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The Avengers – E’ un supereroe in un’armatura ma non è un cavaliere; Iron Man è un prodigio della meccanica, che grazie alle risorse della sua mente, è in grado di affiancare i supereroi dell’Universo Marvel, senza in realtà possedere alcun potere naturale. Creato nel 1963, Iron Man è uno dei pochi eroi che non ha segreti sulla propria identità.
Infatti Tony Stark è un businessman, un inventore e un geniale anticonformista altrettanto noto quanto il suo alter ego Iron Man che si adopera per salvare il mondo.
Fondatore dei Vendicatori e pilastro del multiforme Universo Marvel, Iron Man è senza dubbio uno dei personaggi più interessanti del mondo dei fumetti.
“La cosa che più mi piaceva di Iron Man, quando ho iniziato ad esplorare il suo personaggio, è proprio Tony Stark”, afferma il noto scrittore di Iron Man, David Michelinie. “Ecco un supereroe senza superpoteri; un uomo dotato di un grande intelletto e di una incredibile immaginazione , grazie ai quali ha ideato strumenti e meccanismi volti al bene, per rendere il mondo un posto migliore. E nel contempo riesce persino a dirigere una redditizia multinazionale!”
Nei fumetti Tony Stark è il leader della sua società, il capo dei Vendicatori e persino di S.H.I.E.L.D. Anche senza il costume di Iron Man, Stark sarebbe una presenza dominante nel mondo, ma la sua armatura e le ragioni per cui la indossa, lo rendono un personaggio davvero unico.
“Iron Man è l’eroe della Marvel che preferisco e secondo me è la sua origine a renderlo importante”, afferma il Chief Creative Officer della Marvel, Joe Quesada. “Infatti la sua etica, prima di diventare Iron Man, era piuttosto dubbia”.
Prima di assumere l’identità di Iron Man, Tony Stark ha infatti dedicato gran parte della sua vita a fabbricare armi, e a venderle al migliore offerente. Ma quando viene rapito e ferito al cuore, inizia a dedicarsi al bene, a salvare la vita altrui, iniziando da se stesso. Durante la prigionia Stark crea il primo modello di armatura per proteggere il suo cuore e per riuscire a fuggire dal carcere.
“Questo cambiamento di personalità lo rende un personaggio accattivante; lui stesso afferma: “Ho fatto tanti errori nella mia vita ma ora voglio cambiare e fare del bene’”, spiega Quesada. “Gli eroi migliori sono quelli che possiedono un senso innato di umanità; ognuno di noi porta con sé un fardello, il rimpianto di qualcosa che vorrebbe poter cambiare”.
Il personaggio di Iron Man è evoluto nel corso degli anni, al pari della sua armatura. Le avventure di Iron Man non si limitano alle classiche peripezie dei supereroi, dato che le invenzioni tecnologiche di Tony Stark possono diventare una vera minaccia, se cadono nelle mani sbagliate.
“’La Guerra delle Armature’ mette in mostra tutto il senso di responsabilità di Tony”, spiega Michelinie, che ha scritto oltre 80 storie di Iron Man nel corso degli anni. “Si confronta con i suoi amici, con il suo Paese e col mondo intero, per riuscire a recuperare la tecnologia di sua invenzione ed evitare che continui ad essere impiegata in modo sbagliato e ad essere causa di indicibili sofferenze per l’umanità”.
Spesso i supereroi sono profondamente scissi fra la loro identità normale e quella da supereroe; Tony Stark è invece un eroe molto compatto, e la sua personalità è la stessa, sia che si trovi nel suo ufficio che nel campo di battaglia. In questo senso è uno dei pochi supereroi che vive alla luce del sole.
“Quando ho scritto il personaggio, nel 2000, non aveva senso, per me, che Iron Man nascondesse la sua identità civile di Tony Stark. I miei editori all’epoca non amavano la mia idea ma quando sono diventato capo redattore ho optato per questa versione”, spiega Quesada. “Tony non è un cittadino anonimo, che nessuno conosce, bensì uno degli scienziati più brillanti del mondo, oltre ad essere un famoso industriale. Tony è già un bersaglio. Gente del calibro di Richard Branson e di Steve Jobs deve essere prudente, ha bisogno di essere protetta. Quindi in fondo non c’era una ragione logica perché Tony avesse un alter-ego e fingesse di non essere Iron Man. Se fossi Tony, vorrei che la gente sapesse che sono Iron Man. Vorrei che la gente sapesse che quando hai a che fare con me, hai anche a che fare con Iron Man”.
Nonostante sia stato un importante membro della squadra dei fumetti Marvel per quasi 50 anni, solo nel 2008, con l’uscita del film live-action “Iron Man” e la predente rivitalizzazione dei Vendicatori, Iron Man si è imposto all’attenzione del grande pubblico.
