Arriva il teaser trailer del
film Senza Nessuna Pietà prodotto e
interpretato da Pier Francesco Favino e diretto
dall’esordiente Michele Alahique. La
pellicola che sarà presentata a Venezia
71 e che vede nel cast anche Greta
Scarano, Claudio Gioè, Adriano Giannini e Ninetto
Davoli.
Uscirà l’11 Settembre 2014 distribuito da Bim.
Mimmo vorrebbe fare solo il
muratore, perché gli piace più costruire palazzi che rompere ossa.
Invece recuperare crediti, con le cattive, è parte integrante del
suo mestiere, almeno secondo il signor Santili, suo zio nonché
datore di lavoro. Mimmo vive in un mondo feroce dove si rispettano
regole e ruoli, se si vuol tirare a campare senza problemi: giusto
o sbagliato che sia, è l’unico mondo che conosce. Tutto cambia
quando nella sua vita irrompe Tania, una ragazza bellissima che il
Roscio, il suo migliore amico, ha “rimediato” come intrattenimento
per Manuel, il figlio di Santili. Costretti da un imprevisto a
passare la notte insieme, Mimmo e Tania si scopriranno uniti dal
bisogno di sentirsi amati e dalla voglia di sfuggire a un destino
già segnato. Ma non si può sperare in una nuova vita senza fare i
conti con la vecchia.
Senza Nessuna
Pietà è l’esordio alla regia di lungometraggio dell’attore
Michele Alhaique, co-prodotto e magistralmente
interpretato da un Pierfrancesco Favino gigante, non solo nella
mole. Questo noir ambientato nella periferia romana è scritto e
girato intorno a lui – il regista sceglie di stare attaccato agli
attori fino a riprenderne i minimi particolari – cogliendone al
massimo l’espressività, amplificando la valenza di ogni momento, ma
soprattutto rendendo il senso di oppressione cui il protagonista è
sottoposto. La camera a mano lo avvolge, facendo sentire il peso
della mole, la fatica del respiro, che non sono solo fisici, ma
specchio di una condizione psicologicamente pesante, non più
sopportabile. Le altre interpretazioni sono anch’esse molto valide:
dalla protagonista femminile Greta Scarano alle
ottime caratterizzazioni di Claudio Gioè (amico di
Mimmo) e Adriano Giannini.
In Senza Nessuna
Pietà Mimmo (Pierfrancesco
Favino) è un omone di mezza età che, oltre a fare il
manovale, fa il lavoro sporco per conto dello zio imprenditore e
usuraio (Ninetto Davoli), mentre il figlio di
questi, Manuel (Adriano
Giannini), si dà alla bella vita. Mimmo è ormai stanco
di questa situazione, quando viene incaricato di andare a prendere
una ragazza, Tania (Greta Scarano), destinata ad
allietare una delle tante feste di Manuel. Quest’incontro dà a
Mimmo la forza di ribellarsi alla famiglia e spinge anche Tania a
rompere con la vecchia vita.
Senza Nessuna Pietà, il film
Tuttavia, soggetto e sceneggiatura
sono altalenanti tra buoni spunti – una storia di riscatto e
sentimenti, uno sguardo acuto alle periferie e al disagio
esistenziale – e incongruenze che coadiuvano le svolte narrative,
ma non rendono un buon servizio ai personaggi. Specie al
protagonista: un gigante buono, un animo sensibile costretto alla
violenza e al crimine da un mondo “senza nessuna pietà”. A tratti
consapevole e avvertito rispetto al mondo che lo circonda e che
conosce bene; a tratti troppo ingenuo. Un po’ paterno – accenti
delicati, toccanti e ironici ha il legame tra lui e Tania, fatto di
affetto e istinto di protezione, ma percorso da una sottile vena di
sensualità – un po’ bambinone, ma a volte esagerato in entrambi gli
aspetti. Alcune sue azioni sono difficilmente spiegabili e stridono
con un personaggio che vuole darsi una seconda possibilità. Un paio
di ingenuità, utili a far procedere l’intreccio, ma poco
comprensibili, riguardano anche altri personaggi.
Uno sviluppo narrativo facilmente
intuibile non giova e rende meno efficace l’altra metafora visiva
che percorre il lavoro: ampi spazi, mare e cielo, si sostituiscono
ai palazzoni di periferia, ma è subito chiaro che quell’orizzonte
di libertà difficilmente si spalancherà di fronte al protagonista.
Un’interpretazione da non perdere, tra luci e ombre di un esordio
comunque promettente per un regista di talento, che speriamo di
vedere ancora all’opera. Senza Nessuna Pietà è
nelle sale, dopo il passaggio a Venezia nella sezione
Orizzonti.
Senza Nessuna
Pietà è l’unico film italiano nella
Selezione Ufficiale della 71°Mostra Internazionale D’arte Cinematografica
di Venezia aconcorrere per il Leone
del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”. Il
film è diretto da Michele Alhaique e vede nel cast
Pierfrancesco Favino, Claudio Gioè, Greta Scarano, Iris
Peynado, Adriano Giannini, Ninetto Davoli.
Di seguito le foto ufficiali del
film:
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A Mimmo piace molto di più
costruire che rompere ossa. Vorrebbe fare solo il muratore, ma gli
tocca anche fare recupero crediti tra i palazzoni dei quartieri
alla periferia di Roma. Lavora per suo zio, il signor Santili, che
ama e rispetta come un padre. Non sopporta invece Manuel Santili,
suo cugino, viziato e arrogante. E l’avversione è reciproca. Il
Roscio, che sarebbe il suo migliore amico se fosse davvero amico di
qualcuno, e la mezza dozzina di dipendenti della ditta completano
la famiglia. È un mondo con regole e gerarchie chiare, dove chi non
sbaglia ha la pagnotta assicurata e qualche extra. Giusto o
sbagliato, è l’unico mondo che Mimmo abbia mai conosciuto.
Tutto cambia quando nella sua vita
irrompe Tania. È bellissima, giovane e ha capito da un pezzo che
nella vita deve arrangiarsi da sola. Sa che gli uomini sono pronti
a spendere per averla e ne approfitta. Costretti da un imprevisto a
passare una notte e un giorno insieme, Mimmo e Tania si
ritroveranno uniti dal bisogno di sentirsi amati e dalla voglia di
fuggire a un destino già segnato.
Grazie a Bim Distribuzione
siamo in grado di mostrarvi due trailer
di Senza Nessuna Pietà, il
film prodotto e interpretato da Pier Francesco
Favino e diretto dall’esordiente Michele
Alahique.
La pellicola sarà presentata in questi giorni
a Venezia 71 e vede nel cast
anche Greta Scarano, Claudio Gioè, Adriano
Giannini e Ninetto Davoli.
Il film, che uscirà l’11 settembre, parla della vita di Mimmo,
un uomo che vorrebbe fare solo il muratore, perché gli piace più
costruire palazzi che rompere ossa. Invece recuperare crediti, con
le cattive, è parte integrante del suo mestiere, almeno secondo il
signor Santili, suo zio nonché datore di lavoro. Mimmo vive in un
mondo feroce dove si rispettano regole e ruoli, se si vuol tirare a
campare senza problemi: giusto o sbagliato che sia, è l’unico mondo
che conosce. Tutto cambia quando nella sua vita irrompe Tania, una
ragazza bellissima che il Roscio, il suo migliore amico, ha
“rimediato” come intrattenimento per Manuel, il figlio di Santili.
Costretti da un imprevisto a passare la notte insieme, Mimmo e
Tania si scopriranno uniti dal bisogno di sentirsi amati e dalla
voglia di sfuggire a un destino già segnato. Ma non si può sperare
in una nuova vita senza fare i conti con la vecchia.
Gianclaudio Cappai
con Senza lasciare traccia esordisce alla regia di
un lungometraggio (dopo il successo del pluripremiato
cortometraggio Purché lo senta sepolto e
del mediometraggio So che c’è un uomo)
dimostrandosi un regista sicuro della sua mano e delle sue
sconfinate capacità, che lo portano a realizzare un microcosmo
affascinante fatto di atmosfere inquietanti e claustrofobiche come
prigioni, servendosi dello spazio come limite ma anche come
possibilità, come luogo in cui sviscerare tutta la rabbia,
sentimento che muove i fili del racconto e smuove le intenzioni
dello stesso protagonista.
In Senza lasciare
traccia la malattia di Bruno lo sta consumando lentamente.
Una malattia che ha origini lontane, legate ad un passato di cui
l’uomo non ha mai parlato con nessuno, neanche con sua moglie
Elena. Ma un giorno Bruno avrà l’occasione di tornare nel luogo
dove tutto è iniziato e trovare così un colpevole, guardando
finalmente in faccia l’origine del suo male e provando così a
fermare l’intruso che è dentro di lui.
Senza lasciare traccia, il
film
Con Senza lasciare
traccia Cappai si inserisce in un filone di genere
ben preciso, mettendo in scena un noir italiano sulla vendetta e
sulla necessità che l’essere umano ha trovare necessariamente un
colpevole, un capro espiatorio su cui riversare tutto il suo
malessere (specchio indiscusso della società in cui viviamo). Se il
regista si dimostra estremamente abile nella costruzione della
tensione e nella direzione degli attori, a mano a mano che la
storia si sgretola in un’ossessivo bisogno di catarsi, si palesa
più di un’incertezza dal punto di vista della scrittura: le
motivazioni dei personaggi non sono sviluppate in maniera adeguata
e giunti ormai al finale, una volta usciti dalla fornace in cui
Cappai intrappola non solo i protagonisti ma anche lo stesso
spettatore, si ha come una sensazione di incompiutezza che stona
decisamente con le premesse iniziali.
Il lavoro di Cappai viene comunque
supportato da un cast di interpreti di altissimo livello, tra cui
spiccano un Michele Riondino straordinario nel
delineare (anche fisicamente) un uomo logorato dentro e fuori,
prigioniero delle sue ossessioni e schiavo dell’ingiustizia e dello
spauracchio della morte. Lo affiancano due ottime controparti
femminili (Valentina
CervieElena
Radonicich) e un Vitaliano
Trevisan (l’ex cacciatore di anoressiche in
Primo Amore) tanto minaccioso nel volto
quanto criptico nelle intenzioni, incredibile e talentuoso come
sempre.
Giancarlo Cappai
porta sullo schermo un racconto cinematograficamente interessante
sulla rabbia e sul rancore, sorretto da un cast di attori
bravissimi che lo stesso regista dimostra di sapere dirigere con
piglio sicuro. Una messa in scena potente e un comparto artistico
superbo che, sfortunatamente, non trovano nella scrittura una degna
alleata. Per essere un esordio, l’esame è quindi superato… anche se
non ha pieni voti.
uscirà domani giovedì 8
novembre il film Senza lasciare
traccia, distribuito da Adler Entertainment in 40
copie. Il film, diretto da Debra Granik e con
Ben Foster e Thomasin McKenzie, è
tratto dal libro “My Abandonment” di Peter Rock.
