Peter Pan è il
film del 2003 diretto da P. J. Hogan con
protagonisti Jeremy Sumpter, Jason Isaacs, Rachel
Hurd-Wood, Olivia
WilliamseLudivine
Sagnier.
Anno: 2003
Regia: P. J.
Hogan
Cast: Jeremy
Sumpter, Jason Isaacs, Rachel
Hurd-Wood, Olivia Williams,
Ludivine Sagnier
Peter Pan, la trama:
Tutti i bambini, salvo uno, crescono: la storia
di Peter Pan, primo e forse vero unico mito del ventesimo secolo,
ha conosciuto fra grande e piccolo schermo un’infinità di
trasposizioni, ma solo poche possono davvero vantare la giusta
fedeltà all’opera originale; una di queste, l’ultima realizzata
finora, è senza dubbio la versione firmata nel 2003 da P.
J. Hogan (il matrimonio del mio migliore amico), che
raccoglie senza esitazione l’eredità del personaggio creato dalla
magica penna di James Matthew Barrie.
Peter Pan, l’analisi
Senza dimenticare il passato ma
egualmente determinato a perseguire una propria e indipendente
visione, Hogan riesce nell’impresa di raccontare le arcinote
avventure del bambino che non voleva crescere come se le
stessimo vedendo per la prima volta, complice una straordinaria
resa visiva e una caratterizzazione dei personaggi che non ha
timore di scavare in profondità, restituendo alla più incantevole
delle fiabe la metafora dell’arduo e difficile cammino verso l’età
adulta.
Per Wendy Darling, tredicenne che
non vuole abbandonare la stanza dei fratelli e sogna di vivere
fantastiche avventure piuttosto che iniziare a preoccuparsi delle
cose dei grandi, volare verso l’Isola che non c’è è un’opportunità
troppo allettante e imperdibile: peccato che, fra fate dispettose e
perfidi pirati, i primi turbamenti dell’adolescenza non risparmino
nessuno, nemmeno il grande Peter Pan: già presente
sulla carta ma mai esplicitamente urlato, nello screenplay scritto
a quattro mani dal regista insieme a Michael
Goldenberg il legame fra Peter e Wendy si nutre di sguardi
intensi e baci castissimi, trasformandosi in un sentimento tenero e
potente come solo il primo amore può essere.
Peter Pan
In un cast di giovani attori
praticamente esordienti, Jeremy Sumpter e
Rachel Hurd-Wood (le cui carriere in futuro
sarebbero continuate in modo altalenante) sembrano di fatto nati
per la parte, pronti a volare alto sulla scena e a dimostrare di
essere davvero gli interpreti ideali di Peter e Wendy: il primo,
biondo quattordicenne la cui “americanità” contribuisce non poco a
marcare l’arroganza e l’incoscienza che rendono Pan diverso da ogni
altro bimbo sperduto, dà vita a un eroe reale e autentico, che pur
consapevole di non potere né volere affrontare le paure di un mondo
destinato a invecchiare e morire, nasconde una solitudine che
nessuna grande avventura potrà mai colmare. Rachel Hurd-Wood, nel
ruolo di una Wendy spaventata dal futuro ma allo stesso tempo assai
più matura e consapevole del peso delle proprie scelte, è invece la
ragazzina che tutti almeno una volta siamo stati, desiderosa di
inseguire le fantasie dell’infanzia ma cosciente del fatto che, per
riuscire a vivere davvero, alcuni sogni vanno messi in un cassetto,
pronti a saltare fuori nei momenti più bui per darci la forza di
andare avanti.
Fra i pochi adulti, Jason
Isaacs è indimenticabile nell’incarnare (com’era nella
prima versione teatrale dell’opera) sia il mite Signor Darling,
padre affettuoso ma troppo debole secondo Wendy, che lo spietato
Capitan Uncino, riflesso oscuro della paura del tempo e della morte
che inquieta la sua nemesi Peter Pan e decisamente più attraente
agli occhi della ragazzina; bellissima, anche se visibile solo per
poche scene è invece la Signora Darling di Olivia Williams, dolce
proprietaria del bacio nascosto che la figlia non riesce mai a
vedere, moglie amorevole e madre devota ma sempre pronta a credere
nelle fate.
L’Isola che non c’è,
luogo dove trovano rifugio tutti i sogni dei bambini e che vive
della presenza di Peter Pan, è dipinta con luminose tinte pastello
e intensissime sfumature dalla fotografia di Donald McAlpine, dove
a dominare sono il rosa del cielo nel mattino(identico a quello
dipinto sul soffitto della stanza di Wendy, John e Michael)e il blu
della notte, reso brillante dalle luci delle stelle e delle
fate.
Prodotta da Mohammed
Al-Fayed e dedicata allo scomparso figlio Dodi (proprio al
film è stata dedicata l’esposizione natalizia del 2010 di
Harrods), Peter Pan di P. J.
Hogan è un sogno ad occhi aperti, per tutti i
bambini che continuano a scrutare il cielo sperando che Peter venga
a prenderli per portarli sull’Isola ma anche per gli adulti, che
fermi per caso davanti a una finestra in segreto lo stanno ancora
aspettando.
Lady in the Water
è il film del 2006 diretto da M. Night
Shyamalan e con protagonisti Paul
Giamatti,
Bryce Dallas Howard, Freddy Rodriguez, Jeffrey Wright, Bob
Babalan e M. Night Shyamalan.
Lady in the Water, la
trama: La vita fin troppo tranquilla di Cleveland, custode
di un condominio di Filadelfia (Paul Giamatti), viene sconvolta
dall’incontro con Story, un Narf, ossia una ninfa acquatica mandata
nella nostra dimensione con lo scopo di trasmettere a uno scrittore
un messaggio, essenziale per completare un suo libro,
destinato ad essere un testo fondamentale nella formazione di un
futuro leader; il suo tentativo è però ostacolato da uno Scrunt,
una creatura simile ad un lupo, dotato della capacità
di mimetizzarsi.
Aiutato da un’anziana inquilina
cinese, che ben conosce i miti legati alle Narf, Cleveland
raccoglie attorno a sé vari inquilini del condominio, ognuno con un
compito specifico, per aiutare la ninfa nella sua missione: la Narf
riuscirà a comunicare allo scrittore (interpretato dallo stesso
regista) il messaggio, e Cleveland organizzerà una festa nella
piscina condominiale come diversivo per permettere alla ninfa di
tornare nel suo mondo, fuggendo dalle grinfie dello Scrunt. Lo
stratagemma però fallisce, perché il protagonista ha sbagliato
clamorosamente nell’assegnare i vari ‘ruoli’ nella vicenda.
Lady in the Water,
l’analisi
Analisi: Lady in the
water è probabilmente stato il film più sfortunato di
M. Night Shyamalan: costato 75 milioni di dollari,
si è rivelato un fiasco al botteghino ed è stato bersagliato dalla
critica, finendo per ricevere vari premi per i ben poco ambiti
Razzie Award; un colossale insuccesso che, in parte, ha
ridimensionato la carriera del regista indiano, che a quei tempi
godeva ancora del credito conquistato col Sesto
senso ed era reduce dal tutto sommato non pessimo
The Village. In seguito,
Shyamalan si è dedicato al
catastrofico-naturalistico E venne il giorno e all’animato
L’ultimo dominatore dell’aria, mentre per il 2013
è previsto il post-apocalittico After Earth.
Tuttavia, più che un fiasco,
Lady in the water appare piuttosto un film almeno
in parte incompreso: forse il nocciolo della questione sta nel
costo di un film che poi sullo schermo non sembrava aver mantenuto
quanto promesso in termini di budget.
In realtà il film costituisce una
singolare variazione sul tema della ‘compagnia’ di estrazione
fantasy, formata da vari personaggi che finiscono per concorrere a
uno scopo comune. Probabilmente a lasciare insoddisfatti critica e
pubblico è stata soprattutto la staticità dell’ambientazione:
invece che il classico ‘viaggio’, tutto si risolve nel microcosmo
del condominio, fatto di ambienti spesso angusti, che trasmettono
una costante sensazione di lieve claustrofobia, complici anche
atmosfere sempre piuttosto buie.
Paul Giamatti
svolge abilmente il compito in interpretare l’uomo comune che
coinvolto in una storia più grande di lui, è portato erroneamente a
pensare di esserne il fulcro, subendone le conseguenze, mentre la
Bryce Dallas Howard (già vista in The
Villane), qui sfrutta pienamente la sua bellezza diafana,
efficacemente messa al servizio di un personaggio ‘sfuggente’ come
quello di una ninfa.
