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Volonté – L’uomo dai mille volti, al cinema da oggi, fino al 25 settembre con Lucky Red

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Dopo essere stato presentato in concorso alla 81.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Venezia Classici Documentari sul Cinema, arriva come evento al cinema da oggi fino a mercoledì 25 settembre Volonté – L’uomo dai mille volti, di Francesco Zippel con la partecipazione, tra gli altri, di Giovanna Gravina Volonté, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Valerio Mastandrea, Marco Bellocchio, Margarethe Von Trotta, Angelica Ippolito, Pierfrancesco Favino e Toni Servillo.

Il documentario, scritto e diretto da Francesco Zippel, è una coproduzione Quoiat Films, Rai Documentari e Luce Cinecittà con il contributo di Rai Teche, distribuito da Lucky Red.

In occasione dell’uscita al cinema del documentario il regista e il cast incontrano il pubblico in sala con quattro proiezioni speciali a Roma. A questo link e di seguito le info sul tour.

  • Lunedì 23 settembre al cinema Eden (Piazza Cola di Rienzo, 74) alle ore 20.30, presenti il regista Francesco Zippel, Felice Laudadio e Gianna Gissi;
  • Martedì 24 settembre al cinema Giulio Cesare (Viale Giulio Cesare, 229) alle ore 18:30, presenti Francesco Zippel e il fondatore presidente di Lucky Red, Andrea Occhipinti;
  • Martedì 24 settembre cinema Greenwich (Via Giovanni Battista Bodoni, 59) ore 21.00 con Francesco Zippel e Fabio Ferzetti
  • Mercoledì 25 settembre al cinema Troisi (Via Girolamo Induno, 1) ore 20.00 con Francesco Zippel, il consulente scientifico del film Alberto Crespi e il produttore Amedeo Pagani
Volonté – L’uomo dai mille volti poster film
Volonté – L’uomo dai mille volti poster film – BOOM PR

La trama di Volonté – L’uomo dai mille volti

Il 2024 segna il trentennale della morte di Gian Maria Volonté, uno dei più importanti e amati attori della storia del cinema italiano. “Volonté – L’uomo dai mille volti” ne ricorda il percorso personale e artistico sottolineando quanto Volonté sia ancora oggi un riferimento assoluto per i più importanti interpreti contemporanei. Saranno loro, insieme alla famiglia e agli amici, a raccontarne l’unicità e l’attualità, accompagnandoci a scoprire le tematiche che lo hanno definito nel suo cammino artistico e militante. Il racconto è arricchito da immagini, clip e filmati inediti.

Volo MH370: recensione della nuova docuserie Netflix

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Volo MH370: recensione della nuova docuserie Netflix

E’ affascinante notare come l’essere umano sia sempre così particolarmente attratto dai misteri, come se non riuscisse ad accettare che certe cose non possono semplicemente essere spiegate in maniera chiara e razionale. Uno dei maggiori misteri irrisolti dell’ultimo decennio è proprio la sparizione del Volo MH370 della Malaysia Airlines l’otto marzo del 2014; l’aereo portava a bordo 239 persone, anch’esse svanite nel nulla. A nove anni dall’accaduto, Netflix punta a ricostruire l’accaduto, riportando alla luce tre delle teorie più plausibili per la scomparsa dell’aereo. La docuserie è composta da soli tre episodi, ognuno da circa cinquanta minuti.

Volo MH370: la ricerca di una spiegazione

Volo MH370 si apre con un analisi dettagliata, ora per ora, del giorno della sparizione dell’aereo. Vengono intervistati mariti, mogli, figli dei passeggeri del volo scomparso, i quali, riportando le loro singole storie, sono costretti a rivivere momenti strazianti.

Ogni episodio  presenta una teoria diversa sulla sparizione del MH370: il primo episodio, Il Pilota, si concentra proprio sulla figura di Zaharie Ahmad Shah, esperto pilota della compagnia aerea.  L’ipotesi di un omicidio suicidio sembra da subito essere la più probabile e plausibile. Pur essendo stati disattivati i dispositivi di localizzazione una volta lasciato lo spazio aereo malese alla volta di una zona grigia di confine con il vicino Vietnam, è presto emerso come l’aereo abbia continuato l’attività di volo per diverse altre ore, fino ad esaurimento carburante. Questo elemento sembra essere da subito controverso: se l’intendo di Zaharie era il suicidio, perché aspettare così tante ore?  Ciononostante, questa sembra essere inizialmente la spiegazione dell’accaduto.

Tutto sembra risolto, fin quando un altro Boeing 777, in partenza da Amsterdam, non registra un nuovo incidente aereo in territorio ucraino, al confine con la Russia. I primi mesi del 2014 nel panorama internazionale sono caratterizzati anche da un altro importante avvenimento: l’invasione della Crimea da parte della Russia il 23 febbraio. Le cause di questo secondo incidente risultano essere da subito più chiare: si è trattato di un abbattimento. A questo punto, si riconsiderano anche i possibili eventi che abbiano potuto portare alla sparizione mesi prima del MH370. Essendo stato individuato un cambio di rotta durante il volo, dopo la disattivazione dei dispositivi di localizzazione, viene considerata la possibilità di un  dirottamento dell’aereo da parte della Russia. Considerando la nuova rotta, individuata tramite satelliti, l’aereo sarebbe   potuto andare a nord, atterrando in Kazakistan.  La teoria viene ideate dal giornalista di aviazione Jeff Wise, ma è accolta da pochi. La scoperta di detriti, resti dell’aereo, nei mesi seguenti, renderà il tutto sempre più confusionario: cosa è accaduto realmente al MH370?

Una storia tragica di persone vere

Troppo spesso, ascoltando le news o leggendo i giornali, si finisce per dimenticarsi che le vicende che ascoltiamo, sono storie di persone reali. Nella docuserie volo MH370 si recupera il contatto con le singole vittime, tramite le testimonianze di vari parenti e cari; questo è un elemento che rende il documentario più autentico, e permette allo spettatore di vedere questo semplice avvenimento di cronaca, noto a molti, sotto un nuovo differente punto di vista.

Inoltre, per mantenere una sempre maggiore autenticità, vengono riportate foto e video anche dei parenti disperati durante le varie conferenze stampa ed anche nell’aeroporto di Pechino-Capitale, in Cina, destinazione a cui l’aereo MH370 non giunse mai.

Altri elementi interessanti ed anche determinanti nella diffusione di informazioni furono i canali social. Sull’allora molto utilizzato Twitter si riversarono testimonianze dei parenti delle vittime, con una marcata frustrazione col passare dei giorni dalla scomparsa dell’aereo; ad esse si affiancarono tutta una bufera di commenti, like e nuove teorie e fake news. Vennero date le spiegazioni più disparate dell’accaduto, fino ad incolparne anche gli alieni!

La ricerca di un capro espiatorio

Un fattore rilevante in volo MH370 è la continua ricerca, in tutti e tre gli episodi, non solo di una spiegazione della sparizione dell’aereo, ma anche di un colpevole. In una tale situazione tragica e catastrofica, è come se l’essere umano puntasse non solo a trovarne delle cause, ma anche dei soggetti da accusare. Il primo capro espiatorio fu proprio il defunto pilota Zaharie, nell’ipotesi di un omicidio suicidio. Nella seconda ipotesi la  Russia ed i tre passeggeri russi a bordo vennero considerati responsabili dell’accaduto, mentre nel terzo episodio si ipotizza un coinvolgimento americano nell’accaduto.

Volo MH370 – L’aereo sparito nel nulla: cosa la docuserie Netflix non dice della storia vera

Per tutti gli appassionati di misteri, un caso che dal 2014 ad oggi ancora suscita grande interesse e scalpore è quello della scomparsa del volo Malaysia Airlines 370. Tale evento, particolarmente drammatico per via delle sue presunte 239 vittime, ha nel tempo generato tante teorie quanti tentativi di ricerca del velivolo, divenendo ormai parte della cultura di massa. A distanza di 9 anni, Netflix ha ora rilasciato una docuserie in tre episodi intitolata proprio Volo MH370 – L’aereo sparito nel nulla (qui la recensione), che oltre a ripercorrere ciò che si sa di tale evento, approfondisce anche alcune delle principali teorie formatisi riguardo la sua scomparsa.

Distribuita a partire dall’8 marzo (anniversario della scomparsa del volo) e diretta da Louise Malkinson, la serie si divide dunque in tre episodi, intitolati Il Pilota, Il Dirottamento e L’intercettazione, è stata particolarmente criticata proprio per il suo concentrarsi troppo sulle teorie cospirazioniste legate all’evento, discostandosi talvolta troppo dai reali eventi avvenuti. Oltre a ciò, inoltre, la docuserie omette anche alcuni dettagli particolarmente cruciali riguardo a tale caso. Questo non ha però impedito a Volo MH370 – L’aereo sparito nel nulla di suscitare l’attenzione degli abbonati alla piattaforma, tanto da essere ad oggi al 7° posto nella Top 10 delle Serie TV più viste in Italia.

Scopriamo però ora la vera storia dietro la docuserie e quali dettagli questa omette di raccontare.

Cosa è accaduto al volo Mh370?

Tutto ha avuto inizio l’8 marzo 2014, quando il volo, operato da un Boeing 777-200ER, scomparve dai sistemi di localizzazione e venne dato per disperso con un comunicato ufficiale dalla Malaysia Airlines. L’ultima comunicazione con l’equipaggio risale a circa 38 minuti dopo il decollo, mentre l’aeromobile sorvolava il Mar Cinese Meridionale. Pochi minuti dopo il volo sparì definitivamente dai radar del controllo di volo, ma continuò ad essere tracciato da radar militari per un’altra ora, mentre deviava verso ovest rispetto al suo piano di volo. Uscì infine dalla portata dei radar circa 200 miglia nautiche (370 km) a nordovest dell’isola di Penang. 

L’ultimo messaggio del comandate Zaharie Ahmad Shah, ricevuto alle ore 1.19 e 30 secondi dalla torre di controllo, riferva la transizione dal Lumpur Radar all’ACC di Ho Chi Minh e augurava la buonanotte. Dalle ore 01:20 circa, però, i contatti con il volo si interrompono. Il pilota automatico viene spento e l’aereo ha vira bruscamente verso sinistra dirigendosi a sud-ovest verso l’Africa anziché a nord-est in direzione Cina. Sono poi state rilevate, inoltre, anche alcune manovre atipiche, come l’arrivo alla quota record di oltre 14mila metri, volta, probabilmente, a mandare in asfissia tutti i passeggeri a bordo. Il primo indiziato dell’accaduto è poi stato proprio il comandante Shah. L’ultimo rilevamento noto, in un punto ai limiti del radar militare malese, avvenne alle 02:22.

Le ricerche del volo MH370

La ricerca del velivolo, che divenne la più costosa della storia dell’aviazione, si concentrò inizialmente nel Mar Cinese Meridionale e nel Mare delle Andamane, prima che l’analisi delle comunicazioni automatizzate del Boeing con un satellite Inmarsat identificasse un possibile sito di incidente da qualche parte nell’Oceano Indiano meridionale. Tra il 18 marzo e il 28 aprile, 19 navi e 345 aeromobili militari perlustrarono una zona di oltre 4600000 km². Altri tentativi per trovare il Boeing furono effettuati tramite un’indagine batimetrica, ecoscandagliando il fondale marino, a circa 970 miglia nautiche (1 800 km) a sud-ovest di Perth, nell’Australia occidentale.

Il 17 gennaio 2017, la ricerca ufficiale del volo 370 venne sospesa dopo non aver prodotto prove diverse dal semplice ritrovamento di alcuni detriti marini sulla costa africana. Il rapporto concluse che, utilizzando immagini satellitari e analisi della deriva dei detriti, la posizione dell’aereo era stata ridotta essere in un’area di 25000 km². Nel gennaio 2018, però, una società privata di esplorazione marina degli Stati Uniti, Ocean Infinity, riprese le ricerche proprio nell’area di 25000 km², ma anche questa si concluse senza successo il 9 giugno 2018. Ad oggi, dunque, il velivolo non è ancora stato ritrovato, il che non ha dato possibilità di risolvere i misteri ancora in vigore, tra cui, in primis, cosa può aver causato l’incidente.

Il documentario Volo MH370 ignora il ruolo del governo malese

La docuserie di Netflix affronta molti aspetti diversi della storia, ma una componente chiave che ignora è il ruolo del governo malese. Il documentario mostra la frustrazione dei cittadini in attesa di risposte che non sono mai arrivate, ma con tutte le teorie che presenta, non si approfondisce mai completamente ciò che riguarda il governo malese. Mentre alcune teorie parlando di come il governo abbia pianificato l’intera faccenda, un punto di vista più logico da prendere per il documentario Netflix sarebbe stato relativo al motivo per cui il governo ha dato così poche risposte a coloro che vogliono disperatamente ricongiungersi con i loro familiari che erano sul volo e perché abbia invece nascosto molte informazioni.

