Oppenheimer: la spiegazione del finale del film di Christopher Nolan

Il regista londinese torna al cinema con una storia tanto affascinante quanto spaventosa, quella del fisico che inventò la bomba atomica

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Dopo mesi di attesa, finalmente è arrivato anche nelle sale italiane Oppenheimer (qui la recensione), nuovo film di Christopher Nolan che costruisce il suo discorso narrativo attorno a una delle figure più affascinanti del XX secolo: il fisico Robert Oppenheimer (Cillian Murphy), ossia l’uomo che inventò la bomba atomica. La pellicola del regista londinese è colma di significati e, oltre a restituire un impeccabile ritratto del fisico statunitense, affronta tematiche ancora molto attuali, come la minaccia del nucleare e il peso del progresso tecnologico, seppur questo sia intrinseco all’evoluzione dell’umanità.

Il suo finale, però, non può racchiudersi in una sola e specifica definizione, ma di sicuro non è propriamente felice, perché realizza quanto sia stato l’uomo stesso, in questo caso rappresentato da Oppenheimer, a plasmare un’arma in grado di distruggere la realtà in cui egli stesso vive. Una cosa però è certa: il film finisce come inizia, ossia con una visione brutale e senza filtri del mondo dopo la bomba. Ma cerchiamo di spiegare meglio il finale, capendo anche tutti i suoi significati, non proprio nascosti.

Cosa succede alla fine di Oppenheimer?

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Il finale di Oppenheimer inizia a prendere forma dopo il test Trinity. Tutto, in realtà, ruota attorno alla prima detonazione della bomba atomica, dagli eventi del passato sino a quelli del futuro. Quello che accade in seguito a quel momento è in risposta alla creazione di quell’arma tanto potente quanto spaventosa.

All’inizio della costruzione dell’impianto di Los Alamos, c’è una scena in cui Isidor Isaac Rabi, amico e collega di Oppenheimer, si oppone al progetto di mettere a punto una bomba, dicendogli che i militari stanno usando gli scienziati solo come strumenti. Ultimato il test Trinity, il pubblico assiste all’avverarsi delle parole di Rabi: il generale Leslie Groves (Matt Damon), che prima era stato uno dei più forti sostenitori di Oppenheimer, alla fine lo respinge. Promette di tenere il direttore aggiornato sui bombardamenti in Giappone, ma il suo tono fa capire quanto le sue parole non siano reali e veritiere.

Più tardi, dopo gli atroci attacchi su Hiroshima e Nagasaki, Oppenheimer si reca dal Presidente Harry S. Truman (Gary Oldman) per chiedere l’introduzione di regolamenti internazionali e di divieti severi sull’uso di ulteriori armi atomiche, ma il Presidente lo deride e alla fine lo manda via. Questo dà inizio a uno scontro con il governo degli Stati Uniti, che alla fine renderà Oppenheimer nemico numero uno di Lewis Strauss.

La vendetta di Strauss

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La rivalità fra Strauss (Robert Downey Jr.) e Oppenheimer nell’atto finale si accende parecchio. Il primo diventa una sorta di super cattivo, in quanto viene a galla che è stato proprio lui ad orchestrare le udienze per revocare l’autorizzazione di sicurezza del fisico. Nonostante il film non approfondisca l’astio fra i due uomini, assistiamo comunque allo sviluppo della loro relazione. All’inizio, Strauss cerca di corteggiare Oppenheimer affinché presieda l’Institute for Advanced Study di Princeton dopo la guerra.

Oppenheimer, poi, si trova a metterlo in imbarazzo in diverse occasioni, generalmente legate alla sua opposizione alla bomba a idrogeno, di cui Strauss è invece grande sostenitore. Pur riuscendo ad allontanare Oppenheimer dalla scena politica, Strauss si ritrova comunque a bocca asciutta, in quanto gli viene negata dal Presidente Kennedy la nomina a Segretario del Commercio, mettendo un punto alla sua carriera politica. Inoltre, oltre a essere ricordato come l’uomo che ha fatto della distruzione di Oppenheimer la sua missione, Strauss rappresenta un tipo opposto di figura storica.

Lui, infatti, desidera essere ricordato, vuole lasciare la sua eterna firma nel mondo, ed è ossessionato da come gli altri possano vederlo. A fargli da contraltare invece c’è Oppenheimer, il quale viene reso famoso a prescindere se gli piaccia o meno esserlo, poiché le sue azioni, che per alcuni lo fanno essere un eroe e per altri un cattivo, contribuiscono a renderlo qualcuno, cosa che a Strauss non accadrà mai pur volendolo.