Del cast fanno parte anche Freddy
Rodriguez, reduce dal discreto successo ottenuto con la
partecipazione alla serie Six Fee Under (e che in
seguito farà parte del cast di Grindhouse – Planet Terror)
e il giovanissimo Noah Gray-Cabey, che poi avrebbe fatto
partecipato alla serie tv Heroes.
Certo, il tema di fondo del film,
la classica domanda sul ‘fine ultimo della vita’ è lontano da
qualsiasi pretesa di originalità; né è nuovo il modo in cui esso
viene affrontato, inserendo l’elemento di quel tanto di
imprevedibilità che mette improvvisamente le persone di fronte ai
loro enormi errori di valutazione.
Si tratta certo di limiti che
possono lasciare interdetto lo spettatore, e d’altra parte ai tempi
da Shyamalan ci si aspettava forse un film di
tutt’altro profilo: tuttavia preso per ciò che è, una moderna
‘fiaba per adulti’, Lady in the water è un film in
fondo godibile, per quanto forse un po’ statico, e in parte
appesantito dai ritmi lenti e i colori in chiaroscuro.
In Poker
Generation Filo (Piero Cardano) e Tony
(Andrea Montovoli), due fratelli diametralmente
diversi, vivono a Scicli, un piccolo centro della Sicilia, ma per
fuggire la monotonia della vita di paese e la tristezza per una
situazione familiare molto drammatica, i due si rifugiano nei loro
sogni. Quando la sorellina si ammalerà gravemente, per guadagnare i
soldi necessari a pagare l’operazione chirurgica che potrebbe
salvarle la vita, i due ragazzi andranno a Milano alla ricerca di
Joyce, il campione Italiano di Poker
Texas Hold’em, con la speranza di imparare da lui i turchi
per vincere al Poker.
Gianluca Mingotto
ma soprattutto il produttore Fabrizio Crimi,
mettono in piedi un film che ha come scopo principale quello di
mostrare il lato “buono” del Poker. Il Poker ed in particolare il
Texas Hold’em, non è un semplice gioco d’azzardo possibile fonte di
pericolosa dipendenza (pericolosa soprattutto per il portafogli ),
ma i due autori lo ridipingono come una disciplina sportiva a tutti
gli effetti con tanto di preparazione atletica in questo caso non
dei muscoli, ma del cervello. Crimi infatti, oltre ad essere
produttore di questo Poker Generation
completamente indipendente, è anche un top manager nel settore del
Gaming On Line.
Poker Generation, il film
La mossa promozionale, quindi, è
del tutto manifesta anche se va a questo film il merito di essere
quasi totalmente auto prodotto e di avere un cast tecnico ed
artistico composto per la maggior parte da giovani esordienti
(escludendo la partecipazione di
Francesco Pannofino e di Lina Sastri nel ruolo dei genitori di Filo e
Tony). Questo aspetto influenza le scelte stilistiche della
pellicola che in molti momenti per fluidità e ritmo ricorda un
video musicale (Mingotto, regista esordiente sul grande schermo, ha
realizzato precedentemente alcuni videoclip e spot
pubblicitari).
Poker Generation
presenta una certa freschezza dal punto di vista stilistico,
le pecche sono da riscontrare nella sceneggiatura e nella
costruzione narrativa. Purtroppo la sceneggiatura è stata scritta
quasi esclusivamente per dimostrare che il gioco del Poker non è un
gioco cattivo e pericoloso, non è un gioco d’azzardo ma uno sport e
che con il Poker (e soprattutto con i tornei), è possibile cambiare
la propria vita, anzi il Poker è metafora della vita
stessa.
I dialoghi molto spesso presentano
frasi altisonanti e retoriche nonostante il regista stesso tenga a
precisare come la pellicola sia il frutto di un’attenta e lunga
documentazione sul campo effettuata intervistando giocatori
professionisti e provando egli stesso a giocare. Il risultato si
discosta dal documentario e anzi è pesante il debito che
Poker Generation ha nei confronti del premio Oscar
The Milionaire. Anche qui infatti come nel film
di Danny Boyle ci sono due fratelli poveri:
uno intellettualoide e un po’ sfigato, l’altro bello e con
ambizioni da gangster e mentre lì lo strumento di riscatto era il
quiz televisivo, qui il torneo di Poker. Addirittura sono simili i
momenti finali in cui i protagonisti affrontano il loro destino
inquadrati in uno schermo televisivo con le persone care che fanno
il tifo.
In Poker
Generation, invece, Mingotto da buon mestierante ce la
mette tutta per soddisfare le esigenze della committenza. Questa
non vuole assolutamente essere una critica, anzi piuttosto è un
merito centrare un simile obiettivo quando si sta lavorando ad un
prodotto commerciale. La caduta di tono, piuttosto, sta nel voler
spacciare un film un po’ ruffiano per un’opera indipendente
d’avanguardia.
Tutto il film è patinato come in
uno spot televisivo ed anche la giovane ragazza madre di cui Filo
si innamora (Francesca Fioretti), ha le sembianze
di una statuaria ballerina di Lap Dance (il secondo lavoro che è
costretta a fare per mantenersi).
A soli 21 anni già fa parlare di sé
a Hollywood e non ci sono dubbi che il cinema americano punterà su
Jennifer Lawrence con sempre maggior convinzione
nei prossimi anni. Le pellicole che l’hanno vista finora
protagonista o partecipe, infatti, si contano sulle dita di una
mano (due, se consideriamo anche i film ancora in lavorazione), ma
le sue interpretazioni riscuotono sempre grande successo sia di
critica che di pubblico, rivelando un talento non comune, oltre a
una tempra forte e decisa, nonostante la giovane età.
Sceglie con cura le sceneggiature,
perché, come ha dichiarato in un’intervista in occasione
dell’uscita di Un gelido inverno, “molte sono
sciocche, specie quelle per giovani ragazze bionde”. La scelta
di partecipare al film della Granik si è rivelata infatti oculata e
felice. Ammette di essere molto possessiva coi personaggi che
interpreta, perché una volta immedesimatasi, dice, sente di essere
la sola a capirli davvero fino in fondo, al punto che
“diventano mie anime gemelle”. È consapevole di avere
ancora molta strada da fare, anche se già può dire di aver lavorato
con uno dei suoi idoli: Jodie Foster, che l’ha anche diretta, in
Mr. Beaver. Ama spaziare tra i generi
cinematografici e accosta grandi produzioni hollywoodiane a piccoli
progetti di cinema indipendente.
Il suo trampolino di lancio sul
grande schermo è stato l’esordio alla regia dello sceneggiatore
Guillermo Arriaga, The Burning Plane. ll ruolo di
Ree Dolly in Un gelido inverno di Debra Granik
l’ha resa celebre, portandola a competere per un Academy
Award come miglior attrice protagonista. Sarà nelle sale italiane
dal 1 maggio prossimo, protagonista della pellicola drammatica per
ragazzi Hunger Games di Gary Ross, che arriverà da
noi dopo il grande successo che sta avendo ai botteghini americani
(alla domenica di Pasqua il suo incasso negli Usa ammontava già a
più di 300.000.000 di $).
Stiamo parlando di Jennifer
Lawrence, ventunenne di Louisville nel Kentucky. La sua passione
per lo spettacolo le fa compiere le prime prove teatrali nella
provincia americana, ma è affascinata anche dal mondo della moda.
Per questo a 14 anni arriva a New York con i genitori per tentare
qualche audizione come attrice o modella. Le sue doti colpiscono
gli agenti della Grande Mela, ma sua madre non è ancora del tutto
convinta che la piccola Jen sia un vero talento. Finché dallo
scatto casuale di un fotografo scaturisce una proposta per
degli spot pubblicitari. Quindi, la Lawrence approda nel mondo
delle serie tv e tra 2006 e 2008 prende parte a Detective Monk,
Cold Case e Medium. Nel 2008 arriva per lei l’occasione del
passaggio al grande schermo. È scelta infatti da Guillermo Arriaga,
già sceneggiatore di Iñárritu, che la vuole in un cast al femminile
per la sua prima regia: The Burning Plane – Il confine
della solitudine. L’opportunità per questa giovane
promessa è davvero ghiotta: condivide il set con due grandi donne
del cinema americano: Charlize Theron e Kim Basinger, in uno di
quei puzzle di vite incrociate e segnate dalla sofferenza che sono
le creazioni cinematografiche di Arriaga. La Mariana interpretata
dalla Lawrence è molto intensa e fa breccia in particolare nella
giuria del Festival di Venezia, che assegna
all’attrice il Premio Marcello Mastroianni. Continua a
frequentare anche il mondo televisivo.
