Tumbler Tour, poster a
profuzione, artwork da merchandising; la campagna promozionale per
Il Cavaliere Oscuro il Ritorno procede a gonfie vele, e così era
solo questione di giorni
Peter Weir e l’eterna lotta umana per la libertà
Peter Weir – È uno dei registi australiani più noti al mondo. In patria, negli anni ’70 ha lasciato la sua impronta inconfondibile nel cinema, inaugurando un nuovo corso. Ma presto si è fatto apprezzare anche a livello internazionale, arrivando a conquistare Hollywood con capolavori come L’attimo fuggente e The Truman Show.
Ama la natura, gli spazi sconfinati e il fascino misterioso che da essi promana, e spesso costringe i protagonisti dei suoi film a confrontarvisi. Ama le sfide – come quella di sperimentare generi cinematografici diversi – e allo stesso modo, ama mostrarci personaggi alle prese con sfide apparentemente impossibili: intrappolati in universi asfittici, claustrofobici, a volte realistici, altre fantastici ma sempre perfettamente funzionanti nei loro meccanismi perversi e costrittivi, i suoi protagonisti non riescono ad essere e ad esprimere sé stessi e lottano per uscirne e vivere finalmente liberi.
La sua ultima fatica risale al 2003 ed è per questo che c’è molta attesa per il suo nuovo The way back nelle sale italiane dal prossimo giugno, che, guarda caso, è proprio un’epopea di fuga dalla prigionia attraverso spazi immensi, in condizioni ostili.
Peter Weir nasce in Australia nell’agosto del 1944. Mostra subito interesse per l’arte, che studia all’università di Sidney assieme a legge. Si avvicina al mondo dello spettacolo partendo dalla tv, a metà anni ’60, facendo l’assistente di produzione alla tv australiana ATN-7 per una commedia satirica: The Mavis Bramston Show. Presto si dedica anche all’attività di documentarista, con cui è più libero di sperimentare e trattare temi a lui cari. Aderisce così alla Commonwealth Film Unit, producendo nel decennio ’60 una serie di documentari cui deve la sua prima notorietà in patria. Di particolare rilievo quello che ritrae la vita nei sobborghi della sua città, Sidney.
Il primo vero progetto
indipendente, dopo l’abbandono del CFU, è il cortometraggio
Homesdale, del 1971: una commedia nera in cui Weir
compare anche come attore in un piccolo ruolo. Quattro anni dopo, è
la volta del suo primo lungometraggio: Le macchine che
distrussero Parigi, un horror ambientato in una piccola
cittadina del deserto australiano (la Parigi del titolo): un
universo parallelo in cui la gente, coadiuvata da automobili
modificate all’inverosimile, provoca incidenti stradali sui quali
poi lucra più che può per risollevare la propria economia. Il
protagonista del film, Arthur/Terry Camilleri, e suo fratello ci
passano per caso, ma vi rimangono intrappolati. Il film diventa
presto un cult tra gli appassionati del genere.
Finora, nonostante un discreto successo nel circuito cinematografico underground, Weir non sembra attirare l’attenzione della critica. Ma questa non potrà non notare e apprezzare il suo drammatico Picnic a Hanging Rock, che vede la luce in quello stesso ’75. Qui, l’universo costrittivo non è affatto di fantasia, ma è quello della società vittoriana del 1900 australiano. È contro la sua rigidità, il suo moralismo e la sua ipocrisia che il regista concentra la propria critica. Ad essere immerse in questo ambiente e a farne le spese sono un gruppo di giovani collegiali, tre delle quali scompaiono però misteriosamente durante una gita scolastica a Hanging Rock, richiamate da quella natura selvaggia e misteriosa che considerano forse sinonimo di libertà. La pellicola, tratta da un romanzo di Joan Lindsay, colpisce per la molteplicità di questioni che sa affrontare, per la sua estrema raffinatezza e per il fascino che promana dalla natura stessa, che qui il regista rende protagonista, assieme alla bellezza e all’innocenza delle tre ragazze. Il film fa parlare molto di sé e ottiene un notevole successo di critica in patria, tanto da essere considerata un’opera fondamentale, che dà il via alla New Wave del cinema australiano.
