Tra le tante cose che ci
mancheranno di Tony
Stark, scomparso alla fine di Avengers:
Endgame, ci sono sicuramente i simpatici soprannomi
che il personaggio era solito dare ai suoi “colleghi” supereroi (e
non solo).
Ma quali sono i migliori e quelli che ricorderemo tra qualche
anno?
Manchurian Candidate
Per Bucky Barnes il soprannome
scelto è di stampo politico, ovvero “Manchurian
Candidate“, che trae ispirazione dal titolo del romanzo
omonimo di Richard Condon pubblicato nel 1959. Nel libro si parla
infatti dei lavaggi del cervello ad opera del governo americano per
la creazione di potenti serial killer.
Legolas
In
The Avengers, Iron Man aiuta Occhio di Falco a raggiungere in
volo la cima del grattacielo dal quale terrà sotto controllo la
situazione, e quale miglior soprannome di
“Legolas” poteva scegliere per rivolgersi al
collega Vendicatore? Legolas, ovviamente, è l’elfo arciere
interpretato da Orlando Bloom nella trilogia de Il Signore degli anelli e in quella de
Lo Hobbit.
Build-A-Bear
Quando Tony incontra per la prima
volta Rocket Raccoon in Avengers:
Endgame una volta atterrato sulla Terra mette in pausa
il suo discorso emozionante e serio rivolgendosi al procione
dicendo “Onestamente, fino a questo esatto momento pensavo che
fossi un Build-A-Bear.” Un peluche, insomma.
Underoos
Tony Stark ha sempre avuto un legame speciale con Peter Parker,
fin da quando il ragazzo viene reclutato nel suo team per la
Civil
War, ed è proprio durante la battaglia a Berlino che Iron Man
chiama Spider-Man “Underoos“. La Underoos, per chi
non lo sapesse, ovviamente, era un brand di abbigliamento degli
anni ’70 che permetteva ai bambini di vestirsi come i loro
supereroi preferiti.
Capsicle
Nel primo capitolo sugli
Avengers il miliardario, filantropo e genio della
tecnologia Tony Stark incontra il vecchio, onorevole soldato della
seconda guerra mondiale
Steve Rogers, e questo rapporto non sembra partire con il piede
giusto. Sarà forse per il soprannome dato da Tony a Cap,
“Capsicle“, riferendosi ai 70 anni trascorsi in
congelamento. Tradotto “popsicle” significa infatti “ghiacciolo”,
dunque il gioco di parole funziona ad un livello doppio.
Rock of Ages
Rock of
Ages è il titolo di un musical di successo di Broadway
ambientato nell’epoca hair metal degli anni ’80 e nel quale tutti i
membri del cast sfoggiano pettinature lunghe, lisce e ridicole.
Questo è il motivo per cui Tony Stark chiama così Loki in The Avengers del
2012. Forse un modo per allentare la tensione mentre il Dio
dell’Inganno pianificava il suo attacco a New York con i Chitauri,
e forse anche un riferimento al teatro che l’eroe avrebbe potuto
frequentare vivendo nella grande mela.
Squidward
All’inizio di Avengers:
Infinity War seguiamo l’attacco a New York
dell’esercito di Thanos a cui si oppongono Tony Stark, Doctor Strange,
Wong e Spider-Man. Qui gli eroi fanno la conoscenza di
Ebony Maw, uno dei più fidati servitori del titano
pazzo, che a causa del suo viso miserabile e del suo naso gigante
si merita l’appellativo di “Squidward” (Squiddi
Quincy Tentacolo), in riferimento al personaggio della serie
SpongeBob.
Flash Gordon
Il primo incontro tra Tony
Stark e Peter Quill avviene sul pianeta Titano, dove parte degli
Avengers e i
Guardiani della Galassia combatteranno la loro
battaglia per sfilare il guanto dell’infinito dalla mano di Thanos.
È qui poi che Stark apostrofa simpaticamente Quill come
“Flash Gordon“, con l’eroe che risponde spiegando
che accetta il soprannome come un complimento.
Point Break e Lebowski
Sono ben due i soprannomi
attribuiti a Thor: il primo risale ai temi di The
Avengers, quando chiamò il Dio del Tuono “Point
Break“, alludendo alla somiglianza fra lui ed il
personaggio di Bodhi interpretato da Patrick Swayze nel film di Kathryn Bigelow; il
secondo, più divertente, è “Lebowski“, come
riferimento alla nuova forma fisica di Thor dopo il salto temporale
di cinque anni in Avengers: Endgame. Tony lo chiama così e
successivamente il personaggio continua a giocare con l’omaggio
alla pellicola dei fratelli Coen indossando gli stessi occhiali da
sole e il cardigan del Drugo.
Nata a Roma nel 1990, Cecilia Strazza
si è occupata per anni di analisi del film e critica
cinematografica, collaborando con le riviste online Cinefilos.it e
Sentireascoltare.com. Con Bakemono Lab ha pubblicato i volumi
“Don’t you (forget about me): il cinema teen di John Hughes”, “Just
like honey: il cinema di Sofia Coppola”, e con Bietti il saggio
“Greta Gerwig: lo sguardo nuovo del cinema femminile“. Insieme a
Chiara Guida e Davide Cantire è autrice e conduttrice del podcast
“Cinema e…” e dal 2020 lavora in Wildside.