Una nuova, più corposa occasione
arriva però dal grande schermo due anni dopo, quando Debra Granik
la vuole per un ruolo da protagonista: quello della giovane Ree
Dolly in Un gelido inverno. Qui, va alla ricerca
disperata del padre, uscito di galera lasciando come cauzione la
casa dove vivono i tre figli e la moglie malata, e ora
latitante. La nostra attrice s’immerge con tutta sé stessa in una
dura lotta, che garantisca la sopravvivenza a lei e ai due
fratellini minori. E s’immerge anche nell’universo oscuro e
inquietante di un’America di provincia non certo da cartolina. Sono
il suo carattere forte e il volto delicato ma fiero, oltre al
talento interpretativo, a far sì che porti a casa brillantemente il
risultato. Il film trionfa prima al Sundance Film Festival, dove si
aggiudica il Gran Premio della Giuria, poi conquista il nostro
paese. Al Torino Film Festival è infatti la Lawrence a sbaragliare
la concorrenza, accaparrandosi il Premio come Miglior Attrice e la
pellicola quello per il Miglior Film. Infine arriva niente meno che
la candidatura agli Oscar 2011, a soli vent’anni.
Lo scorso anno è stato pieno di
soddisfazioni per l’attrice di Louisville. Come dicevamo in
apertura, ha potuto coronare il sogno di recitare nel film diretto
e interpretato dal suo idolo Jodie Foster, accanto a Mel Gibson: il
drammatico Mr Beaver, che affronta il difficile
tema della depressione, offrendo peraltro a Gibson l’opportunità
per un’interpretazione notevole.
Jennifer Lawrence
ha dato poi prova di grande eclettismo, divertendosi nel prendere
parte alla saga hollywoodiana di X-Men, accanto a
James McAvoy e Michael Fassbender. Matthew
Vaughn l’ha infatti voluta per il prequel X-Men –
L’inizio, affidandole la parte della giovane Mystica. Qui
ha anche avuto occasione di giocare col suo aspetto e la sua
bellezza, trasformandosi in un mutante dalla pelle blu. Sarà anche
nel prossimo episodio della saga.
Ha dato inoltre prova di non
essersi montata la testa dopo aver fatto conoscere il suo nome a
Hollywood. È stata infatti felice di prendere parte a un piccolo
progetto che ha sancito ancora una volta il suo talento e l’enorme
potenziale di cui è dotata. Stiamo parlando di Like
Crazy per la regia del giovane Drake Doremus, che nel 2011
ha conquistato il Festival patrocinato da Robert Redford, ottenendo
il Premio Speciale della Giuria. Jennifer si è fatta notare anche
nel ruolo di Sam, secondario rispetto alla problematica storia
d’amore tra i due protagonisti: Anna/Felicity Jones e Jacob/Anton
Yelchin.
Ancora molti progetti la attendono,
non solo in questo 2012. Innanzitutto la vedremo in
Hunger Games da maggio, ma sarà anche nell’horror
di Mark Tonderai House at the end of the street.
Nel 2013 sarà impegnata nel sequel di Hunger
Games: Catching Fire, e condividerà il
set con quell’icona del cinema americano che è Robert De
Niro, dal momento che vestirà i panni della sua vicina di casa in
The Silver Linings Playbook di David O. Russel.
Insomma, un futuro fitto d’impegni lavorativi e, possiamo starne
certi, nei prossimi anni sentiremo parlare ancora molto di questa
energica ragazza di Louisville.
Hayao Miyazaki
– A ventisei anni dalla sua uscita al cinema in
Giappone e ad oltre dieci anni da una timida uscita per l’home
video, arriva nelle nostre sale finalmente Il castello del
cielo di Hayao Miyazaki, noto ai fan come
Laputa, uno dei primi e più amati lungometraggi del
maestro dell’animazione giapponese, che l’anno scorso ha
festeggiato i settant’anni di una carriera coronata da successi e
riconoscimenti non solo a livello giapponese.
Hayao
Miyazaki è riuscito a convincere i peggiori detrattori
dell’animazione giapponese sulla validità della sua produzione
artistica, che va oltre a quelli che sono indubbiamente alcuni dei
limiti evidenti degli anime, quali la serializzazione e la
sudditanza, spesso, all’industria del marketing per vendere gadget
e simili, caratteristica comunque non certo aliena alla produzione
animata a stelle e strisce.
Una carriera di oltre quarant’anni,
la sua, che ha toccato l’animazione giapponese dagli anni Sessanta
ad oggi, creando film e personaggi unici e portando il suo tocco a
personaggi e storie di altri. Ma occorre andare per ordine, per
ricostruire le tappe di un percorso ancora non certo concluso,
anche se negli ultimi anni Hayao Miyazaki sembra più interessato a
supervisionare.
Il fabbricatore di sogni
dal paese del Sol Levante: Hayao Miyazaki
Nato nel 1941 a Tokyo, pochi mesi
prima dell’entrata del Giappone in guerra, che influenzerà lui e
altri colleghi suoi coetanei, sia pure in maniera diversa,
Hayao Miyazaki cresce in una famiglia dove il
padre ha una fabbrica di componenti per aerei, che gli farà nascere
una passione poi presente nella maggioranza delle sue opere per il
volo, gli aerei, il cielo. Un altro fatto che influenza la sua
infanzia è una grave malattia che colpisce la madre, tema che si
ritroverà in film come Tonari no totoro e il recente
Arietty.
Negli anni Cinquanta,
sull’onda dell’opera che sta facendo Osamu Tezuka di creazione di
fumetti made in Japan, simili a tratti ma molto diversi dai loro
omologhi a stelle e strisce, Hayao Miyazaki, da sempre bravo
disegnatore, si appassiona al mondo delle nuvole parlanti, e dopo
essersi laureato in Scienze politiche entra a lavorare alla Toei,
allora la più importante casa di produzioni animate.
Il suo primo lavoro importante è
come animatore chiave e scenografo per Horusu no daiboken,
uscito in italiano con i due titoli La grande avventura del
piccolo principe Valiant e Il segreto della spada del
sole, che segna anche l’inizio del suo sodalizio con il
collega e amico Isao Takahata. Nel1971 Hayao Miyazaki collabora
alla prima serie di Lupin III, dal manga di Monkey Punch,
e dal 1973 con Isao Takahata inizia invece un sodalizio con la
Zuiyo Pictures, poi Nippon Animation, adattando in animazione
alcuni classici per bambini occidentali, quali Heidi del
1974, Marco da Dagli Appennini alle Ande di De
Amicis e Anna dai capelli rossi, che lo faranno conoscere
non solo in Giappone.
Nel 1978 decide di adattare il
romanzo di fantascienza per ragazzi The incredible tide di
Alexander Key, che diventa la serie Conan, il ragazzo del
futuro, considerato a tutt’oggi uno dei migliori anime
giapponesi seriali di sempre, per il quale Hayao Miyazaki è
regista, disegnatore, scenografo e supervisore degli storyboard. Il
suo primo lungometraggio come regista è dell’anno successivo ed è
Lupin III il castello di Cagliostro, per molti fan il
migliore film dedicato al celebre ladro in salsa nipponica, che
stravolge le atmosfere del manga in chiave favolistica e steam
punk.
Dopo alcuni lavori in serie
televisive, come Il fiuto di Sherlock Holmes, coprodotto
con la Rai nel 1982, Hayao Miyazaki pubblica sulla rivista Animage
il manga fantasy post apocalittico Nausicaa nella valle del
vento, che poi decide di trasporre in animazione nel 1984. Il
successo di questa storia di un’eroina che, in un mondo medievale
post nucleare, dove le scorie hanno creato nuove creature e dove
l’avidità di conquista vorrebbe risvegliare le antiche armi, è
grandissimo e spinge Miyazaki con Isao Takahata a fondare un loro
studio, lo studio Ghibli, che produrrà tutte le loro opere
successive.
Il castello del
cielo del 1986 è proprio il primo lungometraggio dello studio,
e finalmente si potrà vedere anche da noi su grande schermo questa
avventura che mescola Jonathan Swift e Jules Verne, tra pirati
dell’aria e mondi fluttuanti nel cielo, arcani e con tecnologie
incredibili e pericolose.
Nel 1988 Hayao Miyazaki realizza
invece il più intimista e fiabesco Il mio vicino Totoro,
dove due bimbe in una campagna reale ma incantata incontrano uno
spirito misterioso a forma di grosso gatto che le consola dei loro
problemi familiari. Totoro diventa il logo dello studio Ghibli, che
nel 1989 bissa il successo con la commedia fantastica Kiki’s
delivery service, storia di una streghetta che va in una
cittadina terrestre a fare il suo apprendistato e che si inventa
un’attività grazie alla sua scopa che le farà conoscere nuovi
amici.