Gli anni Ottanta vedono l’eclettico
Weir pronto ad affacciarsi sul panorama internazionale e a prendere
parte a produzioni americane. Lo farà stupendoci sempre, per la sua
capacità di puntare su attori non ancora arrivati all’apice del
successo, ma che riusciranno a raggiungerlo anche grazie a lui,
oppure, su nomi già noti, ma che metterà alla prova facendoli
recitare “fuori ruolo”. Vincerà sempre la sua scommessa, ottenendo
spesso da loro le migliori interpretazioni delle rispettive
carriere. Inizia nell’ ‘81 con Mel Gibson, interprete principale ne
Gli anni spezzati, lungometraggio
sull’insensatezza della guerra e la forza dell’amicizia, al suono
dell’Adagio di Albinoni (ma anche di Bizet, Strauss e
Paganini e tra i contemporanei, di Brian May e Jean Michel Jarre).
Il film, che farà dell’attore una vera star, è oggi considerato un
classico del cinema australiano. Due anni dopo Weir scommette
ancora su Gibson, stavolta in accoppiata con un’altra attrice già
nota, ma non ancora all’apice del successo: Sigourney Weaver.
I due sono efficaci
protagonisti di Un anno vissuto pericolosamente,
pellicola che racconta le vicende di un giornalista inviato
nell’Indonesia di Sukarno. Un’altra intuizione di Weir è quella di
far interpretare la parte maschile del fotoreporter Billy Kwan
all’attrice Linda Hunt, che ottiene così l’Oscar come miglior
interprete non protagonista.
Nel 1985 ha inizio la stagione propriamente americana della cinematografia di Weir. Sbarca infatti ad Hollywood reclutando Harrison Ford, già famosissimo per aver interpretato Indiana Jones e Guerre Stellari. Lo vuole per ben due film, ma, come suo costume, non per vestire panni simili ai precedenti, bensì per fargli indossare quelli del dramma. Così sarà in Witness – Il testimone, che gli vale la prima nomination all’Oscar della sua carriera registica. Ford stupisce e convince nel ruolo del poliziotto braccato da colleghi corrotti, che trova riparo in un villaggio Amish e vuole proteggere un bambino testimone di un omicidio. Guadagna così la sua unica nomination da parte dell’Academy. Qui ritroviamo il tema della fuga e dell’ambivalenza dell’ambiente in cui il protagonista si rifugia: un posto sicuro, ma che può diventare a sua volta una prigione. La pellicola alla fine riceverà due statuette per la miglior sceneggiatura e il miglior montaggio. La coppia artistica Weir-Ford tenta il bis l’anno dopo con Mosquito Coast. Il regista mette l’attore alle prese con la ricerca della propria realizzazione, che lo spinge con la famiglia lontano dagli Usa verso l’America Centrale. Qui crea un equilibrio che sembra perfetto, finché qualcuno non arriva a turbarlo. Ford si cimenta ancora con successo in un ruolo complesso, dimostrando doti da attore completo. A questo punto, il nome del nostro regista australiano risuona ormai anche negli Usa.
A dargli la grande fama, tuttavia, saranno due pellicole che dirigerà successivamente. Il 1989, infatti, è l’anno de L’attimo fuggente. Ed eccoci a un’altra delle scommesse di Weir in fatto di attori. Per il ruolo assai impegnativo del professore anticonformista John Keating, protagonista di questa pellicola, il regista australiano sceglie infatti Robin Williams, fino ad allora noto per il suo talento comico. La scommessa è ancora una volta vinta, perché Williams dà corpo in maniera assai intensa al personaggio affidatogli. Siamo in un contesto simile a quello già visto per Picnic a Hanging Rock: un’istituzione scolastica e una società costrittivi educano i ragazzi al rispetto di rigidi quanto spesso vuoti codici, anziché spingerli verso la consapevolezza di sé e dare loro possibilità espressive. Qui però, non siamo agli inizi del secolo scorso, ma negli anni ’50 e ad aprire le menti dei ragazzi, instillandovi idee di libertà è appunto il professor Keating, chiamato a insegnare lettere in un austero collegio, in cui porterà contenuti e metodi non convenzionali.
Un racconto di formazione e
un inno alla libertà, autenticamente sentito da regista e cast, che
coinvolge lo spettatore. Il film ottiene dall’Academy hollywoodiana
diverse nomination, tra cui quella a Weir per la migliore regia, ma
vince “solo” il premio per la miglior sceneggiatura di Tom Shulman.
