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Uscite al Cinema 19 Novembre 2010

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Harry_Potter_e_i_doni_della_morteHarry Potter e i doni della morte – Parte I: dopo la tragica morte del professor Silente le forze del male hanno preso il sopravvento nel mondo dei maghi, i Mangiamorte controllano ormai il Ministero della magia e Hogwarts. I giovani alunni della scuola non sanno cosa fare senza l’aiuto dei loro insegnanti, fortunatamente però Silente nel suo testamento ha lasciato qualcosa di prezioso ad Harry, Ron ed Hermione…

Poster internazionale per I viaggi di Gulliver

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Poster internazionale per I viaggi di Gulliver

Gulliver

E’ online la locandina spagnola ufficiale di Fantastici Viaggi di Gullier, che mostra tutti i personaggi dell’adattamento (ambientato in tempi moderni) del romanzo di Jonathan Swift, robot gigante incluso.

Inizia il casting per il nuovo Superman

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Inizia il casting per il nuovo Superman

Il casting del nuovo film di Superman è appena iniziato! Lo annuncia Deadline e ci dice anche che il regista Zack Snyder e il produttore Christopher Nolan hanno iniziato a cercare l’attore che darà il volto alla nuova incarnazione del supereroe DC.

Il sito rivela che le riprese inizieranno ufficialmente a giugno 2011, e smentisce definitivamente il rumour che vedeva la produzione in cerca di un attore sui quarant’anni: gli attori che verranno vagliati, infatti, dovranno avere tra i 28 e i 32 anni. Soprattutto, dovranno essere volti nuovi, o attori televisivi che non sono ancora delle grandi star.

Un aspetto che dovremo tenere presente sarà proprio quello delle riprese estive: gli attori impegnati in serie televisive in partenza nell’autunno 2011, infatti, saranno impegnati nelle riprese delle stesse. Sembra poi escluso il ritorno di Brandon Routh, così come possiamo direttamente scartare Jon Hamm (il quale per primo rideva del rumour che girava ormai da qualche tempo). Deadline cita Ian Somerhalder di The Vampire Diaries, ma proprio le riprese della serie dovrebbero rendere improbabile una sua partecipazione.

Michael Hoffman per il remake di Gambit

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Il regista Michael Hoffman (The Last Station) ha firmato il contratto per dirigere il remake della commedia britannica Gambit del 1966, scritto dai fratelli Coen. Secondo Deadline, il progetto ha finalmente trovato i finanziamenti dalla Crime Scene Pictures, e si prevede di iniziare le riprese a Londra nel mese di maggio. Il casting dovrebbero iniziare a breve.

Valeria Golino, star internazionale

Valeria Golino, star internazionale

Valeria Golino – Amata dagli uomini, invidiata dalle donne per la sua indubbia bellezza, risultato di un felice incontro tra Italia e Grecia. Due occhi azzurri e profondi e quella voce roca, poco apprezzata in patria – dove è stata spesso doppiata – ma che le ha portato fortuna all’estero.

È Valeria Golino, nata a Napoli il 22 ottobre 1966 da padre italiano, insegnante, e madre greca, pittrice. Dopo un’infanzia trascorsa nel capoluogo campano, dove il nonno gestiva l’albergo “Bella Napoli”, quando i genitori si separano, si trasferisce ad Atene con la madre e il fratello, trascorrendo però in Campania le vacanze. Verso i 12-13 anni, un problema fisico le dà l’occasione di cominciare a varcare i confini europei: deve infatti sottoporsi a un intervento chirurgico a Chicago per una scoliosi. Qui, durante la convalescenza, impara l’inglese. A 15 anni si trasferisce a Roma dallo zio – il noto giornalista Enzo Golino, che in quegli anni è all’Espresso – per fare la modella. Proprio grazie alle frequentazioni dello zio, Valeria conosce Lina Wertmüller, che la dirigerà nel suo esordio cinematografico: Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada (1983). Si tratta di una commedia dai toni satirici, dove la giovane attrice interpreta Adalgisa, figlia di Ugo Tognazzi (il deputato Vincenzo De Andreis). Wertmüller la dirige di nuovo l’anno successivo, ma la sua prima apparizione in un ruolo da protagonista è del 1985, quando il regista Peter Del Monte la sceglie per interpretare Mara, la babysitter diciottenne del piccolo Tommaso, in Piccoli fuochi, una pellicola che indaga l’universo infantile, muovendosi tra realtà e fantasia e rinunciando a facili stereotipi. Il bambino, trascurato dai genitori, inventa tre amici immaginari, si invaghisce della sua tata e, vedendo nel fidanzato di lei un ostacolo al loro amore, lo uccide appiccando un incendio. L’attrice resta sentimentalmente legata al regista per due anni. Del Monte tornerà a sceglierla nel ’90 per il suo Tracce di vita amorosa, dove reciterà accanto a Stefania Sandrelli, e nel 2000 per Controvento.

Nel frattempo, Valeria ha deciso di lasciare la scuola e dedicarsi totalmente alla recitazione, da autodidatta. Nell’ ‘86, la vuole Citto Maselli per il suo ritorno alla regia dopo Il sospetto (1975), in Storia d’amore. La Golino interpreta Bruna, una ragazza della periferia romana che vive una situazione familiare ed esistenziale difficile: un padre vedovo e dei fratelli a cui badare, un lavoro e una vita sentimentale tormentata. Per quest’interpretazione, a soli vent’anni, si aggiudica la Coppa Volpi come miglior attrice al Festival di Venezia e il Nastro d’Argento a Taormina. L’anno successivo, partecipa, nel ruolo di Nora Treves, al film Gli occhiali d’oro di Giuliano Montaldo, tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani. Si tratta di una delle prime produzioni internazionali cui Valeria partecipa.