“Prima di allora Iron Man non era un personaggio immediatamente riconoscibile come Spider-Man, ma ora, nel 2012, è ormai uno dei personaggi più popolari della Marvel, al cinema, nell’animazione e nei fumetti”, dice Quesada. “E’ senza dubbio uno dei supereroi più noti. Per me è davvero gratificante vederlo godere di tanta notorietà, considerando che quando ho iniziato a scrivere le sue storie, lo conoscevano solo gli appassionati dei fumetti. Sono molto affezionato a Tony Stark e ad Iron Man, e sono contento che il resto del mondo abbia imparato a conoscerlo”.
di Chris Arrant
Carlo Verdone torna al cinema con Posti in piedi in Paradiso, una commedia dai toni dolceamari. I suoi protagonisti, come spesso accade, sono dei falliti o poco ci manca, ma quello che è evidente è che non fanno nulla di costruttivo per uscire fuori da questa situazione, è lo stesso personaggio interpretato da Verdone, l’ex produttore musicale di successo Ulisse a dirlo: “Siamo una generazione di disastrati”.
I tre protagonisti di questo film, che hanno vissuto quasi, sembrerebbe, una vita precedente di successi e riconoscimenti, non sono riusciti a rimettersi in discussione una volta che il caso e magari il troppo orgoglio hanno rovinato il loro equilibrio precedente. In effetti, quello che emerge da questa commedia, è non la volontà dei tre di riscattarsi, ma piuttosto quella di svoltare, così come volevano fare i “soliti ignoti” di Mario Monicelli 50 anni fa.
In Posti in piedi in Paradiso Ulisse, Fulvio e Domenico vivono in una situazione di precarietà fuori tempo massimo: tutti tra i 40 e i 50 anni, divorziati, sono ex uomini di successo caduti in disgrazia dopo la separazione dalle compagne e la relativa spesa mensile per gli alimenti. I tre si trovano insieme un po’ per caso un po’ per sopravvivenza, e a loro si uniranno altre persone più o meno nella stessa situazione, a testimonianza che la precarietà non è appannaggio solo dei trentenni.
Così Domenico (Marco Giallini) sbarca il lunario affittando case di giorno, accompagnando anziane signore di notte e cercando la fortuna con il gratta e vinci, Fulvio (Pierfrancesco Favino), ex critico cinematografico ridimensionato alla cronaca rosa perché reo di avere concupito la moglie del direttore del giornale per cui lavora, cerca di mantenere un contegno ma allo stesso tempo seduce una starlette ventenne affascinandola con le sue conoscenze cinematografiche, e Ulisse, appunto, ex discografico, si aggrappa al passato glorioso, dal quale non si vuole separare, come non si vuole separare dalla cintura appartenuta a Jim Morrison che ha nel negozio di vinili che gestisce e in cui abita, finché non decide di dividere un appartamento con gli altri due disgraziati.
A loro si unisce una cardiologa un po’ svampita e un po’ sopra le righe, interpretata da Micaela Ramazzotti che conferma la sua bravura in ruoli leggeri e comici con tempi, mimica e interpretazione perfetti che fa da tratto di unione tra la generazione dei tre e quella dei figli, che ai loro occhi è altrettanto disgraziata, ma che invece nasconde la volontà di riscatto che i tre genitori non hanno.
Da un lato quindi Verdone comunica un certo sconforto per i tempi attuali ma porge uno speranzoso occhio al futuro e alle generazioni future, che da questo film escono comunque più coscienti dei padri di cosa sia essenziale fare per riscattarsi nella vita. Ulisse, in particolare, è un personaggio da cui traspare molto Verdone, anzi, il personaggio si adatta alle caratteristiche ormai note del personaggio verdoniano: sono suoi alcuni tic e manie che ormai sono diventate note a chi lo conosce, come la sua ipocondria e la conoscenza perfetta di alcune patologie e i medicinali adatti alla cura.
Tutto questo complesso panorama, dunque, lo si ritrova in una commedia divertente che trova nei suoi protagonisti il suo maggior pregio. Le gag ideate da Verdone, infatti, convincono anche stavolta e sono impreziosite dalla qualità di interpreti come Pierfrancesco Favino e Marco Giallini, che ben si calano nei panni dei loro personaggi e ne restituiscono un ritratto umano composto soprattutto da tutte le quelle fragilità tanto tenere quanto vere, nelle quali è facile ritrovarsi.
Teheran, 1958. Nasser Ali Khan,
celebre musicista, ha perso il gusto per la vita. Da quando il suo
violino si è rotto a causa di un incidente, nessuno strumento
musicale riesce più a dargli l’ispirazione. La sua tristezza si è
accentuata da quando ha incontrato per caso il suo amore di
gioventù all’angolo di una strada ma lei non lo ha riconosciuto.
Dopo aver tentato invano di rimpiazzare lo strumento rotto che gli
aveva regalato il suo maestro di musica, Nasser giunge all’unica
soluzione possibile: visto che nessun altro violino riuscirà più a
dargli la gioia di suonare, si metterà a letto e attendederà la
morte.
