ERIC: recensione della miniserie con Benedict Cumberbatch

L'inquietante e toccante serie "Eric", con protagonista Benedict Cumberbatch, racconta molto più di una drammatica storia di scomparsa e matrimoni falliti

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Dopo aver incantato il pubblico con il fascino di Sherlock Holmes e la potente magia di Doctor Strange, Benedict Cumberbatch arriva su Netflix nei panni del drammatico Vincent Anderson, un genitore tormentato e incompreso che, pur non meritando il premio come miglior papà dell’anno, è riuscito a commuovere il grande pubblico, conquistando il podio della Top10 di Netflix poche ore dopo il suo debutto.

 

Creata e scritta da Abi Morgan (Shame, The Hour) e diretta da Lucy Forbes (This Is Going to Hurt, The End of the F***ing World), Eric è l’emozionante e intensa miniserie di Netflix che mescola gli elementi del family drama e del thriller poliziesco per dar vita al faticoso e surreale viaggio di un atipico padre in cerca di suo figlio e… di se stesso.

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Composta da sei episodi di circa 50 minuti ciascuno, la serie vede protagonisti, accanto al celebre e carismatico Benedict Cumberbatch, anche gli attori Gaby Hoffmann (Louie, Transparent, Girls) e McKinley Belcher III (Mercy Street, One Piece).

Eric: la trama

Immersa nell’atmosfera cupa e pericolosa della New York degli anni ’80, la serie si apre in medias res, 48 ore dopo la scomparsa del giovane Edgar. Il geniale burattinaio Vincent Anderson, creatore del popolare spettacolo per bambini “Good Day Sunshine”, e sua moglie Cassie (Gaby Hoffmann) affrontano i riflettori della stampa, implorando il ritorno del figlio, misteriosamente scomparso mentre si recava da solo a scuola dopo aver assistito all’ennesimo litigio dei genitori.

Mentre Cassie ripone tutte le sue speranze nel coraggioso e determinato detective della polizia di New York Michael Ledroit (interpretato da McKinley Belcher III), Vincent – influenzato dall’uso eccessivo di droghe e alcol – concepisce un folle ed estremo piano: dare vita a Eric, il mostruoso enorme burattino creato dal figlio, così da convincerlo a ritornare dalla sua (disastrata) famiglia.

Eric | In foto (da sinistra a destra) gli attori Gaby Hoffmann (Cassie Anderson) e Benedict Cumberbatch (Vincent). ©2023 Netflix, Inc.

Vincent e Eric

Come era prevedibile, Benedict Cumberbatch brilla nel ruolo dell’insensibile e arrogante narcisista Vincent, il quale incarna perfettamente i pregiudizi spesso associati ai “geniali artisti incompresi”. Fin dal primo episodio, il suo personaggio complesso viene presentato in tutta la sua negatività: è un padre negligente, un marito infedele, un collega e amico poco collaborativo e raccomandabile. Vincent, dunque, emerge come la peggior versione di sé, un uomo tanto instabile e burbero quanto vigliacco, così incapace di affrontare i propri traumi e le relazioni in crisi da anestetizzare il proprio dolore con litri di alcol e diverse droghe.

Ed è proprio dalla sofferenza e rabbia del padre che il piccolo Edgar crea il mostruoso e mastodontico muppet Eric, il cui aspetto ricorda in parte il gentile Sulley di Monsters & Co. ma con una voce più profonda e minacciosa e un carattere meno docile e cortese. Quando Vincent è costretto a reagire alla scomparsa del figlio, Eric si presenta nella sua fantasia come molto più di un semplice amico immaginario. Si trasforma in un aiutante, una coscienza parlante rude e fredda, un po’ come l’iconico Armadillo di Zerocalcare… ma con molto sarcasmo e goffaggine.

Eric | In foto l’attore Benedict Cumberbatch (Vincent) e il mostruoso muppet Eric. ©2023 Netflix, Inc.

Tuttavia, dietro la repellente maschera di egoismo e auto-distruzione, Vincent si rivela come l’anima tormentata di un uomo che non riesce ad amarsi né a lasciarsi amare. L’estenuante viaggio alla ricerca del figlio diventa così un percorso interiore attraverso il proprio dolore, un viaggio di redenzione e comprensione. Cumberbatch riesce a dare il meglio di sé nel mostrare la lotta interiore di Vincent, rendendo il suo personaggio incredibilmente umano e convincente. La sua interpretazione conquista quindi l’empatia del pubblico, facendogli dimenticare ogni sua bruttezza e mancanza.