Ma la vera svolta in questo senso è determinata dal suo trasferimento oltreoceano. Nel 1988, infatti, è a Los Angeles, dove condivide un appartamento con l’amica Greta Scacchi. Il caso vuole che cominci a proporsi alle case di produzione americane proprio quando il regista Berry Levinson è in cerca di un’attrice non troppo conosciuta e dalle modeste pretese economiche, oltre che non molto alta, da affiancare a Tom Cruise in Rain Man – L’uomo della pioggia. La trova proprio in Valeria, che compare nel ruolo di Susanna, appunto la fidanzata di Charlie Babbit, in questo racconto per immagini del rapporto tra due fratelli (Tom Cruise/Charlie Babbit e Dustin Hoffman/Raymond Babbit), che si ritrovano dopo esser stati separati da piccoli a causa della malattia di Raymond, autistico con spiccate doti logico-matematiche.

Il film conquisterà quattro premi Oscar, tra cui quello a Dustin Hoffman per la sua magistrale interpretazione di Ray. Nello stesso anno, la Golino partecipa a La mia vita picchiatella, sequel comico-fantastico del primo film di Tim Burton Pee-wee’s Big Adventure. Sul set conosce l’attore portoricano Benicio Del Toro, a cui si lega in una relazione che durerà fino al 1992. Inoltre, l’attrice continua a proporsi per numerosi film, tra cui Pretty Woman, per la parte di Vivian, e per il ruolo della Dottoressa Mannus di Linea mortale, ma in entrambi i casi ad essere scelta sarà Giulia Roberts. Nel ’91 sarà invece la Golino ad ottenere una parte in L’anno del terrore, avendo la meglio su Sharon Stone. In questi anni, coltiva amicizie internazionali. Tra queste, quella con Sean Penn, che le propone di partecipare al suo esordio dietro la macchina da presa, Lupo solitario, incentrato sul rapporto problematico tra due fratelli: Joe Roberts (David Morse), poliziotto, e Frank Roberts (Viggo Mortensen), un reduce dal Vietnam con tendenza all’autodistruzione e all’aggressività. L’attrice campana interpreta la messicana Maria. Lo stesso anno Jim Abrahams la recluta per la sua demenziale parodia della cinematografia hollywoodiana Hot Shots!, sceneggiata insieme con gli autori di L’aereo più pazzo del mondo, David e Jerry Zucker. La Golino è Ramada Thompson, bella psichiatra che affianca il tenente Topper Harley/Charlie Sheen. Parteciperà anche a Hot Shots! 2. Assieme all’interpretazione di Susanna in Rain Man, si tratta di uno dei ruoli che le danno maggior notorietà negli Usa.

Valeria Golino, star internazionale

Nel ’92 torna al cinema nostrano, lavorando al fianco di Diego Abatantuono e Claudio Bisio in Puerto Escondido di Gabriele Salvatores, che segue lo riuscitissimo Mediterraneo. In questa nuova pellicola, Valeria interpreta Anita, la compagna di Alex/Bisio, col quale organizza traffici più o meno leciti per sbarcare il lunario in Messico. Saranno loro ad accogliere il fuggiasco Mario/Abatantuono, borghese distinto, direttore di banca, scappato da Milano alla volta dell’America Latina dopo aver assistito a un omicidio. Del cast fa parte anche Fabrizio Bentivoglio, già protagonista, assieme ad Abatantuono, di un altro successo di Salvatores, Turnè, e che qui recita in un ruolo secondario. Bentivoglio e la Golino avranno una relazione che durerà circa dieci anni. Li troviamo insieme nel ’94 ancora su un set italiano, quello del film Come due coccodrilli di Giacomo Campiotti, alla sua seconda prova alla regia. Qui si affrontano le problematiche legate alla crescita dell’individuo. Bentivoglio/Gabriele è figlio di Giancarlo Giannini/Pietro, nato da una sua relazione extraconiugale e costretto dalle circostanze a vivere col padre assieme ai due fratellastri. I continui conflitti sfoceranno nella sua fuga. Da adulto, dopo aver covato per anni profondo odio per la famiglia, non approfitterà dell’opportunità di vendicarsi e anzi si riconcilierà col passato. Valeria Golino interpreta la madre di Gabriele, Marta.

Due anni dopo la ritroviamo oltreoceano, nel primo episodio di Four Rooms, quello diretto da Allison Anders, dove l’attrice recita nel ruolo della strega Athena accanto a Madonna, cimentandosi in un rito per evocare la propria dea. È diretta anche da Mike Figgis per un cameo in Via da las Vegas e da John Carpenter in Fuga da Los Angeles. Nell’ormai nota altalena tra Italia ed estero, l’attrice, che non si vuol far mancare nulla, recita nel nostro paese in Escoriandoli di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Una coppia quest’ultima tra le più dissacranti, creative ed ironiche del nostro teatro – rigorosamente non di narrazione –  ma che non disdegna cinema e televisione. I due si cimentano qui in un lungometraggio dai toni surreali dove campeggia, al solito, Rezza, trasformista della mimica e del linguaggio, che ricopre vari ruoli, ma si fa affiancare da molte talentuose attrici cinematografiche: appunto Valeria Golino, ma anche Valentina Cervi, Claudia Gerini e Isabella Ferrari. Nel ’97 e nel ’98 la nostra attrice è diretta da Soldini, per il quale interpreta la tarantina Maria (Grolla d’Oro come Miglior Attrice a Sant Vincent) in Le Acrobate e da Francesca Archibugi in L’albero delle pere. Si cimenta anche nella miniserie tv La vita che verrà.