Hans Zimmer intervistato da Hero Complex ha rilasciato alcune interessanti riflessioni sulla partitura realizzata per Il cavaliere oscuro – Il ritorno, terzo film di Batman diretto da Christopher Nolan. Il compositore ha anche commentato la segretezza che avvolge per ora il film:
La maniera giusta per inquadrare un sequel è trattarlo come se fosse un film autonomo. Altrimenti ti ritroveresti a dover trattare tutti gli elementi peggiori che potresti avere quando lavori a un seguito. Mi è balenata in testa un’idea addirittura prima d’iniziare a lavorare a Sherlock Holmes e che Christopher cominciasse a girare. Sono andato al dipartimento musicale della Warner e ho chiesto “Mi sono guadagnato la possibilità di prenotare, per un paio di giorni la più grande e folle orchestra e fare qualche esperimento per Il Cavaliere Oscuro: il ritorno? Se va male o se a Chris non piace, potremmo solo fingere che tutto questo non sia mai accaduto”.
La mia idea era scrivere la musica in maniera differente dal solito, e di ottenerla con un’orchestra atipica in grado di suonare in maniera diversa. Ha funzionato e potete già sentirne qualche frammento grazie al trailer. Mi ritrovo ad avere 25 minuti di materiale, molto, molto radicale e inconsueto.
Sull’atmosfera di assoluta segretezza che Christopher Nolan mantiene intorno alla sua pellicola il compositore è assolutamente d’accordo:
Il nostro compito dovrebbe essere quello di stupirvi. Parte dell’esperienza cinematografica dovrebbe basarsi, appunto, sulla sorpresa. Lavoriamo sodo per mantenere vivo questo aspetto del filmmaking anche se oggigiorno pare che il mondo non sia più interessato. Tutti vogliono sapere tutto e subito, sulle star coinvolte, su questo, su quello. Tutta roba che per noi non conta. Dico davvero, per noi l’importante è la scrittura, la sceneggiatura, le idee e il viaggio. Ingredienti che vanno trasformati in un’opera realmente valida.
Vi ricordiamo che ulteriori info sulla pellicola le troverete nel nostre speciale Batman 3 e nella nostra Scheda Film: Il Cavaliere Oscuro: il ritorno.
The Artist ha di nuovo fatto incetta di premi: stavolta l’occasione sono i César 2012, massimo riconoscimento del cinema francese, che sono stati consegnati ieri sera a Parigi.
Il film muto di Michel Hazanavicius ha conquistato quasi tutte le categorie principali ovvero film, regia, attrice (Berenice Bejo), fotografia (Guillaume Schiffman), scenografia (Laurence Bennett) e colonna sonora (Ludovic Bource): a restare a mani vuote è stato invece Jean Dujardin, al quale è stato a sorpresa preferito Omar Sy, protagonista del film campione d’incassi in patria Quasi amici (Intouchables). Difficile ormai non immaginare chi sarà il trionfatore alla cerimonia degli Oscar 2012 che si terrà domani sera a Los Angeles.
Il premio per il miglior film straniero è andato invece a Una separazione, altro grande favorito nella corsa alla statuetta.
Sono da poco iniziate le riprese di Star Trek 2, nuovo capitolo del reboot della serie cult di fantascienza diretto da JJ Abrams che arriverà nei cinema americani nel maggio 2013: al momento restano sconosciuti sia il titolo ufficiale che la trama, ma due scatti esclusivi sono arrivati dal blindatissimo set di Los Angeles.
Le interessanti immagini mostrano in azione Spock( Zachary Quinto) e Uhura(la star di Avatar Zoe Saldana) visibilmente impegnati a combattere contro un personaggio sconosciuto, interpretato dalla Star di Sherlock Benedict Cumberbatch; il ruolo di Cumberbatch nel film non è stato ancora reso noto, ma gli scatti sembrano non lasciare dubbi sul fatto che si tratti di un villain. Secondo voi chi potrebbe essere?
fonte: mtv.com
Sembrava certo che Sasha Baron Cohen, visto recentemente nei panni del poliziotto cattivo in Hugo Cabret, fosse stato ufficialmente bandito dalla notte degli Oscar: la diffida da parte dell’Academy era arrivata quando l’attore, conosciuto per le sue performances comiche trasgressive in Borat e Bruno, aveva annunciato di volersi presentare alla cerimonia vestito come il Generale Aladeen, protagonista del suo nuovo irriverente film the Dictator.
La prospettiva di dover “ospitare” il personaggio, un dittatore dell’immaginaria repubblica islamica di Wadiya che lotta per evitare che la democrazia arrivi nel suo paese e lo rovini per sempre, sembrava davvero troppo per una cerimonia fortemente tradizionale come quella della notte delle stelle.
Alla fine, pare però che Cohen avrà dopo tutto la possibilità di presentarsi alla Cerimonia alle sue condizioni: così lasciano intendere le dichiarazioni di Brian Grazer, che si è detto entusiasta e impaziente di vederlo sul red carpet nei panni del suo personaggio. Polemica rientrata, quindi.
Dal canto suo, il generale Aladeen non aveva esitato a rispondere all’offesa arrecatagli con una replica esemplare:
John Carter, kolossal fantascientifico prodotto dalla Walt Disney, arriverà finalmente nei cinema italiani il prossimo 7 marzo: nell’attesa, è stata finalmente rilasciata la prima clip in italiano, dove l’eroe si prepara a combattere contro un enorme e mostruosa scimmia bianca.
Ispirato al romanzo la principessa di Marte di Edgar Rice Burroughs(Tarzan) il film di Andrew Stanton ha come protagonisti Taylor Kitsch e Lynn Collins.
