Il thriller d’azione italiano di Netflix Il mio nome è Vendetta (qui la nostra recensione) è un mix di tutti i tropi che ci si può aspettare da un film di questo tipo. Diretto da Cosimo Gomez e scritto da lui, Sandrone Dazieri e Andrea Nobile, il film ha la premessa di base di mettere i suoi protagonisti in un inseguimento tra gatti e topi. Pieno di avvincenti sequenze d’azione e con colpi di scena all’interno di una trama incentrata sul desiderio di vendetta, il film si basa molto sull’interpretazione cupa e conflittuale di Alessandro Gassmann.
Al momento della sua distribuzione, il film è diventato un successo internazionale straordinario, divenendo uno dei titoli italiani più visti su Netflix. Sarà probabilmente merito anche del suo ambiguo finale, che lascia allo spettatore più di qualche interrogativo da risolvere con proprie riflessioni. In questo articolo, approfondiamo proprio questa parte del film, fornendo dunque una spiegazione del finale e del suo significato.
La trama di Il mio nome è Vendetta
Basta un errore e il passato può raggiungerti e cambiare completamente il tuo futuro. Questo sembra essere il motto del film Il mio nome è Vendetta. Santo (Alessandro Gassmann) vive un periodo di serentià con la moglie Ingrid (Sinja Dieks) e la figlia Sofia (Ginevra Francesconi). Pratica l’hockey su ghiaccio, guida su terreni accidentati lungo una valle lussureggiante. Momenti e luoghi pittoreschi che richiedono una foto. È questo l’errore di Sofia, che scatta e pubblica di nascosto la foto del padre su Instagram.
Questo scatena una catena di eventi che Sofia non avrebbe mai potuto prevedere. Santo, che non è il suo vero nome, è infatti un killer fuggito dall’Italia. La mafia milanese lo sta ancora cercando e in particolare Don Angelo (Remo Girone), il cui figlio maggiore è stato ucciso proprio da Santo, probabilmente per una faida. Da quel momento Don Angelo nutre ovviamente un fortissimo sentimento di vendetta, che lo ha spinto a cercare il suo nemico in lungo e in largo.
Don Angelo ha anche assunto un’ampia squadra di tecnici per la ricerca sui social media, incaricati di trovare Santo attraverso la scansione facciale. E quando Sofia carica quella foto sfortunata su Instagram, segna il destino suo e della sua famiglia. Gli uomini di Don Angelo irrompono rapidamente nel cottage in collina di Santo e uccidono brutalmente Ingrid e suo fratello. Sofia riesce fortunatamente a fuggire, mentre Santo, fuori per lavoro, evita inavvertitamente lo scontro.
Quando però Santo torna a casa e vede quanto accaduto, rimane naturalmente sconvolto e scioccato. Allevia in parte il suo dolore il ritrovare Sofia, con cui fugge rapidamente dal luogo, dalla polizia e dai suoi nemici. A quel punto Santo è costretto a rivelare alla figlia il suo passato e quando Santo si allontana temporaneamente per ottenere delle risposte da un suo ex collaboratore, Sofia cerca di fuggire con l’aiuto di un’amica.
Il risultato è che gli uomini di Don Angelo li pedinano e li catturano. Santo arriva però al momento giusto per salvare Sofia da morte certa. La sua amica, tuttavia, viene uccisa. Santo e Sofia si recano a questo punto a Milano, dove l’uomo, ferito, ha bisogno di assistenza medica. Sofia lo fa dunque ricoverare in un losco ospedale cinese che è anche un luogo illegale per abortire. Tuttavia, la foto di Sofia nei filmati del traffico permette ancora una volta agli uomini di Don Angelo di ritrovarli.
Santo e Sofia riescono di nuovo a sfuggire ai killer, che raggiungono l’ospedale armati quando i due se ne sono ormai già andati. Consapevole di non poter fuggire per sempre, Santo insegna a Sofia alcune arti di autodifesa e decidono di fare il passo successivo. Rapiscono l’altro figlio di Don Angelo e lo usano per attirare la maggior parte dei mafiosi. Dove Santo, uno alla volta, li elimina tutti. Ma Santo si rende subito conto che lui e sua figlia non saranno al sicuro finché non porteranno davvero a termine quella vicenda.
La spiegazione del finale di di Il mio nome è Vendetta
Santo prepara dunque la figlia per il passo successivo. Mentre la chiama, traccia anche il suo intero piano. Sa che in questo mondo letteralmente spietato della mafia, uccidere è l’unico modo per sopravvivere e non bisonga lasciare nulla di intentato. Per questo decide di porre fine anche alla vita di Don Angelo. Ma uccidere il potente boss potrebbe non essere sufficiente. Il seme della vendetta verrebbe piantato di nuovo, dando inizio ad una nuova spirale di odio e violenza.
La morte di Don Angelo per mano di Santo farebbe infatti sì che qualcuno della famiglia di Don Angelo cerchi di nuovo vendetta. Per garantire che ciò non accada di nuovo e assicurarsi che la vita di Sofia non sia nuovamente minacciata, Santo permette alla polizia di sparargli. In questo modo, si suicida indirettamente. Perché, insieme a Don Angelo, ritiene necessaria anche la sua morte per garantire che il testimone della vendetta non venga passato.
Tuttavia, le cose non vanno esattamente così. La polizia salva Sofia e il figlio minore rapito di Don Angelo. Poiché Sofia non ha commesso alcun omicidio, apparentemente se la cava con una punizione più lieve. Viene iscritta in un istituto di correzione ed educazione. Proprio qui, il figlio minore di Don Angelo le fa visita, apparentemente per porre fine pacificamente all’ostilità tra loro. Ma la natura squallida del figlio è già stata mostrata in precedenza. Il ragazzo mostra infatti rapidamente il suo vero volto dopo essere uscito dalla struttura di visita dell’istituto.
Ha rilevato l’impero del padre e dimostra di essere altrettanto senza scrupoli nell’ordinare che Sofia venga eliminata nella sua stanza nell’istituto di correzione. La vendetta, dunque, non muore, va solo in letargo, in attesa dello stimolo giusto. Sofia, dopo tutto questo, sembra averlo capito. Non si fa dunque trovare impreparata e attua il suo piano senza aspettare che la mafia la trovi. Fugge dal suo istituto nel cuore della notte, in possesso di quella che si rivelerà essere l’arma vincente per la sua vendetta: il biglietto da visita del figlio di Don Angelo.
Il biglietto permette a Sofia di entrare nell’ufficio dell’impero di Don Angelo. Qui aspetta che arrivi il figlio. Una volta che entrambi sono nell’ufficio, lo attira facendo leva sulla sua natura squallida e poi al momento opportuno gli pianta un coltello nella parte inferiore della mascella. Come le aveva detto il padre, si assicura anche che l’ultimo volto che il suo nemico veda sia la sua, quella che si vendica. Dopo tutto, Santo ha ragione. La vendetta è completa.
Il suo destino si compie e ora Sofia porterà avanti il nome della famiglia forse con lo stesso stile. Ha scelto di non prendere una strada diversa e ha imparato che le leggi del gioco rimangono le stesse: uccidere o essere uccisi. Sofia non sarebbe mai potuta sfuggire al caos e i passato di Santo rimarrà per sempre con lei e con l’eredità del nome della sua famiglia. Anche se non è il finale più tematicamente rassicurante, di certo comunica l’eterno ereditarsi della vendetta e delle colpe dei padri.