Il tocco del male: la spiegazione del finale del film

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Negli anni Novanta il thriller ha conosciuto nuova fama e nuove vette artistiche grazie a film che ne hanno ridefinito i canoni. Titoli come Seven, Copycat, Il collezionista di ossa, Il fuggitivo, L’avvocato del diavolo e Il rapporto Pelican sono solo alcuni esempi delle tante declinazioni che questo genere ha assunto nel tempo. Nel 1998 è però arrivato al cinema un titolo diverso dai soliti, che mescola il thriller poliziesco ad elementi horror di natura soprannaturale. Si tratta di Il tocco del male, diretto da Gregory Hoblit (Schegge di paura, Il caso Thomas Crawford) e scritto da Nicholas Kazan (Via dall’incubo).

Questo film, troppo spesso dimenticato rispetto agli altri titoli citati, negli ultimi anni si è guadagnato una sorta di culto, in particolare per il suo offrire un punto di vista diverso sul male e il suo ruolo. Il film segue il detective di Filadelfia John Hobbes (Denzel Washington), un uomo che, dopo aver messo in galera il serial killer Edgar Reese (Elias Koteas), inizia a indagare su una serie di omicidi imitativi. Tuttavia, questi nuovi crimini di tipo occulto non sono affatto compiuti da un emulatore, bensì dalla stessa entità che ha usato Edgar Reese per commettere gli omicidi originali, un demone noto come Azazel.

Il tocco del male si distingue come una delle più interessanti rappresentazioni della possessione demoniaca mai realizzate su pellicola (senza contare che riesce a essere un avvincente thriller poliziesco). La presenza di Azazel è terrificante, sebbene al film non serva includere scene di esorcismo o altri orrori tipici dei film di questo genere, a partire da L’esorcista. Questo lungometraggiio si lascia alle spalle quasi tutti i più diffusi tropi demoniaci, optando invece per un assassino con una personalità incredibilmente distinta, più simile a un demone che si potreste vedere in Supernatural piuttosto che in The Conjuring.

Denzel Washington e John Goodman in Il tocco del male

 

La spiegazione del finale di Il tocco del male

Sebbene Azazel sia interpretato da diversi attori, i suoi movimenti, i suoi manierismi e i suoi modi di parlare si notano meglio quando Elias Koteas o John Goodman sono i suoi rappresentanti in terra. Sebbene Azazel possieda ancora alcuni specifici manierismi demoniaci, come il parlare in lingue straniere, si sente stranamente umano. Deformato, scombinato e chiaramente psicotico, ma comunque umano. Secondo la tradizione del film, un tempo i demoni erano angeli, la gloriosa schiera di Dio destinata a portare la bontà e la luce nel mondo. Ma quando alcuni di loro hanno seguito Satana nella ribellione, sono stati condannati a vagare sulla Terra per l’eternità.

Proprio come vediamo in alcuni dei più interessanti film neo-noir, tutte le creature buone possono essere tentate dal male. Gli eventi del film stesso ci ricordano che anche le persone buone possono diventare cattive, che anche i santi più impressionanti possono “cadere dalla grazia” se ne hanno l’opportunità. Hobbes si distingue però dal resto della sua forza di polizia e persino dal resto della città, attenendosi a uno standard di vita più elevato che lo tiene lontano dai peccati del mondo, senza giudicare gli altri per i loro vizi. Mentre Azazel non ha problemi a impadronirsi dei corpi di chiunque si trovi sul suo cammino, Hobbes si rivela l’unico ostacolo del demone, e questo lo fa impazzire.

Il piano del demone per fare di Hobbes il suo capro espiatorio non nasce dalla rabbia o dalla vendetta per aver fatto fuori il suo precedente ospite Edgar Reese, ma piuttosto dal suo desiderio distorto di tentare le anime degli uomini, proprio come un tempo. Come in ogni grande thriller poliziesco, il nostro eroe è costretto a fare una scelta: continuare a essere un uomo buono o soccombere all’oscurità. A differenza del suo demoniaco avversario, il detective Hobbes sceglie la prima, salvando la vita del giovane nipote e della professoressa di teologia Gretta Milano (Embeth Davidtz) sacrificando la propria. Il suo eroico atto di altruismo salva la sua anima dalla corruzione, anche se in realtà non porta Azazel con sé.

