Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno, la recensione del blockbuster di Tom Cruise

In attesa del prossimo capitolo, scopriamo l'inizio della fine della saga... forse.

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L’abbiamo aspettato a lungo, e alla fine è arrivato il momento di Mission: Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno, dal 12 luglio al cinema, distribuito da Eagle Pictures. L’abbiamo aspettato a lungo anche e soprattutto perché dovrebbe – con la Parte Due, prevista per il 28 giugno 2024 – essere l’ultimo capitolo della saga iniziata nel 1997, sempre più saldamente nelle mani di Christopher McQuarrie, scelto da Sua Maestà Tom Cruise ai tempi del Jack Reacher del 2012 per traghettare nel mito il suo Ethan Hunt, e forse accompagnarlo nell’uscita di scena (anche se in merito i dubbi restano). Dopo circa tre anni di riprese, ritardi, stop, incidenti, pandemia, foto rubate e voci sulla spettacolarità degli stunt dello spericolato protagonista, ci siamo, il settimo capitolo della serie ispirata alla serie tv creata da Bruce Geller negli anni ’60 è finalmente realtà.

 

Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno, l’ultima missione

Nelle profondità del Mar di Bering un sottomarino di ultima generazione si trova costretto a combattere un nemico inaspettato, e letale, in uno scontro le conseguenze del quale scatenano una reazione a catena che coinvolge agenti e servizi segreti di tutto il mondo. Compresa la IMF della squadra di Ethan Hunt, che con Luther e Benji (Ving Rhames e Simon Pegg) si trova di fronte alla sfida più pericolosa mai affrontata: trovare e disinnescare una nuova terrificante arma che minaccia l’intera umanità e che rischia di cadere nelle mani sbagliate.

Da Amsterdam al deserto arabo, da Roma a Venezia (fino all’ormai celebre Helsetkopen del salto in moto di Cruise), seguiamo la missione di Ethan & Co. e delle figure che si alternano al loro fianco o come loro antagonisti: dalla Grace di Hayley Atwell e la Ilsa Faust di Rebecca Ferguson ai pericolosissimi Gabriel e Paris di Esai Morales e Pom Klementieff, o la Alanna Mitsopolis di Vanessa Kirby. Un nemico misterioso e onnipotente, una entità capace di controllare la realtà come la conosciamo e di riportare in vita forze oscure provenienti dal passato, mette ormai in pericolo il destino del mondo. E Hunt dovrà essere pronto a sacrificare tutto, comprese le vite di coloro che gli stanno più a cuore.

Con Tom Cruise verso il Gran Finale

Come accadde con David Yates per Harry Potter, dopo Brian De Palma, John Woo, J.J. Abrams e Brad Bird il franchise di Mission: Impossible è ormai una questione riservata al Christopher McQuarrie ex sceneggiatore de I soliti sospetti. Bel lieto di lasciar monopolizzare la propria carriera registica – a parte l’esordio del 2000 – all’irresistibile Tom Cruise, il cinquantaquattrenne del New Jersey sembra ormai il primo profeta del culto dell’imprescindibile sodale, che a 61 anni (27 dei quali passati da Ethan Hunt) si avvicina sempre più al momento di abbandonare il servizio attivo nell’IMF mostrandosi più emotivo, maturo, consapevole e orgoglioso della propria età anagrafica che in altre occasioni.

Al momento poco più di una mera prospettiva, forse quella che si augura chi lo apprezza più come attore che come testimonial del cinema in sala, almeno del genere blockbuster, ma che – con l’intelligenza produttiva che lo contraddistingue – l’attore potrebbe aver iniziato a considerare, tanto da condizionare il risultato di questo faticosissimo Gran Finale, che solo per questa sua prima parte ha richiesto poco meno di 300 milioni di dollari di budget e quasi tre ore di durata. Gran parte delle quali occupate da interminabili spiegoni di quel che sta succedendo, che succederà o che potrebbe succedere, che poco aggiungono alla tensione sviluppata.

Il traffico di Roma e i pericoli moderni

Da ricercare, come da tradizione, soprattutto nelle sequenze d’azione – immancabili e curatissime – come quelle di Venezia, sul treno o nel traffico di Roma (che chi conosce o vive la Capitale apprezzerà in maniera particolare). Senza nulla togliere all’annunciatissimo stunt del nostro eroe, meticolosamente preparato e ampiamente pubblicizzato, paradossalmente fin troppo coerente col resto dell’azione da non scatenare l’adrenalina prevista, ma l’anticipazione stessa del quale viene sfruttata come elemento narrativo in attesa che si realizzi.

Ma con un prodotto del genere, costruito per il Box Office e destinato – anche con merito – al successo planetario, l’intrattenimento è assicurato, nonostante si tratti di una “premessa” che ci lascerà col fiato sorpreso per quasi un anno. I fan della saga, abituati ai cliffhanger, anche questa volta non saranno delusi né troppo infastiditi dall’attesa, quanto piuttosto da qualche debolezza nella scrittura, in primis dei personaggi – a tratti esageratamente drammatizzati – e delle loro interazioni. Autocitazionismo e rispetto della storia passata finiscono infatti per limitarli, appiattendo alcuni momenti clou come anche la caratterizzazione del cattivissimo di turno, per ora meno penetrante della Paris di Pom Klementieff, quasi sidekick bondiana.

Tra buoni e cattivi, il futuro è qui

Interessante in Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno, per quanto didascalica e furbescamente allineata a un sentire comune in ampia diffusione, la minaccia principale che tutto determina, dalla quale tutti – buoni e cattivi – sono preoccupati, ma sulla quale restiamo volutamente vaghi (salvo avvisare che si tratta di “un parassita che divora verità e infesta il cyberspazio”) e che vi invitiamo a non indagare prima di vedere il film. I cervellotici ragionamenti in stile ‘Matrix‘ alla base dell’incertezza che permea la spy story principale sono forse un’estremizzazione di timori molto attuali, ma giustificano l’intera narrazione. Che, in attesa della conclusione definitiva, sembra davvero porre le basi per un cambio netto – più che per una fine – del franchise,  vedremo poi se con un passaggio di testimone o con un’evoluzione del personaggio di Cruise. A meno di non prendere sul serio le sue dichiarazioni sulla volontà di continuare a interpretare quel “mentalista, mutaforma e incarnazione del caos” di Hunt fino a 80 anni.

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