Codice Unlocked (qui la recensione) rappresenta uno degli ultimi lavori di Michael Apted (Via dall’incubo, Extreme Measures – Soluzioni estreme, Le Cronache di Narnia – Il viaggio del veliero), regista dalla lunga carriera poliedrica, capace di passare dal documentario al blockbuster senza perdere coerenza narrativa. Nel suo percorso, questo thriller del 2017 si inserisce come un tentativo di tornare alle atmosfere più tese e politicamente sfumate che lo avevano reso celebre con titoli come Gorillas nella nebbia o Il mondo non basta, pur adottando un approccio più asciutto e contemporaneo. Apted dirige con mano solida, mantenendo un ritmo serrato e una struttura classica da spy-movie.
Il film appartiene al genere del thriller d’azione con forte identità da spy-story, dove intrighi, doppi giochi e paranoia governativa si intrecciano fino a creare un mosaico di sospetto continuo. Tematicamente, Codice Unlocked affronta la fragilità della fiducia in un mondo dominato da intelligence internazionali, minacce terroristiche e manipolazioni istituzionali. La protagonista interpretata da Noomi Rapace incarna la figura dell’agente altamente qualificata ma in conflitto con il proprio passato, un archetipo ricorrente nel cinema di spionaggio moderno, qui declinato con un taglio più intimo e disilluso.
Il film può essere accostato a titoli come The Bourne Identity, Nessuna verità o Sicario, con cui condivide la rappresentazione crepuscolare dell’anti-eroe e una visione disincantata del ruolo delle agenzie di sicurezza. Tuttavia, Codice Unlocked si distingue per un’impostazione più tradizionale e dialogica, meno spettacolare ma più focalizzata sulla paranoia e sul sospetto come motori narrativi. Nel resto dell’articolo, ci si concentrerà proprio sul finale del film e sulla sua spiegazione, per comprendere come tutte queste tensioni tematiche trovino compimento nella conclusione.
La trama di Codice Unlocked
Protagonista del film è l’agente della CIA Alice Racine (Noomi Rapace). Durante un interrogatorio serrato, riesce a estorcere al prigioniero, un corriere che lavora per una cellula terroristica, preziose informazioni riguardo un imminente attacco a un obiettivo americano nel Regno Unito. Solo dopo aver riferito i delicati risultati dell’interrogatorio a Frank Sutter, uno dei responsabili dell’operazione, si rende conto di aver commesso un errore madornale: se Sutter è una talpa come crede, si è resa involontariamente complice dei terroristi fornendogli le informazioni necessarie a realizzare l’attentato. A questo punto per Alice inizia una corsa contro il tempo, lei è la sola che può fermare l’attacco biologico che sta per colpire Londra.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto di Codice Unlocked, Alice Racine comprende finalmente l’ampiezza del complotto che l’ha intrappolata sin dall’inizio: non solo i terroristi stanno preparando un attacco biologico durante una partita di football a Wembley, ma pezzi deviati dei servizi segreti, tra CIA e MI5, sembrano volerlo agevolare. Dopo aver scoperto che Eric Lasch è vivo e complice di Frank Sutter, Alice si dirige al punto di incontro organizzato dai due, affrontandoli con crescente lucidità. Ucciso Sutter, Lasch fugge, lasciando ad Alice il compito di intercettarlo prima che il piano raggiunga il suo stadio finale.
Rintracciando Lasch in un magazzino vicino allo stadio gremito, Alice si rende conto che l’attacco è imminente e che la follia ideologica del suo ex mentore vuole trasformare la minaccia in un monito globale. Ne segue un confronto fisico serrato: Lasch rivela di voler colpire gli americani per costringerli a prendere sul serio la guerra biologica, ma Alice riesce a fermarlo, disarmare i canister e interrompere il piano a pochi istanti dal disastro. Eliminato anche Wilson, l’agente corrotto di MI5, la minaccia immediata viene scongiurata.
Il finale, con la morte di Lasch e il piano terroristico disinnescato, porta a compimento i temi cardine del film: la fragilità della fiducia, la manipolazione istituzionale e il conflitto tra lealtà personale e responsabilità morale. Alice, che all’inizio era paralizzata dal senso di colpa per l’operazione fallita di Parigi, ritrova la capacità di agire non per dovere ma per scelta, rifiutando di diventare uno strumento di apparati corrotti. Il tradimento di Lasch rappresenta la prova definitiva: l’unica bussola affidabile è la propria integrità.
La successiva eliminazione di Mercer, l’uomo destinato a proseguire il piano fuggendo verso la Siria, rafforza ulteriormente questo quadro tematico. Alice sceglie di operare fuori dai protocolli e dalle gerarchie che l’hanno tradita, dimostrando che la moralità, nel mondo dello spionaggio, non coincide necessariamente con l’obbedienza. La sua azione finale è brutale ma necessaria: impedisce il prolungarsi della minaccia e, simbolicamente, chiude il cerchio aperto a Parigi, riconsegnandole un ruolo attivo che non dipende più dal giudizio dei superiori.
Ciò che il film lascia allo spettatore è un messaggio amaro ma lucido: nei contesti di intelligence globalizzata, la verità è spesso distorta da interessi politici e personali, e l’eroismo non nasce dall’obbedienza ma dalla capacità di scegliere il bene anche quando il sistema rema contro. Alice Racine emerge come una protagonista disillusa ma resiliente, che riconosce che la sicurezza internazionale non può essere affidata a strutture fragili e corrotte, bensì a chi ha il coraggio di vedere oltre le menzogne e agire di conseguenza.