Salma Hayek produrrà un lungometraggio tratto da il profeta di Khalil Gibran: ad ogni poesia nel libro corrisponderà un episodio che sarà girato da un regista differente, mentre Roger Allers(il re leone, Boog & Eliot) si occuperà della cornice.
Per i singoli episodi sono stati fatti i nomi di Marjane Satrapi (Persepolis), Bill Plympton Tomm Moore, Nina Paley, Mohammed Saeed Harib, Michal Socha e Francesco Testa.
Nel libro, una delle raccolte di poesie più lette di tutti i tempi, il Profeta Al Nabi risponde alle domande poste da varie persone sulla condizione umana.
fonte: comingsoon.it
Arriva da un articolo dell’Hollywood
Reporter la notizia che tutti paventavano o che aspettavano
(a seconda dei casi) Marco Muller prima donna’ del Festival di Venezia sarà nominato
Direttore Artistico del Festival, almeno secondo la famosa rivista
americana.
Le sorelle Coulin (registe anche di The Quiet Son) superano la prova a pieni voti con un’opera al confine tra realismo e film adolescenziale. Il loro 17 Ragazze parla di un gruppo di giovanissime donne che stabilisce all’unanimità di rimanere incinta: “Così ci sarà qualcuno che ci amerà incondizionatamente. Per sempre”. Tale è l’input di partenza, un filo conduttore che accompagnerà lo spettatore entro il flusso che unisce ognuna di loro. Un’ondata di freschezza e di aspettativa traboccante giovinezza.
“A diciassette anni non si è maturi, si sogna e si ha un’energia enorme. Nessuno può fermare una ragazza che sogna”, queste le parole di una di loro. Sono compatte e irremovibili contro un mondo di adulti già disilluso che è stato incapace di infondere alcuna sorta di speranza. I grandi tentano di trovare il bandolo della matassa di fronte ad una ribellione tanto assurda, tanto folle, che – paradossalmente – arresta la loro irrefrenabile voglia di spiccare il volo. Ma forse è proprio questo il punto: ritrovare un contatto intimo e vero con sé, col proprio corpo e con il senso autentico della vita.
Le due registe traggono spunto da una storia realmente accaduta e decidono di ambientarla nella loro piccola città di origine nel nord della Francia, Lorient, che, ironia della sorte, si affaccia sull’Atlantico: spazio sconfinato di vita, ma anche segno della limitatezza dell’uomo. Ma l’arco di età ricalcato da Delphine e Muriel Coulin possiede già in sé il desiderio di valicare i confini, ed è ciò che meglio riesce: lo sguardo della macchina da presa non vuole né analizzare, né comprendere un presunto “problema”.
Con sequenze brevi e sospese, primissimi piani e dettagli ingranditi, tra profondi silenzi nelle colorate camerette, e cori scomposti a squarciagola in macchina, emerge una prova attoriale genuina e spiazzante delle protagoniste, tra le quali c’è anche chi non ha mai messo piede su un set. L’unica volontà dell’occhio narrante è mostrare un’epoca splendida inserita in un’altra più impietosa: quella di oggi.
La tensione della vivacità di quegli anni riuscirà a partorire quella libertà così agognata? Poco importa. È di per sé tutto già sufficiente così com’è, per esplorare e ricordare ciò che ognuno di noi conserva nella sua più sorridente memoria. In una fetta di vita gustata da chiunque sappia cosa significhi vivere, ma senza timore della vita, e credere, fino in fondo alle proprie viscere, che ogni cosa sia realmente possibile e meravigliosa “insieme, solo noi, ci aiuteremo e non dovremo più sentire “rifai il letto e lava i piatti“.
LEGGI ANCHE: 17 Ragazze presentato alla stampa dalla regista Muriel Coulin
Gli Oscar li aspettiamo tutti, chi più che meno siamo tutti pervasi dall’euforia della grande notte di Hollywood, in cui tutte le stelle più luminose del cinema sono riunite per autocelebrarsi. Vero è che però spesso, sempre più spesso, le nomination e le statuette vengono assegnate in base a criteri sempre più sibillini, senza per queso nulla togliere a chi quella statuetta se la porta poi a casa.
Ma la storia dell’Academy è piena di recriminazioni che critici e pubblico volgono ai Membri che hanno ignorato molte delle performance, delle pellicle e dei lavori migliori. Solo quest’anno ad esempio ci sono almeno due attori che potrebbero vivamente protestare. Uno è Leonardo diCaprio per il suo J. Edgar, completamente assente dalla corsa, l’altra è Tilda Swinton, nominata ai Golden Globe ma non agli Oscar per la sua stratosferica interpretazione in E ora parliamo di Kevin. Ma ci sono stati tutti i capolavori di Alfred Hitchcock, Arancia Meccanica, Martin Scorsese per Taxi Driver, Sentieri Selvaggi, I quattrocento Colpi, ancora DiCaprio che nel trionfo totale di Titanic rimase l’unico a non ricevere una nomination a differenza della collega e amica Kate Winslet ma ancora tanti altri.
