Julia Roberts – La romantica vicenda
di cui è stata protagonista in Pretty woman l’ha
resa nota in tutto il mondo. Si è fatta apprezzare per la sua
bellezza, ammaliando il collega Richard Gere col
suo inconfondibile sorriso, e assieme a lui è riuscita a rinverdire
i fasti di un plot classico, a metà tra Bernard Shaw e i fratelli
Grimm. Ha interpretato ad arte la prostituta Vivian: esuberante,
pragmatica, forte, goffa a contatto con l’alta società, che si
riscopre romantica grazie al suo Pigmalione, Edward Lewis/Gere.
La biografia di
Julia Roberts
Era il 1990, da allora il cinema e
Hollywood non hanno più voluto fare a meno di questa giovane col
fisico da modella, originaria del profondo sud statunitense.
L’hanno spesso ingaggiata per altre commedie romantiche, talvolta
rivelatesi di grande successo, come Il matrimonio del mio
migliore amico e Notting Hill, altre
volte meno riuscite, come i recenti Mangia, prega,
ama e L’amore all’improvviso – Larry
Crowne.
Ma ha saputo offrire ottime prove
anche nei film drammatici, da quel Fiori d’acciaio
che le valse il primo Golden Globe a Erin
Brockovich, con cui ha ottenuto il massimo riconoscimento
della sua carriera: l’Oscar. Oggi che la sua posizione nel
firmamento hollywoodiano è indiscussa, si gode il meritato successo
e si dedica anche al mestiere di produttrice, oltre che alla
famiglia.
Julia Fiona Roberts nasce in Georgia nel 1967
da una famiglia di modeste origini. Perde il padre nel ’76, colpito
da una grave malattia e ne resta profondamente scossa. Ha tre
fratelli, il maggiore è Eric che la convincerà a intraprendere come
lui la strada del cinema, per la quale abbandonerà il sogno di
diventare veterinaria.
Dal 1971, anno della separazione
dei genitori, vive con la madre nella piccola cittadina di Smyrna.
Dopo gli studi liceali, si trasferisce a New York e tenta la
carriera cinematografica. Dai tempi del liceo, fa altri lavori: per
mantenersi agli studi prima, e sbarcare il lunario poi. Tra questi,
vista la sua alta statura e il fisico slanciato, la modella.
La si vede per la prima volta sul
grande schermo nell’87 in Scuola di pompieri di
Christian Ingvordsen, ma l’esordio era stato accanto al fratello
Eric, oltre che a Giancarlo Giannini e Dennis Hopper, in
Legami di sangue di Peter Masterson. La critica e
il pubblico la notano nell’89, quando sperimenta con successo le
proprie doti di attrice drammatica, assieme a quelle di interprete
brillante, nei panni di Shelby, una giovane affetta da diabete, ma
anche piena di gioia di vivere, come tutte le donne, amiche, che
animano questo riuscito film corale.
Dramma che si intreccia
efficacemente ai toni comici, senza che le due componenti
perdano ciascuna la sua forza. Il tutto sorretto da un cast di
ottime interpreti: la Roberts recita qui accanto alle colleghe
Shirley MacLaine, Sally Field e Daryl Hannah. L’efficace prova
attoriale vale alla Roberts il suo primo Golden Globe. L’anno dopo
esploderà il fenomeno Pretty woman.
Migliaia di donne sogneranno
assieme alla sua Vivian Ward, di essere portate nel bel mondo a
vivere una folgorante storia d’amore da un principe con le fattezze
di Richard Gere. Lei gli farà riscoprire l’autenticità, non solo
dei sentimenti, ma anche la pragmatica schiettezza, che sembrano
mancare nell’alta società. Lui la convincerà che anche i ricchi
possono essere buoni ed avere un animo sensibile. Il film gioca
sugli opposti che i due protagonisti incarnano ottimamente e fila
liscio verso il suo immancabile romantico happy end. Enorme
successo della pellicola, mentre il brano Pretty
Woman di Roy Orbison diventa un vero tormentone.
Nello stesso anno l’attrice
georgiana cambia genere cinematografico, passando disinvoltamente
all’inquietante film fantastico Linea mortale, che
unisce gli interrogativi sull’aldilà ad una riflessione sulle
angosce e le questioni irrisolte del passato che tornano ad
affacciarsi nel presente dei protagonisti: un gruppo di ex studenti
di medicina in vena di esperimenti. La direzione è affidata a
Joel Schumacher; il cast può contare, oltre che
su Julia Roberts, sulle convincenti
interpretazioni di Kevin Bacon e Kiefer
Sutherland; le atmosfere sono spesso inquietanti e ricche
di suspense. Julia Roberts inizia una
relazione col collega Sutherland. Tradimenti veri o presunti
pongono presto fine all’idillio che avrebbe dovuto portarli alle
nozze: nel 1991 Sutherland viene piantato sull’altare
daJulia Roberts.