La compagnia satellitare privata britannica Inmarsat ha scoperto che l’MH370 aveva abbandonato il suo percorso, dirigendosi verso il Vietnam invece di proseguire verso nord. Il governo malese conosceva queste informazioni dal suo radar militare, ma non le ha rilasciate fino a una settimana dopo la scomparsa dell’aereo, portando i ricercatori a cercarlo nella zona sbagliata. Probabilmente il governo stava cercando di mantenere i cittadini calmi e di salvarsi dal subire critiche dopo quello che era successo all’aereo. Sarebbe dunque stato interessante vedere il documentario di Netflix affrontare anche questo argomento.

Tralascia informazioni e motivazioni relative al capitano Ahmad Shah

Una teoria nel documentario Netflix fortemente enfatizzata è quella sul coinvolgimento del Capitano Zaharie Ahmad Shah. Questa propone che Zaharie abbia pianificato l’intera faccenda come un omicidio-suicidio di massa. Sebbene non ci siano prove che fosse coinvolto, la teoria sembra ad oggi la più quotata. Il documentario parla brevemente delle possibili motivazioni di Zaharie, come le motivazioni politiche e le passate lotte per la salute mentale, anche se molto viene tralasciato. Invece, il film intervista i membri della sua famiglia, che hanno solo cose positive da dire su di lui. Naturalmente, questo è completamente parziale, poiché anche se sapessero qualcosa di compromettente, avrebbero potuto ometterlo.

Molti che erano vicini al capitano hanno confermato che egli aveva confessato di sentirsi solo e triste. Ad esempio, il suo matrimonio stava attraversando una profonda crisi e Shah aveva tradito sua moglie diverse volte con assistenti di volo, cosa di cui lei era a conoscenza. Questa non è un’informazione sufficiente per giungere al consenso sul fatto che ci sia Zaharie dietro la scomparsa dell’MH370, ma uno sguardo più approfondito alla sua vita personale avrebbe potuto sostenere meglio le teorie a riguardo, meglio di quanto presentato nel documentario Netflix.

I contributi del Dr. Schalk Lückhoff e di Richard Godfrey non sono inclusi

Quando si parla dei detriti ritrovati dell’MH370, il documentario affronta la missione di Blaine Gibson a riguardo, che ha appunto permesso di ritrovare alcuni di questi frammenti. Tuttavia, c’è anche la storia di un medico sudafricano di nome Schalk Lückhoff, che si è imbattuto nei detriti a Mossel Bay nel dicembre 2016. Lückhoff ha detto di aver ignorato i detriti quando li ha visti per la prima volta perché avevano un cattivo odore a causa delle cozze in decomposizione attaccate ad essi. Lückhoff non è stato incluso nel documentario, e nemmeno la sua storia dell’essersi imbattuto in tali detriti. Una storia che invece avrebbe potuto fornire ulteriori spunti di riflessione sulle possibili zone dell’impatto.

Richard Godfrey è invece noto per aver svolto ricerche approfondite sull’MH370, ma nel documentario non viene menzionato nulla di lui. Il documentario Netflix non affronta dunque le informazioni che sono emerse negli anni più recenti, come tutto ciò che Godfrey pensa di aver scoperto. Ad esempio, egli ritiene di aver trovato la posizione dell’MH370 nell’Oceano Indiano. Godfrey crede anche nella teoria dell’omicidio-suicidio presentata nel documentario. Con tutte le sue ricerche, avrebbe avuto molte informazioni da offrire al documentario Netflix, ma è stato purtroppo escluso senza un chiaro motivo. L’assenza di tutti questi elementi rende dunque Volo MH370 – L’aereo sparito nel nulla piuttosto imprecisa, pur non togliendo nulla al suo essere un prodotto comunque avvincente.

Fonte: ScreenRant

Volo 3054 – Una tragedia annunciata, la storia vera dietro alla docuserie Netflix

Il 17 luglio 2007, il Brasile ha assistito al peggior incidente aereo della sua storia: lo schianto di un aereo della TAM Airlines, che ha causato la morte di 199 persone. L’incidente è anche considerato la più grande tragedia aerea dell’America Latina ed è stato rivisitato nella serie di documentari brasiliana Volo 3054 – Una tragedia annunciata, disponibile su Netflix dal 23 aprile.

Il giorno del tragico incidente, l’aereo, un Airbus A320 operato dalla TAM, non è riuscito ad atterrare correttamente all’aeroporto di Congonhas a San Paolo. Ha oltrepassato la pista e si è scontrato con un edificio della TAM e una stazione di servizio in Avenida Washington Luís, causando un’esplosione. Il documentario in tre parti esplora la storia dietro l’incidente, incluso lo stato dell’aviazione brasiliana all’epoca, le cause che hanno portato alla tragedia e cosa è successo ai responsabili.

Il “blackout aereo” in Brasile

Quando si verificò la tragedia dell’Airbus A320 della TAM nel 2007, il Brasile stava attraversando quello che divenne noto come il “blackout aereo”, una crisi nel settore dell’aviazione civile del Paese tra il 2006 e il 2007, caratterizzata da massicci ritardi, cancellazioni di voli e caos aeroportuale, che colpì milioni di passeggeri.

La crisi fu causata dalla mancanza di investimenti nelle infrastrutture aeroportuali e nel controllo del traffico aereo – conseguenza di anni di tagli al bilancio – e dai bassi salari e dalle pessime condizioni di lavoro per i controllori di volo. Ciò portò a scioperi e proteste di “work-to-rule” (quando il rigoroso rispetto delle procedure viene utilizzato per rallentare le operazioni), il tutto mentre il numero di passeggeri cresceva senza una proporzionale espansione delle infrastrutture.

La crisi peggiorò dopo lo schianto del volo Gol 1907 del 29 settembre 2006, in cui persero la vita tutti i passeggeri e l’equipaggio a bordo, entrando in collisione con un altro aereo in rotta da Manaus a Brasilia. Questo incidente aumentò l’insicurezza tra i professionisti dell’aviazione. Alcuni controllori di volo furono sospesi per indagini su potenziali errori operativi. In assenza di sostituzioni, altri dovettero sostituirli, con conseguente ulteriore tensione. I controllori chiesero migliori condizioni di lavoro e l’assunzione urgente di altro personale.

Cortesy of Netflix © 2025

Volo 3054 – Una tragedia annunciata – Il peggior incidente nella storia dell’aviazione brasiliana

Intorno alle 18:48 ora locale del 17 luglio 2007, l’Airbus A320 della TAM, ora operativo con il nome di LATAM, stava arrivando dall’aeroporto Salgado Filho di Porto Alegre e tentò di atterrare all’aeroporto Congonhas di San Paolo. La pista era bagnata e, a causa dei recenti lavori di ristrutturazione, era priva della scanalatura che consente una frenata più efficace degli aerei. La manovra di atterraggio non ebbe successo: l’Airbus uscì di pista e si schiantò contro un edificio cargo della TAM situato proprio di fronte all’aeroporto.

L’aereo esplose, uccidendo 199 persone: 181 passeggeri, sei membri dell’equipaggio e 12 persone che si trovavano a terra o all’interno dell’edificio. L’edificio fu successivamente demolito e trasformato in un memoriale per le vittime, con 199 punti luce. In Volo 3054 – Una tragedia annunciata, le famiglie delle vittime ricordano il giorno dell’incidente e l’angosciante attesa per l’identificazione dei corpi. Alcune famiglie non riuscirono a seppellire i propri cari, poiché i corpi di alcune vittime furono completamente polverizzati nell’impatto. Altri furono ritrovati anche 30 giorni dopo l’incidente.

Le cause dell’incidente raccontato in Volo 3054 – Una tragedia annunciata

L’incidente fu indagato da tre agenzie brasiliane. Il CENIPA, il Centro per l’Investigazione e la Prevenzione degli Incidenti Aeronautici, concluse che la tragedia fu causata da una combinazione di errori umani e operativi. Secondo il rapporto, durante l’atterraggio, i piloti hanno portato solo una delle leve di comando del motore al minimo, mentre l’altra è rimasta in modalità salita. Questo ha fatto sì che il sistema dell’aereo interpretasse il tentativo di decollo, non di frenata. Un ultimo segmento del registratore vocale della cabina di pilotaggio ha registrato i piloti mentre notano che solo uno dei comandi funzionava correttamente.

Tra gli altri fattori che hanno contribuito alla segnalazione figurano la mancanza di un avviso acustico per l’errata configurazione della manetta e carenze nell’addestramento dell’equipaggio, basato principalmente su corsi online. Sebbene esperto, il copilota aveva poche ore di volo su A320. Inoltre, non esisteva alcuna normativa che impedisse gli atterraggi a Congonhas con un inversore di spinta non funzionante, nemmeno nei giorni di pioggia.

La CENIPA, in quanto agenzia di prevenzione, non ha fatto i nomi dei responsabili. Tuttavia, il suo rapporto ha contribuito a ulteriori indagini da parte della Polizia Civile e della Polizia Federale, che hanno raggiunto conclusioni diverse in merito alle responsabilità.

Chi è stato ritenuto responsabile?

Inizialmente, la Polizia Civile aveva incriminato 10 persone, tra cui dipendenti di Infraero (l’autorità aeroportuale), dell’Agenzia Nazionale per l’Aviazione Civile (Anac) e di TAM Airlines. La Procura di Stato ha aggiunto un altro nome, portando il totale a 11 persone formalmente accusate. Tuttavia, il caso non è stato portato avanti presso il tribunale statale. È stato trasferito alla Procura Federale, con la motivazione che si trattava di un reato commesso in precedenza dalla sicurezza aerea, che ricadeva sotto la giurisdizione federale. La Polizia Federale ha quindi preso in carico le indagini e alla fine ha incriminato solo i due piloti: Kleyber Lima e Henrique Stefanini Di Sacco.

Ciononostante, quando la Procura Federale ha formalmente presentato le accuse, il procuratore Rodrigo de Grandis ha scelto di incriminare altre tre persone: il Direttore della Sicurezza dei Voli di TAM, Marco Aurélio dos Santos de Miranda e Castro; il Vicepresidente Operativo dell’azienda, Alberto Fajerman; e la direttrice dell’ANAC Denise Abreu.

Nel 2014, Fajerman è stato assolto per mancanza di prove. Denise Abreu e Marco Aurélio sono stati accusati di omicidio volontario, sostenendo di aver permesso al velivolo di operare in condizioni inadeguate, ma nel 2015 tutti e tre gli imputati sono stati assolti.

Cortesy of Netflix © 2025

Cosa è cambiato dopo la tragedia di Volo 3054 – Una tragedia annunciata?

Il rapporto del CENIPA ha emesso 83 raccomandazioni di sicurezza, indirizzate all’Organizzazione Internazionale per l’Aviazione Civile (OCI), all’ANAC, all’aeroporto di Congonhas, ad Airbus e a TAM. Una modifica importante è stata l’installazione di sistemi di allarme visivi e acustici per avvisare i piloti di possibili errori di configurazione della manetta. Al momento dell’incidente, Airbus aveva già sviluppato il dispositivo, ma non ne aveva imposto l’installazione, poiché ciò avrebbe richiesto un costoso richiamo.

All’aeroporto di Congonhas, la modifica più significativa è stata la risistemazione della pista, ora dotata di scanalature trasversali e di uno strato di attrito poroso per migliorare il drenaggio dell’acqua e ridurre il rischio di slittamento. La lunghezza utile della pista principale è stata ridotta a 1.660 metri per consentire la creazione di zone di sicurezza. Per quanto riguarda l’addestramento dei piloti, l’Agenzia Nazionale per l’Aviazione Civile (ANAC) ha stabilito standard minimi di addestramento specifici per i guasti al sistema frenante.

Sebbene il Brasile abbia registrato un aumento degli incidenti aerei negli ultimi anni – in particolare nel 2024, che ha registrato 138 morti in 40 incidenti mortali ed è stato considerato l’anno più mortale per l’aviazione brasiliana dal 2014 – queste cifre includono vari tipi di aeromobili, come elicotteri e ultraleggeri, secondo i dati del Sistema di Investigazione e Prevenzione degli Incidenti Aeronautici gestito dall’Aeronautica Militare Brasiliana.

Nel caso dell’aviazione commerciale regolare – la categoria a cui apparteneva il volo TAM 3054 – il primo incidente mortale registrato dopo la tragedia del 2007 si è verificato nell’agosto del 2024.

In quel caso, il volo 2283, un ATR 72-500 operato dalla compagnia aerea Voepass, si è schiantato a Vinhedo, nello stato di San Paolo, uccidendo 62 persone. Fino ad allora, il Brasile non aveva registrato incidenti mortali nell’aviazione commerciale regolare per 17 anni – un dato che rafforza l’idea che molte delle raccomandazioni di sicurezza adottate dopo l’incidente del TAM abbiano avuto un impatto duraturo.

Volevo Nascondermi: tre clip dal film con Elio Germano

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Volevo Nascondermi: tre clip dal film con Elio Germano

In occasione della presentazione del film al Festival di Berlino 2020, la 70° edizione della Berlinale, 01 Distribution diffonde in rete tre clip da Volevo Nascondermi, il film di Giorgio Diritti in concorso al festival, con protagonista Elio Germano.