Mette però d’accordo critica e pubblico. Piace particolarmente nel
nostro paese, che gli tributa due importanti riconoscimenti: il
David di Donatello e il Nastro d’Argento come miglior film
straniero. Ancora oggi è considerato uno dei più grandi successi
del cineasta australiano.
Dopo le commedie oscure, i film drammatici e d’avventura, nel ’93 Weir spiazza tutti con una virata in terreno romantico. È infatti questa la natura della commedia che vede protagonista un’altra “strana coppia” creata dall’intuito del regista: il divo del cinema francese Gérard Depardieu e l’americana Andie MacDowell. Insieme danno vita a Green card, che pur senza eccessivi colpi di genio, si rivela piacevole.
Il 1998 è invece l’anno di un altro vero capolavoro di Weir, forse il più geniale della sua carriera registica: The Truman Show. Qui, opera una costruzione di fantasia, ma ci rimanda alla realtà per mettere a nudo con la satira le contraddizioni e l’aspetto fagocitante di una società come quella attuale, dominata dallo strapotere dei media, che sono parte integrante delle nostre vite. Lo fa attraverso le vicende di Truman Burbank, un uomo qualunque, con una vita come tante. Sennonché, attorno ai trent’anni si accorge che si tratta di una gigantesca messinscena – una specie di “reality show”, diremmo oggi, e in questo il film è profetico – in cui le persone che gli vivono accanto sono tutti attori. A questo punto farà l’unica cosa che lui, unico uomo autentico, che non finge, può fare: cercare la libertà. Dunque, ancora una volta Weir sottolinea il desiderio di libertà che può nascere solo da una piena consapevolezza. La sua abilità direttiva qui è notevole e trasforma perfettamente in immagini la sceneggiatura di Andrew Niccol. A portare brillantemente sulle sue spalle questa efficacissima costruzione d’ingegno è uno Jim Carrey in grande spolvero nel ruolo di Truman. Diretto da Weir, Carrey ha l’opportunità di mostrare il suo talento non solo come attore comico trasformista e irriverente, ma anche in un ruolo che a ben guardare, è più drammatico che comico. Le nomination agli Oscar sono varie, tra cui miglior sceneggiatura e regia, ma neppure questa volta Weir porta a casa la statuetta. Da qui in avanti il cineasta australiano rallenterà il ritmo, abituandoci ad una cadenza almeno quinquennale d’uscita dei suoi lavori.
Siamo infatti già nel nuovo millennio, nel 2003, quando vede la luce Master and commander – Sfida ai confini del mare. Uomini che sfidano altri uomini, legami forti come l’amicizia e su tutto la natura immensa e ingovernabile (in questo caso maestosamente rappresentata dall’acqua). I temi cari a Weir che tornano, un solido protagonista come Russell Crowe cui affidarli, sapienza nel dirigere, in modo tradizionale ma senza disdegnare anche il ricorso agli effetti speciali, ed il gioco è fatto. Ecco un altro successo che si porta a casa due Oscar (fotografia ed effetti speciali), ma al nostro regista il premio sfugge ancora.
Una storia d’amicizia, ma anche un’epopea di fuga attraverso una natura ostile sarà il punto nodale del successivo lavoro di Weir: The Way Back, del 2010. A scappare qui sono alcuni prigionieri di un campo di lavoro in Siberia, negli anni ’40. Weir ha dichiarato che il film è stato preceduto da una lunga fase di ricerca. “Amo la fase di ricerca, che per i soggetti storici ovviamente è rilevante, (…) andare sui luoghi reali” In questo caso, la Siberia e il deserto del Gobi. Il regista ha così avuto modo di parlare con alcuni superstiti dei Gulag, tra cui un prigioniero polacco, poi fuggito. Molto del materiale così raccolto è finito nel film. Ma Weir ha anche sottolineato il ruolo, ancora una volta fondamentale, della natura in questa pellicola. Sebbene non sia stata girata davvero sull’Himalaya, ma tra le montagne della Bulgaria e in Marocco, il che ha reso necessario ricostruire alcuni elementi attraverso fotografie, la natura delle due location è rimasta comunque protagonista: “La maggior parte del tempo, forse il 90%, è la natura con i suoi meravigliosi estremi.(…) Ci sono le condizioni più diverse, ogni tipo di tempo atmosferico: pioggia, tempeste di sabbia e di neve”, e si è detto convinto che le location siano state un’importante fonte d’ispirazione per gli attori. Nel cast Colin Farrel, Ed Harris e Saoirse Ronan. Il film sarà nelle sale italiane dal prossimo 6 luglio, distribuito da 01 Distribution.