Nel 1992 è la volta di Porco
rosso, film in cui l’autore dà libero sfogo alla sua passione
per l’aviazione, leit motiv di tutti i suoi film, storia di un
pilota da caccia con il volto di maiale che vive le sue avventure
nell’Europa tra Grande guerra e avvento dei totalitarismi.
Negli anni successivi Hayao
Miyazaki si occupa di sceneggiare, produrre e supervisionare altre
opere dello studio Ghibli, finché nel 1997 non fa uscire
Princess Mononoke, che batte ogni record d’incassi in
Giappone e lo fa finalmente conoscere ufficialmente al pubblico
internazionale, complice anche un doppiaggio statunitense con star
del calibro di Claire Danes, Minnie Driver e Gillian Anderson.
Princess Mononoke, fiaba ecologica dello scontro tra la foresta
magica e impenetrabile e un Giappone medievale ma metafora di
quello contemporaneo, con la sua voglia di costruire distruggendo
la natura, propone un’eroina selvaggia e guerriera, cresciuta dai
lupi e desiderosa di difendere il suo mondo anche se entra in
contatto con quello dei suoi simili.
Nel 2001 nuovo successo
con La città incantata, fiaba morale contro lo spreco di
cibo, tra antiche leggende e il mondo di oggi, che vale al maestro
l’Orso d’Oro al Festival di Berlino e l’Oscar 2003 per il migliore
lungometraggio animato, che però Hayao Miyazaki non va a ritirare
per protesta contro la guerra in Iraq.
Nel 2004 è la volta della
trasposizione animata del romanzo fantasy di Diana Wynne Jones, una
delle ispiratrici di Jk Rawling per il suo Harry Potter, Il
castello errante di Howl, storia di una ragazzina intrappolata
nel corpo di una donna anziana che cerca di liberare un giovane
mago da una maledizione, un film che viene presentato a Venezia,
dove l’anno dopo, nel 2005, Miyazaki viene omaggiato con il Leone
d’Oro alla carriera.
Il suo ultimo film come regista è
la fiaba del 2008 Ponyo sulla scogliera, rilettura moderna
ed ecologista della Sirenetta ma non solo, film che viene
realizzato tutto con tecniche di disegno tradizionali a contrastare
l’uso della grafica computerizzata, ormai unica tecnica dei cartoni
animati della Disney, e largamente usata dagli anime.
Negli ultimi anni lo studio Ghibli
supervisiona Terramare, del film di Hayao Miyazaki, Goro,
tratto dal ciclo fantasy di Ursula K. Le Guin, mentre Hayao
Miyazaki sceneggia Arietty, favola anti spreco dal romanzo
di Mary Norton.
Nei suoi film Hayao Miyazaki parla
di rapporti tra le generazioni, di amore e rispetto per l’ambiente
e tutte le specie animali, di pacifismo e non violenza, di fantasia
partendo dalle cose più semplici, di fiaba e fantastico che nascono
nella vita di tutti i giorni, di sogni verso l’infinito del cielo e
di quotidianità, tra poesia e sogno, tra i colori del verde e dei
fiori e i richiami alla tradizione, tra leggende e classici steam
punk, con macchine sempre inserite in mezzo alla natura. Uno stile
lontano da molta altra animazione giapponese e da un mondo animato
occidentale sempre più dominato dall’informatica e da logiche di
vendita, che ha reso le opere del maestro amate come capolavori del
cinema tout court, oltre che legati all’animazione giapponese.
In attesa di nuove opere o
riproposizione di film di Miyazaki comunque è da vedere Il
castello nel cielo, tra avventura e sogno, riflessione sui
limiti della scienza e anelito verso l’infinito dei cieli e della
fantasia.
Martha fugge all’alba dalla casa
dove ha vissuto per anni insieme ai membri di una setta religiosa
guidata dal carismatico Patrick; la giovane trova ospitalità presso
la sorella maggiore Lucy e il cognato Ted, nel Connecticut.
Profondamente segnata dall’esperienza nella setta, Martha fatica a
tornare alla normalità; è paranoicamente ossessionata dal ricordo
di Patrick e degli altri adepti, dall’idea che possano osservarla e
mettersi sulle sue tracce.
Questa è la storia de La
fuga di Martha (Martha Marcy May Marlene), film
scritto e diretto da Sean Durkin che approderà nelle sale italiane
il 25 maggio. Si tratta del lungometraggio d’esordio per Durkin,
che al primo colpo ha fatto centro; La fuga di
Martha , presentato al Sundance 2011, ha infatti fruttato
al giovane regista il premio per la miglior regia. Nel maggio dello
stesso anno, ha trovato spazio nella sezione Un Certain Regard al
Festival
di Cannes. Dopo esser stato presentato in diverse altre
rassegne, La fuga di Martha ha cominciato
timidamente a far ingresso nelle sale, partendo il 21 ottobre 2011
con una distribuzione limitata negli Stati Uniti.
La protagonista è interpretata da
Elizabeth Olsen, classe ’89, sorella minore delle
note gemelle Mary – Kate e Ashley; La fuga di
Martha ne sancisce il debutto sul grande schermo. Nel
2012, la 23enne californiana sarà nelle sale con altri due film:
Red Lights di Rodrigo Cortés, al fianco di
Robert De Niro, e Liberal Arts di e con
Josh
Radnor. La giovane attrice è attualmente coinvolta in
tre progetti, che dovrebbero uscire nel 2013: Very Good
Girls di Naomi Foner, Kill Your Darlings
di John Krokidas e Therese Raquin di Charlie Stratton.
Nei panni di Patrick, leader della
comunità da cui Martha scappa, c’è il veterano del piccolo e grande
schermo John Hawkes; qualche tempo fa è giunta la
gustosa notizia del suo coinvolgimento in Switch (regia di
Daniel Schechter), prequel del tarantiniano
Jackie Brown, dove Hawkes sarà chiamato a
interpretare il giovane Luis Gara, che nel film del ’97 aveva
l’irresistibile maschera di De Niro.
La parte della sorella di Martha,
Lucy, è affidata a Sarah Paulson (Capodanno a New
York); quella del marito di lei, Ted, a Hugh
Dancy, il fascinoso caporedattore di I Love Shopping.
Completano il cast Christopher Abbott, Brady Corbet, Maria
Dizzia, Julia Garner, Louisa Krause, Adam Thompson, Allen
McCullough, Lauren Molina, Gregg Burton, Diana Masi, Tobias Segal e
Michael Chmiel.
La fuga di Martha
è stato girato nello stato di New York e nel Wisconsin dal 24
maggio al 3 luglio 2010; prodotto da BorderLine Films e FilmHaven
Entertainment, è stato realizzato con un budget inferiore al
milione di dollari (!) e ha fin ora incassato circa 3,5 milioni di
dollari (quasi 3 milioni negli States). Soltanto in Italia, ultima
tappa de La fuga di Martha , il titolo è stato
cambiato; dall’originale Martha Marcy May Marlene, indicante i vari
nomi della protagonista – Martha è il vero nome, Marcy May e
Marlene sono appellativi ai quali risponde nella setta – è stato
mutato, appunto, in La fuga di Martha, in linea con il fastidioso
costume della distribuzione tricolore, sempre teso a semplificare,
sottostimando l’importanza dei titoli e, al contempo, le capacità
di lettura dello spettatore.
Il 23 maggio arriverà in Italia Men in
Black III, atteso terzo capitolo della saga a base di alieni, gag e
sparaflashate; entro il 25 sarà nelle sale di tutto il mondo. Il
regista è Barry Sonnenveld, lo stesso dei primi due film, il cult
Men in Black (1997) e Men in Black II (2002); confermata anche la
prestigiosa supervisione del produttore esecutivo Steven Spielberg. Anche MIB III graviterà
attorno ai due fuoriclasse che hanno fatto la fortuna del prodotto:
Will Smith (agente J) e Tommy Lee Jones (agente K).
Origini diversi per l’uomo ragno di
Marc Webb. Il regista Marc Webb, al timone del prossimo film
dedicato all’uomo ragno in uscita il 3 luglio 2012 negli Stati
uniti, ha risposto ad alcune domande riguardanti la genesi del
famoso supereroe.
Spiega Webb: “Quello che volevo
dare al pubblico era qualcosa di nuovo, e così abbiamo iniziato a
scavare nella storia dei suoi genitori, che probabilmente verrà
disvelata nell’arco di qualche film. Non chiudiamo totalmente
quella storia nel primo episodio, è un mistero che prosegue. Era un
aspetto che trovavo interessante.”
Il genitori ricopriranno quindi un
ruolo importante nella vita di Peter Parker, molto più di quanto si
possa aver letto nei fumetti originali.
