Sarà nelle sale italiane dal prossimo 9 dicembre Bloodline, primo lungometraggio di Edo Tagliavini, horror reduce dal successo al Tenebria Film Festival, che lo ha decretato Miglior Film. Il lavoro è simbolo della scommessa di OPENCINEMA sulla cinematografia di genere: un horror che attinge alla tradizione anni ’80 , riproponendone alcuni caratteri, ma allo stesso tempo vuole imprimere un’impronta personale al genere e modernizzarlo.
Inizialmente, infatti, sembra si tratti del classico film incentrato sulla figura del serial killer, mentre col procedere della narrazione si aggiungono elementi surreali in una contaminazione che punta ad accumulare anziché a sottrarre, e quasi a frastornare lo spettatore. Protagonisti sono Sandra (Francesca Faiella) e Marco (Marco Benevento), giornalisti mandati a filmare il backstage di un film porno “d’autore”. Non si gioca però sull’elemento pornografico: questa ulteriore contaminazione di genere viene adottata piuttosto come cornice, per sfruttarne il potenziale ironico e tenere viva l’attenzione dello spettatore nella parte centrale del film. Operazione che riesce abbastanza bene. Il set di Bloodline dove lavorano Sandra e Marco si trova nei pressi del luogo in cui, quindici anni prima, la sorella di Sandra è stata uccisa dal “Chirurgo”, serial killer che terrorizzava gli abitanti della zona. Il ritorno di Sandra in quei luoghi lo risveglierà, o meglio stimolerà qualcuno che oggi uccide al suo posto, dando il via a delitti efferati e aprendo la strada a un turbinio finale dove sembra non mancare proprio nulla: dalla follia che esplode ai corpi sfigurati e martoriati (con un occhio allo splatter), dai fantasmi agli zombi.
Per quel che riguarda il coinvolgimento dello spettatore, gli esiti sono altalenanti: ad esempio, la sequenza iniziale che rievoca il passato è molto ben costruita, con atmosfere oscure e angoscianti che sono la premessa adatta per la vicenda. Anche l’idea del climax, dell’accumulazione finale ha un buon potenziale e le scelte di regia la sorreggono: da tecniche di ripresa più classiche si passa alla telecamera a mano, che alla fine dà il senso dell’ “impazzimento” (per le riprese si utilizzano due macchine digitali). Molto efficace anche il montaggio nel dare velocità e ritmo.
Forse però, complice anche la produzione a basso budget, la mescolanza di elementi horror, ghost, fantasy si è rivelata comunque ardua da tenere insieme e la capacità di coinvolgere emotivamente e spaventare lo spettatore non si è mantenuta costante fino alla fine. Dal punto di vista iconografico (il serial killer mascherato, il fantasma della bambina, gli zombi), poi, non ci sono grosse novità, anzi, come si è detto in conferenza stampa, c’è la volontà di richiamarsi esplicitamente a un tipo di rappresentazione già codificato nella filmografia precedente.
Bloodline riesce a essere nel complesso godibile perché, cosciente di alcuni limiti, è alleggerito da una costante vena ironica, evidente ad esempio nella caratterizzazione dei singoli personaggi (il protagonista e produttore del porno – Virgilio Olivari – con la sua “etica”, lo scambista di “larghe” vedute – Francesco Malcom – , il regista “rigoroso” – Paolo Ricci -, l’attore rumeno in cerca di rivalsa). Non solo i personaggi sono descritti con ironia dall’inizio, ma tutti svelano progressivamente nel corso del film la loro vera natura, dando spazio a risvolti divertenti. L’elemento divertente e divertito si rivela particolarmente appropriato a questo tipo di progetto. Efficaci le interpretazioni dell’intero cast, mentre maggiore attenzione avrebbero meritato i dialoghi per evitare qualche caduta. Ottima colonna sonora, che oltre ai Pazi Mine e agli Spiral 69, di cui Tagliavini ha curato alcuni videoclip, vede la collaborazione di Claudio Simonetti, fondatore dei Goblin e storico collaboratore di Dario Argento. Altra collaborazione eccellente quella di Sergio Stivaletti, già creatore di effetti speciali per lo stesso Argento, Michele Soavi, Salvatores, Lamberto Bava. I due contributi confermano ulteriormente la volontà di inserirsi a pieno titolo nella tradizione dell’horror, non disdegnando contaminazioni. Il film si rivolge certamente a un pubblico di appassionati del genere e punta al suo rilancio anche qui in Italia, sebbene per il momento guardi soprattutto al mercato internazionale.













Dorothy vive in una fattoria del Kansas. Improvvisamente un terribile tornado si abbatte su di lei, trascinandola insieme alla sua casa e al suo cane nel mondo del mago Oz. Qui tutto è strano e bello, ma Dorothy vuole lo stesso ritornare al più presto a casa….
Nell’incipit, il regista traccia le coordinate dell’intera opera, definendo il carattere travolgente e vivace della ragazza, Dorothy, e descrivendo a grandi linee le caratteristiche dei tre contadini, che, in seguito, si tramuteranno in compagni di viaggio.
La storia infinita trama: Il piccolo Bastian, oppresso da una triste situazione familiare e dal bullismo dei compagni di scuola, si rifugia un giorno in una libreria antiquaria, dove trova un libro misterioso e antico, La storia infinita.
Novanta minuti adorati dai bambini e adolescenti (e non solo degli anni Ottanta), e che comunque restano un esempio di film realizzato con tecniche più antiche ma in maniera impeccabile. E se la visione di questo film prelude inevitabilmente ad una lettura del libro (che comunque il film rispetta, sia pure fermandosi a metà), comunque resta un titolo da avere se si ama il cinema di genere fantastico di tutti i tempi, non solo quello degli ultimi anni.