Cannes 2012: Robert Pattinson al red carpet di On the Road
Questa sera, al red carpet di On The Road, al Festival di Cannes, è arrivato anche a sorpresa Robert Pattinson. L’attore, che sarà protagonista il 25, venerdì, con l’ultimo film di David Cronenberg, ha anticipato il suo arrivo sulla croisette evidentemente per stare vicino alla Stewart in un momento così importante per lei.
via JustJared.com
On The Road: foto gallery del Red Capet con Kristen Stewart e Kirsten Dunst!
E’ stato presentato oggi al Festival On The Road, il film tratto dal libro cult di Kerouac e diretto da Walter Salles. Abbiamo già detto che il film si è rivelato purtroppo una delusione forse a causa delle altissime aspettative sul progetto. Per fortuna che il cast si è rivelato invece molto disponibile e generoso con giornalisti e fotografi, su tutti il regista e il ‘solito’ Viggo Mortenses, vero gentleman. Ecco le fotografie del photocall mattutino e del red carpet di questa sera. Presente tutto il cast: Tom Sturridge, Kristen Stewart, Danny Morgan, Kirsten Dunst, Garrett Hedlund, Viggo Mortensen e il regista Salles.
Capra, Wilder, Huston e Ford facce da francobollo
I registi dell’epoca d’oro di Hollywood diventano dei francobolli. Frank Capra, John Huston, John Ford e Billy Wilder sono finiti sui francobolli dello U.S. Postal Service.
Biancaneve e il Cacciatore: il trailer interattivo
Ecco un bellissimo trailer interattivo di Biancaneve e il Cacciatore, che la Universal Pictures ha diffuso a pochi giorni dall’uscita (USA) in sala del film.
Ricordiamo che da noi il fantasy diretto da Rupert Sanders arriverà l’11 luglio e che nel cast ci sono Kristen Stewart, Charlize Theron e Chris Hemsworth.
Ecco il video in cui potete trovare non solo il trailer ma anche featurette artwork e altro materiale legato al film:
Biancaneve e il Cacciatore, il film
Nel poema epico di azione e avventura Biancaneve e il Cacciatore, Kristen Stewart (Twilight) interpreta l’unica persona sulla terra ad essere più bella della regina del male (il premio Oscar Charlize Theron) che è decisa ad ucciderla. Ma quello che non avrebbe mai immaginato la regina malvagia è che la ragazza che minaccia il suo regno è stata iniziata all’arte della guerra dal Cacciatore (Chris Hemsworth, Thor) che era stato da lei inviato per ucciderla. Sam Claflin (Pirati dei Caraibi) completa il cast , interpretando il principe stregato dalla potenza e dalla bellezza di Biancaneve.
La nuova versione mozzafiato della leggendaria fiaba è opera di Joe Roth, produttore di Alice in Wonderland, del produttore Sam Mercer (Il Sesto Senso) e dell’acclamato regista televisivo e visualista d’avanguardia Rupert Sanders.
Cannes 2012: delude On the Road
Era forse inevitabile, considerando le
aspettative fin troppo alte, ma la critica è tutt’altro che
entusiasta di On the Road, presentato oggi a Cannes…
Owen Wilson e Wes Anderson di nuovo insieme
Cannes 2012: Bertolucci e il ritorno alla vita
Applausi e affetto hanno accolto oggi
Bernardo Bertolucci alla conferenza stampa del film Io
e te, tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò
Ammanniti.
Alla Ricerca di Nemo torna in 3D
Brad Pitt parla del suo ruolo in Killing them Softly
Brad Pitt commenta il suo ultimo ruolo, un freddo assassino nel nuovo film di Andrew Dominik, che lo aveva già diretto in L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford , così commenta la sua ultima prova d’attore:
“Siamo chiamati ad interpretare personaggi di volta in volta diversi, uomini che hanno opinioni singolari in un paese comunque diviso. Non devo necessariamente sposare il punto di vista del personaggio che porto in scena: Jackie Cogan dice che vuole uccidere ‘gentilmente’ per non dover entrare in contatto con le proprie vittime, per non empatizzare in nessun modo. Credo questa sia la cifra di un uomo per cui conta solo l’aspetto economico della faccenda, il business”.