Senza lasciare
traccia è ispirato alla storia vera di un padre e una
figlia che vivono lontani dalla società, nascosti in un parco ai
margini di Portland, in Oregon negli Stati Uniti. Lui, reduce di
guerra, vuole scappare dalle regole e dalla conformità che una
comunità impone, lei si trova a fare i conti con la naturale voglia
di farne parte.
La regista, candidata agli Oscar
per
Un gelido inverno, traccia un affresco misterioso e
magnetico di un’esistenza vissuta ai margini: “I protagonisti di
questa storia si proteggono l’uno con l’altra e si influenzano con
le proprie idee. In questa relazione padre-figlia, Tom ha imparato
a essere più matura e saggia in alcune circostanze, per poter
aiutare il padre vittima delle proprie vulnerabilità. Lui, in
cambio, prova a insegnarle ogni cosa utile che conosce.”
Senza lasciare traccia, la trama
Una ragazza adolescente (l’esordio
prorompente di Thomasin McKenzie) e suo padre
(Ben Foster) hanno vissuto di nascosto per anni in
Forest Park, un grande bosco situato alle porte di Portland, in
Oregon. Un incontro casuale li poterà allo scoperto, ed entrambi
saranno costretti a lasciare il parco per essere affidati agli
agenti dei servizi sociali. Proveranno ad adattarsi alla nuova
situazione, fino a che una decisione improvvisa li porterà ad
affrontare un pericoloso viaggio in mezzo alla natura più
selvaggia, alla ricerca dell’indipendenza assoluta.
I Marvel Studios
hanno avuto un successo inaspettato e incredibile fino ad Avengers: Endgame, ma sembra
che da quel momento in poi qualcosa, negli ingranaggi
dell’MCU, non funzioni più come
dovrebbe. Come se da allora la storia – e l’azienda stessa – avesse
subito dei colpi dai quali ancora non si è saputa riprendere. La
Saga dell’Infinito è stata senza ombra di
dubbio importante per il Marvel Universe, ed
è da lì che la Marvel ha poi deciso di debuttare
anche in televisione, dove ha sfornato molti prodotti. Il problema,
però, è che da allora le cose non vanno molto bene.
Sicuramente a contribuire a questo affaticamento
c’è stata la pandemia e gli scioperi di attori e sceneggiatori, ma
ora che si può ritornare in carregiata è bene che i Marvel Studios riflettano attentamente sulle
scelte da compiere. Secondo Variety, infatti, starebbero
pensando a un nuovo film sugli Avengers, il quale avrebbe il
compito di riportare in vita Iron Man e Black Widow. Una mossa un po’ avventata che,
qualora dovesse trovare conferma, potrebbe essere vista solo come
un tentativo – preoccupante – di far tornare il franchise al suo
splendore passato. Ma questo potrebbe essere, oltre che inutile,
molto rischioso. Capiamo perché.
Il ritorno degli originali Avengers non gioverebbe all’MCU
Nel cinema, così come nella televisione, i
prodotti hanno bisogno di un refresh se non si vuole rischiare di
cadere nel ripetitivo e nel noioso. Ci sono storie di personaggi
destinate a finire, e la loro conclusione non può che giovare a un
film – a una serie o in generale a un franchise – perché permette
di rinnovarsi e focalizzarsi su altri racconti accativanti e
inediti. Per quanto riguarda l’MCU la “svolta” si è avuta
con
Avengers: Endgame, pellicola vista anche come il culmine
dei primi dieci anni di costruzione del
Marvel Cinematic Universe che lo hanno preceduto. Nel film
alcuni degli Avengers a cui i fan erano molto legati – parliamo di
Black Widow, Captain America e Iron Man – hanno visto il loro arco
narrativo volgere al termine, come era giusto che fosse.
Se venisse pensata una soluzione per riportarli
in vita, dunque, la scelta potrebbe andare a minare ciò che è
venuto prima, anche se i rispettivi interpreti (Robert
Downey Jr. e
Scarlett Johansson) tornassero come versioni alternative.
Bisogna perciò chiedersi (l’operazione di “come back” potrebbe
riguardare un prequel) se ne varrebbe davvero la pena. Nella
controparte fumettistica non è raro vedere alcuni personaggi
capitolati tornare in vita. E alle volte anche l’ MCU ha seguito la stessa
scia, pur commettendo degli errori. Esso, quindi, ha l’opportunità
di separarsi dal cartaceo, per raccontare una storia basata su una
realtà in cui gli eroi muoiono, ci sono “passaggi del testimone” e
l’universo va avanti. Pensiamo, ad esempio, a Sam
Wilson, Yelena Belova e Riri Williams, i quali
sono stati designati come successori degli eroi sopracitati, e che
non hanno ancora avuto la possibilità di brillare. Il ritorno di
Iron Man e Black Widow, o anche di Capitan America (ma sembra
impossibile) comprometterebbe anche quei personaggi che ora sono
sotto i riflettori del MCU.
Questioni di budget
Oltre al fattore puramente narrativo, se nel
MCU tornassero alcuni
degli Avengers veterani che hanno lasciato il franchise, ci sarebbe
anche la questione del budget da tenere in considerazione. Gli
attori che li hanno interpretati sono delle vere e proprie star a
Hollywood, e il loro chacet non è per niente basso. Pensiamo, poi,
a ciò che sta accadendo in Casa Disney: con la notevole riduzione
sia del budget che delle spese in tutta l’azienda, i progetti per
il Marvel Universe sono già diminuti
parecchio rispetto alla quantità elevata che si aveva avuto negli
anni precedenti. In fondo, come si è potuto evincere, è stata
proprio la mole di lavori ad aver contribuito agli attuali problemi
del MCU.
L’obiettivo di Disney e Marvel è poi quello di tornare alla
coerenza che ogni progetto del Marvel Cinematic Universe ha
prodotto in termini di qualità e di incassi. Indi per cui se i
Marvel Studios dovessero riportare
i personaggi originali degli Avengers, ciò intanto andrebbe contro
l’iniziativa di riduzione dei costi della Disney, considerato che
solo il salario per Robert Downey Jr. potrebbe non essere
sostenibile. Inoltre, pur volendo provarci riportando sia lui che
le altre stelle, questo potrebbe rivelarsi una scelta
controproducente per l’MCU stesso in quanto,
magari, si sacrificherebbero altre narrazioni per qualcosa che
potrebbe diventare solo costoso ma non efficace. Sarebbe meglio, in
ogni caso, non strafare.
La Marvel ha tanti altri personaggi a cui dare valore
Nonostante Avengers: Endgame, come abbiamo detto poc’anzi, abbia
costretto, in un certo qual modo, a dover dire addio a degli eroi a
cui si era appassionato la maggior parte del pubblico, non erano
gli unici ad avere del valore e del potenziale narrativo.
L’MCU, nel suo cantiere, ha
ancora tanti main characters da poter introdurre o esplorare: basti
pensare a
Thor,
Star-Lord,
Hulk,
Doctor Strange,
Loki,
Scarlet Witch e altri. Inoltre, ricordiamo anche che l’
MCU sta per aggiungere il
Deadpool di Ryan Reynolds, i
Fantastici Quattro e gli X-Men,
personaggi di un certo calibro da non sottovalutare. Si avrà anche
il ritorno di Hugh Jackman nei panni di
Wolverine, il quale sarà di certo una grande
attrazione per gli spettatori. La verità è che, probabilmente, ci
si è abituati ad avere troppo a lungo i film sugli Avengers tanto
da – quasi – svalutare altri possibili eroi e persino soluzioni
diverse che non siano l’atteso prodotto su di loro.
Ma se ci pensiamo con attenzione, capiamo che
non è necessario avere delle pellicole specifiche per vedere i
Vendicatori insieme: una loro reunion valida e appagante può
avvenire anche nei racconti stand-alone, come ci dimostrano
Doctor Strange nel Multiverso della Follia e Spider-Man: No Way Home – i due film di maggior
incasso della Fase 4. Persino gli X-Men, da soli, sono in grado di
dare vita a una storia molto grande e avvincente, e questo potrebbe
essere un nuovo modo per far proseguire il franchise. I Marvel Studios hanno una quantità
infinita di personaggi da poter sfruttare per realizzare altre
incredibili narrazioni. Ciò di cui hanno estremamente bisogno è di
dare una svolta netta alla storia.
Spesso i thriller più avvincenti
sono quelli che si svolgono in breve lasso di tempo, con un
protagonista costretto a misurarsi con una missione pericolosa e
qualcuno pronto ad impedirgli di portarla a termine. Un esempio
brillante e recente di ciò è il film Senza
freni, scritto e diretto nel 2012 da David
Koepp. All’interno di questo, un semplice fattorino in
bicicletta si trova ad entrare in possesso di qualcosa di molto
delicato, che lo porterà a vivere esperienze impensabili. Tra
adrenalina e tensione, si svolge così una storia particolarmente
avvincente che rielabora a suo modo le principali caratteristiche
del genere.
Koepp è uno degli sceneggiatori più
celebri di Hollywood, alternatosi negli anni tra generi diversi.
Egli è infatti lo scrittore di film come Jurassic Park, Mission:
Impossibile, Panic Room, Spider-Man, Secret Window e
Jack Ryan –
L’iniziazione. In particolare, egli si è distinto come
autore di thriller imprevedibili e solidi nella loro struttura.
Anche Senza freni si colloca in tale filone, esaltando
tale genere anche grazie al dinamismo che il lavoro del
protagonista porta inevitabilmente con sé. Inoltre, Koepp ha
raccontato di essersi ispirato ai film di William
Friedkin per le sequenze d’azione e di inseguimenti
presenti nella sua pellicola.
Costato 35 milioni di dollari, il
film non si affermò come un grande successo economico, ma ottenne
invece buoni pareri da parte della critica. In particolare, si è
elogiata la capacità del regista di esaltare tramite l’azione i
momenti più importanti del film. Si tratta dunque di un’opera da
riscoprire, che non mancherà di affascinare gli amanti del genere a
cui piace rimanere con il fiato sospeso. Prima di intraprendere una
visione del film, proseguendo qui nella lettura sarà possibile
ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e
al cast di attori. Infine, si elencheranno anche
le principali piattaforme streaming contenenti il
film nel proprio catalogo.
Senza freni: la trama del
film
Protagonista del film è
Wilee, la cui vita è tutta una corsa tra le
affollate strade di New York dove svolge l’attività di rider,
guadagnandosi da vivere facendo consegne tramite la sua fidata
bicicletta. Recatosi un giorno presso la Columbia University per un
nuovo incarico, egli riceve il compito da una giovane di nome
Nima di consegnare una busta preziosa ad un
preciso indirizzo del quartiere Chinatown. Per farlo, però, avrà a
disposizione non più di 90 minuti. Il tempo a disposizione non è
molto, specialmente considerando il traffico della città, ma Wilee
conosce bene le strade e le scorciatoie ed è convinto di poter
portare a termine il compito come sempre.