Nel 2000 varca di nuovo le frontiere dello stivale e la ritroviamo in Le cose che so di lei, dove condivide il set con Glenn Close. Due anni dopo, recita accanto a Christopher Walken nella serie tv Giulio Cesare e con l’amica Salma Hayek in Frida. Ma questo è senza dubbio l’anno di Respiro di Emanuele Crialese. È infatti con questo film che Valeria ottiene il Nastro d’Argento a Taormina, per la sua interpretazione di Grazia, madre sui generis in un sud tradizionalista che la rifiuta e la allontana. Dopo essersi affacciata anche al cinema francese, dove condivide con Gérard Depardieu i set di San-Antonio (2004), 36-Quai des Orfèvres (2004) e Olé! (2005), torna al cinema italiano con La guerra di Mario (2005) di Antonio Capuano, in cui interpreta la madre affidataria di un bambino difficile. Per questo ruolo si aggiudica il David di Donatello come Miglior Attrice. Il regista partenopeo tornerà a sceglierla per la sua ultima pellicola L’amore buio. Anche qui sarà alle prese col disagio giovanile, in qualità di psicologa che tenterà di aiutare un adolescente incarcerato per stupro. Il 2005 la vede anche sul set di Texas di Fausto Paravidino, in cui recita accanto allo stesso regista e a Riccardo Scamarcio. L’attrice si lega a Scamarcio, che è il suo attuale compagno. In questi ultimi anni è ancora apparsa in numerose pellicole italiane. Ricordiamo la sua interpretazione in Caos Calmo (2007) di Antonello Grimaldi, dove veste in maniera impeccabile i panni della cognata di Nanni Moretti, donna dall’animo fragile con la sua vita sconclusionata, parte di quel carosello di personaggi che abilmente il regista fa muovere attorno al protagonista e che sembrano presentarsi a lui per cercare aiuto, anziché offrirgliene in un momento difficile come quello della morte della moglie. Sarà però anche grazie a loro coi loro piccoli problemi quotidiani, che prenderà coscienza del procedere dell’esistenza, nonostante tutto, imparando ad apprezzare di nuovo la vita.

Andrea Molaioli l’ha diretta poi nel pluripremiato La ragazza del lago. Piccioni l’ha voluta per il difficile ruolo di protagonista in Giulia non esce la sera (2008). Qui interpreta al meglio la complessa personalità di Giulia, detenuta con permesso di lavoro e istruttrice di nuoto, affatto pentita del crimine commesso, ma col rammarico che le sue scelte l’abbiano costretta a separarsi dalla sua unica ragione di vita: la figlia. Giulia la spia durante i permessi di uscita per seguirne da lontano l’esistenza, ma non ha il coraggio di parlarle. Un barlume di ottimismo sembra arrivare grazie all’incontro con uno scrittore in crisi creativa, anche lui fragile e con poca fiducia in sé (Guido/Valerio Mastandrea). I due si scoprono simili e si scambiano affetto e consolazione, ma ciò non è sufficiente ad impedire il tragico epilogo della vicenda. L’attrice ha dichiarato di aver visitato il carcere di Velletri per interpretare questo personaggio e di esserne rimasta positivamente colpita, per il trattamento profondamente umano riservato alle detenute, seppure in una condizione difficile in sé come quella carceraria. Nel 2008 partecipa al film documentario La fabbrica dei tedeschi di Mimmo Calopresti, riguardo al tragico rogo alle acciaierie Thiessen Krupp di Torino, costato la vita a sette operai nel dicembre 2007.

Lo scorso anno è stata al fianco di Sergio Rubini nel suo L’uomo nero. Affresco di provincia pugliese fortemente autobiografico da parte del regista, che tratteggia il personaggio di  Ernesto Rossetti – da lui interpretato – ispirandosi alla figura paterna. È la storia di un capostazione con la passione per la pittura e della sua famiglia nella Puglia degli anni ’60. Rubini rende qui abilmente la mentalità asfittica e tarpante propria di un certo sud, non solo in quegli anni, pronto a stroncare sane ambizioni di crescita e vittima esso stesso di quel complesso d’inferiorità affibbiato dal nord, ma poi interiorizzato. Valeria Golino è perfetta nei panni di Franca, moglie di Ernesto, insegnante, che sa stare accanto al marito e ne rispetta la passione per l’arte, anche se lo vorrebbe più attento alla famiglia. I due hanno un figlio, il vivacissimo Gabriele. Con la sua fantasia, il bambino scompagina i rigidi schemi del suo mondo. Nel ruolo del fratello donnaiolo di Franca, lo zio Pinuccio, proprio Riccardo Scamarcio, anche lui pugliese doc, che riesce ottimamente in questo divertente ruolo da commedia.