The Amazing Spider-Man: la preview
E’ stata mostrata, davanti alle copie 3d di Men in Black 3 presso il Cinema Pixel di Santeramo, una preview di sei minuti di The Amazing Spider-man. Senza entrare nel dettaglio, riportiamo il resoconto di quanto mostrato:
-I sei minuti sono un montaggio di scene del film, NON ci saranno scene dal backstage o interviste ma solo scene tratte dal film.
-Le scene sono quattro, montate assieme ad altre brevi sequenze viste nei vari trailer.
-La prima scena mostra l’incontro tra Peter Parker e Gwen Stacy a scuola, alla presenza di Zio Ben.
-La seconda scena mostra l’incontro tra Peter e il professor Curt Connors. Peter gli rivela di aver trovato dei documenti di suo padre, e di aver completato alcuni calcoli.
-La terza scena mostra Spider-Man accerchiato dai poliziotti, seduto con le gambe incrociate e ammanettato. Gli viene tolta la maschera, ma riesce a liberarsi con grande stile.
-La quarta scena mostra Peter e il rapinatore, il ragazzo scherza fingendosi spaventato ma poi riesce a fermare il rapinatore.
E’ stato confermato che tutte le copie 3d di Men in Black 3 conterranno questa preview, anche se non è garantito che tutti i cinema decidano di proiettarla.
Tom Cruise tra i Magnifici Sette
Mark Duplass alla caccia di Bin Laden
Kathryn Bigelow aggiunge un’altra tessera al mosaico del cast di Zero Dark Thirty, film dedicato alla caccia e cattura di Osama Bin Laden: ultima acquisizione, quella di Mark Duplass, che secondo indiscrezioni dovrebbe recitare uno dei ruoli – chiave. La scelta di Duplass appare interessante, visto che l’attore è più conosciuto per le commedie girate assieme al fratello Jay (come Cyrus o Jeff, thet lives at home).
L’attore e regista ha attualmente un’agenda ricca di impegni: trai film in programma, Safety Not Guaranteed, Your Sister’s Sister e People Like Us. In Zero Dark Thirty, Duplass entra in un cast che include Joel Edgerton, Jessica Chastain, Jason Clarke, Chris Pratt, Kyle Chandler, Mark Strong, Frank Grillo, Harold Perrineau, Jennifer Ehle ed Edgar Ramirez. L’uscita del film scritto da Mark Boal (The Hurt Locker) è prevista per negli USA per il 19 dicembre.
Fonte: Empire
Tim Roth sul set per Jennifer Lynch
Nel film, diretto da Eric Wilkinson, Roth interpreterà un detective alla caccia di un serial killer, scoprendo che dietro alle apparenze si nasconde altro… La Lynch ha affermato che il film tratta di temi oscuri, ma che è anche un dramma che riguarda le ferite interiori.
La regista spera di avere maggior fortuna rispetto al suo ultimo lavoro, il Bollywood horror action thriller Hisss, che ha incontrato vari problemi in fase di produzione, ricevendo poi critiche bel poco lusinghiere. La Lynch ha trai propri programmi un altro thriller a base di Serial Killer, intitolato Chained.
Fonte: Empire
Men in Black 3: due clip
Una commedia per Hailee Steinfeld
Dopo aver interpretato Giulietta nel nuovo adattamento della tragedia shakespeariana firmato da Julian Fellows, Hailee Steinfeld si dedica a qualcosa di decisamente più leggero. Tratto dall’omonimo romanzo di Daniel Handler (più conosciuto per la serie di Lemony Snicket), Why we broke up seguirà le vicende della liceale Min, appena uscita da una relazione.
La ragazza lascia a casa del suo ex una scatola, piena di oggetti ammassati in maniera apparentemente casuale (tappi di bottiglia, biglietti del cinema, una scatola di fiammiferi, libri, etc..), accompagnati da una lettera in cui lei spiega i motivi della fine della loro relazione. La regia dovrebbe essere curato da Beth McCarthy-Miller, veterana della televisione (30 Rock, Saturday Night Live), al secondo film dopo Tammy con Melissa McCarthy.