Utilizzando una bici con telaio in
acciaio a scatto fisso e senza freni, egli è letteralmente un
filmine in velocità, a dir poco inarrestabile. Ben presto, però,
quella che sembrava una consegna come un’altra si rivela essere
qualcosa di più, qualcosa che Wilee non avrebbe mai neanche potuto
immaginare. La misteriosa busta che egli porta con sé sembra avere
infatti molta più importanza del previsto, a tal punto che il
poliziotto corrotto Bobby Monday intraprenderà un
vero e proprio inseguimento al fine di entrarne in possesso. Essere
presi equivale a morire, e per Wilee non c’è dunque altra
possibilità che pedalare e arrivare a destinazione per primo.
Senza freni: il cast del
film
Ad interpretare il protagonista
Wilee vi è l’attore Joseph
Gordon-Levitt, noto per film come (500) giorni
insieme, Il cavaliere oscuro – Il
ritorno, The Walk e Snowden. Per poter
assumere il ruolo del ciclista protagonista, Gordon-Levitt ha
dovuto sottoporsi ad un allenamento intensivo, al fine di poter
interpretare quante più scene possibili senza ricorrere a
controfigure. Naturalmente, l’allenamento ha previsto in
particolare attività ciclistiche. L’attore è però andato anche
incontro ad un brutto incidente. Durante le riprese, infatti, ha
impattato contro la parte posteriore di un taxi mentre andava a
tutta velocità in bicicletta. Nell’urto contro il lunotto l’attore
ha riportato al braccio una ferita che ha richiesto 31 punti di
sutura.
Accanto a lui, nei panni di Vanessa,
la ragazza di Wilee, vi è l’attrice Dania Ramirez.
Questa è nota in particolare per i ruoli di Maya Herrera in
Heroes e quello di Cenerentola in C’è una volta.
Ad interpretare Nima, compagna di stanza di Vanessa e colei che
assegna la busta da consegnare a Wilee, vi è l’attrice
Jamie Chung, nota per aver interpretato Mulan
nella serie C’era una volta. L’attore Henry
O è invece Mr. Leung, mentre Wolé Parks è
Manny, rivale di Wilee nell’attività di rider. Infine, il candidato
all’Oscar Michael Shannon
è presente nel ruolo di Bobby Monday, il corrotto agente di polizia
che insegue il protagonista. Un ruolo per cui l’attore si è
preparato con grande dedizione al fine di risultare il più
minaccioso possibile.
Senza freni: il trailer e
dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire del film
grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Senza
freni è infatti disponibile nel catalogo di
Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Tim
Vision e Amazon Prime Video. Per vederlo, basterà
sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma in questione
o noleggiare il singolo film. Si avrà così modo di guardarlo in
totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che
in caso di noleggio si avrà a disposizione soltanto un dato periodo
temporale entro cui vedere il titolo. In alternativa, il film è
inoltre presente nel palinsesto televisivo di venerdì 22
luglio alle ore 21:20 sul canale
Rai 4.
Il trailer di Senza
Freni, l’adrenalitico action/thriller diretto da
David Koepp ambientato a New
York, la cui uscita nelle sale cinematografiche italiane è
prevista per il 7 settembre 2012.
Dopo l’anteprima mondiale alle
Giornate degli Autori, nell’ambito della 78a
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia,
Senza Fine di Elisa
Fuksas con Ornella Vanoni arriva in sala
con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm
Collection dal24 febbraio 2022 con
anteprime selezionate lunedì 21, martedì 22 e mercoledì
23.
Un film che racconta la straordinaria vita di una delle artiste più
amate della musica italiana.
Un hotel termale degli anni ’40,
assolutamente fuori dal tempo. Il luogo perfetto per raccontare una
storia Senza fine, quella della vita di
Ornella Vanoni, che si svela alla regista
Elisa Fuksas senza risparmiarsi. Una donna,
un’artista, una forza della natura raccontata tra le mura di questo
suggestivo set anche da alcuni amici musicisti come Vinicio
Capossela, Samuele Bersani, Paolo
Fresu e la sua inseparabile tromba. Tra un massaggio e una
sauna, le memorie si fanno tangibili e il futuro assume la forma
dell’eternità.
Elisa Fuksas,
regista e scrittrice, si è cimentata in un’impresa impossibile:
raccontare una delle più grandi artiste della scena musicale
italiana, un pezzo di storia della cultura del nostro paese. E come
raccontarla lo ha spiegato lei stessa. «Io: Che significa fare un film su di te? Lei: Un film sulla
mia vita; fino a un certo punto è reale poi è irreale. È come una
fiaba, è bello finire la vita in una fiaba».
Prodotto da Moreno Zani e Malcom
Pagani per Tenderstories, Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per
Wildside, società del gruppo Fremantle, e da Indiana Production,
Senza Fine è scritto da Elisa Fuksas e
Monica Rametta.
Arriva al cinema il 12 ottobre
Senza Fiato, film di Raffaele
Verzillo, regista casertano alla sua terza regia di
lungometraggio, che si affaccia con delicatezza alla situazione di
crisi generale che versa nel mondo del lavoro, attraverso la lente
privata di storie che si intrecciano e si scontrano, fino a un
epilogo inaspettato e ingiusto, degno purtroppo del triste quadro
che il film stesso tratteggia.
Matteo ha 45 anni. È un uomo perso,
sconfitto dalla vita e da un Paese che ha ucciso la sua generazione
negandole le condizioni, le opportunità, i sogni. Insieme a tanti
altri come lui, Matteo si ritrova senza ideali, senza ideologie,
senza la possibilità di vedere realizzate le sue abilità,
concretizzata quella forma di vita che avrebbe voluto costruire. E
senza più speranza. Così che decide di andare via. Ma non via dal
suo Paese. No. Via dalla vita. Non ha più ragione per restare, non
c’è un motivo per continuare. Lui non lo vede.
Nel momento in cui tenta di attuare
il suo proposito, però, gli sorge un dubbio: – E se invece ci fosse
un motivo per restare, se fossi io che non riesco a vederlo? Così,
prima di andare, forse con lo scrupolo di un vigliacco, con la
drammatica condizione di essere inadatto tanto alla difficoltà
della vita quanto al coraggio della morte, chiede alle persone a
lui più vicine, più care, se c’è qualcosa che lui non ha
considerato, qualcosa che lui non vede, chiede agli altri una
ragione per restare, per non uccidersi.
Senza Fiato – un dramma da camera
casertano
Verzillo racconta una
storia ancorata al territorio, quello di Caserta, che si intravede
in alcuni edifici e nell’accento dei protagonisti, ma che può
essere valido in ogni parte dell’Italia. Il film, che adopera un
bianco e nero tattico, forse a sopperire degli oggettivi limiti
tecnici della pellicola, sposa però benissimo la scelta cromatica e
racconta storie oppresse dalla cappa di disperazione, mai accesa,
strillata ma sempre palese tessuto che ricopre, riveste, impregna
di sé ogni situazione.
Il film si muove con sorpresa nei
territori del melodramma, sfociando nel linguaggio del dramma da
camera, soprattutto quando si sofferma sulla scelta, decisa ma mai
compiuta, di uno dei protagonisti di togliersi la vita, rimedio
estremo e definitivo.
Nonostante i temi disperati e i
personaggi allo stremo, il film non cerca la lacrima, non sguazza
nella difficoltà, ma abbraccia la freddezza della luce, delle
inquadrature, ne sposa la distanza dal dramma e lo mostra, senza
alcuna intenzione di esasperarlo.
Più dramma da camera che sceneggiata
(nonostante la geolocalizzazione), Senza Fiato
palesa non solo i suoi limiti tecnici, riscontrabili nella qualità
dell’immagine e in alcune scelte registiche poco felici, ma con la
stessa schiettezza rivela una delicatezza distaccata, una verità
sorprendente nel raccontare storie comuni e drammi quotidiani.
Film drammatico del 2017, diretto da
Alex Ranarivelo
e sceneggiato da Christina Moore e Brian
Rudnick, Senza controllo (il cui titolo
originale è Running Wild) è un altro esempio di
“western contemporaneo” (come lo sono The Hollow Point – Punto di non ritorno
e I segreti di WindRiver), in cui ritroviamo una serie di
scenari, tematiche e dinamiche proprie di questo genere ma
declinate in chiave contemporanea o comunque associate a
caratteristiche proprie dei nostri tempi. Ambientato in un
paesaggio rurale e suggestivo, il film affronta infatti temi come
la redenzione, la collaborazione e la lotta contro i pregiudizi e
l’avidità.
La trama si sviluppa dunque tra
conflitti personali e morali, esplorando come l’empatia e il legame
con gli animali possano essere una via di riscatto sia per questi
ultimi che per gli esseri umani coinvolti. Senza
controllo esplora dunque anche quell’eterno richiamo verso
la natura che promette – e dimostra – di essere una sana via di
fuga dallo stress della città. Una piccola curiosità, legata al
film, è che la location usata per il ranch della protagonista è la
stessa utilizzata nell’ultimo capitolo della
saga horror Scream di Wes Craven, che si trova a
Tomales in California.
Per gli appassionati di questo
genere, si tratta dunque di un film da non perdere e da riscoprire
in tutti i valori e messaggi che intende trasmettere. In questo
articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità
relative a Senza controllo. Proseguendo qui nella
lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli
relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del
finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme
streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Protagonista del film è
Stella Davis, donna rimasta vedova dopo la morte
del marito in un incidente stradale e che si trova ora costretta a
occuparsi in prima persona del ranch che appartiene alla sua
famiglia da molte generazioni. Il suo già arduo compito viene
complicato drammaticamente dalla notizia che il suo defunto marito,
a sua insaputa e nel tentativo si salvare l’azienda, aveva
ipotecato la tenuta per 6 milioni di dollari. Se la somma non verrà
restituita entro 90 giorni, Stella perderà l’intero ranch. L’unica
possibilità di salvezza sarebbe vendere la numerosa mandria di
cavalli selvatici che popolano la proprietà. Prima però, bisogna
domarli.
E’ così che Brannon
Bratt, l’assistente del ranch, propone a Stella di aderire
a un programma di riabilitazione di carcerati attraverso il
rapporto con i cavalli. Arrivati nella tenuta, i prigionieri
iniziano a lavorare con i mustang. Poco a poco, tra gli uomini e
gli animali si crea un apporto speciale che giova e entrambi. Tutto
sembra procedere per il meglio, finché non entra in scena
Meredith Parish. La donna, ricca proprietaria
terriera del Texas e filantropa impegnata nella protezione degli
animali, arriva nella tenuta di Stella, attirata da voci secondo
cui i cavalli vengono maltrattati dai prigionieri, una voce che
rischia di fare fallire il progetto di Stella.