Quest’anno, poi, l’attrice partenopea si è anche cimentata alla regia, col cortometraggio Armandino e il Madre. Pochi giorni fa ha dichiarato che le piacerebbe poter dirigere proprio il suo compagno Scamarcio in un prossimo futuro. Intanto, è in questi giorni nelle sale, La scuola è finita di Valerio Jalongo, che vede la Golino nei panni di un’insegnante. Il regista, anch’egli docente, dà la sua lettura del decadimento educativo e culturale dell’istituzione scolastica.

Da registrare anche qualche incursione dell’attrice nel mondo della musica. Sempre all’insegna delle collaborazioni internazionali, ha partecipato nel ’96 al video dei R.E.M. per il brano Bittersweet me, contenuto nell’album New Adventures in Hi-Fi. Si è poi cimentata nel canto, fin dal ’91, interpretando The man I love per la colonna sonora di Hot Shots!, per concludere con i Baustelle che nel 2009 hanno voluto proprio la sua particolare voce roca per Piangi Roma, brano di chiusura della colonna sonora del film Giulia non esce la sera, vincitore del Nastro d’Argento al Festival di Taormina come Miglior canzone originale.

Dalla vita in poi: recensione del film

Dalla vita in poi: recensione del film

Può una ragazza sulla sedia a rotelle sposare un uomo che sconta una pena di 30 anni per aver ucciso un uomo? Ma prima ancora, possono due persone ‘sconfitte’ innamorarsi in tali situazioni? Dalla vita in poi racconta proprio la storia di Katia e Danilo e del loro amore, nato per caso e per sbaglio come quello di Rossana per Cyrano. Il regista Gianfrancesco Lazzotti ci racconta un melodramma con toni da commedia, incastrando coraggiosamente per il panorama italiano storie dolorose e difficili con un linguaggio che fa sorridere.

Molto bravi gli attori protagonisti di Dalla vita in poi, Cristiana Capotondi che fa di tutto per togliersi di dosso la sua immagine di perenne ragazzina riesce credibilmente a rappresentare la forza e il coraggio di questa donna affetta da distrofia muscolare ma non per questo sconfitta e arresa alla vita; allo stesso modo Filippo Nigro, che interpreta Danilo, offre come suo solito una buona interpretazione.

Notevole il lavoro fatto sulla raffinatissima e molto brava Nicoletta Romanoff che il regista ha voluto trasformare nella coatta Rosalba, forse esagerando e scadendo nel cliché. Ottimi anche i comprimari a partire da Insegno e Buccirosso che come sempre offrono interpretazioni convincenti. Intanto però se gli attori sono così bravi, la sceneggiatura non è molto omogenea presentando diversi punti di squilibrio che inficiano la riuscita di un film basato su un’idea non geniale ma innovativa.

Nel complesso Dalla vita in poi si lascia guardare, soprattutto perché è basato sui personaggi che muovono bene il racconto e ne portano a compimento la trama senza strafare, portando a casa un buon film. Interessante il titolo: è esattamente una battuta che Nigro/Danilo dirà a Capotondi/Katia: “Infondo tu dalla vita in poi sei normale”, riferendosi al contrario alla sua condizione di carcerato.

Downey lascia Cuaron

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Downey lascia Cuaron

cuaron

Robert Downey Jr. è definitivamente uscito dal progetto Gravity, nuovo film di fantascienza di Alfonso Cuaron.

Foto dal set di Men in Black III

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smith

Sono arrivate le prime immagini dal set di Men in Black III.

 

Robert Zemeckis smentisce Oz

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Zemeckis

Zemeckis smentisce la notizia sul Mago di Oz.

Continua il casting di Spider-Man

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Continua il casting di Spider-Man

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Mancano poche settimane alle riprese dello Spider-Man di Marc Webb e, Denis Leary è in trattative per interpretare il capitano George Stacy…

Cowboys & Aliens primo trailer!!

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Cowboys & Aliens primo trailer!!

cowboys

E’ online il lungo primo trailer di Cowboys & Aliens, il film fanta/western di Jon Favreau tratto dal fumetto di Fred Van Lente e Andrew Foley pubblicato dalla Platinum Graphics, e prodotto da Brian Grazer, Ron Howard e Steven Spielberg.

Harry Potter e I Doni della Morte – parte I – clip esclusiva

 

Harry_Potter_e_i_doni_della_morteManca ormai pochissimo all’uscita nelle sale di “Harry Potter e I Doni della Morte – parte I”, ma Cine-filos per i meno pazienti ha in riservo una sorpresa: una clip esclusiva con i protagonisti e gli autori che svelano alcuni segreti, fanno vedere il set e le magie della settima avventura del maghetto tratta dall’ultimo libro della fortunatissima saga di J.K. Rowling.

Zemeckis per Il mago di Oz

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Zemeckis

Probabilmente sarà Robert Zemeckis a dirigere per la Warner Bros il remake del classico Il mago di Oz. La sceneggiatura sarà un adattamento del classico del 1939 diretto da Victor Fleming ed interpretato da Judy Garland.

Buon compleanno a Carlo Verdone!!!

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Verdone

Compie oggi 60 anni Carlo Verdone, uno dei comici più longevi ed amati del nostro cinema.