“Ci sono elementi dei quali eravamo
molto consapevoli. Tutto quanto, tuttavia, è nato dall’idea di
questo ragazzo che era stato lasciato “indietro” dai genitori anni
e anni addietro. Era un altro elemento interessante da
esplorare.”
Webb prosegue poi rivelando che una
scena fondamentale non sarà presente nel film
“Credo che questo non sia stato
ancora detto, ma la gara di wrestling non ci sarà. L’evoluzione del
personaggio è diversa, nel nostro film. Dovevamo cercare un
equilibrio tra alcuni elementi iconici della mitologia di
Spider-Man – come la morte di Zio Ben lo trasforma a livello
emotivo – ma succede tutto in modo diverso.
Conclude poi con una dichiarazione
spiazzante per i fan dell’uomo ragno:
“Certo, viene morso da un ragno! Ma
forse non è un ragno radioattivo. O forse lo è! Lo vedrete…”
Arriva anche la terza
clip per l’attesissimo film che tra poco meno di venti giorni
debutterà nel nostro paese e nel mondo: The Avengers. La
clip vede questa volta protagonista Loki (Tom Hiddleston) che
discute con Iron Man/Tony Stark ( Robert Downey Jr.)
Presentata la nuova
edizione del Far East. E’ stata inaugurata ieri la quattordicesima
edizione del Far East Film Festival, che si terrà ad Udine dal 20
al 28 aprile 2012.
Guillermo del Toro
tra mostri marini e robot giganti. Pacific
Rim di Guillermo del Toro è in piena fase di riprese
in Canada, dove è stato costruito il set di una strada distrutta
dall’attacco di un mostro marino. Ecco arrivare un primo video dal
set. La trama della pellicola, ambientata nel 2025, ruoterà
intorno a spettacolari battaglie tra robot giganti e misteriosi
mostri marini emersi dal Pacifico. Prodotto dalla Legendary
Pictures e sceneggiato da Travis Beacham, il cast del film annovera
nomi quali Charlie Hunnam, Idris Elba, Charlie Day, Rob Kazinsky e
Max Martini. L’uscita è prevista per il 12 luglio 2013.
LO SQUALO – Lo storico film che
ancora oggi ci fa tremare quando mettiamo piede in mare – sarà
disponibile per la prima volta in Blu-ray in Italia dal 22 Agosto
2012. Rimasterizzato in digitale con immagini completamente
restaurate e Audio 7.1 Surround nella versione originale, il
Blu-ray de LO SQUALO (con Digital Copy) darà modo ai fan di godere
di questo spettacolare e allo stesso tempo terrificante thriller
nella migliore definizione possible.
LO SQUALO, con il Premio Oscar®
Richard Dreyfuss e i candidati all’Oscar® Roy Scheider e Robert
Shaw, è uno dei film più influenti di tutti i tempi ed è stato
nominato all’Oscar® nella categoria Miglior Film. Prodotto dai
leggendari filmmakers Richard D. Zanuck e David Brown, il film ha
vinto tre Oscar® per il semplice ed immediatamente riconoscibile
tema musicale del compositore John Williams, il Miglior Montaggio e
il Miglior Sonoro. Quando è uscito nel 1975, LO SQUALO ha battuto
ogni record di box-office, diventando il film con il maggior
incasso della sua epoca – nonché uno dei maggiori della storia – e
facendo guadagnare a Spielberg la fama di visionario di
Hollywood.
LO SQUALO è uno dei 13 classici
di Universal rimasterizzati in digitale e completamente restaurati
– da frammenti originali in 35mm – in occasione del Centenario di
Universal. Il restauro de LO SQUALO è iniziato con un attento
studio ed una valutazione approfondita dello stato della pellicola
originale. Nel corso di diversi mesi, tecnici specializzati dello
Universal Studios Digital Services hanno meticolosamente bilanciato
il colore, rimosso i graffi e riparato ogni danno alla pellicola,
lavorando su ogni singola inquadratura ed ogni singolo fotogramma.
Dopo il restauro delle immagini, l’Universal Studios Sound Team ha
trasferito l’iconica colonna sonora de LO SQUALO in DTS-HD Master
7.1, ottimizzando il sonoro in Blu-rayTM per la più avanzata
tecnologia di home theater. L’intero processo di restauro è stato
condotto in collaborazione con Steven Spielberg ed il team di
post-produzione della Amblin Entertainment per garantire aderenza
alla visione originaria di Spialberg.
“LO SQUALO occupa un posto unico
non solo nella storia della Universal Pictures, ma anche nella
cultura pop globale”, ha dichiarato Craig Kornblau, Presidente di
Universal Studios Home Entertainment. “Era doveroso restaurare con
estrema cura questo film per permettere ai vecchi fan, nonché ai
nuovi, di godere di questo indimenticabile successo cinematografico
per le generazioni a venire.”
Contenuti Speciali del
Blu-ray™:
• The Shark is Still Working: The Impact & Legacy of JAWS: Un
documentario con filmati mai visti prima ed interviste al cast e
alla troupe, compresi Steven Spielberg, Richard Dreyfuss e Roy
Scheider.
• JAWS: The Restoration: Un inedito approfondimento sul complesso
processo di restauro della pellicola originale.
• The Making of JAWS: Un documentario di due ore con interviste al
cast principale e alla troupe.
• From the Set: Uno sguardo dall’interno alla vita del set de LO
SQUALO con un’intervista a Steven Spielberg.
• Scene Eliminate & Scartate
• JAWS Archives: Date un’occhiata agli archivi de LO SQUALO che
comprendono storyboard, foto di produzione e materiali di
marketing, così come un sezione speciale sul “fenomeno LO
SQUALO”.
• Trailer cinematografico originale
• Digital Copy: Gli spettatori possono scaricare una versione
digitale dell’intero film per vederlo su una vasta gamma di
dispositive elettronici e portatili.
Contenuti Speciali del DVD:
• Spotlight on Location: The Making of JAWS: Le parti più
importanti del documentario di due ore con interviste al cast
principale e alla troupe.
SINOSSI
Diretto dal Premio Oscar® Steven Spielberg, Lo Squalo è diventato
rapidamente un vero e proprio fenomeno culturale, cambiando per
sempre l’industria cinematografica. Quando la comunità marina di
Amity si ritrova attaccata da un pericoloso squalo bianco, il capo
della polizia cittadina (Roy Scheider), un giovane biologo marino
(Richard Dreyfuss) ed un brizzolato cacciatore di squali (Robert
Shaw) si imbarcano nel disperato tentativo di uccidere la bestia
prima che questa torni ad attaccare. Arricchito da
un’indimenticabile tema musicale, che evoca terrore allo stato
puro, Lo Squalo rimane una delle più influenti ed avvincenti
avventure della storia della cinematografia.
CAST & FILMMAKERS
Cast: Roy Scheider, Robert Shaw, Richard Dreyfuss, Lorraine Gary,
Murray Hamilton
Regia: Steven Spielberg
Prodotto da: Richard D. Zanuck and David Brown
Musiche: John Williams
Basato sul romanzo di: Peter Benchley
Sceneggiatura: Peter Benchley and Carl Gottlieb
Direttore della Fotografia: Bill Butler
Scenografia: Joseph Alves Jr.
Montaggio: Verna Fields
INFORMAZIONI TECNICHE
BLU-RAY
Data d’uscita: 22/08/2012
Copyright: 2012 Universal Studios. All Rights Reserved.
Durata: 2 ore e 4 minuti
Aspect Ratio: Widescreen 2.35:1
Informazioni Tecniche: Inglese DTS-HD Master Audio 7.1/DTS Digital
Surround 2.0 Mono e Dolby Digital 2.0, Italiano, Spagnolo e
Francese DTS Digital Surround 5.1
Sottotitoli: Italiano, Inglese SDH, Francese e Spagnolo
INFORMAZIONI TECNICHE
DVD
Data d’uscita: 22/08/2012
Copyright: 2012 Universal Studios. All Rights Reserved.
Durata: 2 ore e 4 minuti
Aspect Ratio: Anamorphic Screen 2.35:1
Informazioni Tecniche: Inglese Dolby Digital 5.1 e 2.0 Mono;
Italiano, Spagnolo e Francese Dolby Digital 5.1
Sottotitoli: Italiano, Inglese SDH, Francese e Spagnolo
In occasione del proprio Centesimo
Anniversario, Universal Pictures rende orgogliosamente onore ai
propri 100 anni di indimenticabili film, che hanno intrattenuto e
commosso milioni di persone in tutto il mondo. Per celebrare i
propri primi 100 anni, Universal Studios Home Entertainment è
orgogliosa di presentare una selezione dei più amati film della
propria library nell’ambito di un ampio programma della durata di
un intero anno, che mette in evidenza la ricca storia
cinematografica e l’indelebile impatto culturale dello Studio.