Si e’ conclusa con le dimissioni
presentate dal presidente Gianluigi Rondi, la riunione del Cda
della Fondazione di Cinema per Roma, iniziata alle 14
all’Auditorium Parco della Musica. Lo ha annunciato alla fine del
Cda il consigliere Michele Lo Foco, rappresentante di Roma
Capitale, che ha fatto il nome di Paolo Ferrari come probabile
successore di Rondi alla presidenza.
Ieri si è svolta a Roma
un’inquietante e divertente anteprima de L’altra faccia del
diavolo, film Horror diretto da William Brent Bell che ha già
raccolto oltre 60 milioni di dollari in tutto il mondo dopo essere
costato solamente 1 milione. L’evento si è svolto al cinema Farnese
Persol di Roma, con un’atmosfera da brivi. Ecco tutte le foto
dell’evento.
Ghost Rider – Spirito di vendetta (Ghost Rider: Spirit of Vengeance) è un film del
2012, diretto da Mark Neveldine e Brian Taylor e basato sul
personaggio dei fumetti Ghost Rider pubblicato dalla Marvel Comics e creato da Gary Friedrich,
Michael Ploog e Roy Thomas.
Si tratta del sequel di Ghost Rider uscito nel 2007 e si
caratterizza da quest’ultimo per un cast differente (ad eccezione
di Nicolas Cage) e per un’ambientazione totalmente diversa (le
riprese si sono svolte in Europa, mentre nel primo film in
Australia).
Il film è uscito negli Stati Uniti il 17 febbraio 2012 mentre in
Italia il 23 marzo 2012 e verrà distribuito in versione normale e
in versione 3-D; esordirà nelle sale con il logo Marvel Knights, una sottoetichetta
dei Marvel Studios, con il quale era già uscito
Punisher – Zona di guerra.
Ulteriori info nella nostra Scheda: Ghost Rider: Spirito di Vendetta
Una commedia sulla
famiglia, l’amore, i vicini e un grosso segreto. Con Rocco Papaleo
e Luciana Littizzetto. Una madre scopre una verità
incredibile su suo figlio, attraverso un video che lo ritrae in
copertina, ricevuto da una vicina di casa pettegola. Il ragazzo,
dotato di un talento nascosto e insospettato, ha pensato di
sfruttare al meglio la situazione diventando un pornodivo e
lasciando così di stucco i genitori.
Ulteriori info nella nostra Scheda: E’ nata una star?
Il Concorso Cineasti del presente, vero e proprio spazio di scoperta che presenta opere prime o seconde di giovani registi emergenti, sarà protagonista al Locarno Film Festival, in questa edizione di alcuni cambiamenti che mirano ad aumentarne la visibilità e l’importanza all’interno del Festival.
Il concorso (seconda sezione competitiva del Festival insieme al Concorso internazionale) vedrà aumentare il valore del premio principale e potrà vantare l’introduzione di un nuovo riconoscimento. Il “Pardo d’oro Cineasti del presente – George Foundation”, finora del valore di 30’000 CHF, sarà portato a 40’000 CHF. La Città di Lugano offrirà al migliore regista emergente un nuovo riconoscimento: il ”Pardo per il miglior regista emergente” del valore di 20’000 CHF.
Saranno una quindicina i film, documentari o di finzione, in prima mondiale o internazionale a contendersi i premi della sezione.
Il “Pardo d’oro Cineasti del presente – Premio George Foundation: 40’000 CHF, ripartiti equamente tra regista e produttore.
Il “Premio speciale della giuria CINE+ Cineasti del presente”: 30’000 CHF offerti dal canale francese Cine+ Club per i diritti di diffusione, versati al distributore francese.
Il nuovo premio “Pardo per il miglior regista emergente”: 20’000 CHF per il migliore regista emergente offerti dalla Città di Lugano.
Il Locarno Film Festival Locarno prevede diverse sezioni competitive tra cui il Concorso internazionale e il Concorso Cineasti del presente per i lungometraggi e i Pardi di domani per i cortometraggi. Il programma completo di tutte le sezioni del Festival sarà reso noto l’11 luglio 2012. Tutti gli aggiornamenti sul Festival sono pubblicati sul sito pardolive.ch.
Il nemico alle porte è un film del 2001 diretto da Jean-Jacques Annaud e con protagonisti nel cast Jude Law, Ed Harris, Joseph Finnies, Rachel Weisz e Bob Hoskins.
Il nemico alle porte trama: Stalingrado, autunno 1942. La giovane recluta dell’armata rossa Vasilij Grigor’evic Zajcev (Jude Law) viene catapultato insieme ad altri sventurati compagni nell’inferno di Stalingrado, città simbolo dell’Unione Sovietica assediata ormai da settimane dalle truppe del Terzo Reich.
Durante uno dei tanti ed assurdi attacchi suicida a cui gli ufficiali dell’Armata Rossa lo costringono a partecipare, Vasilij conosce Politruck Danilov (Joseph Fiennes), ufficiale addetto alla propaganda, a cui ha modo di mostrare la sua incredibile abilità di tiratore affinata durante l’infanzia in cui era solito cacciare i lupi negli Urali.