Ad interpretare la protagonista,
Stella Davis, vi è Dorian Brown. L’attrice è nota
per aver recitato nelle serie Roommates e
Wilfred, con Elijah Wood, nel ruolo di Kristen Newman. Più di recente, in seguito a
Senzacontrollo, ha recitato
anche nella serie Light as a Feather e nel film Honey
Boy, interpretato da Shia LaBeouf. Accanto a lei, nel ruolo di
Brannon Bratt, vi è invece Jason Lewis, noto per
il ruolo di Jerry “Smith” Jerrod nella serie HBO Sex and the
City. L’attore Tommy Flanagan, invece,
ricopre il ruolo di Jon Kilpatrick, leader del gruppo
carcerario.
Grande attrazione è però la presenza
della candidata all’Oscar Sharon Stone, tra le interpreti più celebri
della sua generazione, memorabile in film quali
Basic Instinct,
Last Action Hero – L’ultimo grande eroe e Casinò. L’attrice interpreta qui la proprietaria
terriera e filantropa Meredith Parish. Completano il cast gli
attori Christina Moore – anche sceneggiatrice del
film – nel ruolo di Jennifer Hutchins, John Ducey
in quello di Brent Holt e Michael Wiseman in
quello di Doug Ciocca.
Il trailer del film e dove vederlo
in streaming e in TV
Sfortunatamente il film non è
presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive
in Italia. È però presente nel palinsesto televisivo di
mercoledì 11 settembre alle ore
21:10 sul canale Rai Movie. Di
conseguenza, per un limitato periodo di tempo sarà presente anche
sulla piattaforma Rai Play, dove quindi lo si
potrà vedere anche oltre il momento della sua messa in onda.
Basterà accedere alla piattaforma, completamente gratuita, per
trovare il film e far partire la visione.
Nel film Senza arte né
parte il Pastificio salentino Tammaro chiude la propria
fabbrica e a farne le spese sono i dipendenti. La storia segue
quindi tre di questi, Enzo, Carmine e Bandula, rimasti senza
lavoro, che cercano di reinventarsi dopo il crollo improvviso delle
loro vite. Aurora, moglie di Enzo, viene però assunta dallo stesso
Tammaro, che volendo entrare nel mercato delle opere d’arte, ha
bisogno di un’interprete. Grazie ad Aurora, i tre diventeranno
custodi (sottopagati) del deposito di pezzi d’arte del vecchio
datore di lavoro. Senza Arte né Parte comincia da questo semplice,
e potenzialmente vincente, presupposto: gli umili, operai e
magazzinieri, messi a confronto con le grandi opere d’arte
contemporanea, gioia e desiderio di ogni collezionista.
Il mondo umile e laborioso,
artigianale, entra in contatto con ciò che di più futile ed alto
conosce la nostra cultura: l’uovo di Manzoni, la famosa ‘merda
d’artista’ dello stesso, il Baco da Setola di Pascali e i ‘tagli’
di Fontana. Ma cosa succede quando nelle loro mani maldestre l’uovo
si rompe? I tre scopriranno così per caso l’incredibile proprietà
dell’arte contemporanea: la riproducibilità. Da qui il passo è
breve ed Enzo, Carmine e Bandula diventeranno una banda di falsari,
ingenui ed ‘onesti’, come Totò e Peppino, senza però il loro
mordente spirito farsesco.
Senza arte né parte, il film
Nel caso di Senza arte né
parte di Giovanni Albanese, mai titolo fu
più appropriato, perché senza arte né parte è i film stesso, la
sceneggiatura e ahiloro lo diventano anche i bravi attori
appiattiti dalla noia del racconto. La ricerca ostentata e forzata
verso la risata contrae il racconto che non sembra mai scorrere con
leggerezza, e il risultato è un film che viene percepito molto più
lungo dei suoi onesti 90 minuti. Nota di colore è il gallerista
senza scrupoli interpretato con il giusto tocco viscido da
Ninni Bruschetta, a lui sono affidate le parole
che pongono fine alle peripezie di questi falsari per caso, e lui
si fa portavoce di un problema, quello della riproducibilità
tecnica dell’opera d’arte, che nell’era di internet, della
pirateria e del digitale è più che mai attuale e scottante, e per
l’arte contemporanea soprattutto diventa nevralgico.
Il problema però viene lasciato lì,
a mezz’aria, senza la forza di farlo diventare il vero centro della
narrazione, senza il coraggio per una volta (che fosse una) di far
finire ‘in tragedia’ un film italiano.
Steven Yeun non interpreterà più
Sentry nel prossimo progetto Thunderbolts
dei Marvel Studios, ma ci sono diversi attori
brillanti che potrebbero prendere il suo posto nel MCU. Il capo dei Marvel Studios, Kevin Feige, ha annunciato lo sviluppo del
film nel luglio del 2022, con questo titolo che segnerà il ritorno
di David Harbour, Florence Pugh, Sebastian Stan, Hannah
John-Kamen, Olga Kurylenko, Wyatt Russell e Julia
Louis-Dreyfus nei panni di una nuova squadra di antieroi.
L’uscita di Thunderbolts nel MCU è prevista per il 25
luglio 2025, ma alcuni problemi produttivi e l’abbandono di Yeun
(recentemente vincitore di un Golden Globe) per via di
conflitti di programmazione potrebbero far ritardare l’uscita del
film. Nell’attesa di avere maggiori notizie a riguardo, ecco 10
attori che potrebbero assumere il ruolo di Sentry al posto di
Yeun.
Alexander Skarsgård
L’attore svedese Alexander Skarsgård è molto più simile alla
rappresentazione della Sentinella dei fumetti rispetto a Steven
Yeun, con i suoi capelli biondi e il suo fisico muscoloso. Il ruolo
di Skarsgård in The Northman di Robert Eggers lo ha
visto calarsi perfettamente nella brutalità, nel realismo e nella
forza del guerriero Amleth, che potrebbero tradursi perfettamente
nel Sentry del MCU.
Andrew Koji
Famoso per i suoi ruoli in
Warrior,
Snake Eyes e
Bullet Train,Andrew Koji è diventato di
recente un fan-cast popolare per il ruolo di Sentry nel MCU. Koji si è spesso calato nei
panni di un combattente, utilizzando il suo background di arti
marziali per dare vita a scene di combattimento efficaci. Questo
forse fa di Koji il candidato perfetto per Sentry. I
Marvel Studios hanno
spesso preso attori all’inizio della loro carriera e li hanno
portati alla notorietà, e Andrew Koji potrebbe presto ricevere lo
stesso trattamento.
Boyd Holbrook è noto per i suoi ruoli d’azione
in progetti come Narcos, Indiana Jones e il quadrante del destino e
The
Sandman, e la Sentinella gli darebbe l’opportunità di
mostrare una gamma di abilità ancora più ampia. Holbrook si è già
avventurato nel mondo dei supereroi, avendo interpretato il cattivo
Donald Pierce in Logan
– The Wolverine del 2017 e Miracle Guy in We Can Be
Heroes del 2020.
Nikolaj Coster-Waldau
Forse più famoso per il ruolo di
Jaime Lannister in Game of
Thrones della HBO, Nikolaj Coster-Waldau è stato uno dei nomi più
gettonati per sostituire Steven Yeun nel ruolo della Sentinella del
MCU. L’attore danese ha una lunga
esperienza come protagonista di progetti d’azione, sci-fi e
thriller, il che rende imminente un ruolo nel MCU per la star di Gods of
Egypt e The Silencing. Coster-Waldau potrebbe anche
sfruttare i suoi ruoli più cattivi per interpretare l’alter ego di
Sentry, il Vuoto, con drammaticità, intensità e impatto.
Ryan Hurst
Ryan Hurst è forse
una scelta non convenzionale per interpretare la Sentinella nei
Thunderbolts del MCU, ma è l’interesse
dell’attore stesso per il ruolo dell’eroe superumano dei fumetti
Marvel Comics che lo rende un chiaro
candidato. Già nel 2021, Hurst ha condiviso sul suo Instagram molte
fan art che lo immaginavano nei panni della Sentinella, esprimendo
il suo diretto interesse a entrare nel MCU, quindi è possibile che questo
si realizzi finalmente in Thunderbolts.
Keanu Reeves
Da diversi anni molti desiderano che
il leggendario attore Keanu Reeves entri a far parte del
MCU e ci sono state
numerose speculazioni su quali personaggi della Marvel Comics potrebbe interpretare.
Mentre i cast dei fan suggeriscono che Reeves potrebbe debuttare
nei panni di Ghost Rider, Wolverine o del demone Mephisto, Reeves
sarebbe perfetto anche per Sentry dei Thunderbolts. Reeves ha la
capacità drammatica di rappresentare il personaggio stratificato e
complesso di Robert Reynolds, ma ha anche il fisico, la simpatia e
l’esperienza nel campo dell’azione per affrontare un ruolo così
impegnativo.
Charlie Hunnam
Come Keanu Reeves,
anche Charlie Hunnam è stato regolarmente fan-cast
in una varietà di ruoli nel MCU, tra cui quelli di Captain
Britain, Wolverine e del membro degli X-Men Iceman. L’esperienza di
Hunnam in progetti d’azione come Triple Frontier e King Arthur:
Il potere della spada lo ha preparato perfettamente per un
ruolo nel MCU, mentre il suo lavoro in
progetti fantascientifici come Pacific
Rim e Rebel Moon – Parte
1: Figlia del fuoco dimostra che è in grado di assumere un
ruolo più mistico come quello della Sentinella.
Antony Starr
L’attore neozelandese Antony
Starr ha raggiunto il successo nel ruolo di Homelander
nella satira sui supereroi di Amazon Prime VideoThe
Boys, un ruolo in realtà molto simile a quello di Sentry.
Sia Homelander che Sentry hanno dei lati oscuri e, sebbene Sentry
abbia anche una personalità eroica e buona, mentre Homelander forse
no, Antony Starr si è dimostrato capace di interpretare entrambi i
lati di questo spettro. Ad oggi, egli sarebbe l’attore ideale per
il ruolo.
Ryan Gosling
Da tempo si vocifera di un ingresso
di Ryan Gosling nel MCU, anche perché ha
l’aspetto perfetto per molti supereroi della Marvel Comics, tra cui Sentry.
Recentemente è stato riferito che Gosling è di nuovo in trattativa
con i Marvel Studios per entrare nel
MCU, anche se non è chiaro chi
potrebbe interpretare, dato che alcune scelte popolari lo collocano
nei ruoli di Quasar, Nova, Ciclope e Ghost Rider. Ryan Gosling, uno dei
nomi più in voga di Hollywood, sarebbe una fantastica aggiunta al
cast di Thunderbolts, portando al progetto un
livello di credibilità e presenza sullo schermo che potrebbe
giovare al più ampio mondo dei Marvel Studios.
Henry Cavill
L’attore britannico Henry Cavill è forse più noto per aver
interpretato Superman nel DC
Extended Universe, dando il via al franchise in Man of Steel del 2013. La
Sentinella è stata spesso definita la versione Marvel di Superman, il che significa che Henry Cavill potrebbe
cercare il riscatto passando al MCU interpretando proprio tale
personaggio.