Toni, figlio di una emigrante italiana, respinto in Italia dalla Svizzera dove ha trascorso un’infanzia e un’adolescenza difficili, vive per anni in una capanna sul fiume senza mai cedere alla solitudine, al freddo e alla fame. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati è l’occasione per riavvicinarsi alla pittura, è l’inizio di un riscatto in cui sente che l’arte è l’unico tramite per costruire la sua identità, la vera possibilità di farsi riconoscere e amare dal mondo. “El Tudesc,” come lo chiama la gente è un uomo solo, rachitico, brutto, sovente deriso e umiliato, diventa il pittore immaginifico che dipinge il suo mondo fantastico di tigri, gorilla e giaguari, stando sulla sponda del Po. Sopraffatto da un regime che vuole “nascondere” i diversi e vittima delle sue angosce, viene richiuso in manicomio. Anche lì in breve riprende a dipingere.

Volevo nascondermi: trailer del film con Elio Germano

Più di tutti, Toni dipinge se stesso, come a confermare il suo desiderio di esistere al di là dei tanti rifiuti subiti fin dall’infanzia. L’uscita dall’Ospedale psichiatrico è il punto di svolta per un riscatto e un riconoscimento pubblico del suo talento. La fama gli consente di ostentare un raggiunto benessere e aprire il suo sguardo alla vita e ai sentimenti che sempre aveva represso. Le sue opere si rivelano nel tempo un dono per l’intera collettività, il dono della sua diversità.

Volevo nascondermi è prodotto da PALOMAR con RAI CINEMA con il sostegno della REGIONE EMILIA-ROMAGNA in associazione con COOP ALLEANZA 3.0, DEMETRA FORMAZIONE SRL, FINREGG SPA ai sensi delle norme sul Tax Credit

Volevo nascondermi: trailer del film con Elio Germano

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Volevo nascondermi: trailer del film con Elio Germano

Dopo il primo poster ufficiale arriva il trailer ufficiale di Volevo nascondermi, il nuovo film del regista Giorgio Diritti, con Elio Germano in uscita il 27 febbraio distribuito da 01 distribution.

https://www.youtube.com/watch?v=D5oC_NYpV0s&feature=youtu.be

Toni, figlio di una emigrante italiana, respinto in Italia dalla Svizzera dove ha trascorso un’infanzia e un’adolescenza difficili, vive per anni in una capanna sul fiume senza mai cedere alla solitudine, al freddo e alla fame. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati è l’occasione per riavvicinarsi alla pittura, è l’inizio di un riscatto in cui sente che l’arte è l’unico tramite per costruire la sua identità, la vera possibilità di farsi riconoscere e amare dal mondo. “El Tudesc,” come lo chiama la gente è un uomo solo, rachitico, brutto, sovente deriso e umiliato, diventa il pittore immaginifico che dipinge il suo mondo fantastico di tigri, gorilla e giaguari, stando sulla sponda del Po. Sopraffatto da un regime che vuole “nascondere” i diversi e vittima delle sue angosce, viene richiuso in manicomio. Anche lì in breve riprende a dipingere.

Più di tutti, Toni dipinge se stesso, come a confermare il suo desiderio di esistere al di là dei tanti rifiuti subiti fin dall’infanzia. L’uscita dall’Ospedale psichiatrico è il punto di svolta per un riscatto e un riconoscimento pubblico del suo talento. La fama gli consente di ostentare un raggiunto benessere e aprire il suo sguardo alla vita e ai sentimenti che sempre aveva represso. Le sue opere si rivelano nel tempo un dono per l’intera collettività, il dono della sua diversità.

Volevo nascondermi è prodotto da PALOMAR con RAI CINEMA con il sostegno della REGIONE EMILIA-ROMAGNA in associazione con COOP ALLEANZA 3.0, DEMETRA FORMAZIONE SRL, FINREGG SPA ai sensi delle norme sul Tax Credit

Volevo nascondermi: la nuova giovinezza del film di Giorgio Diritti

Arrivato in sala in un momento e un anno decisamente particolare, era il 19 agosto del 2020, Volevo Nascondermi è un film di Giorgio Diritti che racconta la parabola turbolenta, umana e artistica, di Antonio Ligabue, impersonato da un geniale Elio Germano.

Il film è stato presentato al Festival di Berlino 2020, dove ha vinto il premio per la migliore interpretazione maschile, e ha trionfato ai David di Donatello 2021, con 7 premi su 15 candidature. Disponibile per molto tempo su Sky Cinema e in streaming su NOW, adesso, l’approdo di Volevo Nascondermi su Netflix, gli sta facedno vivere una seconda giovinezza, data la capillare diffusione della piattaforma della N rossa in tutti il territorio italiano.

Il film è balzato in Top 10 dei film più visti e per questo vi proponiamo una serie di curiosità sul progetto, sui suoi realizzatori e sul suo eccentrico soggetto: il pittore Antonio Ligabue.

I Premi vinti da Volevo Nascondermi

Il trionfo di Volevo Nascondermi ai David ha visto il film portarsi a casa molti premi, come abbiamo detto, e diversi nelle categorie principali. Il film ha vinto nelle categorie Miglior Film, Miglior Regia, Migliore attore protagoniste, oltre ai premi per la fotografia, il suono, l’acconciatore e la scenografia.

Ai prestigiosi David e ovviamente all’Orso d’Argento per il migliore attore conquistato a Berlino da Elio Germano, si aggiungono il Nastro dell’anno ai Nastri d’argento 2020, i premi per Miglior fotografia e Migliori costumi agli European Film Awards e le tre candidature ai Ciak d’oro.

La trama di Volevo nascondermi

La trama di Volevo nascondermi si concentra sulla vita del celebre artista Antonio Ligabue, grande pittore naif emiliano. Una delle figure più rilevanti dell’arte contemporanea, in Italia e all’estero, che neanche a dirlo ha avuto una vita complicata, affetto da sempre da problemi di salute, era rachitico, e che nella pace assoluta delle banchine del fiume Po dipingeva leoni, tigri, gorilla e giaguari.

Il film è una biografia classica che percorre tutta la sua vita. Nella prima fase dell’infanzia, particolarmente complessa, Antonio Ligabue trova nella pittura una forma di riscatto. Attraverso di essa riesce a catapultarsi in un universo tutto suo. Dato in affidamento a una coppia dalla madre in Svizzera, Toni ebbe rapporti contrastati con la sua famiglia di adozione, tanto che venne espulso dal Paese perché aggredì sua madre. Si trasferisce così in Italia, dove si ritrova solo, affamato e al freddo.

L’incontro con Renato Marino Mazzacurati cambia la sua vita: Antonio comincia a dipingere sistematicamente, dedicando la sua vita all’arte, unico modo per riuscire a emergere dalla sua condizione di reietto affermando un’identità che faticava a trovare.

Così che “El Tudesc”, nomignolo non troppo affettuoso che gli era stato dato, si costruì un mondo su misura, e in quell’ambiente sereno tutto sembrava possibile.

Il cast di Volevo nascondermi

Protagonista assoluto di Volevo Nascondermi è come detto Elio Germano, in una delle sue interpretazioni più complicate e riuscite. Trasformato nel corpo e nello spirito, Germano consegna allo schermo una performance intensa e sopra le righe, apprezzata in tutta Europa. Non è la prima volta che l’attore si cimenta con un grande artista, visto che era già stato Giacomo Leopardi per Mario Martone.

Condividono il set con lui altri bravissimi interpreti: Pietro Traldi è Renato Marino Mazzacurati, Fabrizio Careddu nel ruolo di Ivo, Orietta Notari è la madre di Mazzacurati, Andrea Gherpeli è Andrea Mozzali. Leonardo Carrozzo e Oliver Ewy interpretano rispettivamente Ligabue da bambino e da giovane.

Volevo nascondermi su Netflix

Presentato a febbraio 2020 a Berlino, il film ha dovuto affrontare l’ormai nota chiusura delle sale dell’anno della Pandemia di Covid-19. La sua distribuzione è stata complessa, e il film è arrivato in sala il 19 agosto di quell’anno, per poi essere disponibile per diverso tempo su Sky Cinema e NOW. Adesso è visibile in abbonamento su Netflix.

Volevo nascondermi: ecco Elio Germano come Antonio Ligabue

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Volevo nascondermi: ecco Elio Germano come Antonio Ligabue

Ecco il primo poster ufficiale che ci mostra Elio Germano come Antonio Ligabue in Volevo nascondermi, il nuovo film del regista Giorgio Diritti,  in uscita il 27 febbraio distribuito da 01 distribution 

Volevo nascondermi film 2020

Toni, figlio di una emigrante italiana, respinto in Italia dalla Svizzera dove ha trascorso un’infanzia e un’adolescenza difficili, vive per anni in una capanna sul fiume senza mai cedere alla solitudine, al freddo e alla fame. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati è l’occasione per riavvicinarsi alla pittura, è l’inizio di un riscatto in cui sente che l’arte è l’unico tramite per costruire la sua identità, la vera possibilità di farsi riconoscere e amare dal mondo. “El Tudesc,” come lo chiama la gente è un uomo solo, rachitico, brutto, sovente deriso e umiliato, diventa il pittore immaginifico che dipinge il suo mondo fantastico di tigri, gorilla e giaguari, stando sulla sponda del Po. Sopraffatto da un regime che vuole “nascondere” i diversi e vittima delle sue angosce, viene richiuso in manicomio. Anche lì in breve riprende a dipingere.

Più di tutti, Toni dipinge se stesso, come a confermare il suo desiderio di esistere al di là dei tanti rifiuti subiti fin dall’infanzia. L’uscita dall’Ospedale psichiatrico è il punto di svolta per un riscatto e un riconoscimento pubblico del suo talento. La fama gli consente di ostentare un raggiunto benessere e aprire il suo sguardo alla vita e ai sentimenti che sempre aveva represso. Le sue opere si rivelano nel tempo un dono per l’intera collettività, il dono della sua diversità.

Volevo nascondermi, recensione del film con Elio Germano

Volevo nascondermi, recensione del film con Elio Germano

Protagonista di Volevo Nascondermi di Giorgio Diritti è Elio Germano, nel ruolo del pittore e scultore italiano Antonio Ligabue. Per questa interpretazione, Germano ha vinto l’Orso d’argento per il miglior attore al Festival di Berlino 2020. Il film ha inoltre ottenuto 15 candidature ai David di Donatello 2021.

Volevo nascondermi: la trama

Volevo Nascondermi esordisce con una serie di flashback che ci mostrano l’infanzia e la giovinezza di Ligabue, costellate da violenze, soprusi e abbandono. Vediamo in primo piano il viso del pittore oscurato da un drappo nero, da una cui fessura fa capolino l’occhio del pittore, che rivolge lo sguardo anche a noi spettatori. È un’immagine fortemente simbolica, che va a stabilire fin da subito il senso della pellicola di Diritti: indagare il mistero e la genesi dell’estro artistico e creativo del pittore, oltre l’ottenebramento dei tormenti psichici interiori. Veniamo poi a conoscenza di alcune tappe fondamentali della vita del pittore: nato in Svizzera da una famiglia italiana e successivamente dato in affidamento a diverse famiglie, la crescita del giovane pittore è ostacolata dalle continue violenze perpetrategli, ragion per cui sarà affidato a un istituto per ragazzi affetti da disagi mentali. A vent’anni viene espulso dalla Svizzera e si ritrova nella cittadina romagnola di Gualtieri, dove verrà conosciuto come “El Tudesc”. In Italia non imparerà mai del tutto la lingua e sarà cacciato dagli abitanti del paese, costretto a rifugiarsi in una baracca nel bosco, fino all’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati, che ne scoprirà l’estro e le capacità artistiche.

Un conflitto insolubile tra l’emarginato e la comunità

La filmografia di Giorgio Diritti è permeata da una visione tragica sul conflitto insolubile tra l’emarginato, il disadattato, e la comunità. Si nota una riflessione generale sulle parti più predatorie e ferine dell’animo umano, anche visto come branco, che non solo espelle chi ne ostacola gli equilibri ma punta a mettere in disparte e perfino distruggere le componenti più fragili. Non si opta per una conciliazione tra le parti, perché non è data alcuna possibilità di riscatto ai più deboli. C’è piuttosto la presa di coscienza dell’animo spietato ed egoistico che guida le azioni umane in diversi contesti.

Ligabue rimarrà un’anima fanciullesca e senza filtri, nascosta dietro la maschera del reietto e del disadattato. Dalla radicale esclusione del pittore alla vita comunitaria nasce la più totalizzante immedesimazione con l’universo animale, che trova una propria dimensione su tela: tigri inferocite, aquile che si avventano sulle prede con le ali spianate, cavalli imbizzarriti, sono i soggetti più ricorrenti dei suoi quadri. “Non sono una bestia”, dice in manicomio il pittore, cercando di ritagliarsi una dimensione esistenziale propria, sicura e incisiva, pur sapendo che solo nella libertà d’animo di questi esseri egli può identificarsi.

