Novità per All You Need Is
Kill, sci-fi diretto da Doug Liman, protagonista
Tom Cruise: Bill Paxton è
recentemente entrato in trattative per partecipare al film. Il
regista di Jumper avvierà le riprese dell’adattamento del romanzo
di Hiroshi Sakurazaka il prossimo mese nel Regno Unito. La trama
seguirà le vicende di un soldato coinvolto in una guerra contro
un’invasione aliena venire ucciso e tornare in vita, ripetendo
all’infinito la giornata della propria morte, imparando ogni volta
qualcosa di nuovo per poter forse riuscire a mutare il suo destino.
Nel cast anche Emily Blunt e Charlotte Riley, mentre per Paxton
sarebbe pronto il classico ruolo del ‘sergente tutto d’un pezzo’
visto tante volte nei film USA a sfondo bellico.
Agenda affollata per Peter Berg:
l’attore e regista (Hancock, Battleship), visto in Leoni per
Agnelli e Smokin Aces tra gli altri, sarà prossimamente in Lone
Survivor insieme a Taylor Kitsch, Eric Bana, Emile Hirsch e Ben
Foster. A fianco dell’attività sul grande schermo, Berg rilancia
quella per la tv: così, dopo aver sceneggiato Friday Night Lives,
eccolo prossimo protagonista della serie di spionaggio M.I.C.E.,
che verrà trasmessa dalla NBC.
Al centro della storia originale un
pilota decorato dell’Areonautica israeliana che scopre che i suoi
genitori, ebrei russi emigrati, sono delle spie: quando questi
subiranno pressioni per far entrare anche il figlio nella loro
attività segreta, quest’ultimo si troverà costretto a decidere se
essere fedele alla famiglia o alla propria Naizone. L’acronimo
M.I.C.E. del titolo sta per Money, Ideology, Coercion and Ego. La
versione americana porterà il tutto negli Stati Uniti, mantenendo
però il coinvolgimento della Russia, partendo dal fatto che i
rapporti con gli U.S.A. attualmente non sono dei migliori.
Dopo essere stato presentato al
Festival
di Cannes nel 2012, arriva anche nelle sale italiane il
documentario sulla vita di una delle leggende viventi del cinema
americano: Woody Allen. Lungo la bellezza di 113 minuti
Woody è diretto da Robert Weide
ed è nato dal successo televisivo targato PBS e
dalla serie intitolata American Masters, dedicato proprio al
prolifico regista newyorkese. Forte del successo ottenuto in
televisione, Weide lavora su una versione cinematografica e il
risultato è Woody Allen: A Documentary, uno straordinario
viaggio nella vita dell’uomo Woody prima che del maestro.
Uno dei maggiori pregi del
documentario è certamente la capacità del racconto, molto
suggestivo ed evocativo, che consente allo spettatore un accesso
senza precedenti nella vita e soprattutto al processo creativo del
regista newyorkese, riuscendo a tirar fuori un affresco incredibile
che inizia dall’infanzia e finisce ai giorni nostri. In questo
excursus troviamo gli inizi sulla carta stampata, i primi
passi da cabarettista sui palcoscenici, per poi passare alla stella
della tv, fino ad arrivare agli esordi del mondo del cinema, dove
Allen trova la sua massima ispirazione. Da lì in avanti la storia
si concentra sul regista, attore, sceneggiatore e quindi vengono
raccontati con grande lucidità e anche sincero distacco il
virtuosismo di Allen che varia tra i genere, i successi, gli
insuccessi, le delusioni, le muse, gli Oscar e i film più
recenti.
Una storia fatta di acclamazione ma
anche di pesante condanna della vita privata, fatta di
testardaggine e indipendenza dagli Studios, amore per la scrittura
e per la libertà di espressione, che culminano finalmente con il
grande successo ai botteghini di
Midnight in Paris, il film che ha incassato di più
nella storia del regista e che, finalmente, per buona pace
dei critici, lo riporta alla consacrazione che merita.
Infine, molta attenzione è data
anche alla straordinaria peculiarità che contraddistingue Allen da
tutti gli altri registi viventi e non, ovvero la sua straordinaria
prolificità, che lo rende forse unico nel suo genere e ne fa uno
dei massimi filosofi della vita. A questo proposito è interessante
riprendere proprio una testimonianza del documentario, offerta da
un’altra leggenda come Martin
Scorsese, che proprio parlando del regista, rimarca a
più riprese come non esista nessuno nel panorama del cinema passato
e presente che abbia così tanto da dire sulla vita come lui, e
siamo d’accordo tutti che questo basta a conferirgli un aura di
leggenda. Anche per questo il film merita di essere visto e la vita
di Woody Allen merita di essere scoperta.
La conferma, della quale alla luce
di recenti dichiarazioni rilasciate da Joss Whedon
forse non c’era nemmeno bisogno, l’ha data ufficialmente
James
Gunn, che attraverso il proprio profilo Facebook ha
confermato che sarà lui a scrivere e sedere dietro la macchina da
presa per Guardians of The Galaxy, uno dei nuovi
progetti Marvel in cantiere per il grande
schermo.
James Gunn ha
voluto mettere la parola fine alle speculazioni degli ultimi tempi
che avevano sollevato qualche dubbio a riguardo; il regista ha
spiegato di aver volutamente tenuto un basso profilo riguardo il
progetto in precedenza. A queste dichiarazioni sono seguite quelle,
molto più ‘consuete’, riguardo la volontà di dare agli appassionati
qualcosa di bello, maestoso ed unico. L’uscita di Guardians
of The Galaxy, che sposterà l’azione dalla Terra allo
spazio, seguendo le avventure cosmiche di un gruppo di supereroi
provenienti da vari angoli della galassia, è prevista negli Stati
Uniti nell’agosto 2014.
Gli anni ’90 l’anno portato alla
ribalta – con film che vanno da Thelma e Louise a
Fight club – come giovane attore di talento, ma anche come
sex symbol, grazie al fisico da classico bello americano: biondo,
occhi azzurri e mascella volitiva da masticatore di chewing gum,
tutto questo è Brad Pitt (è stato eletto due volte
l’uomo più sexy del mondo dalla rivista People). La prima metà
degli anni 2000 lo hanno visto protagonista delle cronache rosa e
delle riviste di gossip con due storie d’amore tra le più
chiacchierate di sempre con belle colleghe altrettanto lanciate
nello star system (Jennifer Aniston e
Angelina Jolie, ma c’erano già state
Juliette Lewis e Gwyneth
Paltrow).