“Bob” viene finalmente battezzato
Sentry, il suo soprannome nei fumetti, nel nuovo trailer di
Thunderbolts* conferma la sua identità nel
Marvel Cinematic Universe. La Fase
5 si sta avvicinando alla fine, poiché questo film fungerà da film
finale prima che The Multiverse Saga passi finalmente alla
Fase 6. Mentre il team moralmente dubbio sta finalmente ottenendo
il dovuto spazio nella timeline MCU, i Marvel Studios stanno intensificando il
marketing di Thunderbolts*,
con il film in arrivo tra meno di un mese.
Il canale ufficiale Marvel Australia e Nuova Zelanda ha
recentemente lanciato un nuovo trailer internazionale di Thunderbolts*
insieme a diversi altri canali Marvel, poiché i biglietti sono in
vendita da oggi, e uno dei grandi momenti salienti del filmato è
stato il nuovo giocatore MCU di Lewis
Pullman. Dopo averlo tenuto il mistero, il filmato mostra
finalmente il film Thunderbolts* soprannominato Sentry, anche se
non lo vediamo ancora in volto!
Tutto quello che c’è da sapere su
Thunderbolts*
Diretto da Jake
Schreier (Paper Towns), il cast di Thunderbolts*
comprende Sebastian Stan nel ruolo di Bucky Barnes,
Hannah John-Kamen nel ruolo di Ava Starr alias
Ghost, Wyatt Russell nel ruolo di John Walker,
David Harbour nel ruolo di Alexei Shostakov
alias Red Guardian, Olga Kurylenko nel ruolo di Antonia Dreykov
alias Taskmaster, Harrison Ford nel ruolo del Generale Thaddeus
‘Thunderbolt’ Ross e Lewis Pullman nel ruolo di
Bob alias Sentry.
In Thunderbolts*,
i Marvel Studios
riuniscono una insolita squadra di antieroi: Yelena Belova, Bucky
Barnes, Red Guardian, Ghost, Taskmaster e John Walker. Dopo essersi
ritrovati nel mezzo di una trappola mortale orchestrata da
Valentina Allegra de Fontaine, questi emarginati disillusi devono
affrontare una missione pericolosa che li costringerà a
confrontarsi con gli aspetti più oscuri del loro passato. Questo
gruppo disfunzionale si distruggerà dall’interno o riuscirà a
trovare redenzione, unendosi e trasformandosi in qualcosa di più
grande, prima che sia troppo tardi?
Florence Pugh riprende il ruolo di Yelena
Belova, sorella di Vedova Nera (e una delle parti migliori della
serie MarvelDisney+ Occhio di Falco). Inoltre, Julia
Louis-Dreyfus interpreta Valentina Allegra de Fontaine,
con Geraldine Viswanathan nei panni di Mel, la sua assistente (che
sostituisce una Ayo Edebri estremamente impegnata e piena di
impegni).
Lo sceneggiatore di Black
WidoweThor:
Ragnarok Eric Pearson si unisce agli sceneggiatori di
Beef Lee Sung Jin e Joanna Calo. Un trailer è stato mostrato a
porte chiuse al San Diego Comic-Con. Thunderbolts*
arriverà nelle sale il 30 aprile 2025, in ritardo
rispetto alla precedente data di uscita del 20 dicembre 2024 a
causa degli scioperi della WGA e della SAG-AFTRA. Nel frattempo,
restate aggiornati sul MCU con la nostra
guida alla storia della Fase 5 della Marvel e con uno
sguardo a ciò che deve ancora venire nella Fase 6 della Marvel.
Thunderbolts*
è diretto da Jake Schreier e Kevin
Feige è il produttore. Louis D’Esposito, Brian
Chapek, Jason Tamez e Scarlett
Johansson sono i produttori esecutivi.
La prima docu-serie di
Elodie, “Sento ancora la vertigine”, sarà disponibile dal 20
febbraio su Prime
Video.
In “Sento ancora
la vertigine”, una produzione Groøenlandia in
collaborazione con Prime Video. Elodie per la prima volta sceglie la
narrazione attraverso immagini video per mostrare alcuni dei
momenti più importanti della sua carriera, la sua sfida per trovare
la canzone per Sanremo 2023 e il suo essere costantemente in bilico
tra la continua voglia di migliorarsi e la paura di non essere mai
abbastanza. I tre episodi, prodotti da Matteo Rovere e Leonardo
Godano, sono stati diretti da Nicola Sorcinelli.
Sempre a febbraio,
venerdì 10, è prevista l’uscita del nuovo album “Ok. Respira”,
all’interno del quale sarà contenuto anche “Due”, brano con cui
Elodie sarà in gara al Festival della canzone italiana. Già
annunciato, tra gli appuntamenti del 2023, anche il suo primo show
al Mediolanum Forum il 12 maggio, prodotto da Vivo Concerti.
Ecco la prima immagine
promozionale di Sentinel Mark I, il prototipo di Sentinel che
celebra, come da didascalia, i primi 50 anni di successo umano.
Dopo le prime foto che vi abbiamo mostrato in
precedenza, in cui vediamo i manifesti di propaganda a favore delle
Sentinelle, ieri si è aperto, parallelamente all’apertura del Comin
Con 2013, un sito della Trank Industries, la casa di produzione
delle Sentinelle e che con ogni probabilità rappresenterà il grande
nemico da sconfiggere in X-Men giorni di un futuro
passato.
Ecco la bella immagine:
Vi ricordiamo che tutte le notizie
le trovate sul nostro speciale: Comic-con 2013. Mentre in calce
trovate la fotogallery aggiornata:
[nggallery id=284]
La trama di X-Men giorni di un futuro
passato, tratta dall’omonimo fumetto del 1981,
ripercorre un arco temporale ambientato in un imprecisato futuro in
cui gli USA sono dominati dalla Sentinelle, mentre i mutanti vivono
confinati in campi di concentramento. Kitty Pride torna indietro
nel tempo e impedisce dal passato che gli eventi precipitino a tal
punto da trasformare la vita dei mutanti del futuro in un inferno
di reclusione.
Considerato uno dei più grandi film
western di sempre, Sentieri selvaggi non
manca ancora oggi di esercitare un fortissimo fascino e impatto
sull’industria culturale. Realizzato nel 1956 dal celebre
John Ford, questo presenta infatti una serie di
caratteristiche e tematiche divenute centrali in tale genere,
raccontando con inimitabile spessore un capitolo fondamentale della
storia degli Stati Uniti d’America. L’estrema dilatazione
temporale, la ricchezza della trama e l’ambiguità nonché
complessità psicologica dei personaggi lo rendono un caso
particolarmente esemplare, segno di una progressiva evoluzione del
genere.
Adattamento del romanzo The
Searchers, dello scrittore Alan Le May, il
film di Ford riuscì negli a trascendere il proprio genere,
divenendo fonte di riferimento anche per titoli come Guerre
Stellari e Bastardi senza gloria di Quentin
Tarantino, dove viene esplicitamente citato. Il
regista Steven Spielberg ha invece
dichiarato di riguardare il film almeno una volta all’anno,
trovandovi sempre nuovi elementi. Tutto ciò lascia intuire
l’importanza di Sentieri selvaggi nella storia del cinema,
a cui ha dato il proprio contribuito tanto estetico quanto
contenutistico.
Benché, visto con gli occhi di oggi,
il film presenti diversi elementi controversi, come la questione
razziale, ciò non deve distogliere dall’effettivo valore di un
film. Intriso dei valori della sua epoca, questo permette infatti
di entrare alla perfezione a contatto con un mondo che appare oggi
lontano, ma non troppo. Molto di quanto viene narrato è inoltre
frutto di racconti reali, che spinsero al giudizio particolarmente
duro verso le popolazioni dei nativi americani. Proseguendo nella
lettura sarà qui possibile scoprire tutto ciò, come anche diverse
curiosità legate al cast di attori.
Sentieri selvaggi: la
trama del film
Ambientato nel 1868, il film ha per
protagonista il leggendario Ethan Edwards, il
quale si trova a tornare a casa a tre anni dal termine della guerra
di secessione. Qui ritrova il fratello Aaron, la
cognata Martha e i nipoti Lucy,
Debbie, Ben e
Martin. Quest’ultimo è in realtà un bambino
adottato, che ha nel suo sangue discendenze di pellerossa. Per tale
motivo Ethan si dimostra particolarmente ostile verso il bambino,
mal sopportando gli indiani, contro cui ha combattuto per tutta la
sua vita. Il suo desiderio di tranquillità viene però da subito
interrotto dalla richiesta di unirsi alla caccia di alcuni
razziatori di bestiame, che lo sceriffo locale immagina essere
appartenenti ai pericolosi Comanche. Ethan si unisce così al
gruppo, scoprendo però troppo tardi dell’astuto piano degli
indiani.
Questi hanno infatti attirato con
l’inganno gli uomini lontani dalle abitazioni, sulle quali sono
piombati nella notte razziando e uccidendo quanto incontrato sul
loro percorso. Ethan si trova così a dover fare i conti con il
massacro della famiglia di suo fratello, nutrendo ancor più odio
verso i nativi. Unica sopravvissuta è però la giovane Debbie,
rapita dagli indiani e portata via per scopi ignoti. Per
l’instancabile Ethan ha così inizio un lungo viaggio nel tentativo
di ritrovare sua nipote e salvarla dalle angherie a cui è
sottoposta. Durante tale periodo, egli dovrà così imparare a fare i
conti con i propri rimorsi, le proprie ferite e l’odio che da tempo
cova dentro di sé.
Sentieri selvaggi: il cast
del film
Protagonista assoluto del film è il
leggendario John Wayne. Attore premio Oscar per
Il grinta, egli dichiarò in diverse occasioni di
considerare il ruolo di Ethan Edwards come il più bello della sua
carriera, a tal punto da arrivare a chiamare così anche suo figlio.
Per tale personaggio egli condusse diverse ricerche, arrivando a
costruire così per questo una psicologia particolarmente complessa,
che gli permise di dar vita ad una delle migliori interpretazioni
della sua carriera. Da quanto si apprende, inoltre, rimase nel
personaggio anche durante le pause tra una ripresa e l’altra,
continuando così ad immedesimarsi sempre di più nel suo modo di
agire e pensare. Accanto a lui si ritrovano poi alcuni attori meno
noti, ma divenuti celebri proprio grazie ai loro ruoli nel
film.
Jeffrey Hunter è
presente nei panni di Martin Pawley, il figlio adottivo che si
ritroverà a compiere il lungo viaggio insieme ad Ethan. L’attrice
Vera Miles interpreta invece Laurie Jorgensen,
figlia di Brad, interpretato invece da Harry CareyJr.. Ad interpretare il fratello di Ethan, Aaron,
è invece Walter Coy. Sua moglie Martha ha invece
il volto dell’attrice Dorothy Jordan. La celebre
Natalie Wood, plurinominata all’Oscar, interpreta
invece il personaggio di Debbie Edwards, la ragazza rapita dagli
indiani, nella sua età adolescente. L’attrice, che all’epoca era
ancora piccola, doveva alternarsi tra le lezioni a scuola e le
riprese sul set. Grazie al benvolere di Wayne, le fu permesso di
poter avere tutto organizzato al fine di riuscire in entrambe le
cose.