Fonte: Empire
La Disney ferma Order of The Seven
Dopo oltre un decennio di stop-and-go, la Disney mette nuovamente in soffitta Order of the Seven; stavolta però il progetto sembrava essere stato definitivamente avviato, e per la protagonista si era fatto il nome di Saoirse Ronan.
La Disney non al momento rivelato i motivi del nuovo stop, ma sembra che a monte vi siano stati timori legati al budget: negli ultimi tempi c’è stato, è vero, il successo planetario di Avengers, ma anche il sostanziale buco nell’acqua di John Carter; attualmente poi alla Disney è in corso un cambio di management, il che rende il periodo poco propizio ad impegnare risorse rilevanti. La storia, ambientane nel 19esimo secolo a Hong Kong, vede una giovane ragazza in fuga dalla demoniaca matrigna venire aiutata da sette guerrieri, che la aiuteranno inoltre a combattere un’entità maligna. Al film erano stati avvicinati anche i nomi di Chow Yun Fat e Djimon Hounsou, mentre per la regia si era pensato a Michael Gracey.
Fonte: Empire
Galifianakis a capo di una Banda di Idioti
Zack Galifianakis nel ruolo del protagonista, diretto da James Bobin (The Muppets): questo il team cui sarebbe affidato l’adattamento di Confederacy of Dunces (in italiano: Una banda di idioti), best seller di John Kennedy Toole. Phil Johnston (Cedar Rapids) dovrebbe scrivere la scenggiatura; il film uscirebbe per la Paramount.
Il libro costituisce un autentico caso letterario: l’autore morì infatti suicida nel 1969; il romanzo fu casualmente ritrovato dalla madre, che della pubblicazione del libro fece un’autentica missione, raggiungendo l’obbiettivo nel 1980. Il volume ricevette un’accoglienza trionfalistica, vincendo il Premio Pulitzer nel 1981. La storia racconta le peregrinazioni di Ignatius Reilly nella New Orleans dei primi anni ’60: il protagonista è un trentenne spiantato che vive con la madre e che si ritrova costretto a cercare lavoro; questo lo porterà a una serie di incontri con vari personaggi. Il romanzo, ispirato ala tradizione dei racconti picareschi, segue però nella struttura il De Consolatione Philosophiae di Boezio.
Il successo del libro portò molto rapidamente all’idea di farne un film: nel 1982 Harold Ramis aveva pensato di portarlo sullo schermo, protagonisti John Belushi e Richard Pryor, ma la morte del primo fece finire in soffitta il progetto; successivamente anche John Candy e Chris Farley, ritenuti possibili protagonisti, sono passati a miglior vita prima che il fil potesse essere realizzato. Al ruolo di Ignatius sono stati in seguito accostati John Goodman e Stpehen Fry. Trai registi interessati, vi sono stati Steven Soderberg e David Gordon Green; nel 2002 si arrivò molto vicino a una realizzazione, protagonista Will Ferrell, ma a stoppare tutto ci si mise l’uragano Katrina.
Fonte: Empire
Prima Clip sorprendente per Cosmopolis con Robert Pattinson!
Arriva la prima clip di
Cosmopolis, nuovo film di David Cronenberg con
protagonista Robert Pattinson. La clip introduce da subito il tono
del film. Vi ricordiamo che venerdì il film sarà proiettato a
Cannes.
Dwayne Johnson sarà Lobo?
Dopo la recente notizia del rinnovato interesse per un adattamento delle vicende del personaggio più dissacrante e offensivo creato dalla DC (la stessa casa editrice di Superman e Batman) negli ultimi trent’anni, continuano ad arrivare rumours riguardo il film dedicato a Lobo. A interpretare l’Ultimo Czarniano (superstite di una razza che lui stesso ha sterminato) potrebbe essere Dawyne ‘The Rock’ Johnson: la notizia è poco più di una voce di corridoio, anche se in un recente tweet lo stesso attore ha ammesso che troverebbe divertente partecipare a un film targato DC.
Il film dovebbe essere prodotto da Joel Silver e Akiva Goldsman per la Warner; Guy Ritchie è stato finora l’unico ad essere dato come possibile regista; la sceneggiatura sarebbe curata da Don Payne (responsabile del poco memorabile i Fantastici 4 e Silver Surfer). Notizie che più che incoraggiare, non possono che lasciare perplessi i fan del personaggio, oltre al fatto che una trasposizione realmente efficace – a causa delle abbondanti dosi di violenza che contraddistinguevano il fumetto – non potrebbe che dare luogo a un film vietato ai minori; per contro, puntare (come sembra logico) su un prodotto ‘di massa’ significherebbe quasi sicuramente snaturare il personaggio.