Tutto ciò ha rafforzato l’immagine
mondana di Brad Pitt, ma ne ha forse messo un po’
in ombra il talento cinematografico, specie in una fase
caratterizzata da qualche pellicola non entusiasmante. In seguito,
con la sua attuale compagna Angelina Jolie, è
riuscito ad imporre ai media una diversa immagine di sé, mettendo
la propria popolarità al servizio di cause umanitarie e incarnando
così agli occhi del pubblico la sintesi perfetta tra favola
romantica, glamour e impegno. E che lo scapestrato giovanotto
sciupa femmine sia maturato, lo confermano le sue mutate scelte
cinematografiche. La sua carriera si è diretta verso film più
impegnati, in cui ha offerto prove d’attore notevoli al fianco di
registi acclamati come Iñárritu, Tarantino e
Malick, che lo hanno consacrato definitivamente
come star di Hollywood.
La febbre del sabato sera
è uno dei suoi film preferiti (perché, dice, rappresenta una
cultura molto diversa dalla sua, “una terra straniera da
esplorare”); ciò che lo affascina di più nella vita è proprio
l’esplorazione, la scoperta, e se non facesse l’attore vorrebbe
fare l’architetto. È molto attaccato alla sua famiglia (sei figli,
di cui tre adottivi, con la compagna Angelina Jolie) ed è un padre
stucchevolmente tenero, quando dice ad una platea di giovani
increduli che il suono che ama di più al mondo è il respiro di suo
figlio che dorme. Insomma, sembra che con gli anni (49 il prossimo
18 dicembre) si stia trasformando in un pacato saggio, mentre
qualche ruga sul suo volto ne aumenta il fascino.
Brad Pitt Biografia
William Bradley
Pitt nasce a Shawnee, cittadina del sud degli Stati Uniti,
poco distante da Oklahoma City, nel 1963 e cresce a Springfield,
nel vicino stato del Missouri. Il padre lavora in una ditta di
trasporti e la madre a scuola. Ha un fratello e una sorella,
entrambi più piccoli. Si iscrive a scuola e poi all’università, ma
a due settimane dalla laurea lascia il college per iniziare a
lavorare. (Ha frequentato anche una scuola di giornalismo).
L’altezza di Brad Pitt non è la
peculiarità migliore ma è comunque alto 1,80 centimetri.
Fin da ragazzino i suoi maggiori
interessi sono lo sport, i film e le ragazze. Ed è facendo uno dei
molti lavori che accetta all’inizio per mantenersi (l’autista di
spogliarelliste) che viene a sapere delle lezioni di recitazione di
Roy London. Saranno per lui fondamentali:
“Sono state la prima cosa che mi ha davvero indirizzato verso
la direzione nella quale volevo andare”. È così infatti che
nell’’87 esordisce sul grande schermo in Senza via di
scampo di Roger Donaldson e prosegue con
altri piccoli ruoli. Ma in quegli anni lavora molto soprattutto in
tv, partecipando a numerosi serial tra cui 21 Jump Street
e Genitori in blue jeans. Nel ’90 partecipa a Vite
dannate e così conosce Juliette Lewis, che
diventa la sua compagna.
Brad Pitt Filmografia
Siamo nel 1991 quando fa una breve
apparizione in Thelma e Louise di Ridley Scott, dove interpreta il giovane J.
D.: simpatica canaglia a cui le due donne danno un passaggio;
ladro, ma così sexy da risultare irresistibile per
Thelma/Geena Davis. Non c’è dubbio che il ruolo
del giovane seduttore gli si confaccia e quella prova non può che
imporlo all’attenzione di pubblico e addetti ai lavori, facendolo
diventare il nuovo idolo delle teenager degli anni ’90. Lo stesso
anno ottiene il suo primo ruolo da protagonista nella pellicola di
Tom DiCilloJohnny Suede, in cui il suo
personaggio tenta di sfondare nel mondo della musica, coadiuvato da
una stravagante acconciatura. Nel ’92, invece, Pitt sarà diretto da
Robert Redford per In mezzo scorre il
fiume. Viaggio alle radici dell’America attraverso la storia
di una tradizionale famiglia americana degli anni ‘10-’20 del
secolo scorso, raccontata con lirismo romantico alla Redford e un
tuffo nella natura, soprattutto nelle acque del Montana. Neanche a
dirlo, nella famiglia Maclean, capitanata dal papà e reverendo Tom
Skerritt, Brad Pitt interpreta il figlio più
scapestrato, all’opposto dell’assennato fratello
Norman/Craig Sheffer.
Dal ’94 al ’96 l’attore
dell’Oklahoma inanella una serie di successi che ne consolidano la
fama e ottiene i primi riconoscimenti, oltre a stringere
collaborazioni illustri. Alla fine degli anni ’90 sarà ormai chiaro
che non si tratta solo di un bel “bamboccio” senza spessore, ma di
un professionista dalle ottime capacità.
Questo risultato Pitt
lo ottiene accettando ruoli eterogenei. Quello dell’apprendista
vampiro Louis, dal cuore troppo tenero per accettare la sua
sanguinaria natura, in Intervista col vampiro (’94) di
Neil Jordan, interessante rilettura
sensual-estetica di queste macabre figure, in cui però l’astro
nascente Pitt deve vedersela con un Tom Cruise che
non può non affascinare nel ruolo del maestro di Louis, Lestat, suo
contrario poiché cinico, crudele e senza scrupoli.