Sentieri selvaggi: il
libro, il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
Il libro The Searchers,
pubblicato nel 1954 da Alan Le May è una storia di
finzione, il quale ha però diversi elementi tratti da vicende
realmente avvenute. Lo scrittore, infatti, condusse personalmente
ricerche su 64 casi di bambini rapiti dagli indiani. Secondo
analisi successive, si ritiene che il personaggio di Debbie Edwards
sia ispirato a Cynthia Ann Parker, una bambina di 9 anni rapita
proprio dagli indiani Comanche nel 1836. Questi assaltarono la sua
casa, uccidendo i famigliari e portandola via con sé. Questa,
secondo le fonti, si trovò a vivere per oltre 24 anni con la tribù,
dove sposò uno dei capi ed ebbe tre figli. La giovane venne in
seguito liberata, contro la sua volontà, in un attacco molto simile
a quello descritto nel film.
Per gli appassionati del film è
possibile fruire di Sentieri selvaggi
grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme
streaming presenti oggi in rete. Il film è infatti
disponibile nel catalogo di Chili Cinema, Appel iTunes,
Infinity, e Tim Vision. Per vederlo, basterà sottoscrivere
un abbonamento generale o noleggiare il singolo film. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. È bene notare che in caso di noleggio si ha soltanto un
determinato periodo di tempo entro cui vedere il titolo. Il film
sarà inoltre trasmesso in televisione il giorno martedì 11
ottobre alle ore 21:00 sul canale
Iris.
La morte al cinema è sempre un
momento importante. Emozioni, sofferenza, catarsi si riversano
nelle grandi scene madri in cui un protagonista muore, viene ucciso
o uccide. Spesso queste scene sono accompagnate da battute celebri,
frasi leggendarie che sanciscono il punto di non ritorno e
anticipano il momento in cui si diventa, nell’immaginario comune,
vittima o carnefice. Oggi il canale Burger
Fiction ci propone le 100 migliori battute della storia
del cinema, prima che qualcuno prema il grilletto!
Senso è il film
del 1954 diretto da Luchino
Visconticon
protagonisti Alida Valli, Farley Granger, Moog Heinz e
Massimo Girotti.
La trama di
Senso
Venezia, anno 1866. Al teatro La
Fenice è in scena “Il trovatore”, i palchi sono gremiti e tra il
pubblico una folta rappresentanza di soldati e ufficiali austriaci,
l’esercito di occupazione. Al termine del primo atto, dal loggione,
piovono improvvisamente volantini tricolori contenenti messaggi
patriottici. La tensione si alza immediatamente ed è così che il
giovane marchese Roberto Ussoni (Massimo Girotti), dai forti ideali
rivoluzionari, si scontrerà con il baldanzoso tenente austriaco
Franz Mahler (Farley Granger) sfidandolo a duello. Questa
imprudenza costerà al marchese un anno di esilio nonostante
l’inutile intercessione della cugina, la contessa Livia Serpieri
(Alida Valli). Nel tentativo di convincere l’ufficiale a ritirare
la denuncia, la contessa si invaghirà presto di quell’aitante
ufficiale tanto ambito dal gentil sesso veneziano; l’amore tra i
due non tarderà a sbocciare. Sullo sfondo la terza guerra di
indipendenza è pronta a scoppiare, l’esercito italiano è ormai in
Veneto e il destino dei due amanti sarà ineluttabilmente legato
agli eventi, eventi che condurran no
verso un tragico epilogo quell’amore tormentato.
Una storia d’amore intensa e
sofferta
L’Analisi: E’ il
1954 quando Luchino Visconti presenta al pubblico questa pellicola
tratta dall’omonima novella di Camillo Boito. Un film che si
distacca dal racconto in diversi frangenti, dando alla trama una
connotazione storica più marcata di quanto non faccia l’autore. Una
storia d’amore intensa e sofferta ma intrinsecamente legata ed
intrecciata ad un contesto storico molto particolare che non potrà
che essere il regista ultimo e inappellabile della vicenda narrata.
Visconti vuole evidenziare come un amore improvviso e inutilmente
respinto possa essere tanto forte e trascinante da annullare
qualsiasi difesa legata al pudore, alla razionalità o anche agli
ideali che si credevano inscalfibili.
Senso è la
storia di un uomo e una donna che travolti da un sentimento
inarrestabile voltano le spalle a loro stessi e a tutto ciò in cui
hanno sempre creduto: la patria, la libertà, l’onore e il rispetto,
soprattutto verso se stessi. L’amore qui si presenta come una forza
incontrastabile capace di indurti alle azioni più bieche e
vergognose, come nel caso della contessa Serpieri, oppure a
smarrire l’amor proprio come nel caso del tenente Mahler.
L’episodio relativo al denaro destinato ai patrioti che invece la
contessina dona al suo amante, è un’aggiunta registica di Visconti
che nella novella di Boito non troviamo, un’aggiunta finalizzata
espressamente a sottolineare questo decadimento morale. In
Senso Visconti si avvale di una squadra di sceneggiatori di
prim’ordine tra cui spicca la sempre preziosa penna di Susi Cecchi
d’Amico, mentre per i dialoghi ottenne la prestigiosa
collaborazione di Tenn esse Williams, il
grande drammaturgo statunitense.
L’influenza di Williams traspare
abbastanza chiaramente nel film in cui è evidente un taglio
melodrammatico piuttosto marcato. Interessante segnalare come
Visconti chiamò accanto a se come aiuto registi Franco Zeffirelli e
Francesco Rosi, due giovani alle prime armi ma dal grande
futuro.
Molto intense le interpretazioni
dei vari protagonisti: Alida Valli e Farley Granger impersonano con
grande trasporto il ruolo dei due amanti accentuando molto, e agli
occhi di uno spettatore di oggi forse eccessivamente, la componente
drammatica.
Visconti, come suo solito, non
lesina nulla in quanto a scenografia e costumi di cui i suoi film
sono probabilmente degli esempi inimitabili nella storia del cinema
italiano e mondiale; ambientazioni ricostruite con maestria
inappuntabile, soprattutto riguardo gli interni, meno gli esterni,
in particolar modo le sequenze di battaglia in campo aperto, non il
pezzo forte del regista come si avrà conferma anche nove anni dopo
con Il Gattopardo.
Bellissime le musiche soprattutto
per coloro che apprezzano l’opera; in questo film il regista,
amante di Mahler (da qui il nome del protagonista), opta per brani
di Bruckner e Verdi.
Per il lancio del suo nuovo snack,
Danone si è lasciata trascinare dal grande cinema, e così ha
realizzato uno spot molto divertente e “cinefilo” per pubblicizzare
il nuovo prodotto: DANIO snack.
Avete presente quel senso di fame
noioso (e rumoroso: che imbarazzo!) che compare nei momenti meno
opportuni? Quando arriva non riuscite a ignorarlo e mandarlo via è
un’impresa, perché lui non demorde, anzi. Partendo proprio da
questo fastidioso e allo stesso tempo goloso contrattempo, la
Danone ha inventato un super villain, protagonista della
sua nuova campagna. Il suo nome è Famelik e da
oggi ha un nuovo nemico, anzi quattro: il nuovo DANIO snack
di Danone, disponibile nei gusti Bianco, Fragola,
Mirtillo e Pesca.
Creato dall’esperienza Danone,
DANIO è capace di unire gusto e consistenza unica
(densa, ma allo stesso tempo cremosa e vellutata) alla leggerezza
di un prodotto con basso contenuto di grassi e a un alto
quantitativo di proteine, frutto del suo speciale processo di
produzione. DANIO infatti nasce da un processo di colatura del
siero per il quale viene utilizzato un quantitativo doppio di latte
rispetto agli yogurt tradizionali. A questo si aggiunge un goloso
letto di frutta in pezzi sul fondo del vasetto, disponibile nei
gusti Bianco, Fragola, Mirtillo e
Pesca.
Non perdetevi la divertente parodia
targata Danone che ci racconta le peripezie del temibile Famelik,
mentre di volta in volta si cala nei panni dei grandi “cattivi”
della storia del cinema: ecco quindi che incontriamo Jack Torrance
di Shining, Darth Vader di
Star
Wars, Norman Bates di
Psycho e lo sfregiato protagonista di
Nightmare. Ma con DANIO
snack non avrà scampo.
Una storia tutta da seguire, non
solo in Tv, ma anche sulle pagine Facebook, Twitter e Youtube di Famelik!
Netflix è lieto di annunciare il trailer del
Christmas special di
Sense8, che debutterà in tutti i Paesi in
cui il servizio è disponibile il prossimo 23 dicembre
2016.
Le sorprese, però, non finiscono
qui! Lana Wachoski, co-creatrice della serie, ha
fatto un video messaggio che potete vedere di seguito:
La seconda stagione dello show sarà
disponibile sul catalogo dal prossimo 5 maggio
2017.
Sense8: il Christmas
Special
Il viaggio degli otto protagonisti
della serie, dei loro cuori e delle loro menti, continua:
connessioni profonde vengono rivelate e segreti oscuri e nascosti
vengono a galla.
Sense8: la seconda
stagione
Ripartendo da dove si è conclusa la
prima stagione, Capheus (Toby Onwumere), Kala (Tina Desai), Lito
(Miguel Angel Silvestre), Nomi (Jamie Clayton), Riley (Tuppence
Middleton, Sun (Donna Bae), Will (Brian J. Smith) and Wolfgang (Max
Riemelt) si trovano di nuovo insieme e si ritrovano nel mezzo delle
tragedie e dei trionfi di ciascuno di loro.
Netflix ha annunciato il cast per
Sense8, un thriller fantascientifico
avvincente basato sul collegamento tra persone. La stagione, di 10
episodi, segna la prima incursione nella televisione dai fratelli
Wachowski, i registi della trilogia di
Matrix ed il prossimo Jupiter Ascending, che
lavoreranno in collaborazione con il veterano showrunner J.
Michael Straczynski (Babylon 5).
Il cast comprenderà Naveen
Andrews (Lost), Daryl Hannah, Brian J.
Smith (Stargate Universe), Tuppence
Middleton (Jupiter Ascending), Aml Ameen,
Freema Agyeman, Tena Desae, Doona Bae, Max Riemelt, Alfonso Herrera
, Erendira Ibarra, Jamie Clayton, Miguel Silvestri e
Terrence Mann.
“La serie segue otto personaggi
sparsi in tutto il mondo che, a seguito di una morte tragica, si
ritrovano legati l’uno all’altro mentalmente ed emotivamente“,
ha dichiarato Straczynski. “Non possono solo vedere e parlare
tra loro come se fossero nello stesso posto, ma hanno accesso anche
ai loro più profondi segreti. Non solo devono capire cosa è
successo e perché e che cosa significa questo per il futuro
dell’umanità, ma devono farlo pur essendo braccati da
un’organizzazione che vuole catturarli, ucciderli o
vivisezionarli “.