“Volevo nascondermi” recita il titolo del film: l’animo di Ligabue non si nasconde certo nei suoi quadri, dove emerge prepotentemente la conflittualità dell’universo e la rabbia dell’artista, ma anche la purezza ancestrale della dimensione naturale. La sublimazione della propria essenza attraverso l’arte gli conferisce una speranza tale da poter ritenersi un individuo speciale, immortale addirittura, secondo l’idea dell’opera che sorpassa l’autore, che si fissa come immanente nel futuro incerto, come dice di sé stesso al suo autista. Non riuscirà però ad essere un uomo integrato in una comunità; l’essenza del pittore non è ancorabile a una dimensione umana specifica, si presenta come anima vagante in cerca di un rifugio in cui non doversi nascondere. Incapace di esprimersi in maniera comprensibile, senza dimora, Ligabue si rispecchia veramente soltanto nell’infanzia, nel mondo apolide dei circensi, o nel provare ad essere altro da sé, figura femminile o animalesca che sia.

L’arte di Ligabue è istintiva, carica di pathos, bisogni e desideri di cui non riusciva ad appropriarsi nella vita quotidiana. Il suo processo artistico passa per l’immedesimazione totale nelle bestie che ritrae, da cui emerge una rabbia repressa per la condizione affibbiatagli di reietto, di escluso. Ligabue cerca allora di trovare una dimensione propria, di affidarsi un ruolo, un posto nel mondo: agli innumerevoli dipinti di animali, alterna autoritratti che vogliono segnalarne rumorosamente il passaggio sulla terra, che vogliono lasciare l’impronta di un’esistenza in sordina, ma che esplode prepotentemente tramite l’arte. Anche quando il suo talento sarà riconosciuto e omaggiato e gli verranno concesse mostre, Toni non riuscirà a liberarsi della condizione di diverso, escluso: il tenero amore verso Cesarina, una sua compaesana, per esempio, rimarrà solo il desiderio irrealizzabile di un’esistenza che non permette un percorso di vita canonico.

Volevo nascondermi

Elio Germano restituisce l’essenza più pura di Ligabue

Elio Germano ci regala un’interpretazione straordinaria nei panni di Toni Ligabue ed encomiabile è anche il lavoro di Lorenzo Tamburini al trucco (già vincitore di un David di Donatello per Dogman): questo diventa infatti supporto aggiuntivo, mezzo tramite cui comunicare tutta l’intensità d’animo di Ligabue, la sofferenza, il bisogno di amore di chi non vuole essere definito bestia, ma che troverà il proprio riflesso compiuto solo nelle rappresentazioni animali. Ligabue studia meticolosamente gli animali per poterli riprodurre come scorcio sulla sua anima, e solo in altre anime pure, quelle dei bambini, trova un interlocutore ideale. Ne è un esempio la disperazione totale quando muore una bambina di Gualtieri, lutto al cui il pittore risponde ritraendola e gridando disperatamente “Dove sei?” al ritratto, con una tenerezza ed umanità totalizzanti.

Un grande lavoro di messa in scena, che abbraccia il realismo degli ambienti e degli spazi, scenografie che ci fanno immergere nell’Emilia Romagna del tempo e la suggestiva colonna sonora firmata da Daniele Furlati e Massimo Biscarini, sono solo alcuni dei punti di forza del film. Diritti ci consegna sprazzi della vita del grande pittore, quelli necessari per poterne cogliere la vera essenza, che combaciano con il suo anelito di libertà e amore: i passaggi fondamentali che lo portarono al successo come pittore, l’accettazione e derisione dei suoi compaesani, l’acuirsi e l’attenuarsi delle sue crisi.  La narrazione non segue uno schema lineare, eppure i salti temporali non disorientano lo spettatore, perché riescono a catturare l’essenza del pittore e del disturbo così profondo alla base della sua arte.

È maestosa la collaborazione tra la conoscenza profonda del mondo rurale emiliano infusa nell’opera da Diritti, unita al lavoro attoriale di Germano, non solo sul rimodellamento della propria fisicità, per poterla meglio adattare al personaggio, ma che abbraccia anche uno studio fonetico nei riguardi delle capacità linguistiche del pittore, che si esprimeva mischiando i diversi lasciti linguistici della sua vita. Partendo da quel corpo che si nasconde sotto un indumento -che è allo stesso tempo corazza- emerge uno sguardo che mischia timore a curiosità, lo sguardo di un fanciullo sempiterno, che da voce a un’arte unica nel suo genere, distinguibile per la vivacità cromatica e l’energia intrinseca. “I quadri si vedono, non c’è bisogno di parlare”, afferma Ligabue: i suoi sono quadri parlanti, dipinti di una vita a cui non è concessa piena espressione verbale. La tavolozza diventa strumento indispensabile per sfuggire a un’esistenza marchiata dai disturbi mentali e dalla derisione generale. Diritti non giudica né assolve chi, per ignoranza o insensibilità, disprezza Ligabue e le sue opere, ma riesce a ritrarre con delicatezza e dolcezza estrema i pochi che ne seppero capire il tormento interiore e tentarono di essere per lui casa.

Sulla sua tomba si legge: «Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore». Solitudine, dolore, libertà e amore: i quattro pilastri di questo sodalizio tra Diritti e Germano, che riesce a restituire appieno i tormenti, i desideri e l’essenza più pura di un animo incompiuto.

Volevo Nascondermi, dal 19 agosto di nuovo al cinema

Volevo Nascondermi, dal 19 agosto di nuovo al cinema

Dopo la vittoria dell’Orso d’argento per il Miglior Attore a Elio Germano, il premio come Film dell’Anno ai Nastri d’Argento e il Globo d’Oro come Miglior Film e Migliore Fotografia, VOLEVO NASCONDERMI di Giorgio Diritti con Elio Germano, prodotto da Palomar con Rai Cinema, uscirà di nuovo nelle sale con 01 Distribution da mercoledì 19 agosto.

SINOSSI

Volevo nascondermi…ero un uomo emarginato, un bambino solo,
un matto da manicomio, ma volevo essere amato.

Toni, figlio di una emigrante italiana, respinto in Italia dalla Svizzera dove ha trascorso un’infanzia e un’adolescenza difficili, vive per anni in una capanna sul fiume senza mai cedere alla solitudine, al freddo e alla fame. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati è l’occasione per riavvicinarsi alla pittura, è l’inizio di un riscatto in cui sente che l’arte è l’unico tramite per costruire la sua identità, la vera possibilità di farsi riconoscere e amare dal mondo.

“El Tudesc,” come lo chiama la gente è un uomo solo, rachitico, brutto, sovente deriso e umiliato. Diventerà il pittore immaginifico che dipinge il suo mondo fantastico di tigri, gorilla e giaguari stando sulle sponde del Po. Quella di Ligabue è una “favola” in cui emerge la ricchezza della diversità e le sue opere si rivelano nel tempo un dono per l’intera collettività.

Volevo nascondermi di Giorgio Diritti con Elio Germano sulla vita di Ligabue

Arriverà al cinema a febbraio Volevo nascondermi, il nuovo film di Giorgio Diritti con  protagonista Elio Germano sulla vita di Ligabue, pittore e scultore italiano, tra i più importanti artisti naïf del XX secolo.

Volevo nascondermi: la trama

Toni, figlio di una emigrante italiana, respinto in Italia dalla Svizzera dove ha trascorso un’infanzia e un’adolescenza difficili, vive per anni in una capanna sul fiume senza mai cedere alla solitudine, al freddo e alla fame. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati è l’occasione per riavvicinarsi alla pittura, è l’inizio di un riscatto in cui sente che l’arte è l’unico tramite per costruire la sua identità, la vera possibilità di farsi riconoscere e amare dal mondo.

“El Tudesc,” come lo chiama la gente è un uomo solo, rachitico, brutto, sovente deriso e umiliato,  diventa il pittore immaginifico che dipinge il suo mondo fantastico di tigri, gorilla e giaguari, stando sulla sponda del Po.  Quella di Ligabue è una “favola” in cui emerge la ricchezza della diversità e le sue opere si rivelano nel tempo un dono per l’intera collettività.

Volevo nascondermi è prodotto da PALOMAR con RAI CINEMA con il sostegno della REGIONE EMILIA-ROMAGNA in associazione con COOP ALLEANZA 3.0, DEMETRA FORMAZIONE SRL, FINREGG SPA  ai sensi delle norme sul Tax Credit

Voldemort: colui che è sempre stato nominato… male!

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Voldemort: colui che è sempre stato nominato… male!

Colui che non deve essere nominato è sempre stato… nominato male! A rivelarlo è stata la stessa JK Rowling via Twitter.

Parliamo ovviamente di Lord Voldemort, Voi Sapete Chi, il super cattivo della saga di Harry Potter. A quanto pare si pronuncia con la T muta, alla francese.

Il nome significa infatti, in francese, “volo della morte”, e, come si legge su Twitter, gli unici a pronunciare bene il nome del Signore Oscuro sono sempre stati soli i francesi e la Rowling stessa.

In realtà, nei primi due audiolibri della saga, incisi da Jim Dale, la pronuncia è corretta, ma dopo l’uscita del primo film, Harry Potter e la Pietra Filosofale, dove la T si sente nella pronuncia, anche gli audiolibri si sono adeguati all’errore.

Ricordate che “Bisogna chiamare le cose con il loro nome, la paura del nome non fa altro che aumentare la paura della cosa stessa”, ma se proprio dovete chiamare il Signore Oscuro con il suo, che lo pronunciate come si deve!

 

Voldemort’s Origins of the Heir: il fan trailer del film

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Voldemort’s Origins of the Heir: il fan trailer del film

Ecco il fan trailer di Voldemort’s Origins of the Heir, una storia che tutti vorremmo ci fosse raccontata e che va a indagare l’infanzia del temibile villain di Harry Potter.

Voldemort’s Origins of the Heir – Fan Traielr

Come abbiamo visto in Harry Potter e i Doni della Morte Parte 2, Voldemort è stato ufficialmente sconfitto, ma il mondo magico ha trovato il modo di tornare sullo schermo grazie alle avventura di Newt Scamander in Animali Fantastici e dove Torvarli.

Il sequel del film con Eddie Redmayne è al momento in lavorazione.

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Animali Fantastici e Dove Trovarli recensione

Il film è uscito il 17 novembre 2016, e avrà come protagonista Newt Scamandro, autore de Gli animali fantastici dove trovarli, che ha esattamente 23 anni. Il film è  ambientato a New York, 70 anni prima delle vicende di Harry Potter. Nel cast Eddie Redmayne, Katherine Waterston, Ezra Miller, Dan Folger e Alison Sudol.

Animali Fantastici e Dove Trovarli ha vinto un premio oscar per i Costumi, il primo Academy Awards per il francise di Harry Potter.

Voldemort vs. Darth Vader: chi è più potente tra i due

Voldemort vs. Darth Vader: chi è più potente tra i due

Quando si pensa ai più grandi villain del grande schermo, gli iconici Darth Vader e Voldemort occupano di sicuro un posto d’onore. Antagonisti principali di entrambe le saghe che li hanno resi noti al grande pubblico – rispettivamente Star Wars e Harry Potter -, i due cattivi, sebbene godano di una fama che si potrebbe considerare paritetica, non hanno in realtà gli stessi poteri.

Provando a divertirci nel mettere le loro abilità a confronto, quali pensate siano i punti di forza dell’uno e quali invece quelli dell’altro? Abbiamo messo “allo specchio” le loro personalità, cercando di rispondere ad un’ardita domanda: chi è più potente tra Darth Vader e Voldermort? Scopriamolo insieme…

Discendenza

Il primo confronto tra i due personaggi si basa sulle loro origini. La famiglia di Voldemort ha profondi legami con la magia oscura, legami “di sangue” che risalgono alla figura di Salazar Serpeverde. Per liberarsi dalla discendenza Babbana del padre e della povertà in cui caddero i Guant, Voldermort ha dovuto necessariamente ‘trasformarsi’ in qualcosa di più grande. Parallelamente, anche le origini di Anakin Skywalker erano alquanto umili…

Giovane ragazzo schiavo, è cresciuto al fianco della madre per servire gli Hutt su Tatooine, per poi essere venduto a Watto. Si dice che il piccolo Anakin sia stato concepito senza un padre, creato dalla Forza attraverso l’Immacolata Concezione. In questo prima testa a testa, è sicuramente Darth Vader a spuntarla.

Abilità naturali

Quando si tratta di abilità, sia grazie ai libri che ai film sappiamo quanto Voldemort sia sempre stato dotato. Anche da bambino, durante gli anni trascorsi in orfanotrofio, ha dato sfogo ai suoi poteri, tanto per imparare a padroneggiarli quanto per vendicarsi dei torti subiti. Le sue abilità non passarono inosservate neanche a Silente, che una volta giunto nell’orfanotrofio lo convinse a frequentare la scuola di magia di Hogwarts. 

Per quanto riguarda invece Anakin, le sue abilità naturali non si sono manifestate perché collegate alla Forza (almeno da ciò che abbiamo visto nei film), come ad esempio la sua capacità di pilotare navi e veicoli, che non ha mai avuto eguali. Inoltre, ha sempre avuto il più alto numero di midi-chlorian di chiunque altro i Jedi avessero mai scoperto. Potrebbe forse non essere così evidente, ma siamo convinti che a livello di abilità Anakin e Voldemort gareggino al medesimo livello. 

Abilità acquisite

I due villain hanno anche una formazione ed un background educativo sorprendentemente simili. Voldemort frequentò una delle più grandi scuole di magia del Mondo Magico, eccellendo in tutto ciò che faceva; solo in seguito si sarebbe dedicato alla scoperta di tutti i segreti che la magia oscura aveva da offrirgli.

