A Different Man, recensione del film con Sebastian Stan

Il film esce in Italia a partire dal 20 marzo, portato in sala da LUCKY RED e UNIVERSAL PICTURES INTERNATIONAL ITALY.

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Un’opera audace che gioca con il concetto di identità, percezione e bellezza, A Different Man è il nuovo film scritto e diretto da Aaron Schimberg. Con una trama che riecheggia il classico Operazione diabolica (1966) di John Frankenheimer, il film segue Edward (interpretato da Sebastian Stan), un attore newyorkese con neurofibromatosi, una condizione che gli causa vistosi tumori facciali e lo relega a ruoli marginali come quelli nei video aziendali sulla diversità e l’inclusione. La sua vita cambia quando accetta di sottoporsi a un trattamento sperimentale che lo trasforma radicalmente, dandogli l’aspetto di una star del cinema. Ma il cambiamento esteriore non si traduce in una nuova vita felice: Edward scopre che il suo senso di inadeguatezza non era solo una questione estetica.

 

Il fascino di una narrazione complessa

La forza di A Different Man risiede nella sua capacità di esplorare il concetto di identità in modo sfumato e spesso ironico. Schimberg non tratta Edward con condiscendenza, evitando la tipica rappresentazione di personaggi diversi come esseri straordinariamente virtuosi o saggi. Edward è insicuro, mediocre come attore e non particolarmente brillante. Il suo desiderio di cambiare aspetto non nasce da un bisogno di accettazione sociale, ma da una cieca ambizione artistica. Tuttavia, quando il cambiamento avviene, le cose non migliorano come sperava: il suo nuovo aspetto lo porta solo a una crisi ancora più profonda.

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L’ironia sottile che percorre tutto il film e l’estetica vintage ottenuta anche grazie alla pellicola Super 16mm scelta dal direttore della fotografia Wyatt Garfield contribuiscono a rendere credibile l’atmosfera da cinema indipendente anni ’70 e coniuga l’omaggio stilistico al senso di intimità e contraddizione che il protagonista porta avanti nella sua turbolenta parabola personale.

Un cast brillante e performance straordinarie

Sebastian Stan, noto per il suo ruolo di Bucky Barnes nel MCU, dimostra ancora una volta il suo talento nelle produzioni più rischiose. La sua interpretazione di Edward/Guy non si basa solo sul cambiamento estetico, ma su una profonda trasformazione fisica e vocale. La sua postura rimane esitante, il suo tono di voce incerto, mostrando che l’insicurezza è radicata nella sua personalità, non nel suo aspetto. Stan mette a segno un’altra performance di grande spessore nella stagione cinematografica che gli è valsa la sua prima nomination agli oscar con l’interpretazione del giovane Donald Trump in The Apprentice – Alle origini di Trump.

Accanto a lui, Renate Reinsve (già acclamata per La persona peggiore del mondo) offre un’altra interpretazione affascinante. Il suo personaggio, Ingrid, è una drammaturga norvegese che si trasferisce a New York con grandi sogni e una personalità carismatica ma ambigua. Il suo rapporto con Edward è inizialmente di supporto, ma si complica quando lei scrive un’opera teatrale ispirata alla loro amicizia e alla sua trasformazione, creando una dinamica di potere intrigante.

Il vero fulcro emotivo del film è però Adam Pearson nel ruolo di Oswald. Pearson, che nella realtà convive con la neurofibromatosi, incarna un personaggio diametralmente opposto a Edward: sicuro di sé, affascinante e dotato di una magnetica presenza scenica. Oswald rappresenta tutto ciò che Edward avrebbe voluto essere, nonostante condividano la stessa condizione fisica. Questa dicotomia genera una tensione psicologica che diventa il cuore pulsante del film.

A Different Man è una satira sull’autenticità

A Different Man è una satira oscura sulla bellezza e sull’autenticità. Il film suggerisce che la società ha una visione ristretta di ciò che è desiderabile e normale, ma va oltre la semplice critica. Schimberg scava più a fondo, mettendo in discussione anche la rappresentazione della disabilità nel cinema. Edward e Oswald dimostrano che una condizione fisica può portare a percorsi di vita molto diversi, smentendo il cliché della persona diversamente abile come vittima o come esempio di forza sovrumana.

Un finale aperto in linea con lo spirito del film

Nella seconda parte, il film si fa sempre più surreale, con una narrazione frammentata che riflette la crisi d’identità del protagonista. Quando Edward/Guy si rende conto di non essere comunque felice, la sua ossessione per Oswald cresce fino a diventare autodistruttiva. Il film lascia molte domande senza risposta, preferendo suggerire piuttosto che spiegare. Questo senso di sospensione potrebbe risultare frustrante per alcuni spettatori, ma è coerente con il tono della storia che non si ferma mai a un giudizio univoco e lascia sempre spazio per discussione e contraddittorio.

A Different Man è un film stimolante, che sfugge alle convenzioni del genere e propone una riflessione profonda sul rapporto tra aspetto fisico, autostima e percezione sociale. Grazie a una regia intelligente, un’estetica ricercata e interpretazioni memorabili, Schimberg firma un’opera unica nel suo genere. Non tutto funziona perfettamente, soprattutto nella seconda parte, ma il film rimane un’esperienza intrigante e provocatoria, da vedere e discutere.

A Different Man
3.5

Sommario

A Different Man è un film stimolante, che sfugge alle convenzioni del genere e propone una riflessione profonda sul rapporto tra aspetto fisico, autostima e percezione sociale

Chiara Guida
Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.

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