Continuano le riprese del finale di
Sense8 e dopo il set parigino, la troupe e il cast
al completo si è spostato a Napoli e in particolare sulla Costiera
Sorrentina, dove sono state scattate queste immagini esclusive dal
set.
Alcuni membri del cast hanno anche
posato insieme ai fan. Nelle foto, che ritraggono Max
Riemelt, Brian J. Smith, Naveen Andrews e Toby
Onwumere in una pausa dalle riprese, si può notare anche
Lana Wachowski.
Dopo la chiusura dello show dopo
due stagioni, la piattaforma Netflix ha dato il via libera a un episodio finale.
Nel cast dell’episodio conclusivo torneranno Tuppence
Middleton, Brian J. Smith, Doona Bae, Aml Ameen, Max Riemelt, Tina
Desai, Miguel Ángel Silvestre e Jamie
Clayton.
In Sennen No Yuraku (The Millennium
Rapture) la casta dei Nakamoto è segnata da una maledizione, i
discendenti maschi sono uomini di una rara bellezza che si
insinuano facilmente nel cuore delle donne e che muoiono tutti
precocemente. Questi proprio per il loro stile di vita, sono
costretti a vivere in strada spinti da tentazioni e pulsioni, che
li porterà ad essere in bilico tra la vita e la morte. L’intera
storia ci viene raccontata dal punto di vista di Oryu,
l’allevatrice che è testimone di questa condanna che si svolge su
un isola di nome Okushiri, chiamata da tutti “il Vicolo”.
La storia è tratta dal romanzo
Mille anni di piacere di Nakagami Kenji e la trasposizione
è firmata da Kohi Wakamatsu e presentata nella sezione
Orizzonti della 69° Mostra del cinema di Venezia. La
storia è scritta e montata su due livelli, quella contemporanea di
Oryu (Shinobu Terajima) anziana che in preda a delle
allucinazioni per via della malattia, parla con la foto del marito
scomparso; E quello del suo ricordo sulle vicende dei tre ragazzi
Nakamoto. Il primo è Hanzo, un donnaiolo incallito incapace di
avere una certa stabilità negli affetti cambiando più spesso
compagnia dopo averle usate per il proprio denaro e per nulla
interessato al lavoro onesto. Subito dopo c’è la storia di Miyoshi
anche lui donnaiolo ma anche dipendente da droghe e dedito ai furti
per provare sempre nuove emozioni, ed infine c’è Tatsuo, cugino di
Miyoshi, che se da un primo momento sembra distante dai modi di
vivere degli altri due, Oryu ci metterà del suo portarlo sulla
cattiva strada.
Mentre si percorre questo intreccio
di storie e di vite interrotte, il regista rimane fermo,
riproponendo al montaggio anche le stesse inquadrature suggestive
di montagne all’alba o di nebbie sulle stradine delle città che
oltre a richiamare uno stile di vita a cavallo tra l’ottocento e il
novecento, vengono riproposte allo spettatore alla fine di ogni
“storia” volendo sottolineare un tempo fermo e poco suscettibile al
cambiamento.
La storia per quanto possa essere
intrigante da sceneggiatura non suscita il coinvolgimento emotivo
nonostante i temi così terreni di questi protagonisti; si guarda il
tutto con una distanza che neanche Oryu ,caratterizzata con un
atteggiamento e uno sguardo sempre in bilico tra l’istinto materno
e il desiderio di essere un’amante, riesce a inquadrare del tutto.
Di fatti, lo spettatore è cosciente e capisce che nonostante
variano i vizi e gli eccessi, la fine è sempre la stessa non
portando alcun insegnamento né riflessione su questa “generazione”
di giovani, se non la testimonianza che i “vecchi” danno di loro,
dagli ultimi pettegolezzi amorosi oppure della loro non curanza
riguardo le usanze di Buddha o della poca voglia di lavorare.
Per quanto Kohi Wakamatsu si sia
ritagliato un angolo tutto suo nel genere erotico-pulp, filma con
coscienza e con poco trasporto l’impulso, portando lo spettatore in
un atmosfera più morbosa che sensuale, restituendo solo in parte le
tante tematiche che ha il libro, dai temi ancestrali che si
riallacciano al buddismo o la memoria storica della sottocasta dei
non-uomini burakumin, tuttora discriminata e a cui lo stesso autore
apparteneva. Una piccola nota, molto belle e immersive le musiche
interpretate da Hashiken e Mizuki Nakamura che funzionano anche
come tema di raccordo per il montaggio.
Netflix ha
annunciato oggi che “Senna”, la
miniserie su una delle più grandi icone dell’automobilismo
mondiale, sarà disponibile solo su Netflix dal 29
novembre. Rilasciato oggi anche il poster ufficiale della
miniserie, che ritrae Gabriel Leone nei panni di
Ayrton Senna su un circuito con in mano il casco verde e giallo,
marchio di fabbrica del pilota.
Nel corso dei sei episodi,
Senna mostrerà, per la prima volta, il viaggio di trionfi,
delusioni, gioie e dolori di Ayrton, svelando la sua personalità e
le sue relazioni personali. La serie racconterà la storia del tre
volte campione del mondo di Formula 1 dall’inizio
della carriera automobilistica, dal trasferimento in Inghilterra
per competere nella Formula Ford, fino al tragico incidente di
Imola, in Italia, durante il Gran Premio di San Marino.
SENNA, il poster
Nella miniserie saranno
presenti figure importanti della vita del pilota, tra cui Alain
Prost (Matt Mella), Galvão Bueno (Gabriel Louchard) e Xuxa (Pâmela
Tomé). Presenti nel cast anche Alice Wegmann (Lilian, la prima
moglie di Ayrton), Camila Márdila (Vivianne Senna, sua sorella),
Christian Malheiros (Maurinho, il suo amico), Hugo Bonemer (Nelson
Piquet), Julia Foti (Adriane Galisteu), Kazuhiro Muroyama (Soichiro
Honda), Marco Ricca (Milton, suo padre), Nicolas Cruz (Leonardo,
suo fratello), Rodrigo Veloso (Flávio, suo cognato), Susana Ribeiro
(Zaza, sua madre). Oltre a Kaya Scodelario, una giornalista
immaginaria, Laura, Arnaud Viard (Jean-Marie Balestre), Patrick
Kennedy (Ron Dennis), Joe Hurst (Keith Sutton), Johannes Heinrichs
(Niki Lauda), Keisuke Hoashi (Osamu Goto), Leon Ockenden (James
Hunt), Richard Clothier (Peter Warr), Steven Mackintosh (Frank
Williams), Terry Fullerton (Rob Compton), Tom Mannion (Sid
Watkins), and Tom Mckay (Alex Hawkridge), , tra gli altri.
Con Vicente Amorim come
showrunner e co-regista, insieme a Julia Rezende, Senna è prodotto
da Gullane e creato in collaborazione con Senna Brands e la
famiglia del pilota.
Senna – Netflix
Produttori: Fabiano Gullane e Caio Gullane
Capo Sceneggiatore: Gustavo Bragança
Scritto da: Álvaro Campos, Gustavo Bragança, Rafael
Spínola, Thais Falcão e Álvaro Mamute
Netflix porta
sul piccolo schermo la vita di Ayrton da Silva in
Senna, una
miniserie di sei episodi che, per la prima volta, racconta in
forma drammatica la vita e la leggenda del pilota brasiliano, uno
dei più grandi della storia della Formula 1. Una produzione che non
si limita a esplorare i circuiti e i record, ma si addentra nella
vita privata, nelle origini e nella tragica scomparsa di un uomo
che ha vissuto e amato senza riserve il mondo delle corse.
Senna è un
simbolo di passione
Ayrton
Senna non è solo un’icona sportiva: è un simbolo
di passione, talento e determinazione. La serie riesce a
catturare la complessità di questa figura leggendaria, evitando di
cadere nei cliché. Attraverso la buona interpretazione di
Gabriel Leone, attore brasiliano classe ’93, il
ritratto del pilota emerge vivido e autentico, realizzato con
grande sensibilità. Leone non si limita a una somiglianza fisica,
ma incarna le movenze, il carisma e quella determinazione feroce
che hanno reso Senna un fuoriclasse.
La serie si colloca a
metà tra l’adrenalina della pista e l’intimità del campione,
bilanciando la dimensione dello sportivo con quella dell’uomo. Le
corse, girate con realismo e grande padronanza dei ritmi, portano
sullo schermo l’eccitazione, l’elettricità di quei secondi in cui
tutto sembra sospeso, mentre i momenti più lenti rivelano le
fragilità ma soprattutto le ambizioni di un uomo che, dietro il
casco, era molto più di un semplice pilota.
I biopic, soprattutto
quelli dedicati a figure di culto, rischiano spesso di essere
apologetici. Troppo spesso si sbilanciano verso la sola
celebrazione o, al contrario, si impantanano in una critica fredda
e distaccata. Senna evita entrambe le trappole,
riuscendo a rendere omaggio al campione senza perdere l’obiettività
narrativa, ritraendo anche le sue ombre e i suoi eccessi. Questo
equilibrio fa sì che la serie sia coinvolgente anche per coloro che
non subiscono il culto del pilota, quindi anche per spettatori più
giovani, che non sono vissuti nell’eco di quel nome: gli
appassionati di Formula 1 troveranno nei dettagli tecnici e nelle
ricostruzioni storiche un tributo sincero alla loro passione, e chi
non ha mai seguito una gara potrà lasciarsi trasportare da una
storia universale di sacrificio, ambizione e amore per ciò che si
fa, anche fuori dal mito.
Una regia tra
velocità e introspezione
Uno degli aspetti più
sorprendenti della serie è senza dubbio la regia firmata da
Julia Rezende. Le sequenze di corsa, con
inquadrature ravvicinate e movimenti di macchina che seguono le
traiettorie delle auto, trasmettono l’adrenalina di una gara. Il
suono dei motori, i cambi di ritmo e la tensione palpabile
immergono lo spettatore nell’esperienza, facendogli provare la
stessa scarica di energia che Senna viveva in pista. I piedi sui
pedali diventano materia più che immagini, seguendo un ritmo
incalzante impreziosito da un lavoro eccellente del reparto
sonoro.
Ma nelle pause, nei
momenti in cui la macchina da presa si concentra sul volto di
Gabriel Leone o su uno scambio di battute con i
familiari, emerge tutta l’umanità del protagonista. La narrazione
rallenta, si fa intima, mostrando il lato più fragile e sincero del
campione, anche capriccioso e ostinato.
Gabriel
Leone merita una menzione speciale. La sua trasformazione
in Ayrton Senna è straordinaria, tanto da far
dimenticare allo spettatore di trovarsi davanti a un attore e non
al vero campione. E l’efficacia della sua interpretazione, oltre
che sulla somiglianza fisica, si fonda sulla delicatezza con cui è
in grado di interpretare l’Ayrton privato. La sua performance è una
delle ragioni di maggior pregio di questa miniserie.