Darth Vader frequentò un’accademia altrettanto prestigiosa, il Tempio Jedi, imparando a beneficiare di tutti gli insegnamenti della Forza. Dopo aver ceduto al Lato Oscuro, si sarebbe dedicato a seguire gli insegnamenti di Palpatine. Dati i contesti simili, ad entrambi è stato insegnato praticamente tutto ciò che c’era da sapere in termini di potere e di oscurità.

Armi

Quando si tratta di armi, Voldemort potrebbe avere la meglio rispetto a Darth Vader. Utilizzando una “semplice” bacchetta, è in grado di evocare qualsiasi incantesimo si possa immaginare, tanto Offensivo e Difensivo, per non parlare di quelli Generici. Inoltre, è in grado di manipolare la realtà con un semplice movimento del polso. Anche se Darth Vader brandisce un’arma potente e letale, ma la realtà è che non si pouò competere con la magia…

L’uso della Forza potrebbe essere l’abilità più equa in un’ipotetica battaglia contro Voldemort, ma anche ciò non garantirebbe un’eventuale vittoria del Sith. Anche se la spada laser è l’arma più iconica della saga di Star Wars, è inevitabile quanto gli strumenti magici a disposizioni di Voldemort siano molto più efficaci per vincere uno scontro. 

Alleati

Ogni grande villain ha bisogno di un “compagno” che sia in grado di supportarlo. Voldemort ha i suoi devoti Mangiamorte, ma il più fedele di tutti è sempre stato Codaliscia. Per quanto riguarda Darth Vader, invece, il suo più grande alleato nella Marina Imperiale è stato probabilmente l’Ammiraglio Piett, diligente, ambizioso e devoto.

Al tempo stesso Codaliscia, spinto da una personalità spregevole e corrotta, era sempre disposto a tutto pur di compiacere Lord Voldemort. Ciononostante, Piett ha agito comandando un’intera flotta: ecco perché, rispetto a Peter Minus, non può che essere considerata la “spalla” migliore che si possa desiderare.

Seguaci

Guardando al di là dei rispettivi alleati, è interessante chiedersi chi tra Darth Vader e Voldemort abbia effettivamente le migliori risorse a disposizione. Voldemort ha un potente esercito di seguaci che arrivano in suo sostegno durante il finale della saga, durante il quale ha chiamato a raccolta ogni sorta di creature ed essere oscuro a sua disposizione.

Dall’altra parte abbiamo Darth Vader, che ha dalla sua il fatto di essere uno dei personaggi più malvagi della Galassia, così come di avere sotto la propria egida un intero Impero. Se da un lato Voldemort potrebbe avere alleati più talentuosi e potenti, è innegabile quanto la quantità di truppe e di armi tecnologiche a disposizione di Darth Vader non abbia eguali.

Dominio

In termini di territorialità e dominio, quale cattivo ha saputo maggiormente espandere il proprio potere? Negli ultimi libri della serie, Voldemort sradica completamente il Governo prendendo il controllo di tutta la Gran Bretagna, anche se non è chiaro se il suo colpo di stato si estenda oltre i confini della nazione. Darth Vader serve serve invece un Impero che si estende su un’intera Galassia, anche se non è propriamente suo.

Sicuramente ne supervisiona gran parte, ma la realtà è  che appartiene tutto al suo padrone, Palpatine. Per questo motivo, sebbene lo spazio governato possa essere quantitativamente maggiore, alla fine è Voldemort ad esercitare molto più dominio rispetto  a Darth Vader.

Nemesi

Ogni villain che si rispetti ha bisogno di una nemesi, un grande eroe da affrontare e con cui, all’occorrenza, confrontarsi. Per Voldemort, tale nemesi è rappresentata da Harry Potter, che fin dalla nascita ha dimostrato di essere l’unico vero grande ostacolo contro la sua scalata al potere. Darth Vader, d’altra parte, è stato contrapposto a suo figlio, Luke Skywalker.

Giunti alla fine dell’arco narrativo del personaggio nella saga, scopriamo che Vader è riuscito a provare sentimenti di amore nei confronti di Luke, qualcosa che non sarebbe mai potuto accadere tra Voldemort e Harry. Come tale, la coppia formata da “colui che non deve essere nominato” e il maghetto occhialuto, in termini di rivalità, è la coppia vincitrice… una rivalità che l’amore non avrebbe mai potuto scalfire.

Morte

In ciascuna delle rispettive saghe, entrambi i personaggi muoiono. Le morti sono però dovute a ragioni molto diverse. Gli Horcrux di Voldemort alla fine vengono tutti distrutti, con il villain che viene superato in astuzia da Harry, morendo a causa della sua stessa ambizione. Darth Vader, invecee, muore per il suo stesso sacrificio, una morte chiaramente molto più nobile.

Il Sith scelse di morire al posto di suo figlio, superando addirittura il suo maestro. Gli venne anche concessa la vita eterna attraverso la Forza. Per questo motivo, la morte di Vader supera quella di Voldemort.

Risultati

Giunti alla fine, e osservando quanto esaminato fino ad ora, sembra che Darth Vader sia il villain più potente. Sicuramente, Darth Vader ha agito in una maniera tanto subdola quanto ragguardevole, impresa nella quale Voldemort ha invece fallito.

Ciononostante, entrambi i cattivi hanno a loro disposizione immense abilità e risorse, quindi non sarebbe tanto “furbo” affermare che potrebbero essere considerati – anche in vista di ciò che rappresentano per le loro nemesi – potenti allo stesso livello…

Fonte: ScreenRant

Volare: recensione del film di e con Margherita Buy – #RoFF18

Volare: recensione del film di e con Margherita Buy – #RoFF18

Capita sempre più di frequente che attori e attrici del nostro cinema decidano di compiere il passaggio dietro la macchina da presa, che sia per dar vita ad una nuova carriera come registi o solo per provare anche fosse per una volta il brivido di dirigere un proprio film. È quanto capitato solo negli ultimi mesi a Micaela Ramazzotti con FelicitàAlessandro Roja con Con la grazia di un Dio e a Paola Cortellesi con C’è ancora domani, quest’ultimo presentato nella cornice della Festa del Cinema di Roma. In questa stessa occasione si può però assistere anche ad un’altro esordio alla regia: quello di Margherita Buy, che ha assunto tale ruolo per il film intitolato Volare.

Per dar vita ad un proprio film occorre avere qualcosa da dire, è la base, e questo qualcosa deve poter coinvolgere non solo chi lo dice ma anche chi ascolta. Di certo, Buy non ha dubbi su cosa dire, scegliendo infatti per questo suo esordio di parlarci di un qualcosa che la riguarda in prima persona: la paura di volare. La realizzazione del suo film diventa dunque un modo per esorcizzare (o quantomeno provarci) questa paura, scherzarci sù e cercare di intercettare quanti a loro volta ne sono affetti. Tuttavia, se pure l’argomento c’è, quel che in parte manca è invece uno sviluppo di esso tale da rendere insindacabile la volontà di parlarne.

La trama di Volare

Nel film Margherita Buy interpreta Annabì, un’attrice di successo che però, per sua sfortuna, soffre di aviofobia, ovvero la paura di volare. Proprio a causa di ciò, sono molte le occasioni lavorative di carattere internazionale che le sono sfuggite, l’ultima delle quali relativa ad un ruolo pronto per lei in Corea. Annabì, dunque, si vede costretta ad accettare continuamente parti in fiction televisive tanto longeve quanto scadenti, sviluppando però così continue nevrosi. Quando però sua figlia le annuncia che andrà a studiare in California, Annabì, desiderosa di accompagnarla, deciderà che è giunto il momento di sconfiggere tale fobia.

Parlare di ciò che si conosce

Per il suo film d’esordio, dunque, Buy sceglie di parlare di un qualcosa che conosce bene, il che è evidentemente positivo, perché – insieme agli sceneggiatori Doriana Leondeff e Antonio Leotti – può mettere in campo tutta una serie di elementi, dettagli e riflessioni proprie di chi soffre della paura di volare. Ciò porta dunque il film a sfoggiare una certa precisione nella trattazione di questo argomento, anche grazie ad un gruppo di comprimari variegati, ognuno dei quali (anche se con qualche stereotipo di troppo) porta avanti una specifica sfumatura di questa paura. Da questo punto di vista Volare funziona dunque bene, ma l’esordiente regista non si fa sfuggire l’occasione per introdurre anche altri aspetti della propria vita.

La prima mezz’ora di film, ad esempio, è una divertente presa in giro di sé stessa e del suo ambiente lavorativo. Andando dalla competizione tra attrici (dove ad interpretare la sua “rivale” ritroviamo una Elena Sofia Ricci che si presta con generosità al gioco) fino alla carenza di idee dell’industria, che continua ad esempio a proporre sempre nuove stagioni di fiction di dubbio valore, Volare riesce ad essere particolarmente divertente. In questa prima parte di film, infatti, non mancano battute semplici ma genuinamente divertenti, proposte con il giusto ritmo, come ad esempio la risposta che la protagonista dà alla figlia che le suggerisce di trovarsi un nuovo uomo da avere accanto: “ma no perché poverino”.

Buy costruisce dunque un inizio che fa ben sperare per il film, che tuttavia rallenta nel momento in cui ha inizio un corso di gruppo specificatamente pensato per aiutare a superare l’aviofobia. A partire da quel momento, e sostanzialmente per il resto del film, è sullo svolgersi di tale terapia collettiva che si articola il film, tra confessioni, esercizi per tranquillizzarsi e chiarimenti da parte degli esperti. Ecco allora che Volare sembra da qui in poi adagiarsi troppo su tali dinamiche, provando sì ad approfondire le vicende dei singoli personaggi ma senza aggiungere nulla di particolarmente significativo o interessante al racconto.

Volare Margherita Buy

Vincere le proprie paure ridendone

Certo, l’obiettivo è chiaro: poter ridere ulteriormente, grazie a questo corso, delle paure che caratterizzano chi proprio non ne vuol sapere di volare, oppure chi vorrebbe riuscirci ma senza risultati. La risata come terapia, dunque, anche se appunto riesce a risultare molto più brillante in tal senso la prima parte di film. Questo perché molto più autoironica, a confronto invece con uno sviluppo che si dilunga talvolta in modo eccessivo su sottotrame che non vengono però poi portate a compimento, ma che anzi vedono un accumularsi di elementi che sottraggono tempo alla costruzione di un arco narrativo più completo per Annabì e il modo in cui riesce (o non riesce) a sconfiggere questa sua paura.

Volare è allora davvero da intendere come un film non tanto interessato a raccontare una storia (che è sostanzialmente quella di una donna che cerca di vincere le proprie paure e riprendere il controllo della propria vita) quanto far accomodare gli spettatori (meglio se aviofobici) accanto ai personaggi in questa seduta di gruppo e ridere con loro di questa paura. Se apprezzare o meno questa trattazione così statica del problema dipenderà dal proprio gusto, ma c’è il rischio per coloro che non sono vittime della medesima paura della protagonista, di perdere interesse e finire quindi con il ridere solo a metà.

Volare: prenota il tuo biglietto gratis con Cinefilos.it

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Volare: prenota il tuo biglietto gratis con Cinefilos.it

Cinefilos.it offre la possibilità di vedere al cinema gratis Volare, esordio alla regia di Margherita Buy, con Buy, Anna Bonaiuto, Giulia Michelini, Euridice Auxen e Francesco Colella, in sala dal 22 febbraio con Fandango.

Ecco le città in cui sarà possibile partecipare alle proiezioni:

ROMA 
 
CINEMA ODEON
giovedì 22 febbraio – 10 biglietti
venerdì 23 febbraio – 10 biglietti
sabato 24 febbraio – 10 biglietti
domenica 25 febbraio – 10 biglietti
 
CINEMA GIULIO CESARE
giovedì 22 febbraio – 10 biglietti
venerdì 23 febbraio – 10 biglietti
sabato 24 febbraio – 10 biglietti
domenica 25 febbraio – 10 biglietti
 
CINEMA EURCINE
giovedì 22 febbraio – 10 biglietti
venerdì 23 febbraio – 10 biglietti
sabato 24 febbraio – 10 biglietti
domenica 25 febbraio – 10 biglietti
 
CINEMA IN TRASTEVERE
giovedì 22 febbraio – 10 biglietti
venerdì 23 febbraio – 10 biglietti
sabato 24 febbraio – 10 biglietti
domenica 25 febbraio – 10 biglietti
 
CINEMA LUX
solo giovedì 22 febbraio – 10 biglietti
TORINO
 
CINEMA MASSIMO
solo giovedì 22 febbraio – spettacolo delle 20,30 con il saluto in sala della regista Margherita Buy – 5 biglietti
MILANO
 
ANTEO PALAZZO DEL CINEMA
giovedì 22 febbraio – 10 biglietti
venerdì 23 febbraio – 10 biglietti
sabato 24 febbraio – 10 biglietti
domenica 25 febbraio – 10 biglietti

Ad eccezione di Torino, biglietti assegnati saranno validi per qualsiasi spettacolo della giornata scelta. Gli orari degli spettacoli saranno consultabili direttamente sul sito dei cinema.

