sua auto si ribalta e finisce al confine con il Messico, il che implica una serie infinita di guai legali che lo conducono in una spirale sempre più torbida e pericolosa fin nella prigione infernale denominata “El Pueblito”, nella quale cercherà di adattarsi- e sopravvivere- solo grazie all’aiuto di un anonimo e ignoto bambino di nove anni, che forse potrebbe aiutarlo perfino ad evadere…

Il titolo originale della pellicola doveva essere “How I Spent My Summer Vacation”, proprio in riferimento all’iniziale fuga di Driver; ma alla fine è stato distribuito nel mondo con il titolo di “Get The Gringo”, dove il Gringo del film è evidentemente Gibson stesso. il film è una perla (sporca) ma rara nel panorama del cinema odierno: porta alto il vessillo del suo divieto ai minori; non si fa scrupolo delle cruente scene di violenza e niente viene risparmiato alla visione dello spettatore. Il buon vecchio Mel torna alle atmosfere di pellicole che lo hanno reso celebre, tipo “Payback- la rivincita di Porter” dove veste i panni di un malvivente, rafforzando (e forse deridendo con una buona dose di autocompiacimento) la sua fama di “bad guy”.

Il film sembra un azzardo ben riuscito, merito di diversi elementi miscelati insieme: il “basso profilo” del cast, dove non figurano nomi stra-noti oltre a quello di Gibson, ma che può contare sulle innate capacità di attori caratteristi già volti noti della tv statunitense; un regista giovane ma che vanta una proficua collaborazione “storica” con Gibson; infine la suggestione dei luoghi, ricreati in meno di due mesi con un effetto sorprendente. Uno degli elementi di forza della pellicola è, infatti, la prigione che fa da sfondo alla narrazione: El Pueblito, ovvero “piccola città”, detta pure “La Universidad del Crimen” (l’università del crimine), nomi con i quali era meglio conosciuto il “Centro de Readaptacion Social de la Mesa”, la prigione più famosa del Messico. Fu fondata nel 1956 a Tijuana e ospitava in origine 2000 prigionieri, numero poi cresciuto esponenzialmente con l’ingresso di nuovi detenuti e delle loro intere famiglie, che finirono per diventare i proprietari stessi del carcere trasformandolo in una baraccopoli con un proprio sistema di leggi, dotato di un proprio mercato, un campionato di calcio, ristoranti, cinema, spaccio privato di droga ed esclusive lotte tra gang rivali. Lo scenografo Bernardo Trujillo e la troupe hanno ricostruito l’intero ambiente all’interno di un altro carcere messicano disabitato dal 2010, l’Ignacio Allende; sono stati costretti a questo notevole sforzo produttivo perché il vero El Pueblito nel 2002 è stato assediato da ben 2000 militari messicani che trasferirono i detenuti sopravvissuti in un altro carcere, prima di distruggere quasi del tutto l’edificio.

Insomma, nonostante l’ambientazione esotica e il titolo del film che evoca l’idea del paradiso, in realtà il ritorno in grande stile di Mel Gibson è un crudo “Prison Movie” atipico, un viaggio fin dentro l’inferno… senza esclusione di colpi.

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