Johnny Depp, 60 anni di personaggi stravaganti e storie iconiche

Per il suo sessantesimo compleanno, ripercorriamo i personaggi più iconici dell'attore, quelli che hanno segnato, più degli altri, il suo percorso

Una bussola che punta verso ciò che più si desidera. Due forbici al posto delle mani, che potano alberi e acconciano capelli. Un cappello a cilindro, chiave di una follia palese. Una fabbrica di cioccolato. Prima ancora di pensare ai personaggi iconici appartenenti a film diventati cult, quando sentiamo i loro nomi, pensiamo all’attore che li ha interpretati: Johnny Depp. Poliedrico, enigmatico, ribelle e con una forza centripeta che fa convergere sempre tutto verso di lui prima ancora che sulla storia, l’attore di Owensboro, che in tre decenni ci ha regalato personaggi memorabili, spegne oggi sessanta candeline.

Fra i divi di Hollywood più magnetici ma anche problematici, Johnny Depp si porta in spalla una carriera costellata di grandi successi (tralasciando qualche battuta d’arresto negli ultimi anni), guadagnandosi un posto in prima fila fra le stelle maggiormente volute dalle produzioni cinematografiche. Il merito del suo successo, però, non va ricondotto solamente al suo carattere indecifrabile e al suo essere un sex symbol, che ha suscitato (ovviamente!) l’interesse in tutti, ma alla sua capacità di entrare dentro i panni di personaggi molto diversi fra loro con estrema facilità non risultando mai stonato o fuori posto.

A questi Johnny Depp ha dato parte di sé, costruendo come un puzzle dei caratteri che quasi sembrano rappresentarlo. E allora, per i suoi sessant’anni, gli rendiamo omaggio tracciando una linea dei suoi personaggi più emblematici, quelli che ne portano le sue diverse sfumature e a cui l’attore si è sentito maggiormente legato e, in alcuni casi, riflesso.

3Edward mani di forbice, il suo primo vero personaggio

 

Prima di diventare Edward mani di forbice, Johnny Depp lavorava ad una serie televisiva in Canada, per la quale non provava particolare entusiasmo. Per contratto era obbligato a fare sempre le stesse cose, ma l’alternativa a quell’impiego era rimanere al verde e beccarsi una denuncia per aver strappato il contratto con la produzione. Il periodo precedente il film con Tim Burton era uno di quelli critici per Depp, tanto che quando gli si presentò il copione del film e lesse la storia, scoppiò a piangere. Edward era il primo, vero, personaggio che l’attore sentiva suo senza neppure averlo ancora messo in scena. E alla fine si è rivelato essere una parte di lui, uno specchio in cui riflettersi.

Nel racconto di Burton, Edward è l’opera rimasta incompleta di uno scienziato. Una creazione alla mostro di Frankestain, il cui risultato è un uomo al cui posto delle mani si ritrova forbici gigantesche. Quando entra in contatto con la società americana, qui dal regista stereotipata all’ennesima potenza, Edward deve guadagnarsi la fiducia degli altri, farsi valere, dare modo al suo prossimo di non avere timore, per quanto poi sia respinto. Edward è un incompreso, ma anche un fuoriclasse. Uno di quelli che non si può capire fino in fondo e che è vittima di pregiudizi, incarcerato nell’etichetta. Questa descrizione racconta un po’, ad oggi, quello che Johnny Depp ha passato di recente con il “sistema-Hollywood” che non ci ha pensato due volte a condannarlo a una damnation memoriae preventiva, all’indomani delle accuse dell’ex moglie Amber Heard: fuori dalla saga di Animali fantastici (Warner Bros) e da quella di Pirati dei Caraibi (Disney), senza nemmeno aspettare la conclusione del processo che ha visto gli ex coniugi coinvolti.

Ma tornando a quel tempo, Depp si sentiva come Edward. Era Edward. Non era soddisfatto, cercava di farsi conoscere, era – e tutt’ora è – enigmatico, stravagante, un po’ chiuso. E si sentiva perso. Ma soprattutto, Edward gli ricordava la sua infanzia, come dice lo stesso attore: “Anch’io mi ero sentito strano e ottuso mentre diventavo grande. Rimasi colpito da quella storia che divenne per me un’ossessione. Come avrei potuto convincerlo che Edward ero io?”, e quando Depp ottenne il ruolo, quello che pensò fu: “quel ruolo non era soltanto una svolta nella mia carriera, era un pezzo di libertà. Libertà di crescere, sperimentare, imparare ed esorcizzare quello che avevo dentro.”

Articolo precedenteSpider-Man: Across the Spider-Verse: chi è Spider-Punk?
Articolo successivoInfiltrati alla Casa Bianca – White House Plumbers, la recensione della serie HBO
Valeria Maiolino
Classe 1996. Laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza, con una tesi su Judy Garland e il cinema classico americano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della critica cinematografica collaborando per il webzine DassCinemag, dopo aver seguito un laboratorio inerente. Successivamente comincia a collaborare con Edipress Srl, occupandosi della stesura di articoli e news per Auto.it, InMoto.it, Corriere dello Sport e Tutto Sport. Approda poi su Cinefilos.it per continuare la sua carriera nel mondo del cinema e del giornalismo, dove attualmente ricopre il ruolo di redattrice. Nel 2021 pubblica il suo primo libro con la Casa Editrice Albatros Il Filo intitolato “Quello che mi lasci di te” e l’anno dopo esce il suo secondo romanzo con la Casa Editrice Another Coffee Stories, “Al di là del mare”. Il cinema è la sua unica via di fuga quando ha bisogno di evadere dalla realtà. Scriverne è una terapia, oltre che un’immensa passione. Se potesse essere un film? Direbbe Sin City di Frank Miller e Robert Rodriguez.