Jason Bourne: la spiegazione del finale del film con Matt Damon

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Uscito nel 2016, Jason Bourne (qui la recensione) rappresenta il quinto capitolo della saga cinematografica ispirata ai romanzi di Robert Ludlum, e segna il ritorno del regista Paul Greengrass al timone dopo aver diretto due degli episodi più apprezzati del franchise: The Bourne Supremacy (2004) e The Bourne Ultimatum (2007). A distanza di nove anni dal terzo film, Jason Bourne riporta anche Matt Damon nei panni del protagonista, dopo l’esperimento parzialmente scollegato rappresentato da The Bourne Legacy (2012), che aveva visto Jeremy Renner nel ruolo principale.

Il film è quindi concepito come una sorta di “ritorno alle origini”, ma con uno sguardo attento alle nuove dinamiche geopolitiche, alle tensioni post-11 settembre, e al ruolo sempre più centrale della tecnologia nel controllo delle masse. All’interno della saga, Jason Bourne si presenta quindi come un tentativo di aggiornare il mito dell’agente segreto al contesto contemporaneo, ampliando le riflessioni su sorveglianza digitale, privacy e manipolazione dell’informazione. In questo episodio, il personaggio è più cupo e disilluso che mai, segnato dalle conseguenze delle sue precedenti scelte.

La trama e il cast di Jason Bourne

La storia si apre a dieci anni di distanza dagli eventi del precedente film. L’ex sicario della CIA Jason Bourne (Matt Damon) si trova ora in Grecia, dove vive un’anonima esistenza tra incontri clandestini di pugilato e la solitudine più totale. In Islanda, invece, l’hacker Nicky Parsons (Julia Styles) riesce a recuperare alcuni file segreti riguardanti l’Agenzia e le operazioni della Treadstone, tra cui anche informazioni relative al nuovo progetto Ironhand. Questa è una piattaforma digitale dalla tecnologia particolarmente all’avanguardia, il cui scopo è quello di spiare tutti gli utenti americani. La scoperta di ciò mette in moto le operazioni dell’agente Heather Lee (Alicia Vikander), che cercherà quanto prima di bloccare il programma.

Jason Bourne film
Matt Damon in Jason Bourne

Allo stesso tempo, la Parsons raggiunge Bourne in Grecia per rivelargli lo stretto legame che sembra esserci tra la Treadstone e suo padre, rimasto vittima tempo prima di un attentato terroristico. Desideroso di scoprire di più sul proprio passato, l’ex agente decide pertanto di uscire allo scoperto e riprendere le proprie operazioni di spionaggio. Ad ostacolare il suo percorso vi sarà però un misterioso sicario, inviato dal diretto Robert Dewey (Tommy Lee Jones), il quale vuole impedire a tutti i costi che ulteriori informazioni sulla sua agenzia vengano rivelate. Ha così nuovamente inizio la caccia nei confronti di Bourne, che dovrà nuovamente risolvere tanto i suoi conflitti personali quanto quelli internazionali.

La spiegazione del finale del film

Alla luce di questa storia, il  finale di Jason Bourne si costruisce come un momento di sintesi tra l’azione spettacolare e la riflessione morale che accompagna da sempre la figura del protagonista. Dopo un lungo inseguimento per le strade di Las Vegas e un combattimento corpo a corpo con l’Asset (Vincent Cassel), Bourne riesce finalmente a confrontarsi con coloro che, all’interno della CIA, hanno alimentato la rete di programmi segreti che lo hanno trasformato in un’arma vivente. Il culmine narrativo è il dialogo tra Bourne e Heather Lee, l’ambigua analista dell’agenzia che sembra oscillare costantemente tra la volontà di collaborare e la ricerca del potere.

È in questo scambio che si consuma il cuore tematico del film: la tensione tra controllo e libertà, tra trasparenza e segretezza, tra redenzione e potere. Il confronto con Heather Lee si rivela fondamentale. Lei propone a Bourne di rientrare nei ranghi, assicurandogli una posizione di rilievo e un parziale controllo sui futuri sviluppi operativi. In apparenza, Heather si presenta come una figura più progressista rispetto ai suoi predecessori all’interno della CIA, ma Bourne non si lascia ingannare. Dopo averla seguita e osservata, comprende che anche lei è pronta a mentire per ottenere ciò che vuole.

Alicia Vikander e Matt Damon in Jason Bourne
Alicia Vikander e Matt Damon in Jason Bourne

Lo dimostra il momento finale in cui Bourne ascolta di nascosto una sua conversazione in cui afferma che, se necessario, lo farà uccidere. Questa consapevolezza riafferma la sfiducia strutturale del personaggio nei confronti delle istituzioni governative: un tratto che accomuna Jason Bourne non solo agli altri film della saga, ma anche ad altre opere di Paul Greengrass, incentrate sulla critica alla sorveglianza e alla manipolazione del potere. Dal punto di vista tematico, il finale riafferma una delle ossessioni centrali della saga: la ricerca di identità in un mondo che tende a negarla.

Bourne non è più un uomo in fuga dalla propria memoria, come nei capitoli precedenti, ma è un uomo che ha finalmente capito chi è, e che rifiuta di essere definito dal sistema che lo ha creato. Questa scelta di autodeterminazione si riflette nel gesto conclusivo del film: dopo aver ascoltato le parole di Lee, Bourne si allontana senza dire nulla, lasciando intendere che non accetterà alcuna proposta. È un gesto silenzioso ma carico di significato: un rifiuto del compromesso, un’affermazione della propria integrità. In un contesto narrativo dominato da tradimenti, sorveglianza globale e logiche predatorie, il finale di Jason Bourne si propone quindi come una nota malinconica ma determinata.

Non c’è vittoria piena, non c’è redenzione canonica, ma c’è una scelta personale che riafferma il libero arbitrio del protagonista. Il film, quindi, chiude nel segno della coerenza con i temi che l’hanno attraversato: la lotta per la verità, la resistenza all’oppressione tecnologica e politica, e la volontà di non diventare ciò che il sistema vorrebbe. Bourne, in definitiva, non torna a casa, non si ricongiunge con un’identità fissa o rassicurante, ma trova nel rifiuto l’unica forma possibile di libertà. Al momento, è in sviluppo un nuovo capitolo della saga, che potrebbe ulteriormente sviluppare queste tematiche, anche se al momento non si hanno maggiori informazioni.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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