Harry Potter è già online

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Harry_Potter_e_i_doni_della_morte

Ancora pochi giorni, e Harry Potter e i Doni della Morte: parte I arriverà nei cinema di tutto il mondo. Ma, a quanto pare, il film è già online…

Sacha Baron Cohen e Larry Charles: The dictator

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Sacha Baron Cohen e Larry Charles: The dictator

sachabaroncohen

Sembra proprio che Larry Charles, regista di Borat e Bruno, tornerà a dirigere Sacha Baron Cohen nel suo ultimo film The Dictator, in cui il comico interpreterà addirittura due ruoli.

Lanterna Verde: ecco il primo trailer!!

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Lanterna Verde: ecco il primo trailer!!

green lantern

La Warner Bros. ha diffuso online il primo, lungo trailer di Lanterna Verde prima ancora della sua presentazione davanti alle copie americane di Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 1 venerdì.

A serbian film: recensione del film di Srđan Spasojević

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A serbian film: recensione del film di Srđan Spasojević

A SERBIAN FILM: per una definizione di immagine estrema e immagine pornografia

La vera storia della guerra in Iraq è stata redatta dai media commerciali di massa: se siamo disposti a provocare questi disordini, allora dobbiamo anche affrontare le orrende immagini che conseguono da questi atti”

(Brian De Palma, a proposito di Redacted)

Cosa colpisce in A serbian film? Immagini estreme senza censura. Estremismo è fastidio, direbbero alcuni. Cappabianca definisce invece immagine estrema quella che riesce a mettere in crisi, in senso quasi fisico, la nostra stessa sicurezza; quella che si rifiuta di essere contemplata, anche in nome della sua bellezza formale o della sua acutezza intellettuale; quella che ci sconvolge perché non riusciamo più a credere che sia solo un’immagine.

Nel cinema la realtà più cruda diventa incorporea, ma qui qualcosa resiste: l’immagine trasuda disperazione e denuncia, diventando altro rispetto all’immagine in sé- intesa e come documento e come film. Sorretta da un contesto grigio e palpabile, quest’immagine prende vita, sanguina e grida. E il suo grido viene da lontano: è il grido represso a causa delle oppressioni inflitte da un potere tiranno. Il grido si fa immagine: immagine estrema.

L’immagine diventa immagine estrema, la quale, lontana dall’autoreferenzialità, trascende il film per divenire pura voce – e grido appunto.Ma cosa ha reso l’immagine, un’immagine estrema? La guerra, risponderebbe il regista in questo caso. Non tutte le immagini di guerra sono però immagini estreme. Debray avvalora quanto detto affermando che le immagini catturate dell’evento mass-mediatico non riescono più ad avere un vero e proprio valore di testimonianza. A serbian film: immagini di guerra in un film porno: la guerra diventa pornografia: nulla di più vero. Spettacolarizzata e commercializzata, l’immagine di guerra entra nelle nostre case tramite giornali, tv e trilioni di siti internet: totalmente svuotata di un senso altro, quest’immagine si guarda allo specchio incapace di esprimere altro da sé. In tal senso significa che l’immagine, ripresa dai media con intenti meramente commerciali, non sarà mai immagine estrema, ma immagine pornografica semmai, e sarà sempre piatta e priva di significati ulteriori.

“Questo film (A serbian film) è il diario delle angherie inflitteci dal Governo Serbo, il potere che obbliga le persone a fare quello che non vogliono fare, devono sentire la violenza per capirla”. L’immagine di A serbian film in tal senso si pone come immagine cognitiva: conoscenza della violenza e del contesto in cui tale violenza vive, ma non è solo tale. Lo spettacolo c’è, eccome. La violenza è spettacolarizzata dal momento che è pensata per essere commercializzata: lo snuffmovie all’interno del movie stesso è emblema dell’immagine capitalizzata e resa pornografica. L’immagine di A serbian film è immagine estrema dal momento che si pone oltre il documento pornografico- che pur denuncia- e si colloca nella sfera delle immagini che attivano processi cognitivi. Il processo cognitivo in tal caso è doloroso, ma perdura dal momento in cui attiva la coscienza e si distacca dall’immagine pornografica, la quale non innesca una conoscenza ma solo un momentaneo sentimento patetico.

Nel caso della guerra, l’immagine-documento spesso non riesce a rinviare ad altro che a sé stessa, allontanandosi dalla portata documentaria che dovrebbe avere, cercando un semplice approccio emotivo- e quindi effimero. L’avvento massmediatico non ha fatto altro che avvalorare tale tesi. Non a casa Brian De Palma per costruire il suo Redacted si serve dei mezzi propri dei massmedia (video dei militari americani) creando un falso documentario basato però su testimonianze vere. Perchè De Palma non ha usato i veri video?

Perché aveva bisogno di una drammaturgia alla base che distinguesse l’immagine pornografica dall’immagine che egli voleva creare: un’immagine conoscitiva appunto; De Palma con il suo lavoro conferma la tesi di Debray secondo la quale la fuga senza ritorno delle immagini che avviene giorno dopo giorno è un canale di ricambio per le memorie e una dissuasione per l’intelligenza.  Essa feticizza l’istante, destoricizza la storia, scoraggia lo stabilirsi della minima serie causale”.

Pasolini da parte sua per Salò e le 120 giornate di sodoma si ispira ai racconti del marchese De Sade: l’approccio filologico e concettuale- unito alla freddezza dell’immagine- dichiarano il voler prendere le distanze da qualsiasi forma di cinema emotivo e patetico-abitudine ci certo cinema americano- per cercare di instillare nello spettatore la coscienza- e perché no, la conoscenza- del male: lontani dal tempo dello “spettacolo”, che non funziona più nei termini del racconto, ma in quello della rappresentazione-sostituzionesimulazione.