Danilov vede nel ragazzo quell’eroe di cui l’esercito ha bisogno per mantenere alto il morale ed avere nuove motivazioni in battaglia. Spalleggiato dal cinico Nikita Khrushchev (Bob Hoskins), Danilov farà di Vasilij Zajcev un mito, una sorta di leggenda, e Vasilij a sua volta diventerà l’incubo dei tedeschi collezionando vittime su vittime soprattutto tra gli ufficiali. Il rapporto di grande complicità tra Danilov e Vasilij comincerà però ad incrinarsi quando una donna, Tania Chernova (Rachel Weisz), si intrometterà fra loro generando invidie e gelosie.
Nel frattempo, per porre fine al mito di Vasilij, il comando tedesco invierà al fronte il migliore dei tiratori della Wermacht: il maggiore Erwin Konig (Ed Harris) che inizierà con Vasilij un’appassionante quanto drammatico duello destinato ad un tragico epilogo.
Il nemico alle porte (Enemy at the gates) è un film del 2001 diretto dal regista francese Jean-Jaques Annaud (Il nome della rosa, L’amante) e tratto da una storia vera.
Annaud si conferma una volta di più straordinario a livello scenografico, ricreando con grande realismo ed efficacia il drammatico contesto in cui si svolge la vicenda. Una Stalingrado dilaniata da una delle più feroci battaglie della Seconda guerra mondiale, una città in preda alla disperazione più assoluta sia tra i civili che tra i militari di cui il regista tiene a sottolineare le terribili condizioni e i patimenti sopportati.
Ma se il regista francese non tradisce a livello estetico è a livello di sceneggiatura che il film genera qualche dubbio. La prima metà è indubbiamente la migliore: l’arrivo di Vasilij al fronte, il suo disorientamento, la nascita del suo mito e l’amicizia con Danilov, il tutto tiene alta la tensione emotiva dello spettatore, affascinato da una ricostruzione storica impeccabile.
La seconda parte invece si perde. La storia d’amore tra Vasilij e Tania, il duello con il maresciallo Konig, sono elementi narrativi interessanti ma che vengono trascinati con scarso ritmo e con il passare dei minuti assumono una preponderanza che non sono in grado di sostenere. Il film perde la tensione emotiva iniziale e si protrae stancamente verso un finale più che scontato.
Il cast di Il nemico alle porte è indubbiamente di prim’ordine anche se ci sentiamo di sottolineare le interpretazioni di Joseph Fiennes, molto convincente nella parte dell’enigmatico e fanatico servitore del regime staliniano, così come di Bob Hoskins, quasi irriconoscibile nei panni di un credibilissimo Nikita Khrushchev, futuro presidente dell’URSS qui spietato e irascibile ufficiale al soldo di Stalin.
Indubbiamente pregevole anche l’interpretazione di Ed Harris, efficace nelle vesti del gelido e imperscrutabile ufficiale della Wermacht, convincono invece indubbiamente meno Jude Law e Rachel Weisz non tanto per scarsezza interpretativa ma perchè non dotati di quel “phisique du role” necessari alla parte. Troppo belli e occidentali per essere credibili come stanchi e sfiancati russi al fronte da mesi.
Storicamente il film è interessante solo nella prima parte dove si evidenzia con particolare attenzione la terribile disumanità degli ufficiali sovietici pronti a sparare senza pietà verso i propri soldati ad ogni minimo accenno di ritirata. Il nemico non era solo di fronte ma anche di spalle.
Per il resto il dramma dei civili intrappolati in questo immenso fronte di guerra è solo accennato, vagamente abbozzato, le finalità registiche e della sceneggiatura propendono verso altri lidi e altre finalità. Il risultato è un film molto hollywoodiano e non dal forte impatto emotivo che avrebbe potuto avere e che abbiamo provato in altri film dal contesto simile, come il Pianista di Roman Polansky per intenderci…ma questa è tutta un’altra storia.
Roma città aperta è il film manifesto del 1945 diretto da Roberto Rossellini con protagonisti nel cast Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Marcello Pagliero
Roma città aperta ambientato a Roma nell’inverno del 1943-44, sotto occupazione tedesca, narra le vicende umane e politiche di una popolana che per amore, morirà fucilata, contemporaneamente alla storia di un tipografo partigiano deportato, di un ingegnere comunista torturato e ucciso, come un parroco di quartiere, brutalmente fucilato davanti ai ragazzi dell’oratorio perché protettore di alcuni partigiani.
E’ l’Italia in crisi quella che Rossellini racconta nelle immagini della gente riversata per le strade in cerca di cibo, l’Italia della gente come Pina, la moglie del tipografo staffetta dei partigiani costretta a sposarsi di nascosto da Don Pietro. Ogni scena è essenziale perché il regista lascia trapelare le emozioni e le incertezze dei suoi personaggi.
Nessun aspetto della resistenza viene lasciato al caso: anche i bambini coraggiosi combattenti non rinunciano a mettersi in prima linea a fianco dei grandi perché anche loro sognano la pace, come il compagno di Pina, Francesco, che afferma: “Un giorno tornerà la primavera e noi saremo finalmente liberi. Non dobbiamo aver paura, noi lottiamo per una cosa che deve ancora venire, la libertà, che vedremo noi e i nostri figli”. Ma il sogno di felicità svanisce presto: il giorno del loro matrimonio, i nazifascisti catturano Francesco e Pina muore correndo, straziata dal dolore, per aver perso una seconda volta l’uomo amato.