L’interpretazione di Brad non è molto apprezzata dalla critica, ma
resta nel cuore del pubblico più giovane, che lo omaggia con
l’MTV Movie Award per la miglior performance maschile e
come miglior attore più attraente (ma Cruise e Pitt rimediano anche
un Razzie Award come peggior coppia cinematografica dai loro
detrattori). Lasciato il mondo dei vampiri, Pitt è tra i
protagonisti di una saga familiare che affonda le radici negli Usa:
Vento di passioni (’94) di Edward Zwick,
in cui interpreta Tristan, il più ribelle e tormentato dei tre
fratelli Ludlow – assieme ad Aidan Quinn/Alfred e
Henry Thomas/Samuel – rivali in amore, che vivono
la dolorosa esperienza di una guerra mondiale (uno di loro morirà),
e i cui destini restano indissolubilmente intrecciati. Qui Pitt
convince, coadiuvato da uno script che fonde dramma, romanticismo e
passionalità. Così arriva anche la prima candidatura ai Golden
Globe.
Il 1995 è l’anno
dell’incontro con il regista David Fincher, che lo
vuole per Seven:
l’intesa con Brad Pitt è immediata. Parlandone,
l’attore ha ricordato: “Parlavamo la stessa lingua, ci
piacevano gli stessi film” e a proposito del personaggio di
David Mills, che del poliziesco è protagonista accanto a William
Somerset/Morgan Freeman, “è un personaggio che
vede il mondo in bianco e nero, con buoni e cattivi e paga per
questo”. I due detective, aspetto e temperamento opposti, a
fare squadra per necessità, sono alle prese con un serial killer
colto e moralista che uccide punendo le sue vittime con il
contrappasso per aver commesso i sette peccati capitali.
Seven
è estremamente coinvolgente e singolare è la scelta di non mostrare
mai il momento in cui le vittime vengono uccise, ma solo il macabro
risultato.
Inoltre, il regista approfondisce i
caratteri dei due investigatori, che inizialmente potevano apparire
stereotipati. Nel cast anche Kevin Spacey,
efficacissimo nel ruolo dell’assassino. La pellicola conferma le
doti attoriali di Brad Pitt e diviene
presto un cult. La collaborazione tra Brad
Pitt e David Fincher è talmente riuscita
che si ripeterà altre due volte, con due successi. Una chiuderà gli
anni ’90 e ne uscirà un altro cult, Fight club
(1999), mentre l’altra sarà nel 2008 per Il curioso caso di
Benjamin Button.
Intanto, il nostro attore guadagna
il Golden Globe per la sua interpretazione di un pazzo ne
L’esercito delle 12 scimmie, creatura del genio di
Terry Gilliam. Un criminale (James
Cole/Bruce Willis) è in viaggio nel tempo per
salvare l’umanità da un virus letale. Il viaggio assume presto i
contorni dell’incubo, mentre lungo il cammino il protagonista
incontra improbabili compagni come appunto lo schizzato Jeffrey
Goines/Brad Pitt, per il cui ruolo l’attore si
prepara studiando da vicino i degenti di un reparto
psichiatrico. Il risultato è una performance di indubbia efficacia
e aderenza, che gli vale il premio come miglior attore non
protagonista, oltre che una nomination all’Oscar.
L’anno successivo a dirigerlo è
Berry Levinson nel drammatico Sleepers,
con cast pieno di star tra cui Robert De Niro,
Dustin Hoffman e Vittorio Gassman. Sempre
di giovani con infanzia-giovinezza traumatica si parla, come spesso
nel cinema di Levinson. Il tema è forte ed è quello degli abusi
sessuali subiti in riformatorio da parte di un gruppo di ragazzini
americani che, da adulti, cercano vendetta. Anche qui, la critica
non è entusiasta, ma il pubblico apprezza, e la fama di Brad
cresce. Lo vediamo poi alle prese con un’avventura umana e
d’esplorazione come quella di Sette anni in Tibet, dove si
allontana dalla natia America per interpretare l’alpinista
austriaco Heinrich Harrer, nel viaggio che dal ’38 agli anni ‘50
del secolo scorso lo portò da seguace del nazismo a sostenitore
della causa tibetana.
Il decennio si chiude con
Fight Club, dramma che vede Fincher
e Brad Pitt ancora insieme ad indagare gli
abissi della mente umana, ma anche a puntare il dito contro una
società dei consumi che ci ha illuso di un presunto benessere,
lasciandoci vuoti e alienati, senza prospettive. Lo spettatore è
posto di fronte a ciò che spesso accade, dove impera questo vuoto:
si dà sfogo ai più bassi istinti umani, come la violenza, per
sentirsi vivi e cercare una via d’uscita, in una deriva sempre più
pericolosa. C’è chi la definisce un’operazione furba ma
accattivante, che mescola analisi psicologica e critica sociale per
attrarre il pubblico, e chi ne loda invece lucidità e onestà,
nonché il meccanismo narrativo perfettamente orchestrato. Sulle
capacità e l’estrema efficacia dei due protagonisti nei rispettivi
ruoli però pochi hanno dubbi: Brad Pitt e Edward Norton la fanno da padroni, col primo
forte, coraggioso e violento, a trascinare l’altro – schivo e
inquadrato – verso l’abisso.
Nel frattempo, Brad è al centro
delle cronache rosa per la sua storia d’amore con l’attrice
Jennifer Aniston. I due si sposano nel 2000 e
decidono anche di aprire una casa di produzione cinematografica: la
Plan B Entertainment. Il nuovo millennio da attore, invece, si apre
con il fortunato Ocean’s Eleven – Fate il vostro
gioco di Steven Soderbergh, che riunisce
le star più glamour di Hollywood in un film d’azione su
un’organizzatissima banda di rapinatori che mette a segno un
memorabile colpo ai danni del ricchissimo e crudele di turno. Basta
dire che del cast è protagonista George
Clooney/Danny Ocean ed ha accanto Julia Roberts,
Brad Pitt, Matt Damon e Andy Garcia.
Grande successo di pubblico per un film diretto abilmente da un
premio Oscar e che mette in campo risorse con le quali è difficile
sbagliare. Grande operazione commerciale, seguita dai meno riusciti
ma proficui Ocean’s Twelve (2004) e
Ocean’s Thirteen (2007), sempre diretti da
Soderbergh. Tra Brad Pitt e George
Clooney nasce una vera amicizia. Nel 2004 il nostro attore
è Achille nel kolossal Troy di Wolfgang
Petersen, che rilegge in salsa americana l’intera epopea
dell’Iliade, cui è liberamente ispirato.
