Dopo The Beekeeper, l’accoppiata Jason Statham (Lee Christmas nella saga I mercenari) e David Ayer ritorna in sala con un nuovo action movie. A working man, diretto da Ayer e scritto in collaborazione con Sylvester Stallone, è un adattamento del romanzo Levon’s trade di del fumettista Chuck Dixon. L’idea originaria dello stesso Stallone era in realtà una serie, che poi però è stata riadattata. Il film presenta un cast di figure già ampiamente note nel panorama cinematografico internazionale. Oltre a Statham nel ruolo del protagonista Levon, Michael Peña (Collateral beauty, Ant-man) interpreta Joe Garcia, padre della giovane Jenny, mentre David Harbour (il capitano Jim Hopper in Stranger Things, Un fantasma in casa) è nel ruolo del cieco Gunny, amico di Levon. A working man ha già ottenuto dei risultati superiori alle previsioni nel primo week end nelle sale, incassando 15,2 milioni di dollari, arrivando al primo posto per incassi negli Stati Uniti.
A working man: un uomo nuovo
Levon lavora come capo cantiere in un’azienda a conduzione familiare: nonostante la sua forza e le sue grandi abilità nel combattere, ha dei solidi valori e cerca di proteggere tutte le persone a cui tiene. Levon cerca di nascondere il suo passato nell’esercito britannico, sta cercando di costruirsi una nuova vita e di diventare una persona diversa, onesta. Il suo interesse per una vita più tranquilla deriva anche dal desiderio di voler essere più presente per la figlia, la quale vive con il nonno dopo il suicidio della madre, moglie di Levon. Il suocero lo colpevolizza del suicidio della donna, e, considerandolo pericoloso e violento, vuole tenergli lontano la bambina.
Quando Jenny, la figlia del suo capo, scompare misteriosamente, Levon non riesce a restare a guardare: con la sua attrezzatura da soldato e il suo addestramento, è l’unico che può ritrovarla e salvarla. Ma Jenny è rimasta coinvolta in un traffico molto più grande di lei, e per ritrovarla Levon dovrà affrontare tutta la mafia russa presente nella zona.
A working man: il
supereroe
A working man si mostra fin da subito per ciò che è veramente: un tipico film d’azione, genere su cui Jason Statham ha costruito la sua intera carriera. E’ certamente logico trovare elementi in comune in vari film appartenenti allo stesso genere, tuttavia in questo film sembra non esserci spazio per un guizzo di novità o di originalità, ma si tratta solo ed esclusivamente di un prodotto di puro e semplice intrattenimento.
La presenza di una trama semplice e abbastanza scontata, come il salvataggio della ragazza in pericolo, uniti a tante scene di combattimento con effetti speciali rendono A working man una pellicola semplice da seguire e abbastanza appariscente agli occhi di uno spettatore inesperto.
Tutte le vicende ruotano attorno allo stesso Levon, presentato come una sorta di supereroe moderno, un sicario a fin di bene. Levon è un combattente così abile da poter sconfiggere, nel bar di Dutch, almeno una decina di grossi scagnozzi contemporaneamente e, durante l’inseguimento in moto, da non essere colpito da neanche un dei tantissimi colpi che gli venivano sparati addosso. Sembra chiaro quindi che la logica non è particolarmente considerata in questo film, ma alla fine sono anche queste scene che lo dovrebbero rendere avvincente, creando suspense.
Il rapporto padre-figlia
Tema centrale in A working man è proprio il rapporto padre-figlia, presentato in duplice forma tra Levon e la sua bambina e di Joe con la figlia rapita Jenny. Levon sembra essere disposto a ritrovare la ragazza scomparsa proprio in virtù dell’amicizia con Joe e del sentimento paterno di protezione.
Un sentimento simile sembra essere molto nobile ma poco plausibile, considerando le vicende: per ritrovare Jenny, Levon finirà per uccidere decine di persone. In molti casi questi vengono presentati come i super cattivi della mafia russa, non facendo porre alcuna domanda allo spettatore sulla questione se sia giusto o meno ucciderli. Ma poi, al preludio dello scontro finale, lo stesso Levon si ritrova a freddare quello che sembra essere solamente un cameriere, uscito dal locale per una pausa.
A working man: la polizia
corrotta
Altro cliché fin troppo datato è proprio la presenza delle forze di polizia corrotte: come nel far west, non ci si può fidare di nessuno, e a fare giustizia deve essere proprio Levon. Proprio per comprovare la mancanza di rispetto di qualsiasi legge, il sicario supereroe, dopo aver fatto una strage nella mafia russa, resta impunito da tutti, sia dalla giustizia penale che dalla giustizia privata dei russi.
In poche parole, nel vedere A working man sembra essere catapultati all’interno di un videogame in cui si ammazza chiunque pur di arrivare all’obiettivo, e non tutto deve avere necessariamente senso perché alla fine è un gioco. Anche i titoli di testa sembrano proprio ricordare videogiochi come GTA: la differenza sta proprio nel fatto che un prodotto cinematografico, proprio perché strutturato attorno ad una trama, dovrebbe mantenere una maggiore coerenza.
A working man
Sommario
A working man è un tipico prodotto commerciale da puro intrattenimento, ideale per chi voglia farsi solo impressionare dai combattimenti e dagli effetti speciali. All’occhio di uno spettatore più attento però emergono tante piccole incongruenze.