Il processo a Oppenheimer

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Christopher Nolan costruisce il suo Oppenheimer principalmente attraverso le udienze di sicurezza, le quali privano il fisico della sua posizione e della sua reputazione. Una delle prime scene del film, mostra Oppenheimer impegnato a leggere una dichiarazione alla commissione di controllo, pur sapendo fin dall’inizio che questa revocherà la sua autorizzazione e lo ostracizzerà.

Mentre il governo americano fa di tutto per condannarlo, accusandolo di avere simpatie comuniste e di svolgere attività antiamericane, la pellicola lo mette sotto processo per questioni molto più grandi e importanti, che riguardano la sua moralità e il peso storico che la costruzione della bomba atomica avrà sul pianeta intero. La conferma l’abbiamo con la frase che il fisico rivolge a Truman, dicendogli di avere le mani sporche di sangue, cosa che effettivamente ha.

Anche la moglie, nelle scene delle udiziene, dice che la storia non lo perdonerà mai per quel che è successo, indi per cui, nonostante le sue inclinazioni politiche progressiste e la sua persistente spinta per fermare lo sviluppo nucleare dopo la guerra, Oppenheimer non può essere scagionato dai crimini causati dal suo lavoro. In sostanza, il film sembra non sapere cosa fare della sua eredità, presentandolo allo spettatore semplicemente come la somma delle sue azioni.

Lasciare un’impronta nel mondo

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C’è poi un momento in Oppenheimer in cui Strauss osserva il suo “nemico” disquisire con Einstein, credendo che questi stia parlando di lui e lo stia denigrando. Nel finale, però, attraverso un flashback, scopriamo cosa davvero i fisici si stessero dicendo.

La questione era molto più importante di quella che credeva Strauss, e riguarda l’eredità scientifica. L’ossessione di Strauss per se stesso, che è messa in rilievo proprio in queste occasioni, risulta però essere una delle idee principali del film: gli uomini che aspirano a diventare “grandi” spesso non tengono conto delle conseguenze più importanti delle loro azioni. La pellicola mette così in risalto la netta distinzione che c’è fra Einstein e Oppenheimer, i quali rimpiangono profondamente i loro successi, e Strauss, che si preoccupa solo di essere sulla copertina dei giornali.

Il premio Enrico Fermi… per gli altri

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Le battute finali di Oppenheimer accenano poi a quella che è stata la vita del fisico in seguito alla Seconda Guerra Mondiale. Nel 1963 Oppenheimer riceve l’Enrico Fermi Award, un premio con il compito di riabilitare la sua immagine nazionale. In riva al laghetto, però, Einstein confessa a Oppenheimer che quel riconoscimento non è davvero per lui, quanto piuttosto per tutte quelle persone che glielo daranno. Secondo il fisico, questa è la ricompensa per i grandi uomini che, nonostante la straordinarietà del loro operato, portano conseguenze terribili.

C’è però anche un altro significato: Oppenheimer non ha mai vinto il premio che probabilmente desiderava di più, ossia il Premio Nobel, nonostante sia stato nominato più volte per i suoi contributi allo studio della fisica. Secondo alcuni, il mancato premio è dovuto al fatto che Oppenheimer non si è mai soffermato per lungo tempo su uno specifico studio tanto da fargli fare una scoperta degna di un Nobel. Qualcun altro, invece, ha sostenuto che le sue prime ricerche sui buchi neri e sulle stelle di neutroni avrebbero potuto farglielo ottenere se solo avesse vissuto di più per vederle realizzate.

Le visioni di Oppenheimer e la paura, ancora oggi, del nucleare

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Una delle scene più cruciali di Oppenheimer, che segnano poi il senso del film e il suo finale, riguarda il discorso di Oppenheimer agli altri scienziati a Los Alamos. In quell’occasione, il fisico afferma che il suo unico rimpianto è che la bomba atomica non sia stata completata in tempo per essere usata contro i nazisti. Ma non solo. Inizia anche ad avere visioni infernali della fine del mondo: vede lampi di luce bianca che rispecchiano l’esplosione del test Trinity, seguiti da inquadrature grottesche della pelle che si stacca dagli scienziati.