Un racconto che
conquista tutti
La grande forza di
Senna sta nella sua capacità di parlare a un
pubblico trasversale. Quando si toccano i miti si corre sempre il
rischio di lasciarli in disparte, perché troppo in alto per la
gente comune, e invece la serie trascina giù l’idolo dal
piedistallo, lo abbraccia e lo schiaffeggia, rendendo umana la
divinità, popolano il re (per usare una metafore della serie
stessa). Il cuore pulsante di Senna non sono solo le gare, ma i
valori che Ayrton rappresentava: la dedizione, il coraggio, il
sacrificio. È un racconto che inevitabilmente ispira, ma anche che
sottolinea l’eccezionalità del soggetto. Senna è
un tributo sincero e appassionato a un uomo che ha cambiato la
storia dello sport.
Appassionante come appassionante
era il suo modo di guidare una macchina di Formula 1, è così
che si può definire l’attesissimo film-documentario sulla vita di
Ayrton Senna. “Pochi mi conoscono
davvero…”dichiarava un giovanissimo Senna. Prima del mito, un uomo
semplice e complesso. Ecco chi era Ayrton. Il film – biografia
mostra le paure e insicurezze, che non hanno fermato la
straordinaria carriera del pilota che ha acquisito lo status di
leggenda sportiva. Poi arriva il 1 maggio 1994 e ha fine il sogno,
e come spesso accade, aumenta la fama e l’interesse per un epilogo
tragico avvolto dal mistero fra dubbi irrisolti…
Scritto da Manish Pandey, diretto
dal regista inglese, Asif Kapadia, grazie al contributo di scene di
vita quotidiana fornite dalla famiglia, Senna ci
permette di leggere ancora meglio il linguaggio del corpo del
campione che nel suo gesticolare sapeva comunicare chiaramente il
suo pensiero, non nascondeva gli stati d’animo e la sua forte, a
tratti aggressiva personalità. Ma il senso del lavoro del film è
soprattutto quello di un’inchiesta. Dice Senna ricordando la sua
prima gara ufficiale nel 1978: “era corsa allo stato puro, non
c’era politica”. E’ sempre stato questo il vero nemico di Senna,
non Alain Prost, ‘il professore’ prima compagno di scuderia poi
eterno rivale perfettamente integrato nel sistema-corse, non sono
mai stati gli avversari, il problema era ‘la politica dello sport’.
Tre volte campione del mondo, poteva esserlo almeno in un’altra
occasione, invece, la sua storia è segnata da una squalifica che
gli toglie il titolo e da un processo che sentenzia la sospensione
per sei mesi della patente. Da qui, sempre più in polemica con quel
mondo, il ragazzo dalla faccia pulita che è riuscito a farsi amare
da un pubblico vasto per il suo impeto dentro e fuori dalla pista,
reagisce, e l’anno dopo torna a correre per aggiudicarsi il terzo
titolo.
Senna si concentra
anche su un aspetto significativo. Senna e il suo Brasile. Una
speranza, un modello, un modo per sognare, per far conoscere una
nazione diversa da quella che realmente era in quegli anni di
crisi. Non solo, non mancano, tanti riferimenti ad aspetti privati
e intimi dello sportivo, dall’amore agli affetti. Ma la storia è
una storia di passione sportiva che diventa ragione di vita: Prost,
Dennis, Lauda, Williams, Schumacher sono nomi che in qualche modo
si legano o hanno intrecciato rapporti col pilota, sono testimoni
nel film del racconto di alcune esperienze e danno voce a
sensazioni che fanno rivivere il brivido del clima di gara.
Ultima vittima della Formula 1,
dopo di lui non si son registrati più decessi. Un destino che
sembra così ingiusto è stemperato proprio dall’atteggiamento di
Senna. La sua fede, il credere in Dio così fortemente lo faceva
apparire immortale, e a detta di altri, quasi incurante della
morte. Ecco l’altro tema ben sviluppato nel documentario: la
religione. Atmosfera strana in quel 1 maggio, segnata forse dagli
avvenimenti dei giorni delle qualifiche caratterizzati dal grave
incidente di Rubens Barrichello e dalla morte in pista di Roland
Ratzenberger. La sorella, Viviane, riporta un discorso del
fratello, nel pre-gara di Imola, Ayrton sapeva che “quel giorno Dio
gli avrebbe fatto il dono più grande.” Fimo all’ultimo sospiro, era
questa l’altra vera passione del trentaquattrenne pilota.
L’Ottima e intelligente regia,
appropriate le musiche di Pinto. No alle tradizionali tecniche
documentaristiche, ma si al racconto nel rispetto della verità.
Ecco gli ingredienti che hanno fatto apprezzare il prodotto, lo
dimostrano i premi già vinti: Asif Kapadia ha ritirato il
‘Cinema Audience Award’. Dopo essere uscito in Giappone, Brasile e
America, l’11 Febbraio siamo pronti per accoglierlo nelle nostre
sale, con una distribuzione, in realtà, esigua. La F1 è cambiata,
il rischio, proprio in seguito alla vicenda di Ayrton grazie allo
sviluppo tecnologico dell’elettronica e della meccanica
nell’ingegneria dell’automobilismo, è diminuito notevolmente. Si
ripensa, dunque a quei tempi come ad un periodo epico, dove la
capacità di portare al limite la propria monoposto determinava
vittoria o sconfitta.
“Vincere è come una droga, quando
cominci non puoi più farne a meno”, queste le parole del giovane
Senna al seguito del primo successo del gran Premio del Portogallo.
Sia per chi vuole ricordare e rivivere a circa vent’anni di
distanza quei momenti, sia per chi vuole capire quella storia, quel
mondo, quella logica sportiva e politica di sport, il documentario
rappresenta un occasione. Lontano dalle logiche dei film
sull’automobilismo, è un omaggio che cerca l’emozione nel ricordo
del pilota che non ha mai accettato giochi di potere se non quelli
dettati dalle regole dell’asfalto.
Tutti gli appassionati di
Formula 1 conoscono il nome Ayrton Senna.
Il pilota brasiliano è una leggenda degli sport motoristici,
diventato tre volte campione del mondo, tragicamente morto
all’età di 34 anni durante una gara. Ora la vita di Ayrton
è il soggetto di una miniserie firmata Netflix dal titolo semplice e evocativo:
Senna (qui
la nostra recensione).
La serie in sei parti dal 29
novembre disponibile sulla piattaforma racconta gli alti e bassi
della vita di AyrtonSenna,
interpretato da Gabriel Leone, partendo dagli
inizi nel karting, passando per la sua rivalità con il compagno di
squadra della McLaren Alain Prost e la sua tragica
morte al Gran Premio di San Marino.
Chi era Ayrton Senna?
Ayrton Senna era un
pilota brasiliano di Formula 1, nato il 21 marzo 1960 da una ricca
famiglia brasiliana, aveva un fratello e una sorella. La prima
esperienza di Senna con le auto da corsa avvenne quando aveva solo
quattro anni e suo padre gli costruì un’auto da un vecchio
tosaerba. È cresciuto guardando la Formula 1, ha
ricevuto il suo primo vero kart all’età di 10 anni e ha vinto la
sua prima gara di kart ad appena 13 anni.
Nel 1981 si è trasferito brevemente
in Inghilterra dove ha iniziato a gareggiare a livello di Formula
Ford 1600 prima di tornare a casa in Brasile per lavorare
nell’azienda di famiglia alla fine della stagione. Poi è tornato in
Inghilterra e ha gareggiato a livello di Formula Ford 2000, prima
di passare alla Formula 3 e vincere il campionato. E nel
1984 è diventato un pilota di Formula 1, correndo per la
Toleman. Durante la sua prima stagione è arrivato secondo al Gran
Premio di Monaco.
Poi è passato alla Lotus nel 1985,
vincendo due Gran Premi e arrivando quarto nel campionato.
Nel 1988 è passato alla McLaren dove ha vinto il
suo primo campionato quello stesso anno. Tuttavia, le cose non sono
sempre andate lisce poiché Senna nutriva una notevole rivalità con
il suo compagno di squadra Alain Prost contro il
quale ha perso il titolo individuale mondiale nel 1989. La loro
rivalità era così intensa che Prost si trasferì alla Ferrari l’anno
successivo e così continuarono a trattarsi da nemici giurati in
pista per i successivi 4 anni, con ragion d’essere, visto che
questa volta anche le loro scuderie erano rivali. Senna vinse
successivamente i campionati nel 1990 e nel 1991, diventando tre
volte campione del mondo. Dopo il ritiro di Prost, Senna passò alla
Williams nel 1994 e più tardi quell’anno morì in un incidente al
Gran Premio di San Marino, all’età di soli 34 anni.
Ayrton Senna era sposato?
Chiaramente è difficile che la serie
Netflix riesca a inventare il racconto sportivo, dal momento che è
ampiamente registrato. Quello in cui la fantasia può aiutare meglio
a ricostruire la vita del campione è l’aspetto privato. Nel 1981
Senna sposò la sua amica d’infanzia Lilian de Vasconcelos
Souza, ma la coppia divorziò poco dopo. Senna era allora
noto per aver avuto una serie di relazioni importanti, tra cui
quella con la conduttrice televisiva brasiliana
Xuxa, che frequentò per diversi anni. Al momento
della sua morte Senna aveva una relazione con Adriane
Galisteu. La serie indugia su una serie di relazioni e su
una generica ma fondamentale passionalità e competitività del
pilota, non solo in pista ma anche nelle relazioni sentimentali,
oltre a raccontare una vera e propria devozione per i legami
familiari.
Cosa è successo ad Ayrton
Senna?
Nel fine settimana del 1° maggio
1994, durante le qualifiche del Gran Premio di San Marino a Imola,
in Italia, il pilota austriaco Roland Ratzenberger
morì dopo che il suo alettone anteriore si ruppe e si incastrò
sotto la sua auto, finendo per schiantarsi. La testimonianza
recente della sua fidanzata di allora, Adriane
Galisteu, aggiunge un’aura di predestinazione a quello che
sarebbe accaduto. Secondo Galisteu infatti, Ayrton
la chiamò la sera prima della gara, dicendo che forse non avrebbe
corso, perché era rimasto scosso dall’incidente di
Ratzenberger. Tuttavia, decise alla fine di
gareggiare comunque, e pronunciò la sua ormai famosa frase:
“Non posso smettere, devo andare avanti”.
Il giorno dopo, il giorno della
gara, era il 1° maggio, e Senna incontrò il suo ex rivale Prost,
che ora era un commentatore, i due discussero di riportare in auge
la Grand Prix Drivers’ Association, per implementare la sicurezza
dei piloti in gara e Senna si offrì di guidarla. La gara iniziò e
dopo sette giri, Senna uscì di pista, si andò a schiantare contro
il muro di cemento alla curva del Tamburello. Venne trasportato in
coma all’ospedale, ma morì.
Dopo la sua morte, il governo
brasiliano dichiarò tre giorni di lutto e fu organizzato un
funerale di stato in Brasile, con molti piloti che scortavano la
sua bara, tra cui Prost.