E’ questa una delle sequenze più intense e significative dell’intero film: la Magnani che insegue il vuoto con il volto segnato da una vita di sofferenza è l’immagine simbolo di Roma città aperta e del Neorealismo, che ha lasciato le tracce dei vincitori e dei vinti nella storia stessa. I traditori non mancano e, Rossellini nel suo film, accosta simbolicamente la figura positiva da eroina di Pina a quella negativa e senza pietà nella sua arroganza di Ingrid spia dei generali nazisti. Intenso e incisivo il volto di Fabrizi, tenace, gelido e impassibile, al limite della tensione, che non cede fino alla fine (“Volevate schiacciare il suo corpo ma non avete ucciso la sua anima”).
Roma città aperta è un film per le nuove generazioni, perché riporta indietro nel tempo raccontando cosa è stata la seconda guerra mondiale. Gli occhi di Don Pietro parlano di un mondo che sta per finire, che lui vede allontanarsi sempre più, mentre si toglie il cappello, recita il padre nostro ad alta voce e prima di essere fucilato pronuncia le sue ultime parole: “Dio, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Questo film racconta e lascia raccontare senza retorica, l’orrore che uomini, donne e bambini innocenti hanno subito nel corpo e nell’anima. Un orrore che resta nei ricordi anche quando il tempo passa come un’istantanea, uno squarcio di cielo che si apre al futuro delle nuove generazioni.
Che vuol dire essere “normali”? È la domanda che ha ispirato la pellicola diretta da Roberto Faenza, presentata fuori concorso al Festival del Cinema di Roma: Un giorno questo dolore ti sarà utile. Tratto dall’omonimo romanzo di Peter Cameron, ieri il film è stato proiettato per la stampa alla Casa del Cinema.
L’inglese Toby Regbo interpreta con disinvoltura James Sveck, 17enne solitario e anti-convenzionale che fatica a relazionarsi con la società newyorkese. Nella sua disperata ricerca di un’identità, non è certo aiutato dagli strambi parenti: la madre Marjorie (il premio Oscar Marcia Hay Garden) dirige una galleria in cui espone improbabili bidoni della spazzatura, collezionando un marito dopo l’altro (ha appena scaricato il numero 3 in luna di miele); il padre Paul (Peter Gallagher) è un vanesio avvocato che esce solo con 25enni e ricorre alle meraviglie della chirurgia estetica, e la sorella maggiore Gillian (la protagonista di True Blood), già pronta a scrivere le sue memorie, ha un rapporto con il passatello prof di semiotica. L’unica persona che si salva è la nonna Nanette (l’intramontabile Ellen Burstyn), che, nel suo rifiuto per le regole e gli standard della buona società, riesce a comprendere lo spaesato nipote.
Indifferente al richiamo della carriera e del successo, senza amici e refrattario all’Università (s’immagina artigiano), James è agli occhi altrui un “disadattato” – per questo i genitori lo spediscono da Rowena (Lucy Liu), “life coach” e terapeuta dai metodi poco ortodossi. Girato nell’arco di 6 settimane con un budget di 8 milioni di dollari, il film conduce una feroce satira nei confronti della upper-class americana, al contempo proponendo uno sguardo asciutto sui meccanismi d’emarginazione di chi ci appare “diverso”. Al centro, il ritratto di un adolescente sensibile, spiritoso, intelligente, colpevole di non volersi omologare a una mentalità e a ritmi quotidiani che gli stanno stretti. Lo sguardo sul mondo degli adulti, privi di speranza nel loro rincorrere stili di vita mainstream, è spietato.
Da segnalare la frecciatina ai luoghi comuni sul concetto di virilità implicita nella scena del pranzo padre-figlio: dopo che James ha ordinato una dietetica insalata, scatta la domanda “Sei gay?”. Ottima anche la sequenza dell’attacco di panico durante il ballo: dal punto di vista recitativo, ma anche per i movimenti della macchina da presa che, ondulatori e confusi, riproducono visivamente lo smarrimento interiore del protagonista. Faenza ci offre un film ironico, fresco, attento ai dettagli narrativi come agli attori di contorno – vedi Aubrey Plaza nei panni di Jeanine, giovane svampita che va a prendere James alla stazione di Limit, o la tornita Brooke Schloesser, irresistibile nel ruolo dell’americana patriottica ed iper-positiva. La voce limpida di Elisa (con Love is requited) affianca l’insicuro girovagare di James per le strade della metropoli.
Gli Sfiorati – Roma, giorni nostri. Mete (Andrea Bosca) è un giovane grafologo che da poco ha perso la madre spentasi dopo una lunga malattia. Il padre, andato via di casa anni prima, è in procinto di sposarsi con una donna spagnola da cui ha avuto una figlia, Belinda (Miriam Giovanelli). Suo malgrado Mete è invitato alle nozze che avranno luogo da lì a una settimana ed oltre a questo il padre chiede al ragazzo di ospitare nel frattempo l’estroversa sorellastra.