Fonte: Empire
Cannes 2012: Foto Gallery Premiere di Killing Them Softly con Brad Pitt!
Ieri è stato presentato il nuovo film di Brad Pitt, che ritorna a lavorare con l’amico regista Andrew Dominik, dopo la prima collaborazione L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford.
Nel paese delle creature selvagge: recensione del film
Nel paese delle creature selvagge è il film del 2009 di Spike Jonze con protagonisti Max Records, Catherine Keener, Mark Ruffalo, Lauren Ambrose, Chris Cooper.
Nel paese delle creature selvagge, la trama: Max è un bambino come molti irrequieto, ha una sorella più grande che, come capita spesso, non gli dà molta attenzione e una madre sola che come tante cerca di rifarsi una vita con altri uomini. Un giorno, a seguito di una serie di delusioni prima dalla sorella e poi dalla madre, esplode dalla rabbia e viene per questo redarguito.
Insofferente scappa di casa finendo, dopo un tragitto in barca a vela, in una terra desolata e arida dove trova dei giganteschi mostri dal cuore anche troppo umano che credono a tutto quello che dice e lo incoronano loro re, almeno fino a quando le sue promesse di spazzare via la tristezza dalla loro vita non si rivelano mendaci.
Nel paese delle creature selvagge, l’analisi
Diretto e sceneggiato da Spike Jonze nel 2009, Nel paese delle creature selvagge è un adattamento cinematografico del libro illustrato per l’infanzia di Maurice Sendak Nel paese dei mostri selvaggi.
Alla sua terza prova di regia Jonze – conosciuto al grande pubblico per il cervellotico e visionario Essere John Malkovich – si misura con il genere fiabesco partorendo un film da un’apertura un po’ in sordina, ma suggellata dalla carezzevole ed evanescente musica della sudcoreana Karen O, bandleader del celebre gruppo alternative e indie rock statunitense Yeah Yeah Yeahs.
Un tiepido sole albeggia su un gelido paesaggio innevato. Un bimbo dallo sguardo incupito gioca da solo, costruisce nel giardino di casa un sorprendente igloo cercando continuamente di richiamare l’attenzione di una sorella assente, che lo ignora e lo trascura, anche quando sarà schernito dai suoi amici.
Lui è Max (Max Records), un bimbo turbolento e inquieto, avido di attenzioni e coccole che, di fronte all’indifferenza della sorella e alla premura che la madre ha per il fidanzato (Mark Ruffalo), esplode di rabbia, scappa di casa e, con indosso l’inseparabile tuta da lupo, con tanto di orecchie e coda – feticcio da cui non si separa mai – prende il largo con una barchetta e si dirige verso l’arcano bosco.
Basta un intro di pochi minuti con dialoghi minimali a suggerire l’idea che pervade il film, a preannunciare il corso degli eventi di cui sarà protagonista il piccolo Max, ansioso di evadere e dare libero sfogo alla sua fervida immaginazione. La creazione di mondi paralleli è l’unico rimedio al malessere della vita reale.
L’ingresso nel fantastico regno delle creature selvagge, abitato da affettuosi watussi che ululano, è l’occasione che stava aspettando per riscattarsi, per guadagnarsi le attenzioni e la dedizione che gli sono sempre mancate, e quel pò di autorevolezza che serve a colmare il vuoto di autostima e l’insicurezza emotiva che un bimbo cresciuto senza padre si porta dietro.
Max costruisce un mondo ideale, a sua immagine e somiglianza, in cui ritrova il sorriso grazie alla comprensione e all’affetto di amorevoli creature selvagge, che lo gratificano riponendo in lui la loro fiducia e proclamandolo indiscusso sovrano della foresta.
Il messaggio è chiaro sin dall’inizio, come è giusto che sia in un racconto fantastico che, nel ricalcare la semplice struttura narrativa delle fiabe, ne prende in prestito l’innocenza e la formula moralistica.