All’esterno, invece, intravede una coppia terrorizzata che piange e un giovane che vomita. Con questi frame, Nolan mostra al pubblico le conseguenze e le atrocità commesse dagli Stati Uniti contro il Giappone derivanti dall’arma, che assumono un significato ancora più orribile e intenso poiché sono immaginate proprio dall’uomo che più conosce la sua potenza. Nel film, Oppenheimer continua poi ad essere tormentato da questi incubi nei quali vede il fuoco consumare la Terra, e che ritornano puntalmente in ogni momento della storia per essere promemoria di ciò che è stato commesso. Ed è proprio così arriviamo al finale, nel quale si ha una visione più vivida del futuro, mai fortunatamente avveratasi.

Mentre parla vicino il laghetto con Einstein, Oppenheimer vede gli ICBM che in seguito nasceranno dalla sua creazione. Inizia ad immaginarsi nella cabina di pilotaggio di un aereo a guardare il cielo mentre le testate nucleari sfrecciano sopra di lui. Dall’orbita, vediamo l’atmosfera stessa della Terra prendere fuoco. Seppur questo non sia mai successo nella realtà, la minaccia del nucleare rimane e il film fa sì che questa cosa non venga mai dimenticata. Se si pensa ai tempi che corrono oggi, con alcune guerre in atto e la paura di scatenare degli scontri nucleari, si realizza subito quanto quest’arma sia ancora adesso motivo di grande preoccupazione.

Un mondo peggiore

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Rimanendo sulla conversazione fra Einstein e Oppenheimer a Princeton, il primo dice al secondo che d’ora in avanti avrebbe passato il resto della vita a confrontarsi con le conseguenze dei suoi risultati. Nonostante Oppenheimer abbia lavorato fino in fondo alla costruzione della bomba atomica, quello che comprende nel momento dello sgancio è quanto tutte le convinzioni che lo avevano spinto a operare in quella direzione fino ad allora risultino assurde e vuote.

Pensando a quel che è stato lui prima di iniziare la progettazione dell’arma nucleare, tornano alla mente i suoi momenti all’università, quando era un semplice studente pieno di energia con una grande passione per la fisica quantistica. Le parole che escono dalla sua bocca sono genuine, pure, felici. E perciò il film porta il suo pubblico a chiedersi cosa sarebbe stato Oppenheimer se fosse rimasto in quel campo di studi, se avesse continuato sulla strada della teoria quantistica e non si fosse mai “arruolato” nel Progetto Manhattan. L’obiettivo di Oppenheimer con l’invenzione della bomba, come abbiamo più volte detto, era quello di sconfiggere la Germania, e il non esserci riuscito lo porta a realizzare di essersi spinto troppo oltre. In conclusione, come dimostra la pellicola di Nolan, la sua arma cambia solo il mondo in peggio.

Il finale: tutto è una reazione a catena

Oppenheimer Cillian Murphy

Oppenheimer si conclude con una nota definitiva che in verità è pilastro portante di tutto il film: le reazione a catena, che risultano essere il principio fondamentale che fa funzionare le armi nucleari. Sempre nel dialogo con Einestein, Oppenheimer ricorda di aver determinato, nei calcoli svolti a Los Alamos, che una detonazione atomica avrebbe potuto incendiare l’intero pianeta.

Sebbene questi calcoli si rivelino sbagliati, il fisico ritiene comunque che abbiano innescato una reazione a catena che distruggerà il mondo. Ed in fondo tutto il film è costruito come una reazione continua a catena, in cui assistiamo a scene frammentate che si alternano l’una all’altra, passando da un evento all’altro senza mai avere un arresto. Nolan innesca una serie di eventi che travolgono tutto, protagonisti e spettatori, proprio come accadde nel lavoro di Oppenheimer, e nessuno riesce a fermarli.

Il fisico si ritrova così costretto a portare sulle spalle il peso di ciò che ha fatto, poiché alla fine, la fisica, ha preso il sopravvento. Con il passare del tempo, questa reazione a catena gli va contro e lo porta alle udienze di sicurezza e alla revoca della sua autorizzazione governativa. Non solo. La bomba A genera la bomba H e di conseguenza vengono prodotte una quantità infinita di armi che possono neutralizzare il pianeta. E allora forse è tutto qua il finale del film, quando Oppenheimer ad un certo punto dice, parlando della morte delle stelle: “Più grande è la stella, più drammatica è la sua fine“.

Valeria Maiolino
Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.

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