A far tremare le vene dei polsi ai
fan di Dario Argento, basterebbero titoli come Pineapple Express
(uscito in Italia come Strafumati) e The Sitter (Lo
Spaventapassere); che David Gordon Green si sia messo in testa di
lavorare a un remake di Suspiria non è certo una novità (se ne
parla da almeno un paio d’anni), tuttavia (sempre che il nostro non
decida di imbarcarsi in un’altra pregevole commedia) sembra che il
momento per il decollo del progetto sia finalmente arrivato… Green
ha già scritto il film assieme Chris Gebert, rivisitando la vicenda
della studentessa americana che, iscritta ad una famosa accademia
di danza in Europa, si troverà di fronte ad una serie di omicidi
particolarmente cruenti… A voi giudicare, se questa sia
effettivamente una buona notizia… o forse no…
Il regista del Corvo, Io Robot e
Segnali dal futuro incontra uno dei maestri della fantascienza per
l’adattamento del lungo racconto The Unpleasant Profession Of
Jonathan Hoag. Il protagonista si accorge improvvisamente una sera
di non ricordare nulla di quanto gli succede nel corso della
giornata; per venire a capo dell’enigma, si rivolge ad un’agenzia
di investigazione diretta da moglie e marito perché lo seguano nel
corso della giornata; i due saranno avvicinati da alcuni individui
oscuri che consiglieranno loro di lasciar perdere. Alex Proyas
aveva già usato la stessa fonte come ispirazione per Dark
City. Il regista è intenzionato ad avviare le riprese il prossimo
autunno, in Australia.
Sono iniziate a Tijuana (Messico) le
riprese di VI PERDONO, film che segna il debutto alla regia di un
lungometraggio di Valeria
Golino, dopo la fortunata esperienza del corto “Armandino e il
Madre”. I protagonisti del film sono Jasmine Trinca e Carlo Cecchi.
Negli anni ’90, John Grisham è
stato una delle principali fonti d’ispirazione per il cinema
americano, con gilm come Il Socio, Il Cliente, Il rapporto Pelican
o L’uomo della pioggia, spesso attirando cast stellari, diretti da
registi del calibro di Coppola o Altman; negli ultimi anni,
l’attenzione sul maestro del legal thriller sembra essersi
progressivamente spenta, almeno fino a oggi, con la notizia del
prossimo adattamento di The Partner (uscito in Italia nel 1997 col
titolo, praticamente identico, di Il Partner).
Al progetto si è mostrato
particolarmente interessato Mark Wahlberg, che dovrebbe
parteciparvi sia in veste di produttore che davanti alla macchina
da presa. La storia narra di un avvocato che pianifica un grosso
furto ai danni di un suo socio, pianificando poi la propria finta
morte. Il gioco inizialmente regge, ma poi le cose si mettono male,
e lungo la strada ci sarà di mezzo anche un omicidio. Per la regia
era stato fatto il nome di John Lee Hancock (The Blind Side), che
ha poi rinunciato a causa di altri impegni.
Dopo Steve Carrell, Paul Rudd e,
ovviamente, Will Ferrell nel ruolo del protagonista, anche il
regista Adam McKay parteciperà al seguito di Anchorman, ambientato
nel mondo dei conduttori televisivi. In una recente intervista,
McKay ha affermato che il film è ancora in fase di scrittura,
lasciando però intendere che l’esito sarà all’altezza delle
aspettative. A questo punto, c’è da prevedere che anche Christina
Applegate sarà della partita, rinnovando il duello col protagonista
per il ruolo di conduettore di punta…
McKay sottolinea come col passare
del tempo, gli ‘eccessi’ per certi versi grotteschi mostrati nel
film precedente (anno di uscita 2004) si stanno facendo via via più
credbili, guardando alla televisione di oggi: un esempio ne siano
le conduttrici del meteo, o l’attenzione sempre maggiore data a
voci e acconciature dei conduttori, piuttosto che alla loro
professionalità, mentre il valore delle notizie è sempre più
strettamente legato al loro risultato in temini di audience e
quindi di profitti.
Una moderna rivisitazione del
dramma di Cechov sancirà il debutto alla regia di Christian Cargo,
attore visto anche in The Hurt Locker; il neoregista sta
attualmente assemblando il cast, di cui tra gli altri
dovrebbero fare parte William Hurt, Jean Reno, Katie Holmes, Mark
Rylance e Juliet Rylance ed Allison Janney. Il dramma originale le
vicende dei vari personaggi e delle loro relazioni romantiche o
artistiche: tra questi, l’ingenua Nina, Irina Adkina, attrice sul
via del tramonto, suo figlio Konstantin Treplev e lo
scrittore Trigorin, amante della stessa Adkina.
Il remake di Camargo ambienterà la
vicenda nel New England, nel corso del Memorial Day. Allison Janney
interpreterà Elizabeth, personaggio disegnato sull’originale
Adkina, William Hurt sarà suo fratello, mente la Holmes
interpreterà la figlia dell’amministratore della proprietà dove è
ambientata la storia. Le riprese dovrebbero cominciare la prossima
estate. Allison Janney, giunta alla notorietà grazie al ruo di CJ
Cregg nella serie televisiva West Wing, si è in seguito alternata
tra comparsate in altre serie (Lost, Weeds, Due Uomini e Mezzo) e
ruoli sul grande schermo (Juno, Hairspray, The Help).
In Ribelle – The Brave, un nuovo racconto si
confonde con la leggenda, quando Merida affronta la tradizione, il
destino e le bestie più feroci. Merida è la principessa
coraggiosa e ribelle, protagonista del prossimo film Disney-Pixar.
Decisa a seguire la propria strada, si oppone ad una secolare
tradizione sacra ai signori della terra scatenando il caos nel
regno del padre, Re Fergus. Brave – Coraggiosa e Ribelle,
prossimamente al cinema.
Rhoda Williams, una studentessa
recentemente accettata al MIT, è alla guida di ritorno da una festa
quando vede un pianeta all’orizzonte. Affacciandosi dalla finestra
per vedere meglio, si scontra con un’altra macchina e uccide due
membri della famiglia al suo interno, per cui viene condannata a
quattro anni di prigione. Al suo rilascio cerca il vedovo della
famiglia, il compositore John Burroughs. Il pianeta che ha visto si
rivela un pianeta specchio della Terra, che contiene apparentemente
le stesse persone. Diventato un caso mediatico, viene fatto un
concorso in cui il vincitore può visitare lo strano pianeta. Mentre
il pianeta si avvicina alla Terra, Rhoda considera la possibilità
di visitarlo per scoprire che tipo di vita sta vivendo il suo
“specchio” nella Terra “alternativa”. Nel frattempo, si sta
sviluppando un rapporto sempre più intimo con John, che però è
inconsapevole della vera identità di Rhoda.
Deadline questa mattina annuncia
ufficialmente che Gary Ross
non dirigerà il sequel di Hunger Games, Catching Fire. A
quanto sembra Ross non se la sente di ritornare per via del troppo
poco tempo a disposizione.
Secondo le ultime indiscrezioni,
sembrerebbe di sì. Anche alla bella Angelina sarebbe destinata una
piccola parte nel thriller di Ridley Scott, The
Counselor. Il copione,
Il cast di American Pie: Ancora
insieme racconta l’esperienza del primo giorno sul set del
nuovo film, che vede il ritorno del cast al completo di American Pie. Al
cinema nel 2012.
Peter Berg
(Hancock) produce e dirige Battleship, un
epico film di azione e avventura che si svolge in mare, in cielo e
sulla terraferma e che narra della lotta per la sopravvivenza da
parte degli umani contro una forza aliena superiore.
Basato sul classico gioco Hasbro,
la battaglia navale, Battleship vanta
star quali Taylor Kitsch e Brooklyn Decker nei panni di
Sam, fisioterapista e fidanzata di Hopper; Alexander
Skarsgård, nei panni del fratello maggiore di Hopper; l’Ufficiale
Comandante Stone della USS Samson; Rihanna nei panni di
Raikes, compagna al college di Hopper e specialista di armi nella
USS John Paul Jones, e la star internazionale Liam Neeson nei
panni del superiore di Hopper e Stone (e padre di Sam),
l’Ammiraglio Shane.
Ecco il video dietro le quinte con
i commenti dei realizzatori:
Dopo la proficua collaborazione in Dark
Shadows e La leggenda del cacciatore di vampiri, Tim
Burton e Seth Grahame-Smith tornano a lavorare insieme. È la volta
di
Non sarà tecnologicamente
sofisticato come Iron Man né
potente come Thor, ma Captain
America possiede qualità uniche che lo rendono l’icona
patriottica dell’universo Marvel, nonché il leader indiscusso
dei Vendicatori.
