La settimana scorsa Robert
Rodriguez aveva confermato al Comic-Con di San Diego di aver
discusso con la Fox della possibilità di dirigere lo spin-off degli
X-Men dedicato a Deadpool, il mercenario dei fumetti Marvel interpretato al cinema da
Ryan Reynolds (anche Lanterna Verde).
Si è spenta a Roma, all’età di 96
anni, Suso Checchi d’Amico (Giovanna Checchi). Considerata una
delle più importanti sceneggiatrici italiane, ha contribuito a
costruire il cinema del nostro Paese scrivendo sceneggiature
variegate, dalle commedie ai drammi.
Nata a Roma nel 1914, ha iniziato la sua carriera alla fine
degli anni quaranta del secolo scorso, collaborando con altri
sceneggiatori a film come Ladri di Biciclette, Le Mura di Malapaga
e I Soliti Ignoti. Negli anni cinquanta ha seguito registi come
Luigi Zampa, Ennio Flaiano e Cevare Zavattini, contribuendo alla
stagione neorealista; ha poi lavorato con Luchino Visconti,
scrivendo film come Bellissima (1950), Senso (1954), Rocco e i Suoi
Fratelli (1960), Il Gattopardo (1963), Lo Straniero (1967) e Ludwig
(1973). Per Michelangelo Antonioni ha scritto I Vinti (1952), La
Signora senza Camelie (1953) e Le Amiche (1955). Tra gli altri
registi con cui ha collaborato ci sono Francesco Rosi, Luigi
Comencini (per il quale ha scritto anche Le Avventure di Pinocchio
per la TV e Cuore) e la figlia Francesca (La Fine è Nota) e Mario
Monicelli, del quale ha scritto tantissime pellicole.
Numerosi i premi che ha ricevuto
durante la sua carriera, tra Nastri d’Argento e David di Donatello,
oltre al Leone d’Oro alla Carriera nel 1994 alla Mostra del Cinema
di Venezia. L’annuncio della morte è stato dato dalla famiglia.
Ecco due nuovi poster: uno è di Le
Cronache di Narina, il viaggio del veliero, terza avventura nella
terra di Narnia uscita dalla penna di C.S. Lewis. Il secondo invece
è il poster finale di Red l’adattamento della graphic novel di
Warren Ellis, con un cast di superstar.
E’ tempo di scelte per Guillermo
Del Toro: dopo aver abbandonato il tanto a lungo progettato The
Hobbit, ora dice addio ad un altro progetto molto interessante e
sicuramente nella sue corde, un nuovo film su Van Helsing.
Dopo anni di sviluppo, il biopic
dedicato al presidente degli Stati Uniti assassinato nel 1865 non è
ancora entrato in produzione, e l’attore a lungo legato al
progetto, Liam Neeson, ha deciso che non parteciperà più alla
pellicola.
Fresco del successo di Inception di
Christopher Nolan, in cui interpreta la “vittima” degli esperimenti
onirici della banda capeggiata da Leonardo DiCaprio, Cillian Murphy
ha deciso di lanciarsi in una serie di nuove avventure
cinematografiche.
Meryl Streep e Tina Fey
interpreteranno una madre e una figlia nel nuovo lungometraggio di
Stanley Tucci Mommy & Me, una commedia di cui al momento non si
conosce nel dettaglio la trama.
Time of darkness:
nella Bassa Slesia, in Polonia, quattro amici si recano in una
fabbrica abbandonata dove l’anno prima era scomparso un loro amico.
Indagando sulla vicenda, scoprono cose orribili…alcuni scienziati
hanno scoperto come ottenere l’immortalità: utilizzando cavie umane
riescono a trasferire l’anima da un corpo all’altro…tutto
attraverso terribili torture!
Il prossimo film di Guillermo del
Toro da regista: sarà l’adattamento cinematografico di Alle
Montagne della Follia di H.P. Lovecraft, prodotto da James Cameron
e girato in stereoscopia 3D!
Sono stati annunciati i titoli che verranno mostrati al Lido. In
concorso, Darren Aronofsky, Sofia Coppola, Takashi Miike, Julian
Schnabel e Tom Tykwer, fuori concorso Casey e Ben Affleck, John
Woo, Svankmajer, Robert Rodriguez, Michele Placido e Martin
Scorsese..