I biglietti saranno validi per il primo spettacolo serale da giovedì 22 febbraio a domenica 25 febbraio e potranno essere richiesti inviando una e-mail a [email protected]. E’ fondamentale specificare nel testo della e-mail che si effettua la richiesta via CINEFILOS.

Per questioni legate all’organizzazione degli eventi, sarà necessario inviare la richiesta dei biglietti entro e non oltre il prossimo giovedì 22 febbraio. Di conseguenza non verranno accettate richieste che ci perverranno oltre tale data. I biglietti potranno essere ritirati direttamente alla cassa dei cinema presentando la email di conferma ricevuta unitamente ad un documento di identità. 

Volare, la trama

La storia di Annabì, un’attrice di successo, che soffre di aviofobia, ovvero la paura di volare. A causa di questa sua fobia, l’attrice è stata costretta a rinunciare a scritture importanti. Avrebbe potuto aspirare a un successo internazionale, ma l’idea di salire su un aereo per un casting o per le riprese l’ha sempre frenata. Adesso che sua figlia si è trasferita in California per studiare, Annabì è alla ricerca di qualcosa da fare e decide di iscriversi a un corso nell’aeroporto di Fiumicino. Riuscirà a vincere la sa paura?

Volantin Cortao recensione

Volantin Cortao recensione

volantin cortao

Volantin Cortao è stato presentato “in concorso” al Festival Internazionale del Film di Roma 2013.

Paulina (Loreto Velasquez) è una ragazza di 21 anni che lavora come assistente sociale in un centro rieducativo per adolescenti. Ha un rapporto difficile con la famiglia e difficoltà a relazionarsi socialmente con le altre persone. Quando conosce Manuel (René Miranda), uno dei ragazzi che frequentano il centro di rieducazione, qualcosa cambia. Paulina inizierà un percorso che la porterà a frequentare ambienti, persone e prospettive diverse, con altrettante diverse conseguenze.

Volantin Cortao di Diego Ayala e Anibal Jofré è un film cileno che in soli 77 minuti tenta di raccontare un pezzo di vita di una ragazza, la sua quotidianità inserita in un paese povero come quello del Cile. Non è un film di denuncia sociale, tantomeno una pellicola con l’obiettivo di rappresentare la criminalità dell’America del sud. Vuole invece elevarsi dal contesto superficiale e scavare in profondità, entrando nelle persone e raccontandone le giornate comuni.

Il paradosso è che Paulina, benestante e potenzialmente stabile, sia invece più instabile di Manuel, che possiede una situazione familiare irripetibile e nessuna certezza nella vita, se non quella dettata dalla piccola criminalità. Forse Manuel si è già rassegnato a questa condizione, mentre Paulina non vuole farlo. E nel cercare una strada diversa, mette in mostra tutta la sua instabilità, una voglia di vivere e di trovare un percorso alternativo pur non sapendo come.

Il film ha un ritmo molto lento. I registi non hanno paura di mostrare, ma anche e soprattutto di “non mostrare”: l’importanza di una parola o di un’immagine è data anche da ciò che non si vede. Così, il campo-controcampo non è sempre necessario;  talvolta gli è preferibile un movimento di macchina o un’immagine fissa.

La grande forza di Volantin Cortao, che per qualcuno potrebbe essere il suo punto debole, è la capacità di mostrare uno spaccato di realtà quotidiana senza cadere nel gettonato picco narrativo, con la convizione che è possibile raccontare una storia, anche senza dover esagerare con forzature e banalità.

La nostra foto gallery del Festival:
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Volami Via: una Clip in esclusiva del film

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Volami Via: una Clip in esclusiva del film

Esce al cinema il 19 agosto Volami Via, il film diretto da Christophe Barratier con Victor Belmondo, Gérard Lanvin, Yoann Eloundou, Ornella Fleury, Andranic Manet.

Volami Via è distribuito da I Wonder Pictures. Ecco una clip in esclusiva dal film:

https://www.youtube.com/watch?v=gVeThQ9_6hA

Volami Via, la trama

Mentre il trentenne figlio di papà Thomas vive nella villa del padre medico ospedaliero, spreca i suoi soldi e pensa di essere un playboy, il quindicenne Marcus convive dalla nascita con una malformazione cardiaca e nessuno sa se vivrà fino ai 16 anni. Dopo l’ennesimo guaio combinato dal figlio il padre lo obbliga a prendersi cura di Marcus. Il mondo del ragazzo è fatto di cliniche e sale operatorie, il mondo di Thomas è tutto belle ragazze, club e feste. Dapprima decisamente riluttante Thomas, finisce poi per semplificare il suo compito con l’aiutare David a vivere, prima che sia troppo tardi, esperienze semplici e fondamentali, come ha da tempo desiderato fare.

Voices: recensione del film di Jason Moore

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Voices: recensione del film di Jason Moore

Voices, diretto dal semi-esordiente Jason Moore, è un divertente esperimento per la cinematografia dei più giovani. Nelle sale dal prossimo 6 giugno, Voices è già un fenomeno negli Usa tanto è vero che si sta pensando al provvidenziale sequel: sarà un successo anche qui in Italia? E’ troppo presto per dirlo, ma siamo abbastanza sicuri che il film di Jason Moore non passerà certo inosservato.

Voices è l’evoluzione di un genere cinematografico che, contaminato dal musical, riesce a dar vita a qualcosa di stuzzicante ed elettrizzante nel panorama cinematografico. Essenzialmente è un teen-musical che seppur scadendo in qualche clichè, rimane comunque un film adulto, anti convenzionale, fresco, con battute esilaranti, una perfetta colonna sonora ed un folto gruppo di giovani e talentuosi attori. Il tutto si svolge nella classica cornice di un college americano, dove la giovane Beca (Anna Kendrick) sogna di sfondare nel mondo della musica. La ragazza ha talento da vedere come DJ, ma per una strana coincidenza, entrerà in un gruppo corale universitario di sole donne. Capitanato dall’irriverente Aubrey (Anna Camp) e dalla rossa sbarazzina Chole (Brittany Snow), Beca si troverà a vivere un’avventura che le cambierà la vita.

Voices, il film

Bastano quindi poche scene per rimanere fatalmente attratti dal film. Con una semplicità genuina ed una colonna sonora che rispolvera vecchie hit della musica pop moderna, il film di Jason Moore colpisce nel segno per due motivi ben precisi; se da una parte rimaniamo colpiti dall’interessante caratterizzazione dei personaggi, dall’altra parte le due anime del film (quella essenzialmente pop e quella che riguarda le vicissitudini dei protagonisti), si fondono all’unisono riuscendo a bilanciare il drama ed il musical. Voices però, seppur sembra avere qualche somiglianza con il successo televisivo di Glee, il risultato è comunque molto diverso.

Mentre la serie tv cerca di stupire il pubblico con performance da urlo e tralasciando la caratterizzazione del personaggio, Voices invece essendo un lungometraggio dal respiro più adulto, arriva dove Glee non si è mai spinto. La pellicola infatti, non è solo un piacevole intrattenimento, ma risulta essere un moderno Step up. Se il franchise più ballerino che ci sia, dopo già un solo lungometraggio era già alla frutta, il film porta con sé una ventata di aria fresca per la cinematografia giovanile, perche grazie alla sua miscela di canti e balli, essenzialmente racconta una vicenda fatta di amicizia (quella vera), una sana competizione e senza dimenticare di volgere uno sguardo ad una generazione che nonostante tutto è ancora capace di sognare.

Voice from the Stone: Momentum Pictures acquista i diritti del thriller con Emilia Clarke

Momentum Pictures ha annunciato oggi di aver acquisito i diritti nordamericani per il thriller Voice from Stone. Eric D. Howell fa il suo debutto alla regia con la sceneggiatura scritta da Andrew Shaw, basata sul romanzo italiano La Voce della pietra, di Silvio Raffo.

Il Senior Vice President of Content di Momentum Pictures, Ian Goggins ha dato l’annuncio oggi.

Siamo entusiasti di portare questo film sorprendente sul grande schermo e di lavorare con la talentuoso Emilia Clarke su questo progetto. Emilia ha dimostrato di essere un attrice versatile nel suo ruolo in Game of Thrones e nel suo eccentrico, eppure amabile, personaggio in Me Before You. Siamo sicuri che la sua legione di fan la seguirà nel suo nuovo ruolo in Voice from the Stone.

La protagonista è appunto la Madre dei Draghi di Game of Thrones, Emilia Clarke. Nel cast anche Marton Csokas, Caterina Murino, Remo Girone, Lisa Gastoni e Edward Dring. Voice from the Stone uscirà nei cinema e on demand nel primo trimestre del 2017.

La pellicola racconta la storia inquietante di Verena (Clarke) un’infermiera che ha il compito di aiutare un giovane ragazzo di nome Jacopo che ha perso la parola in seguito alla prematura scomparsa della madre. Il ragazzo vive con il padre in un maniero in Toscana. Sin da subito Jacopo dimostra di avere altri problemi e sembra essere sotto l’incantesimo di qualche forza diabolica. della pietra.

Voice from the Stone è prodotto da Dean Zanuck (The Road to Perdition, Get Low) e Stefano Gallini-Durante.

Ecco il teaser del film:

Fonte: CS

 

Voglio crederci: dal cast alle location, tutto quello che c’è da sapere sul film

Il film Voglio crederci (altrimenti noto col titolo internazionale di Make me believe) è l’ennesimo grande successo di Netflix proveniente dalla Turchia, Paese che negli ultimi tempi ha sempre più guadagnato popolarità grazie ai propri prodotti audiovisivi, tanto film quanto serie televisive. Con questo nuovo titolo, diretto dai registi Evren Karabiyik e GünaydinMurat Saraçoglu, la piattaforma streaming offre dunque un nuovo racconto d’amore che, tra i paesaggi mozzafiato della Turchia, sta incantando un gran numero di utenti, a dimostrazione del grande interesse che tale cinematografia è sempre più capace di suscitare.

Un risultato che ribadisce ciò di cui Netflix è maggiormente fiera, ovvero il dare la possibilità ai propri abbonati di confrontarsi con prodotti provenienti da paesi che difficilmente avrebbero trovato spazio nei cinema o nelle televisioni nostrane (anche se su quest’ultima le soap turche stanno iniziando a ritagliarsi un sempre maggiore spazio). Voglio crederci è dunque il titolo perfettto per gli appassionati di storie romantiche ma in cerca di qualcosa di diverso dai soliti film di produzione statunitense. Prima di intraprendere la visione di Voglio crederci, però, ecco alcuni dettagli sulla sua trama, il cast di attori e le location dove si sono svolte le riprese del film.

La trama e il cast di Voglio crederci

Protagonisti di Voglio crederci sono due nonne e i loro adorati nipoti. Le due signore, legate da una lunga amicizia, non possono fare a meno di immischiarsi nelle questioni di cuore dei loro ragazzi. I loro intenti sono però nobili, in quanto vorrebbero aiutarli a essere felici, consigliando loro le giuste scelte da fare per poter intraprendere la strada più sicura verso l’amore e la gioia. Si mettono dunque d’accordo per far incontrare i rispettivi nipoti, Sahra e Deniz, questi i loro nomi, che sono cresciuti insieme ma con il tempo si sono persi di vista. Ritrovandosi, però, scopriranno di provare ancora dei sentimenti l’uno per l’altro, ma insieme ad essi ci sono anche delle questioni del passato da risolvere.

Fanno parte del cast alcuni attori turchi, non particolarmente noti al di fuori del loro paese natìo ma che proprio grazie a Netflix hanno ora l’occasione di ottenere maggiore notorietà. Protagonista femminile del film è dunque l’attrice Ayça Aysin Turan nel ruolo di Sahra. Prima di questo film, l’attrice si è resa nota grazie alla serie Maryem e The Protector, quest’ultima presente a sua volta su Netflix. Ekin Koç, noto per la serie turca è invece il protagonista maschile, interprete di Deniz. Recitano poi nel film Cagla Irmak che impersona Ahu, Cagri Citanak che interpreta Ulas e Kemal Okan Özkan che presta le fattezze di Kerem. L’attrice Yildiz Kültür recita invece nei panni di Deniz’in Büyükannesi.

Voglio-crederci-location

Le location del film Voglio crederci

Le riprese del film, girato nel corso dell’estate 2022, si sono naturalmente svolte Turchia. Nello specifico, però, la provincia turca di Çanakkale è stata scelta come location principale. Questa si trova sulla sponda asiatica dello stretto dei Dardanelli, nella regione nord-occidentale della Turchia. Qui hanno dunque avuto luogo la maggior parte delle riprese. Alcune di esse sono però state effettuate anche all’interno e intorno all’Altare di Zeus a Mıhlı, Adatepe Köyü Yolu, che si trova sul bordo della collina che domina la baia di Edremit ad Assos. Secondo la mitologia, proprio da questo altare il più forte degli Dei greci avrebbe osservato lo svolgersi della guerra di Troia.