È probabilmente sul set di Mr e Mrs Smith di Doug Liman,
dove interpretano una coppia legata da amore-odio e spionaggio, che
scatta la scintilla tra Brad Pitt e
Angelina Jolie, con conseguente crisi del
matrimonio di lui, che nel 2005 divorzia dalla Aniston con gran
clamore da parte dei tabloid. Jolie conferma in maniera
inequivocabile la relazione solo nel 2006, annunciando la prossima
nascita della loro figlia. Seguiranno due gemelli nel 2008 (a cui
sono da aggiungere tre adozioni, due delle quali precedenti la
relazione, ma che Brad Pitt riconoscerà a
tutti gli effetti).
Intanto, sul fronte
cinematografico, il 2006 vede un’altra collaborazione illustre per
Pitt, con uno dei registi più innovativi degli ultimi anni: quella
con Alejandro Gonzáles Iñárritu, che lo sceglie
per l’ultimo lavoro della sua trilogia del dolore – dopo
Amores perros e 21 grammi –
Babel. Coadiuvato ancora dal fido e ottimo sceneggiatore
Guillermo Arriaga, Iñárritu ci coinvolge in un
intreccio di storie umane ad alto tasso di emotività, dove l’uomo
ha a che fare con legami forti, ma anche con grandi e indicibili
dolori, confrontandosi coi mali del nostro tempo a diverse
latitudini. Un caos che In realtà è un meccanismo perfettamente
studiato, in grado di catturare lo spettatore facendo leva
sull’inevitabile empatia, e che trova alla fine la sua
ricomposizione. In tutto ciò all’attore di Shawnee è affidata la
parte di un padre che subisce la perdita di un figlio. Il suo
matrimonio entra in crisi e, per cercare di ricominciare, parte con
la moglie per un viaggio. Qui, le circostanze disperate e l’estrema
sofferenza che affronteranno sarà occasione di sincero confronto e
riconciliazione.
L’interpretazione
di Brad Pitt, in coppia con l’altrettanto
brava
Cate Blanchett, è sentita e efficace. Per lui
una nomination al Golden Globe, che però non
ottiene. Ma il progetto è senz’altro vincente: il regista si
aggiudica la Palma d’Oro a Cannes, la pellicola guadagna il David
di Donatello e il Golden Globe, la colonna sonora è premiata con
l’Oscar.
Questo è un periodo di
scelte molto azzeccate per l’attore, che veste anche i panni del
celebre bandito Jesse James
inL’assassinio di Jesse
James per mano del codardo Robert Ford.
Così, riceve ottimi riscontri non solo da parte di un pubblico
ormai fedele, ma anche dalla critica e si aggiudica la Coppa Volpi
a Venezia come miglior attore. Afferma di essersi documentato molto
per preparare il ruolo e di averne ricavato l’immagine di un uomo
tormentato, che si è impegnato a restituire nel film.
Nel 2008, il ritorno a lavoro sotto
la direzione di David Fincher porta nella
carriera del divo Pitt un nuovo successo, che anche stavolta mette
d’accordo critica e pubblico. Le trasformazioni a cui si sottopone
e il ruolo complesso di un uomo la cui vita procede temporalmente
al contrario, al centro di Il curioso caso di Benjamin Button, gli
valgono la nomination all’Oscar e al Golden Globe, che però gli
sfuggono. Ad ogni modo, è ormai una delle star più richieste e
acclamate, avendo dato prova in circa vent’anni di carriera, di
sapersi adattare e dare corpo in maniera convincente ai ruoli più
diversi. Lo dimostra ancora una volta immedesimandosi egregiamente
nel ruolo del bastardo per Quentin Tarantino e
contribuendo, assieme ai colleghi – Christoph Walts,
Eli Roth, Michael Fassbender, Mélanie Laurent tra i
principali – allo straordinario successo di Bastardi senza
gloria, ovvero la guerra, i nazisti, gli americani visti con
originalità e ironia dall’occhio del regista.
Lo scorso anno, poi, lo abbiamo
visto nella visione del mondo targata Terrence
Malick, ovvero in The tree of life, nella parte di un padre
severo e autoritario. Dell’uomo Malick, Pitt dice che sia molto
amabile, “è così piacevole parlare con lui”, del regista
nota come abbia lasciato agli attori degli spazi d’improvvisazione,
mentre del proprio personaggio: “è un padre che lotta contro
qualcosa più grande di lui e cerca di preparare i figli a questo
tipo di difficoltà”. La sua è un’ottima performance, accanto a
quella del collega Sean Penn. Il film ottiene
svariati riconoscimenti, tra cui la Palma d’Oro a Cannes.
Anche lavorare con Bennet
Miller per L’arte di vincere gli ha dato molte
soddisfazioni. Il manager della squadra di baseball da lui
interpretato ha guadagnato tre nomination (Oscar, Golden Globe e
BAFTA), dovendosi però accontentare del NYFCCA, premio della
critica newyorkese, come miglior attore.
Dal 19 ottobre sarà invece nelle
sale italiane, nei panni del killer, con
Cogan – Killing Them Softly, che lo vede tornare a
lavorare col regista Andrew Dominik dopo il
successo de L’assassinio di Jesse James.
La vicenda di Jeff Buckley, forse
la più grande voce della musica americana a degli anni ’90 (e
non solo), scomparso per annegamento in circostanze mai del tutto
chiarite (resterà per sempre il dubbio se si sia trattato di un
malore o di un suicidio) è al centro di vari progetti
cinematografici: ad arrivare per primo sugli schermi dovrebbe
essere quello diretto da Daniel Algrant e da lui scritto, assieme a
David Brendel ed Emma Sheanshang, presentato al
recente Toronto Film Festival.
Il film s’intitola Greetings from
Tim Buckley, con riferimento al padra di Jeff, altro gigante della
canzone americana negli anni ’70, anch’egli morto giovanissimo per
overdose. Un padre dal quale Jeff ereditò la grandissima voce e
forse il talento, ma che non riuscà mai a conoscere veramente e la
cui ombra aleggiò sulla breve vita del figlio per tutta la sua
durata. Il film prende le mosse da un concerto-tributo a Tim cui
Jeff, nonostante tutto, partecipò: un’esperienza dalla quale uscì
profondamente cambiato. Jeff è interpretato da Penn Badgley (Gossip
Girl); Imogen Poots sarà invece il suo amore Allie. Il film non ha
ancora una data di uscita, ma i buoni riscontri ottenuti a Toronto
potrebbero accelerarla. Nel frattempo, procede la lavorazione del
biopic ufficiale, ancora alle batture iniziali: la regia
sembrerebbe essere stata definitivamente assegnata ad Amy Berg
(West Of Memphis).
