Voyagers: la spiegazione del finale del film con Lily-Rose Depp

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Voyagers, il film di fantascienza con Tye Sheridan e Lily-Rose Depp è, in un certo senso, una sorta di Signore delle mosche ambientato su un’astronave lontana dalla Terra e dalla civiltà umana. Mentre i bambini del romanzo di William Golding finiscono intrappolati su un’isola sperduta, i giovani a bordo di questa astronave (che è più un’arca) sono lì di proposito. In entrambi i casi, l’ensemble di adolescenti deve fare i conti con il caos di un mondo senza regole.

All’apparenza, Voyagers ha una premessa fantascientifica familiare: il tempo della Terra sta per scadere. Richard (Colin Farrell), uno scienziato con un piano, porta un equipaggio di giovani che non hanno mai interagito con il resto del mondo nello spazio, dove vivranno e alla fine alleveranno la prossima generazione di umani. La speranza è che i loro figli arrivino su un nuovo mondo da popolare. Quindi, un’esecuzione piuttosto standard del tropo della nave generazionale.

I protagonisti di Voyagers non vedranno però mai quel nuovo mondo. Sono la generazione intermedia tra gli umani della Terra e i loro figli, che si spera saranno quelli che faranno ripartire la civiltà umana in un posto nuovo. La fine del film e il suo significato sono dunque legati al caos di ciò che accade a bordo di quella nave solitaria nel buio dello spazio. Per cercare di comprendere al meglio il film e i suoi temi, in questo articolo forniamo una spiegazione del finale di Voyagers.

Voyagers
Fionn Whitehead e Lily-Rose Depp in Voyagers. Foto di Lionsgate

Il finale di Voyagers non riguarda il futuro, ma il presente

Il grande piano di Richard, una volta che tutti sono sulla nave, è quello di indurre i ragazzi ad automedicarsi con qualcosa chiamato “Il Blu”, che è essenzialmente un cocktail di anti-androgeni e altri farmaci progettati per mantenere tutti senza sesso e docili. Ma i ragazzi scoprono la natura del farmaco e smettono di prenderlo. Senza “Il Blu”, i ragazzi diventano instabili e questo porta alla morte di Richard, lasciando i giovani a cavarsela da soli.

Questi ragazzi possono non aver vissuto molto della Terra, ma sono ancora umani, con tutto ciò che comporta, quindi fanno esattamente quello che fanno gli umani: si contendono il potere con la violenza e la manipolazione. Creano persino un finto alieno malvagio per spiegare la morte di Richard. Altri membri dell’equipaggio muoiono e, per un po’, sembra che l’intera missione si concluda senza sopravvissuti.

In realtà, il film si conclude con una distensione. I due leader maschili, Christopher (Tye Sheridan) e Zac (Fionn Whitehead), che hanno lottato per il controllo della missione, accettano il compromesso di affidare il comando alla dottoressa Sela (Lily-Rose Depp). Christopher e Zac, in seguito, si dimettono dal loro ruolo e cessano le ostilità, ma accettano che tutti smettano di prendere il Blu. Il film si conclude così mostrando che queste persone invecchiano e procreano. La loro progenie riesce poi a raggiungere un nuovo mondo.

Lou Llobell, Isaac Hempstead Wright, Madison Hu, Chanté Adams, Archie Renaux e Wern Lee in Voyagers
Lou Llobell, Isaac Hempstead Wright, Madison Hu, Chanté Adams, Archie Renaux e Wern Lee in Voyagers. Foto di Lionsgate

La risoluzione di Voyagers, dunque, è un grande contrasto con il resto del caotico e violento terzo atto. Richiede una lettura metaforica della trama del film: la Terra è il nostro vascello e, come l’equipaggio dell’astronave immaginaria, siamo spesso manipolati l’uno dall’altro fino a provocare atti di autolesionismo. Abbiamo questi periodi di volatilità, durante i quali ci chiediamo se la specie umana riuscirà a vedere un altro giorno, ma anche quando i nostri interessi sembrano diametralmente opposti, è il processo di riconciliazione che garantisce il nostro futuro.

Voyagers guarda a questo futuro, ma ci ricorda anche il nostro passato. Ci ricorda che c’è sempre stato un caos causato dall’umanità, che comporta il rischio di estinzione. Siamo sopravvissuti a guerre, abbiamo sopportato genocidi e siamo riusciti a creare armi che distruggono i pianeti. Tutte queste ferite sono autoinflitte, eppure siamo ancora qui. Ciò che il film ci sfida a credere con il suo finale è che non solo continueremo a sopravvivere, ma che prospereremo così a lungo da spingerci nelle zone più lontane della galassia per abitare nuovi mondi. Alla fine, a suo modo, è un film ottimista.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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