Sono stati annunciati i titoli che verranno mostrati al Lido. In
concorso, Darren Aronofsky, Sofia Coppola, Takashi Miike, Julian
Schnabel e Tom Tykwer, fuori concorso Casey e Ben Affleck, John
Woo, Svankmajer, Robert Rodriguez, Michele Placido e Martin
Scorsese..
Ecco altre foto dal set di Transformers 3. Oltre al protagonista
assoluto, Shia LaBeouf, sul set anche l’ex rassicurante Dottor
Stranamore Patrick Dempsey e la bella Rosie Huntington-Whiteley che
si arrampica tra le macerie di una qualche battaglia.
Ecco altre foto dal set di Transformers 3. Oltre al protagonista
assoluto, Shia LaBeouf, sul set anche l’ex rassicurante Dottor
Stranamore Patrick Dempsey e la bella Rosie Huntington-Whiteley che
si arrampica tra le macerie di una qualche battaglia.
Fino al 7 novembre prossimo, la
Reggia di Venaria Reale, alle porte di Torino, ospita nelle Sale
delle Arti al primo piano, la mostra “Le macchine delle meraviglie:
Lanterne magiche e film dipinto, 400 anni di cinema”, incentrata
sulle origini dello spettacolo visivo, le lanterne magiche appunto,
molto amate sia dai reali nelle loro corti, che nelle case della
nuova classe borghese, dove secoli prima dei cartoni animati,
diventarono uno dei passatempi preferiti dei bambini.
La recensione del film d’animazione
di Laputa castle in the sky,
pellicola del maestro d’animazione
giapponese Hayao Miyazaki.
Sinossi: Dal cielo sopra una miniera di fine
Ottocento in un’imprecisata località molto simile alla Gran
Bretagna cade un giorno una ragazzina, Sheeta, che si è gettata
dall’aeronave su cui era prigioniera, per scampare all’esercito e
ad un gruppo di pirati dell’aria, tutti intenzionati a rubarle la
misteriosa pietra azzurra che porta al collo.
Sheeta, sopravvissuta alla caduta
grazie alla pietra, che ha il potere di far lievitare il corpo a
cui è attaccata, viene trovata da Pazu, giovane minatore: tra i due
la simpatia è immediata, ma devono scappare molto presto perché la
ragazzina con la sua pietra continuano a fare gola. E mentre i
pirati si riveleranno degli inaspettati alleati, i veri nemici si
riveleranno i soldati e il loro capo, il colonnello Mooska. Sheeta
è infatti una discendente dell’antico popolo di Laputa, che abitava
una leggendaria isola fluttuante nel cielo, luogo di antichi
misteri e di sconvolgenti scoperte scientifiche.
Laputa castle in the sky:
recensione del film
Analisi
Primo film realizzato
da Miyazaki dopo la costituzione dello
studio Ghibli, distribuito nel nostro Paese per il
mercato dell’home video con oltre vent’anni di ritardo e poco dopo
ritirato dal commercio senza ad oggi ancora un ritorno annunciato,
Tenku no shiro Laputa (questo il titolo originale) contiene tutte
le tematiche care all’autore.
Il pacifismo, la condanna di ogni
avidità, l’amicizia come antidoto ai mali del mondo, l’importanza
della comunicazione tra generazioni diverse, i pericoli insiti alla
tecnologia usata senza morale e per i propri scopi personali sono
temi ben presenti, in questa avventura steampunk con echi di
Jules Verne, ma anche dei Viaggi di Gulliver, da
cui è preso il nome dell’isola volante di Laputa, paradiso perduto
per certi versi (il suo lussureggiante aspetto è stato copiato pari
pari da James Cameron per la sua
Pandora di Avatar) ma
anche scrigno di pericolose tecnologie per l’avidità di alcuni.
Lo stile di Miyazaki, lontano dagli
stereotipi che molti vedono come caratterizzanti degli anime
giapponesi (occhioni e capelli al vento), ma nello stesso tempo
molto personale tra estrema cura degli scenari e del mecha design e
personaggi originali sia nel disegno che nella caratterizzazione, è
già ottimo, l’avventura, realizzata all’epoca senza l’ausilio della
computer graphic (nonostante alcune voci incontrollate che davano
gli anime giapponesi già realizzati al pc negli anni Settanta) è
per tutte le età, ma non buonista, a tratti vagamente cruda, in
ogni caso estremamente avvincente ed interessante.