About Face – Dietro il Volto di una
Top Model – Che cosa si cela dietro ai volti impassibili delle
modelle in passerella? Quali vite scorrono dentro i corpi scultorei
che tutte (o quasi) le comuni mortali invidiano? Quali pensieri,
speranze e paure vorticano nelle teste di chi si è sempre
guadagnato da vivere solo grazie al proprio, perfetto, involucro
esteriore?
About Face – Dietro il Volto di una
Top Model (About Face: The Supermodels, Then and Now),
documentario diretto dal fotografo Timothy
Greenfield-Sanders e presentato al Sundance Festival 2012,
sembra proprio nascere per tentare di rispondere a queste domande.
E le risposte, vaghe, incerte, plurali, arrivano proprio dalle
dirette interessate: (ex-)modelle che, ormai lasciatesi alle spalle
il momento di maggior fama, si fermano a riflettere sul loro lavoro
e sul loro passato e che, incalzate da un regista silenzioso, si
raccontano. Il risultato è un film corale che riesce a non cadere
nelle trappole della retorica né del buonismo ma che, al tempo
stesso, sceglie deliberatamente di non sostenere alcuna tesi.
About Face – Dietro il Volto di una Top Model, il film
Personalità del calibro di
Isabella Rossellini, Carol Alt,
Marisa Berenson, Karen Bjornson,
Carmen Dell’Orefice e molte altre, vengono
intervistate singolarmente e hanno l’opportunità di dire ciò che
pensano in fatto di invecchiamento, chirurgia estetica e bellezza,
senza che le loro parole vengano piegate o distorte al servizio di
un’idea.
Emerge così un ritratto composito,
sfaccettato e piuttosto fedele di ciò che è (o almeno era) una
modella: una donna con dei sogni di gloria, delle vanità, delle
pretese di successo, ma, contemporaneamente, una donna “normale”,
che desidera sopra ogni cosa una famiglia, dei figli e
un’indipendenza economica. Vedere e sentire le testimonianze “senza
trucco” di queste donne, però, ha un effetto imprevisto e
straniante: più si svelano, infatti, più le loro vite sembrano
simili a quelle delle persone comuni. Perfino il tono con cui
parlano della vita in tournée tra feste, droga e incontri con
artisti e persone eccezionali, lascia trapelare, più che un amore
spassionato per il loro mestiere, un’immensa nostalgia per la loro
gioventù. E forse, ciò che colpisce maggiormente nel film di
Sanders, è che non c’è nemmeno tanta differenza tra ascoltare loro
o una qualunque madre o nonna immersa nei ricordi del passato.
About Face – Dietro il
Volto di una Top Model in questo senso ha quindi un
immenso pregio, poiché squarcia quel velo di mistero e quell’aura
di inavvicinabilità che il mondo della moda impone, per mostrare
ciò che una modella è realmente: una donna, molto bella sì, ma in
fondo uguale a tutte le altre. Film interessante che fa capire, una
volta di più, la forza del genere documentario. Distribuito da
Feltrinelli e, purtroppo, solo tre giorni al cinema (nelle sale The
Space il 24, 25 e 27 settembre).
Arriva finalmente una notizia
sull’inizio delle riprese di Sin City 2, atteso sequel di Sin City
tratto dall’omonima graphic novel che sarà diretto da
Robert Rodriguez insieme aFrank
Miller.
La lavorazione della pellicola
inizierà a Novembre e ad annunciarlo è stata Rosaria Dawson in un
intervista a MTV. L’attrice ha anche spiegato che il film sarà una
sorta di prequel del primo capitolo, quindi servirà a farvi
comprendere tutte gli accenni fatti nel primo capitolo.
Vi ricordiamo che la pellicola
si intitolerà Sin City: A Dame to Kill For e nel cast confermati ci
saranno Jessica Alba, Mickey Rourke, Clive Owen, Rosario Dawson,
Michael Madsen e Devon Aoki. Il film uscirà negli USA il 4 Ottobre
2013.
Tra meno di un mese,
l’11 ottobre, troveremo in sala Cogan – Killing Them
Softly, la terza opera scritta e diretta dal neozelandese
Andrew Dominik, basata sul romanzo poliziesco
“Cogan’s trade” di George V. Higgins. Questo
thriller, vicino al neo-noir, racconta di tre giovani ed
inesperti criminali che compiono una rapina ad una partita di poker
protetta dalla mafia, causando una crisi economica della
criminalità locale. I malavitosi derubati decidono così
d’ingaggiare un assassino professionista, Jackie Cogan, per
eliminare i colpevoli e ritrovare il denaro rubato.
Dopo la classifica parziale dei film che concorreranno
per entrare nella cinquina del miglior film straniero agli Oscar
2013, veniamo ora a sapere da Comignsoon.it che la Francia
E’ Batman-news che grazie ad un
attenta e meticolosa visione di uno dei trailer ha notato che la
data dell’uscita del Blu-ray de Il Cavaliere Oscuro – il
ritorno sarà nel periodo di Dicembre. Il video è stato postato
dalla Warner Bros sul canale youtube ufficiale Ecco
dov’è apparsa l’informazione:
Ecco invece il video in
questione:
Non ci sono notizie invece su un’uscita italiana del Blu-ray,
non ci resta che aspettare una comunicazione ufficiale della WB
Italia.
