Brad Pitt: moderno interprete del divismo hollywoodiano

Brad Pitt Troy

Gli anni ’90 l’anno portato alla ribalta – con film che vanno da Thelma e Louise a Fight club – come giovane attore di talento, ma anche come sex symbol, grazie al fisico da classico bello americano: biondo, occhi azzurri e mascella volitiva da masticatore di chewing gum, tutto questo è Brad Pitt (è stato eletto due volte l’uomo più sexy del mondo dalla rivista People). La prima metà degli anni 2000 lo hanno visto protagonista delle cronache rosa e delle riviste di gossip con due storie d’amore tra le più chiacchierate di sempre con belle colleghe altrettanto lanciate nello star system (Jennifer Aniston e Angelina Jolie, ma c’erano già state Juliette Lewis e Gwyneth Paltrow).

 

Tutto ciò ha rafforzato l’immagine mondana di Brad Pitt, ma ne ha forse messo un po’ in ombra il talento cinematografico, specie in una fase caratterizzata da qualche pellicola non entusiasmante. In seguito, con la sua attuale compagna Angelina Jolie, è riuscito ad imporre ai media una diversa immagine di sé, mettendo la propria popolarità al servizio di cause umanitarie e incarnando così agli occhi del pubblico la sintesi perfetta tra favola romantica, glamour e impegno. E che lo scapestrato giovanotto sciupa femmine sia maturato, lo confermano le sue mutate scelte cinematografiche. La sua carriera si è diretta verso film più impegnati, in cui ha offerto prove d’attore notevoli al fianco di registi acclamati come Iñárritu, Tarantino e Malick, che lo hanno consacrato definitivamente come star di Hollywood.

La febbre del sabato sera è uno dei suoi film preferiti (perché, dice, rappresenta una cultura molto diversa dalla sua, “una terra straniera da esplorare”); ciò che lo affascina di più nella vita è proprio l’esplorazione, la scoperta, e se non facesse l’attore vorrebbe fare l’architetto. È molto attaccato alla sua famiglia (sei figli, di cui tre adottivi, con la compagna Angelina Jolie) ed è un padre stucchevolmente tenero, quando dice ad una platea di giovani increduli che il suono che ama di più al mondo è il respiro di suo figlio che dorme. Insomma, sembra che con gli anni (49 il prossimo 18 dicembre) si stia trasformando in un pacato saggio, mentre qualche ruga sul suo volto ne aumenta il fascino.

Brad Pitt Biografia

William Bradley Pitt nasce a Shawnee, cittadina del sud degli Stati Uniti, poco distante da Oklahoma City, nel 1963 e cresce a Springfield, nel vicino stato del Missouri. Il padre lavora in una ditta di trasporti e la madre a scuola. Ha un fratello e una sorella, entrambi più piccoli. Si iscrive a scuola e poi all’università, ma a due settimane dalla laurea lascia il college per iniziare a lavorare. (Ha frequentato anche una scuola di giornalismo). L’altezza di Brad Pitt  non è la peculiarità migliore ma è comunque alto 1,80 centimetri.

Fin da ragazzino i suoi maggiori interessi sono lo sport, i film e le ragazze. Ed è facendo uno dei molti lavori che accetta all’inizio per mantenersi (l’autista di spogliarelliste) che viene a sapere delle lezioni di recitazione di Roy London. Saranno per lui fondamentali: “Sono state la prima cosa che mi ha davvero indirizzato verso la direzione nella quale volevo andare”. È così infatti che nell’’87 esordisce sul grande schermo in Senza via di scampo di Roger Donaldson e prosegue con altri piccoli ruoli. Ma in quegli anni lavora molto soprattutto in tv, partecipando a numerosi serial tra cui 21 Jump Street e Genitori in blue jeans. Nel ’90 partecipa a Vite dannate e così conosce Juliette Lewis, che diventa la sua compagna.