Un’altra location particolarmente importante per il film è stata la provincia di Athena Tapınağı con molti punti di riferimenti utili come Çanakkale Trojan Horse, Çanakkale Martyrs ‘Monument, Çanakkale Saat Kulesi nel centro di Çanakkale e Anzac Cove della penisola di Gallipoli. Quella di Çanakkale è una meta turistica molto gettonata, basti pensare che sul lungomare della città è presente come attrazione turistica il modello del cavallo di legno usato nelle riprese del film Troy, con Brad Pitt come protagonista. Questo perché Çanakkale è il grande centro urbano più vicino ai resti archeologici dell’antica città di Troia.

Il trailer di Voglio crederci e come vedere il film in streaming su Netflix

Come anticipato, è possibile fruire di Voglio crederci unicamente grazie alla sua presenza nel catologo di Netflix, dove attualmente è al 2° posto della Top 10 dei film più visti sulla piattaforma in Italia. Per vederlo, basterà dunque sottoscrivere un abbonamento generale alla piattaforma scegliendo tra le opzioni possibili. Si avrà così modo di guardare il titolo in totale comodità e al meglio della qualità video, avendo poi anche accesso a tutti gli altri prodotti presenti nel catalogo.

Fonti: IMDb, ScreenRant

Vogliamo i colonnelli: recensione del film di Mario Monicelli

Vogliamo i colonnelli: recensione del film di Mario Monicelli

Vogliamo i colonnelli è il film del 1973, diretto da  Mario Monicelli con Ugo Tognazzi, Duilio del Prete, Dauphin Claude, Francois Perier, Antonino Faa di Bruno.

La trama di Vogliamo i colonnelli

Sinossi: Italia, anni settanta. Dietro ad un attentato al Duomo di Milano, inizialmente affibbiato alla sinistra eversiva, si cela in realtà il diabolico piano occulto dell’on. Giuseppe Tritoni detto Beppe (Ugo Tognazzi), importante esponente della Grande Destra. Quale misterioso e sinistro disegno spinge il vulcanico e iroso deputato ad affannarsi come un matto tra anziani ufficiali dell’esercito nostalgici del Ventennio? Il sogno, l’utopia, il fine è abbattere le istituzioni democratiche e attraverso un colpo di stato, sul modello di quello greco, impadronirsi dei centri politici di potere.

Il Tritoni, dopo aver ricev uto una lista di fedelissimi dal gen. Bassi Lega (Pietro Tordi), inizia il lavoro di reclutamento e coordinamento che porterà alla formazione di un’improbabile masnada . Colonnelli ed imprenditori ansiosi di riportare il paese all’ordine e al rigore dei “bei tempi” giungono così alla data fatale ma una serie di inconvenienti renderà l’impresa più complicata del previsto.

Vogliamo i colonnelli  è un film del 1973 diretto dal grande e compianto Mario Monicelli il quale collaborò anche al soggetto e alla sceneggiatura insieme agli amici e compagni di una vita Age e Scarpelli. Nomi che da soli erano garanzia di qualcosa meritevole di attenzione, e così è stato, di certo questo film non fa eccezione. Una divertentissima parodia che si è ispirata liberamente ad un fatto storico realmente accaduto alcuni anni prima: il Piano Solo architettato dal generale dei carabinieri De Lorenzo, un tentativo di colpo di stato militare fallito prima ancora di iniziare. Monicelli racconta con la solita ironia, arguzia e maestria una storia per certi versi inquietante soprattutto se si pensa a quanto sia stata vicina alla realtà. Personaggi spassosissimi che rappresentano la vera forza motrice del film, macchiette studiate ad arte che coinvolgono tutto l’arco politico del bel paese: dal vecchio militare dalla mascella tesa e la casa ricolma di cimeli del duce, al subdolo politicante democristiano attaccato alla poltrona e al potere sino al timoroso e inconcludente deputato di una sinistra annacquata.

Direttore d’orchestra un immarcabile Ugo Tognazzi, semplicemente irresistibile nei panni dell’indemoniato deputato destroide che urla in toscano tra comizi che trasudano retorica nazionalista e invettive sboccate contro i mali del sistema democratico. Una schiera di attori noti e meno noti che completano un quadro perfettamente costruito e ideato da un maestro della commedia. Ma da maestro della commedia, Monicelli sa perfettamente come smorzare un’ ingannevole risata in un ghigno quasi beffardo e amaro. Il geniale finale del film scaglia, coraggiosamente, pesantissime sferzate al potere politico e alla classe dirigente che governava il paese in quegli anni; per debellare questi rischi di eversione estremista post-fascista, queste minacce alla democrazia, il governo proclama una serie di leggi liberticide, in nome della sicurezza sociale.

In sostanza il film ci dice che la cura può essere peggiore del male o che forse partiti apparentemente lontani non lo sono poi nella sostanza. Vogliamo i colonnelli è un film divertente e al contempo inquietante, un classico della grande commedia italiana della vecchia ed inimitabile scuola, in cui la parodia non regalava mai risate fine a se stesse. Tante sequenze e battute memorabili, su tutte fateci citare quella con cui Tognazzi/Tritoni cerca di giustificarsi quando il gen. Bassi Lega lo coglie brache calate insieme alla pruriginosa figliola: “…suvvia generale un confondiamo la patria con la fava!”.

Vogliamo che ci sia ancora un domani, il cinema italiano indipendente lancia proposte di riforma al Ministro della Cultura

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Come annunciato, la voce dell’industria cinematografica e audiovisiva indipendente si è fatta sentire: registi, sceneggiatori, agenti, attori, distributori, esportatori, festival, musicisti, produttori, tecnici. Tutti insieme – come non accadeva da tempo – per chiedere formalmente al Ministro Gennaro Sangiuliano, al Sottosegretario Lucia Borgonzoni e al Direttore Generale Nicola Borrelli di considerare urgentemente le proposte del Settore e promuovere un incontro a breve per attuare le necessarie riforme in tempi rapidi.

Il Settore necessita di certezze: delle regole, delle tempistiche e delle risorse.

Temi esposti con pacatezza e chiarezza, con lo scopo di continuare a tenere attivo il dialogo da tempo instaurato con le Istituzioni, ma con la ferma intenzione di correggere la narrazione a volte distorta che accompagna i temi caldi dei finanziamenti cinematografici.

9.000 le imprese del settore, la stragrande maggioranza delle quali PMI. 95.000 posti di lavoro diretti, 114.000 nelle filiere connesse. Numeri che testimoniano la grande dimensione del settore, che sviluppa un moltiplicatore economico di 3.54 di cui beneficia l’intera economia nazionale, oltre a creare e promuovere l’immagine del Paese nel mondo.

Oltre 1500 le persone presenti al Cinema Adriano e diverse centinaia collegate in diretta streaming, tra cui anche molti studenti desiderosi di approfondire e capire come poter fare del cinema il proprio obiettivo lavorativo.

Le proposte sono dunque sul tavolo e le associazioni a disposizione delle istituzioni, nella speranza di poter continuare a tenere alta la bandiera del cinema italiano.

ASSOCIAZIONI ADERENTI:

  • 100 AUTORI – Associazione dell’Autorialità Cinetelevisiva
  • ACMF – Associazione Compositori Musica per Film
  • AFIC – Associazione Festival Italiani di Cinema Agenti Spettacolo Associati
  • AGICI – Associazione Generale Industrie Cine-Audiovisive Indipendenti
  • AIC – Autori Italiani Cinema
  • AIR3 – Associazione Italiana Registi
  • AMC – Associazione Montaggio Cinematografico e Televisivo
  • ANAC – Associazione Nazionale Autori Cinematografici
  • ANICA – Unione Esportatori Internazionali Unefa
  • ANICA – Unione Produttori
  • APAI – Associazione del personale di produzione dell’audiovisivo italiano
  • ASA  – Agenti Spettacolo Associati
  • A.S.C. – Associazione Scenografi, Costumisti e Arredatori
  • ASIFA – Associazione Italiana Film d’Animazione Autori italiani Cinematografia
  • CARTOON Italia
  • CNA – Artigiani Imprenditori d’Italia | Cinema e Audiovisivo
  •  Collettivo Chiaroscuro
  • DOC.IT – Associazione Documentaristi Italiani
  • FIDAC – Federazione Italiana delle Associazioni Cineaudiovisive
  • LARA – Libera Associazione Rappresentanti di Artisti
  • RAAI – Registro Attrici Attori
  • UNITA
  • WGI – WRITERS GUILD ITALIA

Voglia di tenerezza

Voglia di tenerezza Regia: James L. Brooks Anno: 1983 Cast: Shirley MacLaine, Debra Winger, Jack Nicholson.

Il film è tratto da un romanzo di Larry McMurtry del 1975, dall’omonimo titolo. Nel romanzo però non appare il personaggio di Garrett, ideato dallo stesso Brooks, interpretato da Jack Nicholson e centrale nel film. I protagonisti portano dentro di sé tristezza e insoddisfazione, cadendo così in sbagli continui arrecati proprio dalla loro fragilità.

Abbiamo Aurora, donna che non accetta di invecchiare e vorrebbe restare una single eternamente corteggiata dagli uomini; c’è Emma, la figlia, che è sempre più trascurata dal marito Flap, che di fatto la tradisce, causandone così il reciproco tradimento; c’è Garrett, ex astronauta vitellone. Ma il brutto male che colpisce Emma porterà un cambiamento positivo in ognuno di loro: Aurora accetterà di buon grado il ruolo di nonna, Flap si impegnerà di più come padre, Garrett si dedicherà anima e cuore ad Aurora, sbarazzandosi dal ruolo di scapolone negli “anta”. Commedia adatta per gli amanti dei film lenti e riposanti, romantici, strappalacrime.

Voglia di tenerezza ha avuto anche un sequel girato nel 1996, Conflitti del cuore: nel film Aurora ha una tormentata relazione con un giovane psichiatra (Bill Paxton) e Nicholson compare solo in un cameo.

Al ritiro dell’Oscar Shirley MacLaine, durante il suo discorso, si rivolse a Debra Winger, candidata per la stessa categoria e lo stesso film, e le disse: “Metà di questo è tuo”. La Winger le rispose: “Allora ne prenderò metà”.

Il periodo delle riprese coincideva con la disintossicazione di Debra Winger da una seria dipendenza dalla cocaina, che causò molti comportamenti scorretti sul set, che in un’occasione la portarono addirittura alle mani con Shirley MacLaine.

James L. Brooks ha lavorato solo occasionalmente come regista, in quanto la sua principale attività è di produttore televisivo. Tra i lavori più famosi c’è quello di produttore esecutivo dei Simpson.

In America è molto conosciuto anche per programmi televisivi quali Mary Tyler Moore, Rhoda e Taxi. Come regista ha firmato altri cinque film: Dentro la notizia (Broadcast News, 1987), Una figlia in carriera (I’ll Do Anything, 1994), Qualcosa è cambiato (As Good As It Gets, 1997). Spanglish – Quando in famiglia sono in troppi a parlare (Spanglish, 2004) e il recente Come lo sai (How Do You Know, 2010).

Sebbene Brooks non abbia diretto molti film, con Voglia di tenerezza ha proposto una pellicola che ha fatto incetta di premi. Cinque Premi Oscar: Miglior film a James L. Brooks, Migliore regia a James L. Brooks, Miglior attrice protagonista a Shirley MacLaine, Miglior attore non protagonista a Jack Nicholson, Migliore sceneggiatura non originale a James L. Brooks. Quattro Golden Globe: Miglior film drammatico, Miglior attrice in un film drammatico a Shirley MacLaine, Miglior attore non protagonista a Jack Nicholson, sceneggiatura a James L. Brooks. Quattro National Board of Review Award: Miglior film, Migliore regia a James L. Brooks, Miglior attrice protagonista a Shirley MacLaine, Miglior attore non protagonista a Jack Nicholson. Due Kansas City Film Critics Circle Award: Miglior film, Miglior attore non protagonista a Jack Nicholson. Un David di Donatello: Miglior attrice straniera a Shirley MacLaine. E ancora 5 premi al Los Angeles Film Critics Association Award e tre al New York Film Critics Circle Award.

Vodka da supereroi: le bottiglie targate Marvel

Vodka da supereroi: le bottiglie targate Marvel

Anche i supereroi hanno dolori da affogare nell’alcol, e anche loro meritano di prendersi una pausa, ogni tanto.

Ecco le bottiglie di Vodka da Supereroi personalizzate Marvel:

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Vjeran Tomic – Lo Spider-Man di Parigi: recensione del documentario su Netflix

Aggirarsi per le strade di una dormiente e ricca Parigi; saltare da un tetto all’altro come un felino; trovare il giusto ingranaggio per irrompere in uno dei musei più importanti d’Europa rimanendo invisibili. Una descrizione che nella storia della criminalità riconduce a Vjeran Tomic, non un ladro gentiluomo come Lupin, ma di certo uno di quelli astuti e intelligenti, che verrà per sempre ricordato come colui che ha messo a punto il “furto del secolo”. Qualcuno lo ha soprannominato Spider-Man e il nuovo documentario targato Netflix diretto da Jamie Roberts, Vjeran Tomic – Lo Spider-Man di Parigi ci dimostra subito il perché: un uomo che riesce a scalare gli alti palazzi della città francese con agilità – e soprattutto facilità – senza accusare la minima fatica non può che lasciare perplessi, increduli e pure piacevolmente meravigliati.