Creato dai fumettisti Joe
Simon e Jack Kirby, nel periodo di crescente tensione
generato dall’entrata in guerra degli Stati Uniti, Captain America
ha inaugurato un nuovo tipo di supereroe: un soldato che difende il
suo Paese, dotato di tali e tante capacità da sfiorare l’umana
perfezione.
Inizialmente Captain
America era la forza trainante che gli Alleati
contrapponevano alle Potenze dell’Asse della Seconda Guerra
Mondiale; negli anni successivi è diventato il fulcro dei
cosiddetti ‘Vendicatori’ la squadra composta dai supereroi della
Marvel …niente male per un
ragazzo di nome Steve Rogers, nato durante la Depressione nella
Lower East Side di Manhattan.
“E’ lui il collante del gruppo”,
spiega l’artista Steve Epting, disegnatore sia di Vendicatori che
di Captain America. “I Vendicatori sono un’élite di supereroi e
“Cap” ne è l’esponente più esemplificativo”.
Nonostante sia entrato a far parte
della squadra non prima della quarta edizione di Vendicatori, nel
1964, Captain America si è presto affermato come il prototipo della
squadra, ed è considerato parte integrante della cosiddetta
‘triade’ costituita da Iron Man e Thor, che detiene la leadership
del gruppo.
“I primissimi Vendicatori erano
piuttosto eterogenei”, spiega Tom Brevoort, che presso la Marvel svolge il ruolo di Vice
Presidente della Divisione Editoriale nonché Editore Esecutivo.
“Infatti abbiamo costruito un’intera serie su questa loro
eterogeneità, dal titolo VENDICATORI: GLI EROI PIÙ POTENTI DELLA
TERRA, realizzata anni fa da Joe Casey e Scott Kolins. Anche se non
sembra ci sia molto in comune fra un dio asgardiano, un mostro
scatenato e un geniale uomo d’affari, Captain America è riuscito ad
amalgamare la squadra, diventando un punto di riferimento intorno
al quale gli altri personaggi potevano esprimere le loro capacità.
E ovviamente quando Stan Lee, nel tentativo di semplificare
l’universo Marvel, eliminando [dai
Vendicatori] tutte le pubblicazioni dedicate ai singoli personaggi,
Captain America è rimasto. A quel punto è diventato un po’ il
simbolo della squadra, e ha formato nuove reclute quali Occhio di
Falco, Quicksilver e Scarlet, trasformandoli nei Vendicatori. Ha
saputo sempre tener viva la fiamma”.
Lo scrittore storico di
CAPTAIN AMERICA, Mark Waid, spiega la
presenza di questo super soldato fra i Vendicatori da un diverso
punto di vista, sottolineando l’importanza della sua personalità
all’interno del gruppo.
“Quando Captain America si è unito
ai Vendicatori, era l’unico a non avere ancora una serie o un libro
dedicati; all’epoca infatti compariva solo in Vendicatori,
quindi in un certo senso si identifica con questa serie”, spiega
Waid. “Portando le sue abilità in un gruppo in cui i leader si
alternavano, il cui spirito collaborativo era pari alla loro vena
polemica, Cap si è presto affermato come il capo ideale dei
Vendicatori”.
Così come è stato raccontato sia
dai fumetti che dal recente film in cui è protagonista, Captain
America da soldato è diventato leader, e fra i Vendicatori si è
distinto al punto tale da diventare il termine di paragone delle
altre squadre di supereroi persino all’esterno della cosiddetta
‘Casa delle Idee’ (Marvel).
“Cap è il leader per antonomasia,
una fonte di ispirazione sia per gli altri personaggi che per il
cast creativo dei fumetti”, afferma Brevoort. “Penso che dipenda
dal fatto che nonostante non abbia superpoteri, è in grado di
tenere testa a chiunque, senza mai indietreggiare, con un
atteggiamento degno di rispetto. Combatte in prima linea, è sempre
al centro dell’azione, non dà ordini dietro le quinte. E nonostante
tutti i suoi conflitti interiori, quando Cap entra in azione, non
ha dubbi. Si lancia istintivamente nella missione da svolgere,
forte del proprio codice etico. E’ un duro che si adopera per il
bene comune.”
I fumetti hanno
mostrato una varietà di leader di supereroi, dall’incombente
Professor X delle prime pubblicazioni di UNCANNY X-MEN, alla
leadership di Iron Man durante l’assenza di Captain America qualche
anno prima: tuttavia “Cap” ha uno stile unico che gli consente di
unire e motivare chiunque.
“Captain America ama guidare le
truppe, verso il nemico, sfidando qualsiasi paura”, spiega Steve
Englehart, che negli anni ’70 ha ridefinito il personaggio
rendendolo più adatto alla moderna generazione. “Captain America ha
una personalità che non esita di fronte ad un compito da svolgere.
E’ un leader nato mentre altri personaggi come Iron Man o
Thor, pur essendo valorosi, non possiedono l’innata attitudine al
comando di Steve Rogers”.
Captain America è apprezzato per la
sua affidabilità ed esperienza. Creato nel 1941, è uno degli eroi
più ‘anziani’ della Marvel, essendo nato quasi
vent’anni prima degli altri Vendicatori. Esponente di ciò che il
giornalista televisivo Tom Brokaw definisce ‘la più grande
generazione d’America’, è riuscito a restare al passo coi
tempi, senza essere considerato antiquanto per via della sua
longevità. Ma c’è un motivo per questo.
“Stan Lee era
riuscito a prevenire questo problema, definendo Cap come un uomo
che non appartiene al proprio tempo”, dice Brevoort, alludendo al
fatto che Captain America resta ibernato
per decenni dopo la Seconda Guerra Mondiale. “Perciò, sin
dall’inizio dell’era Marvel, abbiamo visto Cap
destreggiarsi fra le stravaganze del mondo moderno, e questo lo
rende un individuo con cui è possibile identificarsi al di là della
sua fama leggendaria. Cap ha continuato ad adattarsi ai tempi che
cambiano. La sua essenza è sempre la stessa ma ora non agisce nello
stesso modo in cui faceva dieci o vent’anni fa. Cap non rappresenta
un determinato momento del suo Paese, bensì la promessa e la
potenzialità americane, una versione migliore e idealizzata
dell’America. E’ come quella vecchia battuta di Cap scritta da
Frank Miller in DAREDEVIL: BORN
AGAIN: ‘Non sono fedele a niente, Generale, se non al
sogno”.
La solida convinzione nei confronti
del suo Paese è ben illustrata nel blockbuster del 2011
“Captain America: il primo vendicatore”,
l’ultimo capitolo di una serie di film della Marvel che culmineranno
prossimamente con “The Avengers”.
“Il suo ritratto in
Captain America: il primo vendicatore’
era molto preciso”, dichiara Waid. “Lo mostrava un po’ meno
navigato rispetto ai fumetti e questo è un bene. Generalmente lo
identifichiamo in un anziano statista per via della sua lunga
presenza nel mondo, mentre la sua versione cinematografica si
ispira ai suoi esordi. Nel film non è un leader consolidato, è
ancora più soldato che generale”.
Considerata la sua longevità nel
mondo dei fumetti, i filmmaker di “Captain America: il primo
vendicatore” dispongono di molto materiale per i film successivi.
Sia come membro di una squadra, sia come eroe solitario,
Captain America vanta una serie di storie
classiche che spaziano nel tempo, arrivando ai giorni nostri. Mark
Waid ha scritto oltre cinquanta pubblicazioni del personaggio, dal
1995 ad oggi, e quando gli è stato chiesto quali sono i momenti
migliori di Captain America, torna alle
origini.
“A parte le storiche pubblicazioni
di Joe Simon e Jack Kirby che hanno generato la prima serie del
1941, il materiale che mi ha influenzato maggiormente, come
lettore, è stato quello di Steve Englehart”, rivela Waid.
“Englehart è riuscito a collocare il personaggio in un contesto
unico, tipicamente americano. Le sue vicende ruotavano intorno
all’odierno contesto socio-politico. Prima di Englehart,
generalmente le storie di Captain America potevano essere
interpretate da qualsiasi personaggio, mentre Steve è stato il
primo a rendere l’unicità di Cap, enfatizzando l’incarnazione del
sogno americano e lo spirito del suo Paese”.
L’editore Tom Brevoort è stato al
timone di Captain America per anni, sfruttando la
sua vasta conoscenza del passato del personaggio per suggerire la
strada da seguire. Grazie alla sua profonda comprensione di Cap,
Brevoort ha un approccio cinematografico che identifica tutti i
momenti clou di ogni decade vissuta da questo eroe.