Brad Pitt Filmografia

Siamo nel 1991 quando fa una breve apparizione in Thelma e Louise di  Ridley Scott, dove interpreta il giovane J. D.: simpatica canaglia a cui le due donne danno un passaggio; ladro, ma così sexy da risultare irresistibile per Thelma/Geena Davis. Non c’è dubbio che il ruolo del giovane seduttore gli si confaccia e quella prova non può che imporlo all’attenzione di pubblico e addetti ai lavori, facendolo diventare il nuovo idolo delle teenager degli anni ’90. Lo stesso anno ottiene il suo primo ruolo da protagonista nella pellicola di Tom DiCillo Johnny Suede, in cui il suo personaggio tenta di sfondare nel mondo della musica, coadiuvato da una stravagante acconciatura. Nel ’92, invece, Pitt sarà diretto da Robert Redford per In mezzo scorre il fiume. Viaggio alle radici dell’America attraverso la storia di una tradizionale famiglia americana degli anni ‘10-’20 del secolo scorso, raccontata con lirismo romantico alla Redford e un tuffo nella natura, soprattutto nelle acque del Montana. Neanche a dirlo, nella famiglia Maclean, capitanata dal papà e reverendo Tom Skerritt, Brad Pitt interpreta il figlio più scapestrato, all’opposto dell’assennato fratello Norman/Craig Sheffer.

Dal ’94 al ’96 l’attore dell’Oklahoma inanella una serie di successi che ne consolidano la fama e ottiene i primi riconoscimenti, oltre a stringere collaborazioni illustri. Alla fine degli anni ’90 sarà ormai chiaro che non si tratta solo di un bel “bamboccio” senza spessore, ma di un professionista dalle ottime capacità.

Brad PittQuesto risultato Pitt lo ottiene accettando ruoli eterogenei. Quello dell’apprendista vampiro Louis, dal cuore troppo tenero per accettare la sua sanguinaria natura, in Intervista col vampiro (’94) di Neil Jordan, interessante rilettura sensual-estetica di queste macabre figure, in cui però l’astro nascente Pitt deve vedersela con un Tom Cruise che non può non affascinare nel ruolo del maestro di Louis, Lestat, suo contrario poiché cinico, crudele e senza scrupoli. L’interpretazione di Brad non è molto apprezzata dalla critica, ma resta nel cuore del pubblico più giovane, che lo omaggia con l’MTV Movie Award per la miglior performance maschile e come miglior attore più attraente (ma Cruise e Pitt rimediano anche un Razzie Award come peggior coppia cinematografica dai loro detrattori). Lasciato il mondo dei vampiri, Pitt è tra i protagonisti di una saga familiare che affonda le radici negli Usa: Vento di passioni (’94) di Edward Zwick, in cui interpreta Tristan, il più ribelle e tormentato dei tre fratelli Ludlow – assieme ad Aidan Quinn/Alfred e Henry Thomas/Samuel – rivali in amore, che vivono la dolorosa esperienza di una guerra mondiale (uno di loro morirà), e i cui destini restano indissolubilmente intrecciati. Qui Pitt convince, coadiuvato da uno script che fonde dramma, romanticismo e passionalità. Così arriva anche la prima candidatura ai Golden Globe.

Brad PittIl 1995 è l’anno dell’incontro con il regista David Fincher, che lo vuole per Seven: l’intesa con Brad Pitt è immediata. Parlandone, l’attore ha ricordato: “Parlavamo la stessa lingua, ci piacevano gli stessi film” e a proposito del personaggio di David Mills, che del poliziesco è protagonista accanto a William Somerset/Morgan Freeman, “è un personaggio che vede il mondo in bianco e nero, con buoni e cattivi e paga per questo”. I due detective, aspetto e temperamento opposti, a fare squadra per necessità, sono alle prese con un serial killer colto e moralista che uccide punendo le sue vittime con il contrappasso per aver commesso i sette peccati capitali. Seven è estremamente coinvolgente e singolare è la scelta di non mostrare mai il momento in cui le vittime vengono uccise, ma solo il macabro risultato.

Inoltre, il regista approfondisce i caratteri dei due investigatori, che inizialmente potevano apparire stereotipati. Nel cast anche Kevin Spacey, efficacissimo nel ruolo dell’assassino. La pellicola conferma le doti attoriali di Brad Pitt e diviene presto un cult. La collaborazione tra Brad Pitt e David Fincher è talmente riuscita che si ripeterà altre due volte, con due successi. Una chiuderà gli anni ’90 e ne uscirà un altro cult, Fight club (1999), mentre l’altra sarà nel 2008 per Il curioso caso di Benjamin Button.