Belinda è una ragazza molto giovane ma incredibilmente sensuale e, a causa di una sorta di depressione, bivacca sul divano di Mete a guardare documentari fumando spinelli tutto il giorno. Mete è involontariamente investito da un’infatuazione che con i giorni assume i contorni di una vera e propria ossessione che lo porta a pensare a Belinda in ogni istante della sua giornata, sebbene egli faccia di tutto per evitarla. Bruno (Claudio Santamaria), suo amico e collega, formula una teoria scientifica e grafologica secondo la quale Belinda appartiene alla categoria degli “sfiorati”.
Gli “sfiorati” sono persone dotate di una sensibilità particolare che vivono più realtà insieme perdendosi spesso in esse e confondendosi in una personalità indeterminata. Anche Mete cadrà vittima in questo stesso limbo dal quale, dopo un’iniziale resistenza, non potrà e non vorrà più uscire.
La Fandango di Domenico Procacci in collaborazione con Rai Cinema presenta questo film diretto da Matteo Rovere e in uscita il prossimo 26 febbraio nelle sale italiane. Gli sfiorati è la trasposizione cinematografica di un romanzo che Sandro Veronesi scrisse negli anni ’80 e che la Fandango Libri ripropone con una nuova ristampa dal 23 febbraio.
Matteo Rovere si ripresenta alla regia con il suo secondo lungometraggio dopo essersi affermato e messosi in luce con una serie di “corti” molto apprezzati dalla critica. La storia affronta quelle emozioni e quelle sensazioni che si presentano a noi in ogni momento della nostra vita; buona parte di esse noi le sfioriamo appena lasciandole cadere, perdere nel tempo sino a ridurle a semplici e vaghi ricordi, aliti di vento. Ma qualche volta queste emozioni, questi fremiti, che possono svilupparsi in vere e proprie ossessioni, vanno affrontate, vissute e non solo “sfiorate”, a scapito delle relative conseguenze.
Questo è quello che
Mete ha il coraggio e l’incoscienza di fare, smettere di evitare la
vita, di sfiorarla appena; egli decide di viverla sino in fondo pur
temendone terrorizzato gli imprevedibili risvolti. L’ossessione per
la sorellastra è sempre più forte e incontrollabile e cercare di
vivere passandole accanto risulterà per lui impossibile.
Gli sfiorati è un film diretto con garbo e senza particolari eccessi dal giovane regista che ambienta la storia in una Roma un po’ ovattata e distante dalla realtà ma comunque bellissima. La trama si perde un po’ con il passare dei minuti dove ad un certo punto lo spettatore si chiede dove il film voglia condurlo forse anche un po’ annoiato dal volto inebetito del giovane protagonista che domina tutte le sequenze con fare svanito. La giovane Miriam Giovanelli è bella e provocante come la parte richiede, Santamaria convincente nei panni di un giovane padre con mille problemi da affrontare e che cerca di riportare il protagonista alla realtà.
Da segnalare la partecipazione di Asia Argento perfetta nell’interpretare una patetica ultratrentenne che dietro ad un’apparenza di successo e gratificazioni professionali nasconde una realtà di tristezza e solitudine; alla lunga, forse, il personaggio più convincente.
La sensazione è che il film non valga il romanzo o forse che il romanzo non presenti un soggetto adatto ad un film poichè in esso la storia smarrisce consistenza e non focalizza l’attenzione dello spettatore dove, desumiamo, Veronesi ha voluto condurre i suoi lettori.
La suggestiva ed elegante cornice della
Terrazza Martini in p.zza Diaz a Milano, da cui vetrate lo sguardo
domina su tutta la città, è la location designata per l’incontro
tra la stampa e i protagonisti del nuovo film Fandango Gli Sfiorati
di Matteo Rovere. Il regista e i due giovani protagonisti Andrea
Bosca e Miriam Giovanelli sono accompagnati da Domenico Procacci in
persona e dall’autore del romanzo da cui la storia ha preso
ispirazione, Sandro Veronesi.
Sembra che la scrittrice J. K. Rowling che ha scritto la saga di Harry Potter, che si è conclusa con l’ultimo capitolo dal titolo Harry Potter e i Doni della morte stia lavorando ad un nuovo romanzo, un libro diverso e dedicato al pubblico adulto. A diffondere la notizie ci ha pesato la Blair Partnership, la nuova agenzia letterari della scrittrice con un annuncio ufficiale sul sito internet e con una nota della stessa Rowling:
Sebbene abbia ugualmente adorato scriverlo, il mio prossimo libro sarà molto diverso dalla serie dei romanzi di Harry Potter.
Al momento non si sa alcun dettaglio ne su trama, ne su genere e neanche l’uscita del romanzo. Tuttavia sembra che nelle prossime settimane si saprà di più sul misterioso nuovo capitolo per la scrittrice.
Il prossimo 24 agosto uscirà in Italia, “La leggenda del cacciatore di vampiri in 3D”, il nuovo film di Timur Bekmambetov, con Mary E. Winstead, Dominic Cooper e Benjamin Walker, prodotto da Tim Burton.