“Cap si è adattato ad ogni decennio
in cui è stato pubblicato”, spiega Brevoort. “Quindi, sia quando
incarna il leader a caccia di nazisti degli anni ’40, o l’uomo
fuori dal tempo degli anni ’60, oppure il capitano in cerca di se
stesso degli anni ‘70, fino al riflessivo eroe dell’11 settembre
all’inizio del nuovo millennio, il suo personaggio rivela un lato
importante di sé”.
Per quanto riguarda il futuro di
Captain America nei fumetti, la
prospettiva non si limita ad una serie dedicata esclusivamente a
lui, ma anche ad un libro sul gruppo e alla sua presenza assicurata
nella squadra dei Vendicatori le cui avventure escono
settimanalmente. Rispetto alle previsioni di Captain
America nel 2012, Brevoort ha promesso un suo ritorno
alle origini.
“Captain America ha ancora
molto da dare come eroe d’azione”, rivela Brevoort.
“Ultimamente Steve ha incarnato maggiormente il ruolo di un
Generale, dopo il suo ritorno dal regno dei morti, seguendo in
qualche modo la scia di Norman Osborn. Nei mesi a venire vedremo
Cap tuffarsi nella mischia, di nuovo in prima linea, con un ruolo
fisicamente molto attivo in cui si darà da fare per risolvere le
varie emergenze, facendosi valere nelle sue missioni”
Sia nei fumetti, che al
cinema, che sul piccolo schermo, Captain
America continua a rappresentare un supereroe a
difesa della libertà, non solo in America, ma nel mondo intero e
oltre.
di Jim Beard
Sentinella della libertà.
Super Soldato. Leggenda vivente della Seconda Guerra
Mondiale. Un uomo fuori dal tempo.
Captain
America è tutte queste cose, e molto di più. Molto,
molto di più. A dispetto di tutto, si batte contro gli oppressori
degli innocenti e contro chi osa minacciare la nostra libertà,
anche se spesso non riceve neanche una parola di gratitudine. Steve
Rogers si è elevato dal suo umile background, per indossare
il manto della libertà che gli Stati Uniti hanno tanto
lottato per ottenere, e continuare a difendere.
La vita stessa di Cap è un esempio
di eroismo e di patriottismo: e questo è sufficiente affinché gli
altri eroi lo guardino con rispetto, suscitando persino
l’ammirazione di chi ha più poteri di lui. Tante e tante volte è
stato il simbolo a cui i nostri campioni si sono ispirati per
combattere e difendere la libertà e la giustizia.
Il progetto di un
uomo
Il Dottor Abraham Erskine sceglie
il gracile Steve Rogers fra altri candidati apparentemente più
idonei, come cavia per il suo esperimento del super soldato; è da
questo progetto, il Progetto Rinascita, che nasce un nuovo
campione: Captain America. Dopo aver indossato il tipico costume
rosso, bianco e blu, impugnato uno scudo indistruttibile ed essersi
sottoposto ad un duro addestramento militare, Steve si lancia
coraggiosamente in battaglia, in patria e oltreoceano, per aiutare
a cambiare le sorti del suo Paese, l’ America, nella Seconda Guerra
Mondiale. Poco dopo, un giovane di nome Bucky si unisce a lui nella
speranza di emergere vincitori da questo conflitto.
Captain America è presente in molti
campi di battaglia della seconda guerra mondiale, impegnato in
missioni individuali o al fianco degli Invaders, una squadra di
supereroi in tempo di guerra. In quei giorni si fa molti nemici,
fra tutti il diabolico Teschio Rosso e il malvagio Barone Zemo, ma
Cap li sconfigge tutti fino a quando in un giorno fatidico, una
battaglia contro Zemo costerà la vita a Bucky. Dopo essersi
schiantato al Polo Nord con un aereo dell’HYDRA,
Captain America si ritrova ibernato in
animazione sospesa. La guerra finisce senza di lui e Steve dorme
per anni, ignaro dei grandi cambiamenti che avvengono nel
mondo.
La sua seconda
vita
Attualmente i potenti Vendicatori,
una moderna squadra di eroi, scoprono qualcosa di straordinario,
proprio mentre stanno cercando un nemico: si tratta di Captain
America, bloccato nel ghiaccio. Dopo averlo rianimato, gli eroi
informano questo veterano della seconda guerra mondiale dei vari
cambiamenti avvenuti nel mondo, e lo accolgono nel gruppo. E
Cap si dimostra talmente valoroso da meritare lo status di membro
fondatore, un onore che il capitano accoglie con il massimo
rispetto. Spesso conduce la squadra in battaglia, sulla Terra,
nello spazio e persino in altre dimensioni, e ogni volta agisce con
dignità e autorevolezza, confermandosi un indispensabile membro
della squadra. Captain America è anche entrato a far parte dello
S.H.I.E.L.D., un’agenzia di intelligence governativa guidata dal
suo vecchio commilitone Nick Fury.
Anche se queste alleanze sono utili
ad inserirlo nel nuovo mondo, Steve continua a pensare con
nostalgia alle persone del suo passato, ormai morte da tempo. La
sofferenza per aver perso Bucky lo induce a cercare nuovi compagni,
fra cui il giovane Rick Jones che diventa un nuovo Bucky e poi
Falcon, che per molti anni sarà al suo fianco, nella buona e nella
cattiva sorte.
Lo stress del lavoro
Nel corso dell’attuale
carriera, Captain America vive situazioni
davvero estreme. Come simbolo dell’America e Vendicatore a tempo
pieno, Steve sperimenta situazioni stressanti che
traumatizzerebbero qualsiasi uomo comune. Le sue ferme convinzioni
vengono messe continuamente alla prova.
Dopo una missione particolarmente
impegnativa contro l’Impero Segreto, Steve abbandona la sua
identità di Captain America per diventare Nomad, un eroe senza
patria. In un’altra occasione, il governo americano sequestra
il mantello di Captain America per donarlo ad un altro uomo. Ma
costi quel che costi, Cap riesce sempre a tornare, per portare a
termine, infaticabilmente, le sue missioni.
La minaccia
rossa
Il nemico peggiore di Captain
America risponde al nome di Teschio Rosso. Dopo essere stato un
fattorino d’albergo nella Germania nazista, Teschio si è votato al
male, esortato da Adolf Hitler, e da quel momento è diventato un
efferato manipolatore ed assassino. Cap combatte il Teschio per
tutta la durata della seconda guerra mondiale e lo mette con le
spalle al muro innumerevoli volte, ma altrettante volte questo
essere malvagio riesce a sopravvivere per continuare a tormentare
il buon Capitano in ogni occasione.
Durante una battaglia leggendaria,
il corpo ormai invecchiato di Teschio Rosso alla fine lo tradisce,
e muore, ma i suoi perfidi piani continueranno a perseguitare
Captain America. Il Teschio trasferisce la sua coscienza in altri
corpi, persino in un clone di Steve Rogers stesso, e oggi le sue
macchinazioni vivono in Sin, la sua diabolica figlia.
La morte e la nuova
vita
Dopo la strana apparizione del
Soldato Bianco, un agente russo che si rivelerà essere Bucky,
ancora vivo, Captain America si ritrova a battersi contro il suo
collega Vendicatore Iron Man, nel corso della cosiddetta “Guerra
Civile” fra i supereroi della Terra. Al culmine della lotta, Cap,
dopo essere stato arrestato per aver guidato la resistenza contro
l’ordine governativo che imponeva la registrazione di tutti gli
eroi in costume, viene assassinato. Steve Rogers muore sui gradini
di un tribunale, tragicamente ucciso da un macchinoso complotto
ordito dalla sua antica nemesi, il Teschio Rosso.
Bucky, ormai libero dal
condizionamento russo che gli imponeva di essere un killer,
prende il mantello e lo scudo di Captain America per proseguire la
missione di Steve. Infine scopre che la coscienza di Steve è
sopravvissuta, e con l’aiuto dei Vendicatori e di altri eroi, Bucky
riesce a salvare il suo amato mentore e riportarlo in vita. Steve
opera brevemente come agente sotto copertura ma presto assume
nuovamente l’identità per cui è nato: Captain America.
I nuovi
Vendicatori
Con il ritorno di Steve nei panni
di Captain America, i Vendicatori riemergono dalle ceneri, dando
vita ad una nuova alleanza eroica. All’inizio, nella nuova squadra,
Bucky veste i panni di Cap mentre Steve opera dietro le quinte al
fianco dei Vendicatori Segreti; ad un certo punto però, il vero e
autentico Captain America ritrova il suo posto fra i più potenti
eroi della Terra, guidandoli ancora una volta in battaglia, contro
nuove e numerose terribili minacce.