Intanto, il nostro attore guadagna il Golden Globe per la sua interpretazione di un pazzo ne L’esercito delle 12 scimmie, creatura del genio di Terry Gilliam. Un criminale (James Cole/Bruce Willis) è in viaggio nel tempo per salvare l’umanità da un virus letale. Il viaggio assume presto i contorni dell’incubo, mentre lungo il cammino il protagonista incontra improbabili compagni come appunto lo schizzato Jeffrey Goines/Brad Pitt, per il cui ruolo l’attore si prepara studiando da vicino i  degenti di un reparto psichiatrico. Il risultato è una performance di indubbia efficacia e aderenza, che gli vale il premio come miglior attore non protagonista, oltre che una nomination all’Oscar.

L’anno successivo a dirigerlo è Berry Levinson nel drammatico Sleepers,  con cast pieno di star tra cui Robert  De Niro, Dustin Hoffman e Vittorio Gassman. Sempre di giovani con infanzia-giovinezza traumatica si parla, come spesso nel cinema di Levinson. Il tema è forte ed è quello degli abusi sessuali subiti in riformatorio da parte di un gruppo di ragazzini americani che, da adulti, cercano vendetta. Anche qui, la critica non è entusiasta, ma il pubblico apprezza, e la fama di Brad cresce.  Lo vediamo poi alle prese con un’avventura umana e d’esplorazione come quella di Sette anni in Tibet, dove si allontana dalla natia America per interpretare l’alpinista austriaco Heinrich Harrer, nel viaggio che dal ’38 agli anni ‘50 del secolo scorso lo portò da seguace del nazismo a sostenitore della causa tibetana.

Il decennio si chiude con Fight Club, dramma che vede Fincher e Brad Pitt ancora insieme ad indagare gli abissi della mente umana, ma anche a puntare il dito contro una società dei consumi che ci ha illuso di un presunto benessere, lasciandoci vuoti e alienati, senza prospettive. Lo spettatore è posto di fronte a ciò che spesso accade, dove impera questo vuoto: si dà sfogo ai più bassi istinti umani, come la violenza, per sentirsi vivi e cercare una via d’uscita, in una deriva sempre più pericolosa. C’è chi la definisce un’operazione furba ma accattivante, che mescola analisi psicologica e critica sociale per attrarre il pubblico, e chi ne loda invece lucidità e onestà, nonché il meccanismo narrativo perfettamente orchestrato. Sulle capacità e l’estrema efficacia dei due protagonisti nei rispettivi ruoli però pochi hanno dubbi: Brad Pitt e Edward Norton la fanno da padroni, col primo forte, coraggioso e violento, a trascinare l’altro – schivo e inquadrato – verso l’abisso.

Nel frattempo, Brad è al centro delle cronache rosa per la sua storia d’amore con l’attrice Jennifer Aniston. I due si sposano nel 2000 e decidono anche di aprire una casa di produzione cinematografica: la Plan B Entertainment. Il nuovo millennio da attore, invece, si apre con il fortunato Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco di Steven Soderbergh, che riunisce le star più glamour di Hollywood in un film d’azione su un’organizzatissima banda di rapinatori che mette a segno un memorabile colpo ai danni del ricchissimo e crudele di turno. Basta dire che del cast è protagonista George Clooney/Danny Ocean ed ha accanto Julia Roberts, Brad Pitt, Matt Damon e Andy Garcia. Grande successo di pubblico per un film diretto abilmente da un premio Oscar e che mette in campo risorse con le quali è difficile sbagliare. Grande operazione commerciale, seguita dai meno riusciti ma proficui Ocean’s Twelve (2004) e Ocean’s Thirteen (2007), sempre diretti da Soderbergh. Tra Brad Pitt e George Clooney nasce una vera amicizia. Nel 2004 il nostro attore è Achille nel kolossal Troy di Wolfgang Petersen, che rilegge in salsa americana l’intera epopea dell’Iliade, cui è liberamente ispirato.

È probabilmente sul set di Mr e Mrs Smith di Doug Liman, dove interpretano una coppia legata da amore-odio e spionaggio, che scatta la scintilla tra Brad Pitt e Angelina Jolie, con conseguente crisi del matrimonio di lui, che nel 2005 divorzia dalla Aniston con gran clamore da parte dei tabloid. Jolie conferma in maniera inequivocabile la relazione solo nel 2006, annunciando la prossima nascita della loro figlia. Seguiranno due gemelli nel 2008 (a cui sono da aggiungere tre adozioni, due delle quali precedenti la relazione, ma che Brad Pitt riconoscerà a tutti gli effetti).