Alexandre Desplat è stato chiamato da
Kathryn Bigelow per le musiche di Zero Dark Thirty,
difficile dire se sia il migliore sulla piazza ma sicuramente è uno
dei più prolifici nel panorama
Dopo la buona accoglienza al
Festival di Toronto, ecco la locandina ufficiale del film
Argo, diretto e interpretato da Ben
Affleck, che racconta la storia vera di una fuga
rocambolesca
John Bennet è un
bambino fortunato. È l’unico ad aver avuto per regalo di Natale un
vero miracolo: il suo orsacchiotto si è animato, ha preso vita, e
così è nato Ted. John e Ted sono inseparabili, fino ai 35 anni
vivono ancora insieme, nonostante tra loro ci sia adesso la bella
Lori, fidanzata di John e desiderosa di avere accanto un uomo vero,
non un bambinone cresciuto che gioca con il suo orsacchiotto. Da
questa esigenza nascerà il dilemma di John: rimanere con il proprio
orsetto, o fare felice la donna che ama?
Dopo i character poster
e il poster finale del film, ecco il video ufficiale di Problem
(The Monster Remix), singolo che annuncia la colonna sonora
ufficiale di Hotel Transylvania,
È stata presentata parte della lista
nella categoria Miglior Film Straniero per 85° Edizione degli
Oscar. La selezione finora include voci di alto profilo e in
concorso nei festival di
Da poco è stato confermato che
Gangster
Squad è stato rimandato dal 7 settembre al 11
gennaio 2013. I mesi in più danno il tempo alla Warner Bros. per
esplorare alcune strade di promozione più interessanti, come una
nuova serie di foto “dietro le quinte”. Il film è ambientato
nel1940 a Los Angeles, ed è incentrato su un piccolo e segreto
gruppo della polizia di Los Angeles che cerca di catturare Mickey
Cohen (Sean Penn) e le immagini mettono in rilievo il gran lavoro
che è stato fatto anche sui costumi. Nel cast ci sono anche Josh
Brolin, Ryan Gosling, Emma Stone, Nick Nolte, Michael Peña, Anthony
Mackie, e Giovanni Ribisi.
Anche se la data di uscita è per il 23
maggio 2014, sembra che regista Rupert Wyatt si stia allontanando
da Dawn of the Planet of the Apes. Wyatt ha diretto nel
2011 il reboot/
Dopo la sua convincente e premiata
performance in The Master, Philip Seymour Hoffman sta
pensando di sedersi alla regia. Infatti è interessato a girare il
film Ezechiele Moss,
Arrivano le prime dichiarazioni su
Sherlock
Holmes 3, e provengono direttamente per bocca di
Jude Law che intervistato da Collider ha risposto ad
una domanda sull’eventuale terzo capitolo. Ecco quanto detto:
Non so
ancora quando cominceranno le riprese. Se ne sta parlando e so che
c’è già uno script in lavorazione, ma Robert è un ragazzo piuttosto
impegnato e anche io ho il mio bel da fare. Ma vogliamo farne un
altro. Come team ce la spassiamo davvero un sacco, siamo felici e
crediamo che ci sia ancora parecchia energia nelle gambe del
duo.
Non ci resta che aspettare ulteriori notizie o conferme per
cominciare ad attendere Sherlock
Holmes 3 il terzo capitolo di Sherlock Holmes!
Ecco il Trailer
ufficiale di Grandi Speranze, atteso adattamento
del romanzo di Charles Dickens diretto da Mike
Newell con Ralph Fiennes, Helena Bonham Carter,
Jeremy Irvine, Holliday Grainger, Robbie Coltrane e Sally
Hawkins.
Il regista di Ti Presento i
Miei, Jay Roach, ritorna al cinema
Candidato a Sorpresa è confeziona una commedia
senza esclusione di colpi su una campagna elettorale davvero
surreale, che vede protagonisti due degli attori comici più bravi
che il cinema contemporaneo americano possa offrire. Molto diversi
anche fisicamente, Ferrell e Galifianakis
offrono uno spettacolo davvero esilarante nei panni dei due
diversissimi seppure alla fine simili candidati che faranno di
tutto per vincere le elezioni nel proprio distretto.
Una campagna elettorale così
scorretta sembra quasi far impallidire quelle di casa nostra, che
però hanno in comune, con questa cinematografica, la totale
noncuranza per il programma politico e l’unico scopo di demolire
l’immagine del contendente. Sembra che anche oltreoceano le cose
non siano poi tanto diverse da qui, e in odore di presidenziali
statunitensi, il film cade veramente a pennello, dal momento che
già in casa ha incassato tantissimo, innalzandosi a successo della
stagione estiva.
Candidato a Sorpresa, il film
In Candidato a
Sorpresa Cam Brady (Will
Ferrell) è un deputato perfetto: abiti elegante,
grande eloquenza, bella moglie e figli perfetti. Marty Higgins
(Zach
Galifianakis) è un perfetto perdente: indossa sempre
maglioncini fatti a mano con disegni appariscenti, è un po’
cicciottello, è sempre gentile e remissivo. Quando il primo si
troverà a fronteggiare un mini sex gate alla vigilia delle
elezioni, il secondo verrà arruolato dalla parte opposta,
finanziato da industriali senza scrupoli, per concorrere contro di
lui alla carica di deputato. Il candidato a sorpresa Marty si
rivelerà però un osso molto più duro di quello che Cam aveva
pensato all’inizio.
La fisicità di Galifianakis si è
imposta al pubblico con Una Notte da Leoni, e ora l’attore è un vero e
proprio vulcano, che fa ridere ad ogni gesto, ad ogni battuta,
persino doppiato il suo straordinario appeal comico non viene
intaccato. Lo stesso dicasi per Ferrell che però ha un approccio
più rigido, così come richiede il suo personaggio. Molto presente
nella trama anche il riferimento alla crisi economica,
all’invasione del mercato cinese e agli industriali senza scrupoli,
perfettamente incarnati da John Lithgow e Dan Aykroyd,
elementi che si collegano a doppio filo ed in maniera sempre più
clandestina con la politica di tutto il mondo.
Candidato a
Sorpresa è una commedia che fonda sui tempi comici la sua
genialità, regalando allo spettatore 90 minuti di puro
intrattenimento, senza però rinunciare alla critica sociale con
feroce ironia che purtroppo nel finale si risolve nel semplicistico
e, forse, necessario buonismo da commedia americana.
Uscirà nelle sale il 21 settembre
Il rosso e il blu l’ultima fatica di
Giuseppe Piccioni prodotta e patrocinata dal
Ministero per i beni e le attività culturali in compartecipazione
con la Bianca Film.