Chi ama l’azione rimane
conquistato, ma anche chi cerca qualcosa in più che avventure e
movimento, un discorso ecologista e pacifista che non è mai
retorico: molti degli elementi di Laputa sono stati poi ripresi
alcuni anni dopo dalla Gainax per la serie cult Il mistero della
pietra azzurra (Fushigi no Umi no Nadia), grande successo di inizio
anni Novanta. Pazu e Sheeta, eroi loro malgrado in un mondo in cui
devono trovare la loro strada, sono tra i primi protagonisti di un
regista che guarderà sempre con attenzione all’idea del mondo
salvato da ragazzini non tutti d’un pezzo, ma capaci di fragilità e
di coraggio, che devono cercare la loro strada tra ostacoli di ogni
tipo, fino ad una conclusione che in definitiva non è quella che ci
si aspetterebbe, perché Laputa deve continuare a vagare nel cielo,
e non può essere di nessuno.
Laputa castle in the
sky è un film che piace e piacerà agli
appassionati di manga ed anime, ma anche a chi sa riconoscere le
potenzialità del cinema d’animazione a prescindere dalla sua
provenienza, e contro i pregiudizi ancora radicati che investono i
prodotti made in Japan: Laputa è prima di tutto una bella storia
raccontata con l’ausilio dell’animazione, come tutti i film del
maestro giapponese, ormai riconosciuto tale in tutto il mondo.
Acclamata pellicola della
regista Andrea Arnold,
avendo ottenuto vari riconoscimenti internazionali
e il Premio
della Giuria al Festival di Cannes 2009, Fish
Tank è un film difficile e spregiudicato che colpisce
profondamente come solo la vita può fare.
In Fish
Tank la quindicenne Mia è un’adolescente ribelle che
vive insieme alla madre e alla sorella minore, altrettanto riottose
e indomabili. Espulsa dalla scuola e allontanata dagli amici,
l’aggressiva ma vulnerabile Mia è incompresa quanto testarda, e ha
una grande passione per l’hip-hop. Con l’arrivo di Connor, il nuovo
compagno della madre, la vita di Mia andrà incontro a una
svolta…
Sulla carta, non si può parlare di
una vicenda originale; al contrario, una trama del genere sa di già
visto, in particolare l’immagine dell’adolescente ribelle che può
riscattarsi con il ballo. Aggiungiamo delle figure femminili pronte
a mostrarsi brutali l’una nei confronti dell’altra,
verbalmente e fisicamente, come Mia, la madre e la sorella, e il
livello di empatia è difficile da raggiungere. Invece, con una
sceneggiatura solida e un’ottima performance da parte
degli interpreti (in particolare l’esordiente Katie
Jarvis e
Michael Fassbender, uno degli attori in ascesa più
interessanti in circolazione), è possibile ottenere risultati
lodevoli, anche per una pellicola indipendente.
Registro distaccato e a
tratti documentaristico, soprattutto nel montaggio, quello della
regista. Forse molti spettatori non sono abituati all’uso smodato
della macchina da presa a mano, o alla totale assenza di colonna
sonora se non nelle musiche ascoltate dai protagonisti; ma talvolta
è bene guardare film con un budget ridottissimo per comprendere
come non siano necessari innumerevoli artifici per far apprezzare
un film: anzi, è possibile entrare nel cuore della storia con
maggiore semplicità, esplorando in questo caso le complesse
relazioni tra i personaggi.
In un contesto drammatico come
quello qui rappresentato, talvolta alcune metafore
possono apparire fuori luogo. E invece esse arricchiscono il film
con immagini che sottolineano la condizione di ‘prigionia’ di uno
spirito libero come Mia: il cavallo bianco incatenato, il criceto
in gabbia, cancelli e recinzioni di vario tipo rintracciabili nella
periferia urbana dove la ragazza vive (ben evidenziata da colori
grigi e spenti) sono immagini reperibili soprattutto nella
prima parte del film. Ma quando Connor si dimostra l’unico in grado
di comprendere Mia e di stimolare il suo potenziale, ecco una gita
al lago e una stupenda inquadratura di uno stormo di uccelli in
volo.
Fish Tank
Tuttavia, la vita è in grado di
stravolgere le cose quando queste iniziano ad andare per il verso
giusto. E bisogna quindi imparare a misurarsi con la disillusione,
le speranze disattese e il gusto amaro della vendetta o di una
vendetta incompiuta.
Così, invece di sfiorare la retorica
temuta in partenza, essa viene smentita da esiti originali e
imprevisti, che imprimono un segno remarcabile di somiglianza al
vero, rendendo Fish Tank un film duro, a volte
crudo, lontano dallo stucchevole e molto più affine alla
vita.