La fiaba cinematografica di Spike Jonze vanta quindi una struttura circolare che, in stile Mago di Oz, aderisce al modello del viaggio dell’eroe vogleriano. Ci troviamo quindi di fronte ad un eroe/protagonista imperfetto che ritrova la pienezza interiore lasciando provvisoriamente il mondo ordinario/vita reale per abbandonarsi alla beatitudine di un mondo straordinario, non scevro di insidie, dal quale ritornerà illuminato e pronto ad affrontare il quotidiano con una maggiore consapevolezza.
Quel senso di abbandono e di inadeguatezza che facevano di Max un bimbo incollerito e dispettoso, si dileguano nel corso del suo prezioso e avventuroso viaggio, per lasciare spazio ad un bambino raggiante, più maturo e che non teme più che il sole possa morire da un giorno all’altro.
Una spedizione nella wilderness, in cui Max si rende conto di come sia difficile essere equi e giusti e di come i rapporti affettivi siano tutt’altro che perfetti e facili da gestire; impara a comprendere sua madre, il suo universo familiare e capisce come siano proprio le sbavature a rendere le cose più vere e profonde e di come sia necessario rispettare e considerare anche le necessità degli altri e non focalizzarsi solo sulle proprie.
Spike Jonze mette in piedi un racconto fiabesco, un’ibridazione certosina di riprese in live action, pupazzi e computer grafica (frutto di un lungo processo di lavorazione), in cui riconferma lo stile visionario e surrealista già sperimentato nei due lavori precedenti.
Quello di Max è un eclettico viaggio nei sotterranei ed esoterici anfratti della mente umana, votato alla creazione di universo immaginifico idilliaco, dove il bambino si guadagna la stima di irsute e amabili creature, metafora delle sue ansie, paure e desideri.
Natalie Portman si da al Western
Natalie Portman potrebbe diventare protagonista nel cast del film Jane Got a Gun, un western che, scritto da Brian Duffield, è sulla lista nera delle sceneggiature migliori non ancora realizzate. Per la regia del film si pensa a Lynne Ramsay, che già nella scorsa stagione cinematografica ha fatto benissimo, dirigento …E ora parliamo di Kevin.
La storia di Jane Got a Gun si incentra su una donna (Natalie Portman) il cui marito fuorilegge ritorna a casa morente, ricoperto da ferite d’arma da fuoco. Quando la banda dell’uomo lo rintraccia per chiedere al marito di finire il lavoro, la donna chiederà aiuto ad un ex-amante per salvare la sua fattoria.
Fonte: worstpreviews.com
Edward Norton commenta l’Hulk di Mark Ruffalo
Tutti ci aspettavamo, all’alba del progetto sui Vendicatori, che Edward Norton sarebbe tornato nel ruolo dell’incredibile Hulk. Così non è stato, dal momento che le trattative della Marvel con l’attore non sono andate a buon fine. Il ruolo è passato quindi a Mark Ruffalo, che come ormai tutti sanno e hanno visto, ha fatto un ottimo lavoro nel doppio ruolo di Bruce Banner/Hulk.
Al Festival di Cannes, dove Norton è arrivato per presentare il film d’apertura Moonrise Kingdom di Wes Anderson, è stato chiesto all’attore cosa pensasse della performance de collega nel film, e Edward molto diplomaticamente ha risposto: Mark è come un fratello per me. Ha due figli e sono contento che stia avendo questo bel momento con loro.
Sul suo ultimo film invece l’attore ha dettodi non aver ancora visto, semplicemente perchè “non è molto importante per me”. Non c’è che dire, Norton conserva sempre la sua nomea (fondata?) di personaggio non propriamente simpatico.
Fonte: worstpreviews.com
The Great Gatsby: il trailer ufficiale
Il Cavaliere oscuro il ritorno: character poster!!
Oltre ai tre poster appena pubblicati arrivano anche i character poster di Batman, Bane e Catwoman!
Il Cavaliere oscuro il ritorno: altri 3 sorprendenti poster!
Giorni intensi, pieni di nuovi poster per gli appassionati del Cavaliere Oscuro. Infatti sono stati pubblicati altri tre sorprendenti poster de Il Cavaliere Oscuro il ritorno,
Love & Secrets: il trailer italiano
Rupert Everett regista per Oscar Wilde!
Rupert Everett interpreterà Oscar Wilde in
un biopic da lui scritto, diretto e interpretato, The Happy
Prince…