In Il rosso e il
blu Roma, giorni nostri. In un liceo della periferia
romana si intrecciano le storie personali e professionali di vari
personaggi: la preside dell’istituto (Margherita
Buy) vive con estrema freddezza e distacco il suo lavoro e
ogni suo rapporto interpersonale, un anziano ed erudito professore
di storia dell’arte (Roberto Herlitzka) si trascina stanco e
svuotato nel pieno e più sarcastico disprezzo di ogni suo alunno
mentre un giovane supplente di lettere (Riccardo
Scamarcio) cerca di trasmettere interesse ai
suoi studenti forte di un entusiasmo ancora intatto.
Una commedia sentimental-scolastica
la potremmo definire in quanto la scuola è indubbiamente al centro
della trama narrativa, la scuola inquadrata e affrontata da diverse
angolazioni e prendendo in considerazione tematiche e aspetti
diversi. In primo piano il rapporto professori-alunni, eterno
conflitto generazionale, sociale e culturale che qui viene
descritto e rappresentato nelle sue varie forme: nel confronto
glaciale e sordo tra un vecchio professore completamente sfiduciato
e giunto alla conclusione dell’inutilità dell’insegnamento; nel
generoso e volitivo impegno con cui un giovane e motivato supplente
si arma per infondere anche il minimo interesse nei ragazzi.
Roberto Herlitzka è semplicemente
straordinario nel vestire i panni del vecchio, forse troppo per la
parte, e colto professore ormai prossimo alla pensione. Stanco non
solo dell’insegnamento ma anche della vita, vive solo in una grande
casa sommersa di libri e saggi di ogni genere in cui ospita
settimanalmente giovani e belle avventrici “occasionali”. La sua
vastissima conoscenza lo isola al mondo e al prossimo da cui si
tiene lontano attraverso meravigliosi e divertentissimi dialoghi
carichi di sarcasmo e sagacia. Nutre propositi suicidi ma una
vecchia alunna gli farà capire che non tutto è stato inutile, che
non tutto è perduto.
Forse non solo per esigenze di
copione il buon Scamarcio si approccia e si accosta con timidezza e
ossequioso rispetto di fronte all’anziano e bravissimo collega,
interpretando con discreta credibilità il ruolo del giovane
supplente ancora carico di buoni propositi.
Non certo meno importante la
terza storia che vede protagonista Margherita Buy
la quale da preside e donna algida e insensibile si scioglie e apre
il proprio cuore grazie allo strano e casuale rapporto con un
alunno problematico. La Buy, che sino a tutti gli anni ’90 è stata
una vera e propria musa ispiratrice per il regista ( ricordiamo tra
i tantissimi Fuori dal mondo, ’98), non riesce a
sorprenderci nemmeno questa volta, offrendo un’interpretazione
assolutamente in linea con il suo solito, e a nostro avviso,
limitatissimo canovaccio artistico.
La sceneggiatura non originale si
basa sull’omonimo romanzo scritto dallo scrittore ed editorialista
di Repubblica Marco Lodoli, a suo tempo professore
di Lettere in un Istituto professionale di Roma. Il rosso e
il blu è indubbiamente interessante e ben diretto e
soprattutto cerca di presentare la questione “scuola” senza voler
demonizzare o esaltare in modo retorico insegnanti o alunni;
l’introspezione dei personaggi e i loro risvolti interiori
prevalgono su una trama narrativa non particolarmente intricata o
ricca di svolte e colpi di scena e questo permette al film,
soprattutto nel finale, di eludere saggiamente il pericolo di
prevedibilità.
Un plauso particolare ai giovani
ragazzi che ben si comportano al cospetto dei tre attori
professionisti con cui si confrontano in un’alternanza di
complicità, distacco e affetto. Il rosso e il blu
è un film sulla scuola e su coloro che la popolano ogni giorno; un
mondo chiuso all’esterno e che l’esterno osserva con diffidenza e
quasi fastidio, sicuramente scetticismo. Ed invece sia Lodoli che
Piccioni vogliono dirci quanto la classe, l’istituto ed i suoi
professori siano solo una componente nella crescita dei ragazzi; le
famiglie, spesso assenti o distratte, devono fare la loro parte,
devono collaborare e unirsi in quella ardua quanto nobile crociata
per far si che i propri figli diventino un giorno…brave
persone.
Da venerdì 21 – Magic Mike:
Mike è un imprenditore. Uomo dai molti talenti e dal grande
fascino, trascorre le sue giornate inseguendo il Sogno Americano in
tutti i modi possibili: riparando i tetti delle case, lavando auto
o disegnando mobili nel suo appartamento sulla spiaggia di Tampa.
Ma di notte… Mike diventa semplicemente magico. Focosa star di uno
spettacolo tutto al maschile, Magic Mike, grazie al suo stile
originale e al suo eccezionale modo di ballare, è da anni
l’attrazione principale del Club Xquisite.
In Sennen No Yuraku (The Millennium
Rapture) la casta dei Nakamoto è segnata da una maledizione, i
discendenti maschi sono uomini di una rara bellezza che si
insinuano facilmente nel cuore delle donne e che muoiono tutti
precocemente. Questi proprio per il loro stile di vita, sono
costretti a vivere in strada spinti da tentazioni e pulsioni, che
li porterà ad essere in bilico tra la vita e la morte. L’intera
storia ci viene raccontata dal punto di vista di Oryu,
l’allevatrice che è testimone di questa condanna che si svolge su
un isola di nome Okushiri, chiamata da tutti “il Vicolo”.
La storia è tratta dal romanzo
Mille anni di piacere di Nakagami Kenji e la trasposizione
è firmata da Kohi Wakamatsu e presentata nella sezione
Orizzonti della 69° Mostra del cinema di Venezia. La
storia è scritta e montata su due livelli, quella contemporanea di
Oryu (Shinobu Terajima) anziana che in preda a delle
allucinazioni per via della malattia, parla con la foto del marito
scomparso; E quello del suo ricordo sulle vicende dei tre ragazzi
Nakamoto. Il primo è Hanzo, un donnaiolo incallito incapace di
avere una certa stabilità negli affetti cambiando più spesso
compagnia dopo averle usate per il proprio denaro e per nulla
interessato al lavoro onesto. Subito dopo c’è la storia di Miyoshi
anche lui donnaiolo ma anche dipendente da droghe e dedito ai furti
per provare sempre nuove emozioni, ed infine c’è Tatsuo, cugino di
Miyoshi, che se da un primo momento sembra distante dai modi di
vivere degli altri due, Oryu ci metterà del suo portarlo sulla
cattiva strada.