Lo stesso anno,
l’attrice è a lavoro nel thriller A letto con il
nemico, che la vede nei panni di Laura, donna in fuga
disperata da un marito violento. Continua a dipanarsi poi, nella
carriera della giovane attrice, il fil rouge delle favole. È
infatti chiamata niente meno che dal maestro Stephen
Spielberg per interpretare la parte di Campanellino in
Hook – Capitan Uncino, accanto a una star come
Dustin Hoffman nei panni del protagonista e a
Robin Williams in quelli di Peter Pan. La
nostra attrice non sfigura affatto e svolazza con leggiadria su
questo ruolo sbarazzino, ma anche tenero e romantico.
La collaborazione con Spielberg è
solo la prima di una lunga serie di esperienze lavorative che
vedono Julia Roberts diretta da alcuni dei
nomi più significativi del cinema anglosassone. Nel ’92 ha una
piccola parte ne I protagonisti di Robert
Altman, graffiante satira sul mondo del cinema. Il regista
la sceglierà ancora due anni dopo per
Prêt-à-Porter, quando il bersaglio della sua acuta
analisi sarà il mondo della moda. Qui sarà una giornalista
americana (Ann Eisenhower) chiamata a seguire la settimana della
moda prêt-à-porter a Parigi.
Sarà però distratta dal suo compito
dalla convivenza, dapprima forzata, col collega inviato Joe Flynn
(Tim Robbins). I due vivranno un’intensa storia d’amore che gli
farà trascurare il lavoro, portato a termine solo riportando le
notizie viste in tv. Dunque la satira e il tocco caustico di Altman
investono qui anche la categoria dei giornalisti (si pensi inoltre
al personaggio della cronista onnipresente Kitty Potter/Kim
Basinger).
Julia Roberts
lavora anche con Alan Pakula, già regista di Tutti gli
uomini del presidente, che la vuole accanto a Denzel
Washington nel thriller politico Il rapporto
Pelikan, dove interpreta la giovane e zelante studentessa
di legge Darby Shaw, alle prese con omicidi eccellenti e servizi
segreti: una storia più grande di lei, che mette al rischio la sua
vita, dalla quale verrà fuori con l’aiuto del giornalista Gray
Grantham/Washington.Per quel che riguarda la vita privata,
l’attrice sposa il cantante Lyle Lovett, da cui divorzierà due anni
più tardi.Nel ’96 è di nuovo sul grande schermo, diretta ora da
Stephen Frears, che la chiama ad interpretare
Mary Reilly nell’omonimo film che racconta la
storia di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, adottando però la
prospettiva della giovane cameriera, appunto la Reilly.
Lo stesso anno recita anche
per il regista irlandese Neil Jordan in
Michael Collins. Qui, come già in La
moglie del soldato, il regista ci parla di conflitti e
contraddizioni della sua Irlanda, stavolta celebrando la figura
dell’eroe della resistenza irlandese contro il dominio britannico
Michael Collins. Racconta della strenua lotta sua
e dei suoi compagni per l’indipendenza dell’Irlanda, che si
otterrà dopo anni di lotte, al prezzo di rinunciare all’Irlanda del
Nord.
Il ruolo del protagonista è
affidato a un ottimo
Liam Neeson, vincitore della Coppa Volpi per
la migliore interpretazione maschile. Mentre su Julia
Roberts/Kitty Kiernan si innesta il “filone sentimentale”
del film: la donna, fidanzata col miglior amico di Michael, lo
lascerà proprio per amore di Collins, col quale non riuscirà a
convolare a nozze per la prematura morte di quest’ultimo. La
pellicola ottiene un notevole successo al Festival di Venezia e,
oltre al già citato riconoscimento per Neeson, viene anche
decretata miglior film. In tema di collaborazioni illustri, arriva
per la Roberts anche quella con
Woody Allen. Il regista la sceglie per
interpretare colei che lo fa pazzamente innamorare in Tutti
dicono I love you. Musical ambientato tra New York, Parigi
e Venezia, commedia corale e lieve sull’amore e sui suoi incerti,
condita con la consueta vena ironica e a tratti malinconica di
Allen.
Ma gli anni Novanta sono anche
quelli di due pellicole che vedono in Julia
Roberts il loro centro, due commedie sentimentali di
grande successo commerciale, che la rilanciano come regina
indiscussa dei romantic movies. La prima, a dire il vero,
ha anche un sapore un po’ amarognolo. Ne Il matrimonio del
mio migliore amico, infatti, Julia
Roberts è Julianne Potter, impegnata a cercare di
mandare a monte il matrimonio di Michael/ Dermot Mulroney, suo ex
fidanzato e caro amico, che ha scoperto di amare ancora. Superbia,
egocentrismo, possessività, più che vero amore, fanno sì che
Julianne si ostini a voler far diventare realtà una vecchia
promessa reciproca di matrimonio che lei e Michael si erano fatti
da ragazzi.
Finale inaspettato, con la
protagonista che si ravvede e rinuncia al proposito, seguendo i
consigli dell’illuminato amico George/Rupert Everett. L’ultimo anno
del secolo sarà contrassegnato invece dall’altro successo di
pubblico, che è Notting Hill di Roger Michell, in
cui Julia veste panni assai simili ai suoi: è una famosa attrice
americana che si trova a Londra per presentare un film e s’innamora
di un tranquillo libraio londinese, conosciuto per caso. La
commedia dai toni evidentemente romantici è prevalentemente giocata
sulla differenza di caratteri dei due protagonisti. Lei, Anna
Scott, è sempre sotto i riflettori, solare, spontanea, in cerca di
normalità.