Quasi come se fosse davvero un ragno, una creatura bizzarra, quasi chimerica. Questo ladro è riuscito nel 2010 a rubare ben cinque quadri di valore nel Museo d’Arte Moderna di Parigi, fra cui un Picasso e un Modigliani, ad oggi ancora dispersi. Come ha fatto lo spiega lui stesso nel docufilm, una storia di strategia e ingegno, che lascia tanto basiti quanto colpiti da un personaggio che, nel sentirlo parlare, si ammanta di quel fascino malandrino ma al tempo stesso quasi buono che diventa difficile non simpatizzare per lui. Pur, attenzione, condannando tutte le sue azioni illecite. Dalla prima all’ultima.

Vjeran Tomic – Lo Spider-Man di Parigi: dentro la storia del ladro

È il 2010 quando al Museo d’Arte Moderna di Parigi la Polizia scopre essere stati rubati cinque quadri dal valore inestimabile. Un vero atto di violenza, una violazione del patrimonio artistico di tutta l’Europa. Le telecamere interne del Museo hanno rilevato la presenza di qualcuno, incappucciato e mascherato, per cui è impossibile capire chi sia. Addirittura è complicato distinguerne il sesso. Quell’uomo non è altro che Vjeran Tomic, soprannonimanto Spider-Man per la sua capacità di arrampicarsi sui palazzi di Parigi e saltare da un tetto all’altro. Sono acrobazie, le sue. Abilità che non si incontrano molto spesso. Da quel furto, considerato un vero e proprio colpo grosso, si ripercorre tutta la vita dell’uomo: la sua vita in Bosnia, il suo periodo con i nonni, la malattia della madre e le prime rapine quando era piccolo. Un’esistenza passata a rubare, in particolare ai ricchi, diventata come lui stesso ammette un’ossessione. Una dipendenza. La storia di Tomic è fatta di difficoltà ad adattarsi, di famiglia disfunzionale, passato burrascoso, ma anche di compiacimento verso le sue azioni che lui stesso spettacolarizza, e che nel profondo però nascondono solo il bisogno di essere apprezzato e considerato.

Vjeran Tomic Lo Spider Man di Parigi

Dal punto di vista di Tomic

Il racconto dell’accaduto in Vjeran Tomic – Lo Spider-Man di Parigi è dei più peculiari: a narrare, come fosse uno dei più grandi Maestri dell’imbroglio, è lo stesso Tomic. Che davanti alla macchina da presa, la quale cattura ogni sua percettibile sfumatura espressiva, si sente a proprio agio, soddisfatto dello spettacolare furto commesso mentre rivela i suoi “trucchi del mestiere”. Non è la prima volta che in un documentario sia lo stesso protagonista a dialogare con lo spettatore di sé, ma quando si tratta di un criminale è inevitabile provare all’inizio un po’ di straniamento. Eppure Tomic, pur riavvolgendo il nastro dei suoi reati ma anche della sua stessa vita, appare come una persona dietro la cui forza apparente giace una certa fragilità esistenziale.

Inoltre, pur invadendo la loro privacy e non pentendosene, si dimostra attento alla sue vittime. Esordisce con un disprezzo nei confronti dei ricchi, gli stessi che all’inizio della sua “carriera da ladro” colpisce, infiltrandosi nelle dimore dei quartieri d’elité parigini. Ma comunque sottolinea di non aver mai avuto intenzione di fare del male a qualcuno e mai ne ha fatto. Tutto questo non lo rinfranca dalle violazioni perpetrate sia nelle case che al Museo, ma ci fornisce un quadro generale di una persona che, pur ossessionata dalle rapine, sa che le sue azioni sono condannabili. È lucida e presente a se stessa. Tanto da ammettere le sue colpe una volta che la Polizia – anch’essa stupita dalla sua trasparenza e dignità – lo arresta per i furti dei quadri.

Un abile Spider-Man

Vjeran Tomic – Lo Spider-Man di Parigi, per farci entrare ancora di più in quel che è stato il grande colpo al Museo, ripercorre con una ricostruzione accurata e ricca di dettagli ogni momento che ha scandito la dinamica. In un avvincente montaggio a incastro vengono mostrate le scene recitate e ben ricostruite, la voce di Tomic che le segue e avvolge per spiegare il suo piano d’irruzione e gli inserti testimoniali della Polizia che ha svolto indagini e inchiesta. Il docufilm non scade mai nel ripetitivo, ma lì dove è necessario riempire, la scelta ricade – oltre che sul passato di Tomic e la sua complessa situazione familiare – sul mostrarci come l’uomo ha fatto nel tempo a entrare furtivamente nelle case delle persone.

Con una action cam, Vjeran Tomic – Lo Spider-Man di Parigi ci porta sui tetti della città insieme al ladro, ci fa vivere le sue spericolate acrobazie, mentre lui stesso ci racconta quanti anni ha impiegato per affinarne la tecnica. Entrare nel folle mondo di Tomic e conoscerlo dal suo punto di vista risulta perciò essere interessante, in primis per comprendere meglio cosa si cela dentro menti criminali simili. L’unica nota sprecata di tutto il documentario è la testimonianza dei derubati, un contraltare perfetto per restituirci una doppia visione della stessa realtà, i quali però non hanno avuto il giusto spazio all’interno della storia come in realtà avrebbero meritato.

Vizio di Forma: tante nuove foto del film con Joaquin Phoenix

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Sono più di trenta i nuovi scatti che arrivano direttamente dal set di Vizio di forma, il prossimo film che vedrà Joaquin Phoenix tornare protagonista per Paul Thomas Anderson.

Guarda: Vizio di Forma: primo trailer italiano del film con Joaquin Phoenix

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Come di consueto, grande cast per il regista culto che vede fra gli altri coinvolti attori del calibro di Josh Brolin, Benicio Del Toro, Owen Wilson, Reese Witherspoon, Martin Short, Katherine Waterston, Jena Malone, Kevin J. O’Connor.

Di seguito la trama del romanzo di Pynchon: California, inizio anni Settanta. Doc Sportello, investigatore privato con una passione smodata per le droghe e il surf, viene contattato da una vecchia fiamma, Shasta, che gli rivela l’esistenza di un complotto per rapire il suo nuovo amante, un costruttore miliardario. L’investigatore non fa neanche in tempo ad avviare le sue indagini che si ritrova arrestato per l’omicidio di una delle guardie del corpo del costruttore, il quale è intanto sparito, come pure Shasta. Sembrano le premesse del più classico dei noir, ma ben presto le coincidenze piú strane si accumulano e il mistero si allarga a macchia di leopardo. Doc inciampa così in collezioni di cravatte con donnine discinte, in falsi biglietti da venti dollari con il ritratto di Richard Nixon, in un’associazione di dentisti assassini nota come Zanna d’Oro, che è però anche il nome di un sedicente cartello indocinese dedito al traffico di eroina.

Vizio di Forma: recensione del film con Joaquin Phoenix

Vizio di Forma: recensione del film con Joaquin Phoenix

Vizio di forma è l’ultimo film di Paul Thomas Anderson, che dopo aver trattato le lacerazioni del singolo individuo in The Master e ne Il Petroliere torna con un affresco sul declino del sogno americano, in cui i luoghi comuni prendono il sopravvento e i personaggi sono spinti da un insostenibile paranoia. Il regista statunitense, adattando il libro omonimo di Thomas Pynchon che appartiene al genere del giallo ma con la struttura da noir, riesce perfettamente a districarsi nelle maglie dell’intreccio per creare un puzzle di personaggi che danno vita ad un onirico poliziesco.

In Vizio di forma 1970 California. Doc Sportello, investigatore privato con una passione smodata per le droghe e il surf, viene contattato da una vecchia fiamma, Shasta, che gli rivela l’esistenza di un complotto per rapire il suo nuovo amante, un costruttore miliardario. L’investigatore non fa neanche in tempo ad avviare le sue indagini che si ritrova arrestato per l’omicidio di una delle guardie del corpo del costruttore, il quale è intanto sparito, come pure Shasta.

Storia che mette lo spettatore nella condizione di subire la visione distorta e contrapposta di ogni singola scena anziché seguire i classici indizi che portano alla risoluzione del caso. Così la narrazione procede per incontri e personaggi che portano agli sviluppi di una vicenda che tinteggia un vortice di vizi e prende forma attraverso l’accurata visione del regista. Questa più intenta a creare torpore che un’atmosfera come simboleggia l’accurata saturazione della fotografia di Robert Elswitt e il montaggio interno del film, caratterizzato da primi piani, lunghi carrelli e diverse camere fisse che fanno sì che la storia si esprima attraverso l’iterazione degli attori.

Vizio di Forma recensione

Tra questi indubbiamente risalta il protagonista, Joaquin Phoenix, che insieme a Tom Cruise in Magnolia, interpreta uno dei personaggi più caricati del cineasta, riuscendo egregiamente a passare da una corda comica a una riflessiva senza sconfinare nello stereotipo pur citandolo. Discorso analogo vale per Josh Brolin che pur recitando il personaggio che più subisce questa disillusione riesce a destreggiarsi con una originale prova d’attore tra i momenti comici e quelli da vero duro. Eccellente anche il resto del cast composto da Owen Wilson, Katherine Waterston, Reese Witherspoon, Benicio Del Toro e Martin Short che si ritagliano un proprio spazio e una loro storia che prende vita in parallelo alle dinamiche del protagonista riuscendo a contribuire alla freschezza e all’originalità della sceneggiatura.

Vizio di Forma rappresenta la capacità di Anderson di saper trasporre una personale e viva visione di un’epoca transitoria senza ricorrere ai generi ma utilizzando i loro meccanismi, restituendo un lento e complesso viaggio in un immaginario fatto di allucinanti malinconie.

Vizio di Forma

Vizio di Forma: primo trailer italiano del film con Joaquin Phoenix

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Ecco il primo trailer di Vizio di forma (Inherent Vice) prossimo film che vedrà la collaborazione di Joaquin Phoenix con Paul Thomas Anderson, dopo i fasti di The Master.

Vizio di forma, presentato al New York Film Festival, sembra essere stato accolto con tiepido entusiasmo, intanto noi aspettiamo di vederlo qui da noi, in Italia, a partire dal prossimo 19 febbraio. Come di consueto, grande cast per il regista culto che vede fra gli altri coinvolti attori del calibro di Josh Brolin, Benicio Del Toro, Owen Wilson, Reese Witherspoon, Martin Short, Katherine Waterston, Jena Malone, Kevin J. O’Connor.

Di seguito la trama del romanzo di Pynchon: California, inizio anni Settanta. Doc Sportello, investigatore privato con una passione smodata per le droghe e il surf, viene contattato da una vecchia fiamma, Shasta, che gli rivela l’esistenza di un complotto per rapire il suo nuovo amante, un costruttore miliardario. L’investigatore non fa neanche in tempo ad avviare le sue indagini che si ritrova arrestato per l’omicidio di una delle guardie del corpo del costruttore, il quale è intanto sparito, come pure Shasta. Sembrano le premesse del più classico dei noir, ma ben presto le coincidenze piú strane si accumulano e il mistero si allarga a macchia di leopardo. Doc inciampa così in collezioni di cravatte con donnine discinte, in falsi biglietti da venti dollari con il ritratto di Richard Nixon, in un’associazione di dentisti assassini nota come Zanna d’Oro, che è però anche il nome di un sedicente cartello indocinese dedito al traffico di eroina.

Vizio di Forma: nuove foto dal film con Joaquin Phoenix

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Ecco nella gallery di seguito nuove immagini tratte da Vizio di forma, il nuovo film di Paul Thomas Anderson con protagonista Joaquin Phoenix.

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La pellicola segnerà il ritorno della coppia Paul Thomas Anderson e Joaquin Phoenix, dopo i fasti di The Master e racconterà la storia dell’eccentrica figura del detective tossicodipendente Larry “Doc” Sportello la cui sregolata vita è sconvolta dall’arrivo improvviso della sua ex ragazza. La vecchia fiamma riesce a convencere Doc a rintracciare il suo nuovo amante, un magnate del mattone rapito da dei misteriosi criminali. Come di consueto grande cast per il regista culto che vede fra gli altri coinvolti attori del calibro di Josh Brolin, Benicio Del Toro, Owen Wilson, Reese Witherspoon, Martin Short, Katherine Waterston, Jena Malone, Kevin J. O’Connor.

INHERENT VICEDi seguito la trama del romanzo di Pynchon:

California, inizio anni Settanta. Doc Sportello, investigatore privato con una passione smodata per le droghe e il surf, viene contattato da una vecchia fiamma, Shasta, che gli rivela l’esistenza di un complotto per rapire il suo nuovo amante, un costruttore miliardario. L’investigatore non fa neanche in tempo ad avviare le sue indagini che si ritrova arrestato per l’omicidio di una delle guardie del corpo del costruttore, il quale è intanto sparito, come pure Shasta. Sembrano le premesse del più classico dei noir, ma ben presto le coincidenze piú strane si accumulano e il mistero si allarga a macchia di leopardo. Doc inciampa così in collezioni di cravatte con donnine discinte, in falsi biglietti da venti dollari con il ritratto di Richard Nixon, in un’associazione di dentisti assassini nota come Zanna d’Oro, che è però anche il nome di un sedicente cartello indocinese dedito al traffico di eroina.

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