A serbian film, la violenza allo statu puro

Nel caso specifico di A serbian film, la violenza è violenza allo stato puro che si fa spettacolo: spettacolo (pedo)pornografico pronto per essere fagocitato dai produttori(e dagli spettatori); l’immagine estrema in tal senso non sarà l’immagine violenta in sé, quanto piuttosto l’immagine di coloro che creano l’immagine pornografica in nome dell’arte, immagini di morte in nome della vita.

Non a caso le immagini più toccanti sono riprese di filmati girati in precedenza: lo stupro sul neonato esempio obbligato, simbolo della tirannia che offende prima ancora di poter parlare e della violenza che penetra prima ancora di venire al mondo; è la violenza fatta video e pensata per essere venduta, svuotata della sua gravità e resa oggetto del desiderio dello spettatore; ma proprio in virtù di tale distacco-formale in questo caso- e dell’evidente portata simbolica, quell’immagine-quasi impossibile agli occhi dell’individuo scevro dal contesto bellico- si presenta come immagine estrema, rinviando-attraverso un processo cognitivo- ad un contesto altro(bellico appunto).

Il dover riprendere in nome della conoscenza si rivela altrettanto falso della necessità di riprendere la morte in nome della vita: il tutto sempre a discapito del soggetto incapace di avere il controllo delle proprie azioni-drogato e indotto come lo è il nostro protagonista serbo- assoggettato dal capitale tiranno(non a caso sarà proprio il bisogno di denaro per poter fuggire dal paese a far si che il protagonista diventi vittima/carnefice del gioco di coloro che non si vedono mai); e la denuncia è tale che sembra quasi che il bisogno di pornografia sia causa di morte: il compulsivo bisogno di immagine si traduce in una scopofilia deviata che non lascia in pace il soggetto neanche dopo la morte: anche il corpo morto, dissacrato e offeso, è materia prima per uno show che must go on a discapito dell’arte, della vita e dell’intelligenza umana, prodotto dell’imperante capitale che promuove una cultura che vive all’insegna del trash e della pornografica.

Men in black 3: iniziate le riprese!

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smith

Il LA Times annuncia che le riprese di Men in Black III inizieranno ufficialmente oggi, anche se avranno un andamento decisamente inusuale: verranno infatti divise in due sessioni, la prima durerà da oggi alla settimana di Natale, e la seconda inizierà a febbraio.

 

Io sono con te: recensione del film di Guido Chiesa

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Io sono con te: recensione del film di Guido Chiesa

Io sono con te – Tantissime sono state ad oggi le riletture, rielaborazione e riproposizione della storia della natività. Tutti i punti di vista sono stati scandagliati in qualunque modo proponibile. Tra questi Guido Chiesa riesce a trovare un modo nuovo per rappresentare sullo schermo la storia più raccontata di tutti i tempi: quella di Maria e di suo figlio, Gesù.

Io sono con te racconta infatti la storia di Maria, dal concepimento fino alla celeberrima sparizione di Gesù che nel tempio di Gerusalemme per discutere con i dottori della legge. Nessun episodio evangelico è tralasciato: la natività, la visita dei pastori e dei Magi, la strage degli innocenti. Il vangelo preso ad esempio è quello di Luca, che più approfonditamente si attarda nei dettagli storici e si presta meglio degli altri alla trasposizione cinematografica. La bellezza di questo film, il suo lato enigmatico ed interessante risiede principalmente nei lunghi silenzi di Maria, una ragazza giovane ma determinata che parla poco, sorride tanto, ed ha ben chiaro in mente che l’amore incondizionato per suo figlio è l’unica cosa di cui egli ha bisogno. Contravvenendo a quasi tutte le norme della tradizione ebraica, Maria si troverà a combattere contro la struttura patriarcale della famiglia allargata nella quale andrà a vivere dopo il matrimonio con Giuseppe. Il cuore del film si rivela però nella discussione dotto che i Magi, molti più di tre, hanno a proposito del bambino che hanno visto, Gesù, e soprattutto della serenità della madre. La santità, la potenza, diranno i Magi, forse risiede non in poteri ultraterreni, in grandi capacità intellettive, ma nell’enorme capacità che ha l’uomo di amare il prossimo; in quest’ottica il contatto con la madre, l’amore che incondizionatamente essa gli dona, influisce sull’affettività del bambino a tal punto da condizionarne la vita successiva.

La ‘grazia’ di cui Maria è piena, viene qui trattata come una prerogativa totalmente umana, che si concretizza nell’amore e nella fiducia che ella infonde nel figlio già da piccolissimo. Nell’economia del film, la figura di Maria spesso proposta come etereo simulacro inarrivabile, diventa qui incredibilmente concreta e per questo imitabile, e di concreto esempio. Biologicamente è oggi dimostrato che l’essere umano si forma come essere capace di amare e di esercitare facoltà razionale sul modello genitoriale, di conseguenza, l’uomo che inviterà a porgere l’altra guancia deve aver avuto una madre fuori dal comune, per questo la storia qui raccontata vale soprattutto come modello antropologico, che si distanzia anche dalla sua radice religiosa e per questo ne fa un film non solo per coloro che credono, ma anche per quelli che non credono.