“Il vero mostro non è sotto al letto”… e non vive nel buio

La serie di Morgan e Forbes si dimostra ben più complessa di quanto inizialmente possa apparire dalla trama. Già dai primi due episodi, la scomparsa di Edgar si rivela infatti essere solo l’incipit di una storia più fitta e angosciante in cui temi come il razzismo, gli abusi, la corruzione e la criminalità, dipingono una New York City oscura, crudele e ingiusta. La stessa città che, tra poliziotti corrotti, prostituzione minorile e accampamenti sotterranei per i senzatetto, prima ancora di inghiottire Edgar, ha mesi prima gettato nel vuoto l’adolescente afroamericano Marlon Rochelle.

Eric è una serie che gioca abilmente con dualità e parallelismi, offrendo una narrazione che si stratifica su due trame principali: da un lato, quella che segue le lunghe ed estenuanti indagini del detective Ledroit, e dall’altro quella che vede Vincent lottare affannosamente nella sua solitaria e folle crociata. Ma un altro importante parallelismo sono, appunto, le tragiche storie dei due minori scomparsi, Edgar e Marlon, che denunciano come in un mondo dove i cattivi governano, la polizia occulta prove e le minoranze si nascondono nel buio al di sotto della città, la scomparsa di Edgar, un bambino bianco con nonni squattrinati, riceve molta più attenzione e risonanza rispetto a quella di Marlon, un adolescente nero e gay.

Eric | In foto l’attore McKinley Belcher III nei panni del Detective Ledroit. ©2023 Netflix, Inc.

È evidente che, come accennato poc’anzi, il tema delle minoranze, sia razziali che di orientamento sessuale, è uno dei pilastri centrali che arricchiscono la serie. A questo si aggiungono però anche temi come l’omofobia, le insidie delle dipendenze, l’avidità capitalistica. Eric, quindi, non si limita a raccontare una storia di scomparse e matrimoni falliti, ma offre una profonda riflessione sulle ingiustizie sociali e le dinamiche di potere in una New York che non è poi così tanto diversa dal resto delle città del mondo.

Un thriller “originale ma non troppo”

Eric è riuscito a farsi notare con fierezza al suo debutto su Netflix non solo per l’inconfondibile presenza di Benedict Cumberbatch, ma la miniserie di Morgan e Forbes travolge e conquista gli spettatori grazie anche a un cast formidabile (arricchito da personaggi secondari di grande valore), e alle rilevanti tematiche attuali affrontate con coerenza e decisione.

Mettendo da parte il ritmo a tratti troppo lento e alcune ridondanze di trama, Eric si inserisce nel ricco catalogo Netflix come un thriller “originale ma non troppo”, che pur meritando senz’altro la visione non spodesterà di certo quello che finora è stato il thriller Netflix più amato del 2024, Baby Reindeer.

Sommario

Razzismo, abusi, corruzione e criminalità. Ma anche omofobia, dipendenze e avidità capitalistica. Questi sono solo alcuni dei rilevanti e attuali temi trattati nella miniserie di Morgan e Forbes che, poche ore dopo il suo debutto, è riuscita a guadagnarsi il podio della Top10 di Netflix. Ma, pur meritando senz'altro la visione, Eric si inserisce nel ricco catalogo della popolare "N rossa" come un thriller "originale ma non troppo", che non spodesterà dunque quello che finora è stato il thriller Netflix più amato del 2024, Baby Reindeer. 
Annarita Farias
Annarita Farias
Nata nel 1996, laureata in Lingue, Culture e Letterature Moderne Europee presso l'Università Federico II di Napoli e attualmente laureanda in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale all'Università di Roma Tre, dove approfondisce la settima arte per scrivere di critica cinematografica con maggiore consapevolezza e passione. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania come giornalista pubblicista dal 2022, ha collaborato per due anni con la testata online Ambasciator.it e attualmente scrive di cinema per Cinefilos.it e Scuola Consulting.

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