Indiana Jones e il Quadrante del Destino: recensione del film con Harrison Ford – Cannes 76

Al Festival di Cannes 2023 è il momento di Harrison Ford, applausi alla premiere del finale della saga

Indiana Jones e il Quadrante del Destino recensione
(L-R): Helena (Phoebe Waller-Bridge) and Indiana Jones (Harrison Ford) in Lucasfilm's Indiana Jones and the Dial of Destiny. ©2022 Lucasfilm Ltd. & TM. All Rights Reserved.

Dopo mesi passati a inseguire le ipotesi nate dalle foto rubate sui set, anche italiani, e a penare per le condizioni fisiche di Harrison Ford (per l’infortunio subìto durante le riprese) è finalmente arrivato il momento di Indiana Jones e il Quadrante del Destino. Il quinto capitolo del franchise creato da George Lucas riporta l’avventuroso archeologo sul grande schermo per quella che potrebbe – dovrebbe – essere la sua ultima volta, e la regia di James Mangold (Logan- The Wolverine) regala al pubblico un gran finale in linea con i film precedenti, sempre diretti da Steven Spielberg. Uno spettacolo che gli spettatori italiani scopriranno al cinema a partire dal 28 giugno, data di uscita in sala del film distribuito da The Walt Disney Company Italia.

 

Indiana Jones e il Quadrante del Destino, l‘ultima avventura di Indiana Jones

Durante la guerra, catturato dai nazisti insieme all’amico Basil Shaw (Toby Jones) mentre è alla ricerca della Lancia di Longino, il Professor Jones si imbatte in un manufatto ancora più antico, secondo alcuni in grado di assicurare un potere immenso a chi lo possiede. Un oggetto sulle cui tracce è anche lo spietato Jürgen Voller (Mads Mikkelsen), con il quale il nostro eroe si scontra in una sequenza iniziale emozionante che ci riporta agli anni ’40, e ci mostra Harrison Ford ringiovanito in digitale grazie alle centinaia di ore di sue immagini in possesso della Lucasfilm.

New York, 1969, a distanza di oltre venti anni, la vita dell’archeologo e studioso è cambiata completamente, sia quella professionale sia quella personale, entrambe ormai non nel loro momento migliore. A scuotere la monotonia del settantenne Indy arriva però la figlia del suo amico, Helena Shaw (la Phoebe Waller-Bridge di Fleabag), che lo trascina in un’ultima avventura ai confini del fantasy in giro per il mondo. Difficile dire se per passione, per interesse o per riabilitare la memoria del padre, reso folle dall’ossessione per l’Antikythera di Archimede.

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©2022 Lucasfilm Ltd. & TM. All Rights Reserved.

Harrison Ford è sempre lui, il mito di Indy sopravvive

Come ha detto Mangold al Festival di Cannes, probabilmente “non si può accontentare tutti” e non sarebbe mai stato possibile considerati i tanti fan di un’icona come Indiana Jones, ma se questo quinto capitolo del franchise doveva essere un addio – e lo vedremo – probabilmente i più non saranno delusi dall’operazione che continua a essere guidata da Steven Spielberg e George Lucas, stavolta insieme tra i produttori esecutivi.

A più di 40 anni da I predatori dell’arca perduta del 1981 e a 15 dall’ultima avventura nel Regno del teschio di cristallo, del 2008, nella storia scritta dal regista con David Koepp, Jez & John-Henry Butterworth c’è molto dello spirito e della tradizione portata sullo schermo in tutti questi anni. C’è molto, in generale. Al punto che ogni riferimento rischierebbe di superare i confini dello spoiler, per quanto qualche sequenza – soprattutto quelle più movimentate – avrebbe potuto essere asciugata un po’ (e il costante utilizzo del tema di John Williams ridotto).

Non tanto, non troppo, ché dopo una sequenza d’apertura alla 007 e nonostante un pizzico di autocompiacimento alla Tom Cruise il tono generale si avvicina a quello del Tintin del 2011, detto senza alcuna intenzione di sminuire questo o quello, ma con il sospetto – o la voglia – di vederci un omaggio allo storico filmmaker di Cincinnati. D’altronde, dal colosso cattivo ai nazisti poco reattivi, dalle ragazze urlanti agli ambulanti travolti nell’azione tutto è fumetto in questo film, per non parlare della svolta apertamente fantastica (non una novità nella saga) della quale molto si è parlato nei mesi scorsi.

Indiana Jones (Harrison Ford) in Lucasfilm’s IJ5. ©2022 Lucasfilm Ltd. & TM. All Rights Reserved.

Al centro di tutto una figura della quale il suo stesso interprete ha disegnato limiti e priorità, dimostrando di essersi saputo reinventare senza smettere di essere fedele a un personaggio ormai immortale. In passato dipendente “dalla sua giovinezza e il suo vigore“, oggi meno disposto a mettersi in gioco in qualcosa non al suo livello. Coordinate che anche la macchina da presa mostra di rispettare nelle scene più adrenaliniche – a cavallo e in apetta, per cielo e per mare – che Mangold costruisce alla perfezione per evitare sforzi inutili e innaturali a Ford.

Comunque a suo agio con inseguimenti e salvataggi, o tra insetti e mostri marini, e nelle solite polverose camere segrete che da sempre nascondono importanti svolte narrative. Semmai, stavolta l’accento torna spesso su un aspetto fondamentale fin troppo tenuto in secondo piano e qui ben evidenziato: quello dello studio, del valore della conoscenza e – in questo caso – della matematica. Ultima e più forte tentazione per l’anziano professore, ormai pronto ad appendere il cappello ‘al chiodo’.

Risolta la questione LaBeouf, citato il legame col padre scomparso, assistiamo a qualcosa di molto simile a un passaggio di consegne a Phoebe Waller-Bridge, che in più di una occasione sembra interpretare scene in passato riservate a Indy. Ormai disilluso e agguerrito, un po’ cinico e amareggiato (e acciaccato), ma ancora in grado di riservare sorprese. Come quella che chiude il cerchio nel finale, toccante e conciliatorio, che potrebbe – definitivamente – accompagnarci all’uscita.

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