Chiesa conduce questa storia delicata e potente ma che si muove nel quotidiano con grande discrezione, seguendo i personaggi nel loro cammino e nelle loro scelte. Discutibile forse solo la scelta dei salti temporali marcati con scritte bianche su cartelli neri (ci sono molti espedienti grammaticali per far intendere un’ellissi temporale considerevole). Interessante invece l’aspetto costumistico del film che si distanzia dal quasi monocromatismo dei film sul medesimo argomento, in favore di colori brillanti e vivaci che si sposano con una fotografia cangiante e allo stesso tempo discreta, ottimo accompagnamento per la delicatezza della storia. Bravi anche gli attori, scelti tra non professionisti e non attori direttamente sul set in Tunisia, e interessante soprattutto per la veridicità della recitazione la scelta di farli recitare nel loro dialetto locale, facendo invece parlare i personaggi di un ceto sociale superiore in greco antico.

io sono con te

Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 1: recensione

Parto dal presupposto che in un film su Harry Potter o in senso allargato, una storia tratta da un romanzo si debba in qualche modo rendere cinematografica tralasciando qualcosa o aggiungendo altro. Vedendo Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 1 mi verrebbe da chiedere perché è stato fatto in due parti? … La risposta più plausibile sarebbe quella di voler essere il più fedele possibile alla storia e nella fatti specie al romanzo. Ma siamo sicuri che questa presunzione non possa nuocere all’opera filmica?

Detto questo va chiarita la mia posizione. Io stesso ho particolarmente amato l’ultimo libro, ma è proprio per questa ragione che vedendo questa prima parte ci si pone questa domanda. Innanzitutto cosa può (è deve) essere tralasciato, e cosa invece dovrebbe entrare di diritto in una rielaborazione raccontata della storia? …

A mio avviso una delle note dolenti del film è appunto la scelta di non far vedere il funerale di Silente, nemmeno in questo inizio del nuovo capitolo, evento che è importante per due motivi: innanzitutto perché è una scene carica di forte emotività e densa di carattere tematico, importanti per capire appieno le dinamiche di comunità che ruotano attorno ai personaggi; non secondo, un particolare importante che dovrebbe essere spiegato con maggiore enfasi: alcuni di voi sapranno che assieme al corpo di Albus Silente viene sepolta anche la sua Bacchetta, dettaglio non trascurabile al fine di raccontare con chiarezza le dinamiche future della storia.

Harry Potter e i doni della morte parte 1, una caccia serrata

Harry Potter and the Deathly Hallows Part 1

Ad ogni modo, dopo questo excursus su un dibattito prettamente drammaturgico veniamo al film. Con un buon inizio si entra subito nelle dinamiche importanti e nell’imminente ascesa al potere da parte dei Mangiamorte e di Voldemort.

Harry Potter e i doni della morte parte 1 scorre velocemente anche grazie ad una sufficiente ma non eccelsa sceneggiatura. Tuttavia,  nonostante alcuni ottimi spunti è proprio nella prima parte che il film inizia a mostrare i suoi punti deboli che si rifaranno vivi successivamente. Nella fattispecie, mi riferisco ad un eccessiva freddezza ed una esasperata ironia che pervade momenti critici per non dire drammatici che rendono in qualche modo le vicende quasi ridicole … di fronte ai reali pericoli che i protagonisti corrono, per non parlare della pessima musica a mio giudizio che accompagna le immagini. Una musica, quella di Alexandre Desplet che è didascalica, priva di personalità, incapace di aggiungere o esaltare l’azione nei momenti più dolorosi. Limite questo che accompagnerà anche le vicende successive e un finale che avrebbe avuto decisamente un peso migliore se trattato con più attenzione.

Ma individuati questi limiti, il film, per fortuna, nella seconda parte migliora decisamente sia da un punto di vista scenografico che da un punto di vista registico. Rimangono di grande fattura le ambientazione e i grandi paesaggi che i tre protagonisti passo dopo passo percorrono. Eccezionalmente bella è la scena in cui Harry e Hermione vanno a Godric’s Hollow  e incontrano Bathilda Bath (positivamente sopra le righe). Bravi gli attori dai tre principali, Emma Waston su tutti, ai veterani Ralph Fiennes, Helena Bonham Carter, John Hurt e gli altri. Una nota di merito spetta al modo in cui viene raccontata la storia dei Doni della Morte, in una sorta di animazione che arricchisce il film e esalta la storia dandole uno spessore poetico elevato.

In definitiva come ogni film, ci sono dei grandi pregi e dei difetti che potevano essere prevedibili. Nonostante una precaria regia, il film appassiona indipendentemente, perché racconta una storia bella e travolgente, ricca di emozioni. Forse questa opera, intesa come film a sé, pecca in quanto serve ad un mero esercizio introduttivo. L’azione vera ci aspetta nel secondo capitolo, e i presupposti per poter ben sperare in un finale degno della saga ci sono tutti.

Dalla vita in poi: il cast racconta il film

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Dalla vita in poi è un film scritto e diretto da Gianfrancesco Lazotti con protagonisti i noti Filippo Nigro, Cristiana Capotondi, Nicoletta Romanoff.
Il film racconta la storia di tre personaggi le cui vite sono intrecciate tra loro in maniera complicata: Rosalba (Nicoletta Romanoff) ama Danilo (Filippo Nigro), un ragazzo che dovrà trascorrere parecchi anni in carcere. Per alleviargli la sofferenza della detenzione decide di scrivergli ogni giorno una lettera. Così si fa aiutare da Katia (Cristiana Capotondi), la sua amica del cuore, costretta a vivere su una sedia a rotelle.