Mentre si percorre questo intreccio
di storie e di vite interrotte, il regista rimane fermo,
riproponendo al montaggio anche le stesse inquadrature suggestive
di montagne all’alba o di nebbie sulle stradine delle città che
oltre a richiamare uno stile di vita a cavallo tra l’ottocento e il
novecento, vengono riproposte allo spettatore alla fine di ogni
“storia” volendo sottolineare un tempo fermo e poco suscettibile al
cambiamento.
La storia per quanto possa essere
intrigante da sceneggiatura non suscita il coinvolgimento emotivo
nonostante i temi così terreni di questi protagonisti; si guarda il
tutto con una distanza che neanche Oryu ,caratterizzata con un
atteggiamento e uno sguardo sempre in bilico tra l’istinto materno
e il desiderio di essere un’amante, riesce a inquadrare del tutto.
Di fatti, lo spettatore è cosciente e capisce che nonostante
variano i vizi e gli eccessi, la fine è sempre la stessa non
portando alcun insegnamento né riflessione su questa “generazione”
di giovani, se non la testimonianza che i “vecchi” danno di loro,
dagli ultimi pettegolezzi amorosi oppure della loro non curanza
riguardo le usanze di Buddha o della poca voglia di lavorare.
Per quanto Kohi Wakamatsu si sia
ritagliato un angolo tutto suo nel genere erotico-pulp, filma con
coscienza e con poco trasporto l’impulso, portando lo spettatore in
un atmosfera più morbosa che sensuale, restituendo solo in parte le
tante tematiche che ha il libro, dai temi ancestrali che si
riallacciano al buddismo o la memoria storica della sottocasta dei
non-uomini burakumin, tuttora discriminata e a cui lo stesso autore
apparteneva. Una piccola nota, molto belle e immersive le musiche
interpretate da Hashiken e Mizuki Nakamura che funzionano anche
come tema di raccordo per il montaggio.
L’intervallo è
scritto e diretto da Leonardo di Costanzo con
Mariangela Barbanente e Maurizio Bracucci (autore
dei film Gomorra e
Reality di Matteo Garrone) viene
raccontata la vicenda di questi due giovani che esplorano
l’edificio si conoscono e si confrontano nella realtà di una Napoli
(nascosta e mai vista nel film) con cui devono fare i conti
quotidianamente.
Ne L’intervallo
Salvatore e Veronica vengono rinchiusi in un enorme edificio
abbandonato di un quartiere popolare. Lui carceriere, lei
prigioniera. Lui è costretto in quel ruolo poiché vittima di un
ricatto e lei deve scontare la punizione dei camorristi.
L’intervallo, il film
All’inizio i due ragazzi sono
ostili, passano il tempo a studiarsi con sguardi rubati e frasi
provocatorie, incolpandosi apertamente di quella loro strana
situazione. Veronica, interpretata dall’esordiente Francesca Riso,
è una ragazzina fin troppo matura che si oppone non solo al suo
ruolo di “prigioniera” ma anche ai scagnozzi che di tanto in tanto
vengono a controllare la situazione. Spavalda e aggressiva ha
l’atteggiamento di chi conosce bene il giro in cui è immischiata e
a cui vorrebbe sfuggire. Tutto all’opposto è Salvatore,
interpretato da Alessio Gallo, un ragazzone goffo
e accomodante, che ha paura del ruolo e delle responsabilità che il
clan di Bernardino (Carmine Paternoster) gli ha
dato. Dopo i primi momenti a evitarsi, sopraggiunge la paura di
girare per questo edificio abbandonato e instabile nelle ore che li
separano dall’incontro con il boss si fa sempre più stretto.
Molto bello è il parallelismo che
si viene a creare tra questo edificio e la situazione che vivono i
protagonisti, che grazie alla bella fotografia di Luca
Bigazzi, rende la scenografia un elemento importante di
sceneggiatura. Con il passare delle ore diventano intimi e si
raccontano le loro aspirazioni personali, come il desiderio di
Salvatore di diventare cuoco o la fantasia di Veronica di essere
una concorrente dell’Isola dei Famosi, il tutto recitato
con quel saper fare partenopeo che fa sorridere e ridere in sala.
Di fatti, la recitazione è improntata in dialetto napoletano e il
film è stato proiettato nella sezione Orizzonti di Venezia con i
sottotitoli in Italiano. In quei brevi momenti ritorna
l’adolescenza messa da parte e la saggezza popolare che oltre a
legarsi con la storia suscitano una sorta di legame con la breve
infanzia.
Scende la sera e il momento in cui
il Boss deve arrivare si avvicina, dopo un colpo di scena da parte
di Veronica e il prevedibile ripensamento, i due si ritrovano
faccia a faccia con la realtà. Di Costanzo riprende
L’intervallo come se fosse un documentario ed è
una bella idea, poiché gli da un risvolto realistico e lo
spettatore è più cosciente e meno incantato. Questo stratagemma ci
fa percepire come è la situazione di essere adolescenti nei
quartieri camorristi, inoltre mette in rilievo come avvengono i
primi contatti con quel mondo però le scelte di regia si tengono
lontane da quel genere cinematografico. Quindi la mafia diventa
importante ma non fondamentale, poiché il regista è più interessato
ad analizzare l’emozione umana, a questo intervallo dalle loro vite
quotidiane, una pausa per pensare a cosa si sta diventando ma senza
prendersi troppo sul serio. L’unico neo è un finale che sarebbe
stato gradito se un po’ più lungo, ma ciò non toglie la bellezza
grezza che il film contiene in sé.
Il Toronto
International Film Festival 2012 volge al termine e proclama i suoi
vincitori. Fra i titoli più premiati da critica e pubblico son
stati L’orlo argenteo delle nuvole di David O. Russell e
Seven Psychopaths di Martin McDonagh.