Mentre lui, William Thacker/Hugh
Grant è timido, impacciato, con una vita tranquilla, forse un po’
piatta, scossa dall’arrivo di Anna. Il contrasto funziona, la
mistura comico-romantica riesce, ed è anche un’occasione per la
nostra attrice di giocare ironicamente, in maniera leggera, con la
propria condizione di star. Un cast di comprimari ben
assortiti e la location londinese fanno il resto. In questi
anni, Julia Roberts si dà anche alla
produzione cinematografica, con la sua Shoelace Productions.
Col nuovo millennio, l’ormai
affermata Roberts, star della commedia romantica, è decisa a dare
il meglio di sé e a puntare al massimo riconoscimento. Lo fa
cambiando completamente genere, atmosfere, contesto. Abbandona i
toni da commedia, la leggerezza, qualsivoglia forma di zuccheroso
romanticismo, per immergersi anima e corpo nell’interpretazione di
una donna animata da forte passione civile, protagonista di una
storia drammatica e toccante. È infatti Erin Brockovich
nell’omonimo film di Steven Soderbergh, che
inaugura il sodalizio artistico tra i due.
Erin Brockovich – Forte
come la verità è una pellicola nella quale si affrontano
vari temi: il pragmatismo e la forza delle donne senza dubbio, la
loro capacità di reggere anche da sole il peso di famiglia e lavoro
(la grintosa Erin, divorziata e con tre figli a carico ne è un
esempio lampante), il senso profondo della giustizia, che dà il
coraggio di lottare e vincere anche contro un nemico che sembrava
imbattibile, l’assenza totale di etica e scrupoli di certo
capitalismo selvaggio. Erin si batte infatti contro un
colosso industriale che versa nelle acque di una piccola cittadina
americana sostanze cancerogene, avvelenando molti dei suoi
abitanti.
La protagonista riesce a ottenere
per loro un risarcimento di portata storica, il cui valore è
soprattutto morale. Il film è tratto da una storia vera, i temi
sono forti e l’interpretazione è impeccabile. Julia
Roberts sa calarsi perfettamente nei panni di
quest’appariscente trentenne piena di problemi, ma forse proprio
perciò determinata ad aiutare altre persone in difficoltà,
schietta, pragmatica, anche brusca, ma assai sensibile. Una donna
normale, che riesce a conquistare la fiducia di altre persone
normali, e insieme a loro ottiene giustizia. L’interpretazione
efficacissima e senza fronzoli vale all’attrice l’ambìto Oscar, ma
anche il Golden Globe e il BAFTA. Soderbergh la vorrà con sé anche
nel cast stellare di Ocean’s Eleven (2001) e del
sequel Ocean’s Twelve (2004).
Prosegue anche l’attività
di Julia Roberts produttrice, al fianco del
suo secondo marito Dan Moder, sposato nel 2002 e col quale avrà tre
figli. La loro casa di produzione cinematografica ora si chiama Red
Om. L’attrice però, non rinuncia a stare davanti alla macchina da
presa e coglie l’occasione per farsi dirigere da Mike Nichols: nel
2004 in Closer e tre anni più tardi ne La
guerra di Charlie Wilson. Il primo è a metà tra la
commedia e il dramma sull’amore, dai toni realistici e poco
romantici. Protagoniste due coppie. Una formata da Julia
Roberts e Clive Owen e l’altra da Jude
Law e Natalie Portman. I loro destini s’incrociano con
inevitabile seguito di attrazioni, tradimenti, rese dei conti. La
storia, il suo procedere, i dialoghi, le chiavi interpretative dei
vari personaggi convergono tutti in un’unica direzione: quella
opposta a un film melenso sull’amore e incline invece a riflettere
sulla vera natura dei rapporti di coppia, a metterne a nudo luci e
ombre.
Nel secondo film Julia
Roberts recita accanto a
Tom Hanks, un politico americano amante della
bella vita e delle donne, che non si fa mancare vizi e che
proprio la Roberts/Joanne Herring convincerà a finanziare la
guerriglia antisovietica in Afghanistan. L’attrice lavorerà ancora
con
Tom Hanks nella commedia
L’amore all’improvviso – Larry Crowne (2011),
diretta dallo stesso Hanks.
Questo 2012 invece, vede
Julia Roberts tornare alle favole. Se infatti il
primo film che le ha dato la notorietà è stato quel Pretty
woman in cui incarnava una sorta di Cenerentola dei giorni
nostri, e l’avevamo vista in
Hook, come Campanellino, si confronta ora per
la prima volta col ruolo dell’antagonista, della cattiva per
eccellenza, la regina malvagia. Questa è infatti la parte che le
viene affidata da Tarsem Singh in
Biancaneve. Vedremo come riuscirà questa
versatile attrice a calarsi in una veste per lei così insolita.