Il gender swap colpisce ancora nel modo più innocuo ma funzionale in The Aeronauts, film che racconta l’impresa del meteorologo James Glaisher e dell’aviatore Henry Coxwell, capaci nel 1862 di raggiungere quota 11.887 metri di altitudine a bordo di una mongolfiera; sfortunatamente, in questo adattamento di Tom Harper (Peaky Blinders, Guerra e Pace) e Jack Thorne (Wonder, Harry Potter e la maledizione dell’erede) Coxwell viene “sostituito” da un personaggio di fiction, tale Amelia Wren, arbitraria fusione tra la prima aeronauta professionista della storia Sophie Blanchchard e Margaret Graham, sacrificando la verità in nome di una dinamica cinematografia più appetibile per i tempi.

 

Ghostubusters di Paul Feig, Ocean’s 8, What Men Want, The Hustle con Anne Hathaway e Rebel Wilson ci insegnano che il cambio di prospettiva è diventata un’urgenza per gli studi hollywoodiani dopo lo scoppio del movimento Me Too, proprio per un miglior posizionamento del target e un riequilibrio dei sessi al cinema come specchio della società.

Eddie Redmayne e Felicity Jones di nuovo insieme per The Aeronauts

E se in alcuni dei casi citati sopra il capovolgimento di sguardo aveva funzionato benissimo (vedi la lettura al femminile degli acchiappafantasmi), in altri si era scontrato con un fallimento pressoché totale (il sequel di Ocean’s Eleven con Sandra Bullock e Cate Blanchett), The Aeronauts almeno ci risparmia le guerre tra sessi, il finale romantico e certe forzature tipiche del film biografico condannato a far commuovere ad ogni costo. Amelia è effettivamente l’eroina nella versione di Harper e Thorne, una donna moderna che non conosce limiti, ma la sua controparte maschile non viene trattata con un senso di inferiorità dichiarata, anzi, sospesi nel cielo i bisogni di entrambi hanno lo stesso peso e il lutto di lei è approfondito come l’insofferenza di lui.

Torna in scena la coppia di La teoria del tutto formata da Eddie Redmayne e Felicity Jones, ma niente a che vedere con quella smielata drammatizzazione della vita di Stephen Hawking e della ex-moglie Jane Wilde e quel sensazionalismo di serie b con fotografia agghiacciante; c’è invece il rispetto del canone classico del survival movie con incongruenze perdonabili (tipo l’equipaggiamento dei due viaggiatori per niente adatto, o le rocambolesche imprese dei personaggi sul pallone aerostatico), spaziando dalla tensione di Gravity all’umanesimo di First Man tra memoria e perdita, con omaggi più o meno espliciti all’immaginazione di J.M. Barrie e un’invidiabile chimica – già apprezzata in passato – tra gli attori. Un’esperienza da vivere sospendendo l’incredulità e la fiducia nella scienza, ricordandoci di non perdere quella nella felicità che spesso troviamo lontano dalle nostre dimensioni abituali. Un po’ più in alto, oltre i limiti, senza protezione e salvagenti.

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