Il tocco del male

A differenza della maggior parte dei thriller polizieschi, Il tocco del male è narrato dal suo antagonista piuttosto che dal nostro eroe, anche se non lo sappiamo fino alla fine. Le parole di Azazel ci preparano per il finale, ci preparano al climax finale di Hobbes e alla sorta di vittoria del demone. Questo è davvero significativo, perché l’assassino sta incastrando la narrazione in modo che corrisponda alle sue esigenze, ai suoi desideri, alle sue voglie e soprattutto alle sue paure. Quando si rivede il film dopo questa spaventosa rivelazione, c’è una nuova profondità nelle parole di Washington mentre Hobbes e Azazel si fanno strada nelle loro rispettive vite.

In realtà, questo aggiunge un significato completamente nuovo all’espressione “colpo di scena finale”. Ma la parte spaventosa di questa rivelazione è che difficilmente riusciamo a distinguere chi sta parlando. Avrebbe potuto facilmente essere Hobbes o Azazel per tutto il tempo o una sorta di combinazione dei due, e in ogni caso non avrebbe cambiato il film (a parte il finale). Questo gioco intelligente sul tropo spesso abusato del “non siamo così diversi, io e te” fa sì che Il tocco del male si distingua in un mare di film polizieschi che confondono i confini tra bene e male.

Naturalmente, questo film rende entrambe le parti abbondantemente chiare, con una seria divisione nel mezzo, ma ci ricorda che è facile mescolarle se spinte abbastanza vicino al limite. Anche nei suoi ultimi momenti eroici, sacrificandosi per cercare di uccidere Azazel, Hobbes uccide il suo partner Jonesy (Goodman), dopo che il demone ha ingannato il detective per fargli uccidere una maestra innocente. Non solo gli eventi del film sono raccontati attraverso il punto di vista dell’assassino, ma le immagini stesse spesso lo riflettono vividamente. L’aspetto stesso del film cambia infatti ogni volta che si entra nella prospettiva del demone.

Questa “visione demoniaca” è stata ottenuta grazie a un supporto cinematografico chiamato Ektachrome, a una frequenza di fotogrammi diversa e a esposizioni multiple che hanno creato lo sporadico effetto giallastro. Questo crea un’atmosfera inquietante ma efficace, che pone completamente in allarme mentre si guarda il detective Hobbes lavorare disperatamente per risolvere questa occulta serie di omicidi. È quindi particolarmente spaventoso alla fine del film, quando il demone affronta il nostro eroe nel bosco. Qui Hobbes muore nel tentativo di uccidere Azazel, credendo di aver finalmente vinto e di aver liberato il mondo da questo male primordiale.

Denzel Washington e Embeth Davidtz in Il tocco del male

Privando il demone di un altro ospite corporeo, il suo spirito dovrebbe dissiparsi nel nulla eterno. Ma, anche se solo il pubblico e Azazel lo sanno, un gatto appare per salvare il demone indebolito dalla morte, ricordandoci che questa storia non è sulla fine del male, ma su come è “quasi” morto. Questo rende Il tocco del male quasi più simile a un film dell’orrore che a un normale thriller poliziesco, in cui il mostro “muore” solo per tornare improvvisamente a infestare il mondo. Il film, infatti, suggerisce che non si può uccidere il male.

Esso esisterà sempre, per quanto si cerchi di soffocarlo o ignorarlo. A differenza di un essere umano, come Hobbes, la cui vita avrà una fine naturale, Azazel rappresenta l’apparente immortalità del male, o almeno la sua longevità. Il messaggio del demone a Hobbes, la parola “Apocalisse”, che deriva dal termine greco che significa “rivelazione”, sembra implicare che il demone e i suoi fratelli caduti continueranno a devastare il mondo finché potranno. Sebbene il film sostenga che Dio e i suoi angeli un giorno sconfiggeranno il male a fin di bene, il dato di fatto è che il male esiste ancora e che, anche se per un certo periodo di tempo può starsene quieto, non andrà da nessuna parte.

Anche se il finale di Il tocco del male può sembrare cupo, non è però completamente privo di speranza. All’inizio del film, Gretta Milano dice che lei e un gruppo di altri credono di essere stati scelti per combattere il male, per opporsi all’oscurità. Crede persino che Hobbes, prima della sua morte, fosse una di queste persone. Dal momento che Milano e il nipote di Hobbes, Sam (Michael J. Pagan), ne sono usciti vivi, rimane la speranza finale che, sebbene Azazel abbia vinto la battaglia, non vincerà la guerra. Sebbene il male possa riemergere ogni giorno, il film ricorda che tutti noi abbiamo la possibilità di scegliere se cedere alla sua voce seducente o rifiutarla completamente, aggrappandoci piuttosto alla bontà e alla verità.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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