Lo sceneggiatore Bobby Glickert ha
appena venduto alla Paramount il soggetto di un film sugli alieni.
Si tratterebbe di una storia che, secondo gli addetti ai lavori,
fonderebbe Cloverfield con Paranormal Activity, ambientata però
nella famigerata Area 51. A produrre questo film che promette
originalità a piene mani sarà Michael Bay, in collaborazione con
Steven Schneider, colui che è dietro alla realizzazione di
Paranormal Activity 2. Curiosamente, la Paramount sta al momento
lavorando ad un altro thriller dalla storia molto simile,
intitolato Area 51 e diretto proprio dal regista di Paranormal
Activity Oren Peli.
Sono 51 i titoli e 26 le anteprime
mondiali, tra cui Black Swan di Darren Aronofski “condiviso”
col festival di Venezia, di cui sarà il film
d’apertura: questo ciò che presenterà la 35° edizione del Toronto
International Film Festival.
Dopo la conferma ufficiale di
Daniel-007-Craig nel ruolo di protagonista maschile di The
Girl with the Dragon Tattoo (da noi La Ragazza che Giocava con il
Fuoco), rimane aperta la questione relativa all’attrice cui sarà
affidata la parte di Lisbeth Salander, ruolo appartenuto
nell’originale versione cinematografica nordeuropea all’androgina
Naoomi Rapace.
Stephenie Meyer non è del tutto
soddisfatta del film di The Twilight Saga: Eclipse: ecco qualche
altra riflessione della Meyer sui dettagli dei flashback, in attesa
di vederla comparire in veste di co-produttrice sul set di The
Twilight Saga: Breaking Dawn, adattamento del quarto romanzo, che
sarà diviso in due film girati back-to-back a iniziare da questo
autunno, tra Vancouver e la Louisiana.
RadarOnline ha pubblicato tantissime immagini tra cui quella di
Penelope Cruz (nei panni della figlia del pirata Barbanera) dal set
di Pirates of the Caribbean: On Stranger Tides, le cui riprese sono
attualmente in corso alle Hawaii.
Ozon non è certo un regista che si fa
attendere, con Il Rifugio giunge addirittura al
decimo film in undici anni. Proprio per questo temevo che l’ultimo
arrivato fosse una prova sottotono e invece mi sono dovuto
ricredere. Girato in fretta e furia causa la maternità dell’attrice
principale Isabelle Carrè, sembra invece trarre
forza da una malcelata istintività che dà forza alla scena.
Il regista francese torna alle
atmosfere di Sotto la sabbia raccontando una
storia che intreccia il tema della maternità con quello della droga
e della solitudine. La giovane Mousse ha perso il suo compagno
Louis dopo una notte di eroina passata insieme, subito dopo scopre
di essere incinta di lui, decide quindi di tenere il bambino
nonostante il parere contrario di chi la circonda e si rifugia in
una casa al mare per portare avanti la gravidanza lasciando
Parigi.
Il rifugio
Qui le farà visita dopo qualche mese
Paul, il fratello minore di Louis, con cui si instaurerà un
rapporto molto intimo dopo una freddezza iniziale che la aiuterà a
capire quali sono le priorità per lei e soprattutto per il bambino.
Una pellicola quindi che osserva da vicino le fragilità di una
donna sola, indecisa e ancora tossicodipendente, una Isabelle Carrè
che realmente incinta è convincente dopo molti ruoli da brava
ragazza della porta accanto.
Convincente anche il cantante
Louis Ronan Choisy, qui alla sua prima prova
attoriale e nonostante le differenze con la Carrè si notino tutte
riesce ad essere non banale, donando alla pellicola anche una
struggente prova al piano. Lo stile di Ozon si fa
qui essenziale ed elegante grazie ad una bellissima fotografia
raggiunta con le ultime tecniche HD per la prima volta usate dal
regista transalpino.
Ozon è un regista altalenante ma
Il Rifugio rappresenta una delle sue vette andando
ad avvicinare stilisticamente alcuni mostri sacri sempre francesi
di qualche decennio fa, ultima ma non meno importante è la sua
capacità di emozionare dando anche a scene all’apparenza scontate
un tocco di classe.
Quattro poster con i personaggi principali di
Lanterna Verde: oltre al protagonista
Ryan Reynolds vediamo anche Blake
Lively, Mark Strong nel ruolo di Sinestro
e Peter Sargaard in quello di Hector Hammond…