Intanto, sul fronte cinematografico, il 2006 vede un’altra collaborazione illustre per Pitt, con uno dei registi più innovativi degli ultimi anni: quella con Alejandro Gonzáles Iñárritu, che lo sceglie per l’ultimo lavoro della sua trilogia del dolore – dopo Amores perros e 21 grammi – Babel. Coadiuvato ancora dal fido e ottimo sceneggiatore Guillermo Arriaga, Iñárritu ci coinvolge in un intreccio di storie umane ad alto tasso di emotività, dove l’uomo ha a che fare con legami forti, ma anche con grandi e indicibili dolori, confrontandosi coi mali del nostro tempo a diverse latitudini. Un caos che In realtà è un meccanismo perfettamente studiato, in grado di catturare lo spettatore facendo leva sull’inevitabile empatia, e che trova alla fine la sua ricomposizione. In tutto ciò all’attore di Shawnee è affidata la parte di un padre che subisce la perdita di un figlio. Il suo matrimonio entra in crisi e, per cercare di ricominciare, parte con la moglie per un viaggio. Qui, le circostanze disperate e l’estrema sofferenza che affronteranno sarà occasione di sincero confronto e riconciliazione.

L’interpretazione di Brad Pitt, in coppia con l’altrettanto brava Cate Blanchett, è sentita e  efficace. Per lui una nomination al Golden Globe, che però non ottiene. Ma il progetto è senz’altro vincente: il regista si aggiudica la Palma d’Oro a Cannes, la pellicola guadagna il David di Donatello e il Golden Globe, la colonna sonora è premiata con l’Oscar.

Brad PittQuesto è un periodo di scelte molto azzeccate per l’attore, che veste anche i panni del celebre bandito Jesse James in L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford. Così, riceve ottimi riscontri non solo da parte di un pubblico ormai fedele, ma anche dalla critica e si aggiudica la Coppa Volpi a Venezia come miglior attore. Afferma di essersi documentato molto per preparare il ruolo e di averne ricavato l’immagine di un uomo tormentato, che si è impegnato a restituire nel film.

Nel 2008, il ritorno a lavoro sotto la direzione di  David Fincher porta nella carriera del divo Pitt un nuovo successo, che anche stavolta mette d’accordo critica e pubblico. Le trasformazioni a cui si sottopone e il ruolo complesso di un uomo la cui vita procede temporalmente al contrario, al centro di Il curioso caso di Benjamin Button, gli valgono la nomination all’Oscar e al Golden Globe, che però gli sfuggono. Ad ogni modo, è ormai una delle star più richieste e acclamate, avendo dato prova in circa vent’anni di carriera, di sapersi adattare e dare corpo in maniera convincente ai ruoli più diversi. Lo dimostra ancora una volta immedesimandosi egregiamente nel ruolo del bastardo per Quentin Tarantino e contribuendo, assieme ai colleghi  – Christoph Walts, Eli Roth, Michael Fassbender, Mélanie Laurent tra i principali – allo straordinario successo di Bastardi senza gloria, ovvero la guerra, i nazisti, gli americani visti con originalità e ironia dall’occhio del regista.

Lo scorso anno, poi, lo abbiamo visto nella visione del mondo targata Terrence Malick, ovvero in The tree of life, nella parte di un padre severo e autoritario. Dell’uomo Malick, Pitt dice che sia molto amabile, “è così piacevole parlare con lui”, del regista nota come abbia lasciato agli attori degli spazi d’improvvisazione, mentre del proprio personaggio: “è un padre che lotta contro qualcosa più grande di lui e cerca di preparare i figli a questo tipo di difficoltà”. La sua è un’ottima performance, accanto a quella del collega Sean Penn. Il film ottiene svariati riconoscimenti, tra cui la Palma d’Oro a Cannes.

Brad Pitt

Anche lavorare con Bennet Miller per L’arte di vincere gli ha dato molte soddisfazioni. Il manager della squadra di baseball da lui interpretato ha guadagnato tre nomination (Oscar, Golden Globe e BAFTA), dovendosi però accontentare del NYFCCA, premio della critica newyorkese, come miglior attore.

Dal 19 ottobre sarà invece nelle sale italiane, nei panni del killer, con Cogan – Killing Them Softly, che lo vede tornare a lavorare col regista Andrew Dominik dopo il successo de L’assassinio di Jesse James.

- Pubblicità -