Il Gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene

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Il Gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene

Il Gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene, Germania 1920 – Il racconto di un’agghiacciante storia che vede come protagonista il dottor Caligari, oscuro signore dall’aspetto sinistro, e Cesare, sonnambulo in grado di predire il futuro che viene presentato come una vera e propria attrazione dal dottore. Arrivati in un piccolo paese tedesco, simultaneamente al loro arrivo iniziano a verificarsi una serie di morti sospette.

“Film precursore” di diverse situazioni, correnti, generi e modi di dirigere, è targato Robert Wiene, cineasta tedesco che deve a questa pellicola la sua fama e che ha diretto qualche altro titolo nel periodo d’oro dell’espressionismo tedesco che trova n questo film il suo più grande punto di riferimento.

Interpretato magistralmente da Conrad Veidt, attore tedesco con alle spalle decine di film e che reciterà in  altrettanti numerosi film negli anni a seguire concludendo la sua carriera in un altro film storico quale Casablanca (sua penultima apparizione cinematografica). Veidt porta sul grande schermo un personaggio, quello del sonnambulo Cesare, caratterizzato e atipico per l’epoca (e anche per il nostro presente). Insieme a lui Werner Krauss, nei panni del personaggio che da il titolo al film, un ambiguo quanto inquietante dottore “proprietario” del sonnambulo. Attore che diventerà uno degli artisti di maggior rilievo della cultura nazista ai tempi di Adolf Hitler.

L’atmosfera che si sente durante la visione de Il gabinetto del dottor Caligari unica nel suo genere, è in grado di catturare lo spettatore e avvolgerlo completamente calandolo all’interno del film stesso e soffocandolo lentamente anche grazie alle tenebrosa colonna sonora che fa dimenticare che in realtà si tratta di un film muto.

Il Gabinetto del dottor Caligari

Le scenografie poi rendono questa pellicola inimitabile, la geometria distorta degli edifici, delle strade e di tutto ciò che troviamo al suo interno non fa che aumentare il senso di soffocamento, gli stessi visi dei personaggi mostrano una realtà troppo distante per essere considerata tale e il montaggio di Wiene riesce nell’ardua impresa di amplificare il tutto.

Accostabile a livello di “anomale scenografie” solamente a film come Thaïs di Bragaglia e Dogville di Lars von Trier, nel complesso ci si trova di fronte ad uno dei primi horror importanti della storia del cinema e come già detto ad un punto di riferimento per l’espressionismo tedesco, oltre ad essere un capolavoro che ancora resiste e insegna a distanza di quasi un secolo.

Carey Mulligan in The Great Gatsby

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Carey Mulligan in The Great Gatsby

'The Great Gatsby' Photocall - The 66th Annual Cannes Film FestivalDopo alcune settimane di provini, Baz Luhrmann ha trovato la sua Daisy Buchanan: sarà Carey Mulligan a interpretare l’iconico personaggio nel nuovo adattamento del Grande Gatsby, un classico di F. Scott Fitzgerald già portato al cinema nel 1974.

Gerard Butler in un film post apocalittico

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Gerard Butler, star del recente successo di Giustizia privata, parteciperà al thriller fantascientifico Afterburn, prodotto dalla Relativity Media insieme alla Original Films di Neal Moritz e alla Maguire Entertainment di Tobey Maguire. A dirigere il progetto dovrebbe essere Antoine Fuqua, già autore di lavori apprezzati come Training Day e Brooklyn’s Finest.

Bill Clinton nel sequel di Una Notte da Leoni

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Bill Clinton nel sequel di Una Notte da Leoni

hangoover

Un altro cammeo eccellente per il sequel di  Una Notte da Leoni: questa volta si tratta nientemeno che di Bill Clinton.

Leonardo Di Caprio conferma il biopic su Hoover

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Leonardo Di Caprio conferma il biopic su Hoover

Durante una retrospettiva dedicata a Martin Scorsese, Leonardo DiCaprio ha parlato brevemente del biopic su J. Edgar Hoover che Clint Eastwood girerà nel 2011. L’attore ha confermato di essere nel cast del film nei panni del protagonista, spiegando che le riprese inizieranno presto:

Sembra che ci sia un tradimento in corso! [scherza a proposito del partecipare a un film non diretto da Scorsese] Lavorerò al progetto di Hoover con Clint molto presto. Penso che inizieremo le riprese a breve, forse gennaio o febbraio.

Il film è stato scritto da Dustin Lance Black, sceneggiatore premio Oscar per Milk. Hoover è stato direttore dell’FBI dalla sua fondazione nel 1935 alla morte nel 1972, un “regno” lunghissimo e controverso che ha portato le norme successive a fissare a 10 anni il mandato massimo per questa carica. Tra gli aspetti più controversi della sua vita, peraltro, una presunta omosessualità repressa, in aperto contrasto con i numerosi provvedimenti (anche omofobi) attuati durante la sua carriera. Hoover era infatti noto per utilizzare l’FBI al fine di attaccare gli attivisti e i dissidenti politici, raccogliendo fascicoli segreti sui leader politici per minare la loro credibilità spesso puntando sulla sfera sessuale.

Fonte: comingsoon.net