Compie un bel passo in avanti
l’adattamento cinematografico del manga di culto Lone Wolf and Cub:
il film, diretto da Justin Lin, sembra aver trovato gli
scenggiatori: David and Janet Peoples (Blade RunnerL’esercito delle
12 scimmie). Tratto dall’opera di Kazuo Konue, Lone WOlf and Cub
narra le vicende di Ogami Itto, celebre samurai che, dopo
l’uccisione della moglie e accusato ingiustamente di un crimine non
commesso, è costretto a darsi alla fuga, portando con se il figlio
di tre anni.
Lavorando come assassino
mercenario, Itto cercherà nel frattempo di vendicarsi. Il progetto
è ancora alle fasi iniziali, ma il coinvolgimento dei Peoples rende
il tutto molto promettente: lo stesso Justin Lin ha espresso grande
soddisfazione per la scelta.
Potrebbe essere Kenneth Branagh a
dirigere il nuovo film con protagonista il personaggio di Jack
Ryan: la Paramount avrebbe contattato l’attore e regista di
Belfast dopo l’uscita dal progetto di Jack Bender a causa di
impegni concomitanti. L’arruolamento di Branagh darebbe
indubbiamente nuovo impulso al progetto, del quale si parla dal
2006, e che nel frattempo ha subito rimandi e ritardi, con vari
registi e scrittori di volta in volta dati affiancati ad esso, come
Fernando Meireilles, Anthony Peckham, Steven Zaillian e David
Koep.
Il film sarà un prequel delle
precedenti avventure, con protagonista un Jack Ryan giovane (per il
ruolo si parla di Chris Pine) che dopo aver lasciato i Marines
lavora come consulente per un miliardario russo, venendo poi
coinvolto in un intrigo terroristico. In attesa di capire se
Branagh assumerà effettivamente l’incarico, Branagh sarà sul set
nel ruolo di Katniss nel prossimo capitolo del ciclo di Hunger
Games; successivamente, sarà James T Kirk nel sequel di Star Trek;
altri progetti in cantiere sono The Guernsey Literary e Potato Peel
Pie Society: a quest’ultimo, da lui diretto, era prevista la
partecipazione di Kate Winslet.
Avevamo già parlato dell’impresa
titanica (è il caso di dirlo) in cui si era cimentato James
Cameron: essere il primo uomo ad arrivare nel punto più profondo
della Terra, la fossa delle Marianne. Adesso, direttamente dal sito
della National Geographic arriva il primo video con immagini e
impressioni del registapremio Oscar che ancora una volta si cimenta
il esplorazioni pionieristiche, forse per realizzare un’altro dei
suoi film frantuma-record.
Ricordiamo che fu grazie ad una
spedizione finanziata dal lui che il 2 settembre del 1985 venne
raggiunto per la prima volta il relitto del Titanic, il resto è
storia (del cinema).
Uscirà di nuovo a distanza di 15 anni dalla prima
volta Titanic di James Cameron. La data fissata è il 6 aprile, data
che commemora il centenario del varo dello sfortunato
transatlantico.
Non è una notizia strettamente
cinematografica, ma considerando che si tratta della saga di Harry
Potter, anche i nostri lettori cinefili e cinefagi possono trovarla
interessante:
Ryan Gosling si aggira insanguinato
e pestato per i boschi di Bangkok, cosa gli saràsuccesso? In realtà
si tratta delset dell’ultimo film di Nicholas Winding Refn,in cui
l’attore canadese recita bissando la collaborazione con il regista
dopo Drive. In Only God Forgives è un ex bover che si da alla
malavita.
Ryan sarà conciato veramente male a
giudicare dal trucco!
Torna sugli schermi in La
Furia dei Titani l’eroe mitologico Perseo sempre
impersonato da Sam Warthington che dopo Scontro
tra Titani si cimenta in questa seconda impresa eroica; dopo aver
sconfitto il kraken Perseo questa volta deve vedersela direttamente
con Crono, il padre del padre degli dei, suo padre (!).
Ne La Furia dei
Titani, Perseo, figlio di Zeus, ha rinunciato a governare
il mondo dall’Olimpo insieme al padre divino. Ha scelto la sua
parte mortale e vive con il figlio Helios (la moglie Io è morta) in
una piccola comunità di pescatori. Ma gli uomini ormai non pregano
più e i poteri divini degli dei si stanno assottigliando
riducendoli a comuni mortali e provocando anche la distruzione di
tutto ciò che essi hanno edificato. Tra queste opere c’è la
prigione del Tartaro, dove Zeus, con i fratello Poseidone e Ade, ha
rinchiuso Crono, il padre che voleva divorarli. Toccherà ai figlio
degli dei andare in soccorso dei propri padri, e così Perseo
dissotterra la spada e parte di nuovo all’avventura a cavallo di
Pegaso. Con lui la principessa Andromeda e Agenore, figlio
scapestrato di Poseidone.
La Furia dei Titani, il film
Archiviato il regista Louis
Leterrier, che diresse Scontro tra
Titani, il testimone è passato a Jonathan
Liebesman, già regista di World Invasion,
che gestisce molto bene il 3D, principale pecca del film precedente
che era stato riconvertito. Di questo film si sapeva già che la
trama sarebbe stata un terribile insalata: personaggi mitologici,
divinità e semidei vengono infatti indebitamente sovrapposti e
imparentati in un gioco perverso di snaturamento della mitologia
che gli americani fanno quasi con piacere. Questo premettendo,
La Furia dei Titani è una pellicola di puro
intrattenimento, divertente e ottimamente realizzata, con un ritmo
serrato, sequenze d’azione efficaci e degli effetti speciali
davvero notevoli. Ottimo il 3D che riesce ad essere funzionale alla
spettacolarizzazione e al racconto stesso, soprattutto nelle belle
sequenze in cui scendiamo nell’Ade e arriviamo al Tartaro.
Il cast di La Furia
dei Titani, oltre al ritorno di
Warthington, annovera i due pezzi da novanta
Liam Neeson e Ralph Fiennes che riprendono rispettivamente
le tuniche di Zeus e Ade; nuova attrice invece per la regina
Andromeda, tolta di mezzo Alexa Davalos, il ruolo è stato ora affidato
alla bionda
Rosamund Pike, forse non proprio a suo agio nei
corsetti e nei gonnellini da guerriera; infine Edgar Ramirez è Ade, dio della guerra e figlio
rancoroso, mentre Toby Kebbell è il cugino
Agenore, figlio di Poseidone, ladro, bugiardo, ma dalla fede salda
e dal cuore d’oro. La Furia dei Titani non ha
pretese, si offre allo spettatore per quello che è, un’ora e
quaranta di divertimento con gli occhialini sul naso.
I
colori della passione: Nel 1564 Pieter Bruegel
completa la tela intitolata “La salita al Calvario” in cui
rappresenta la Passione di Cristo ambientandola nelle Fiandre del
suo tempo, oppresse dalla presenza spagnola. Filippo II (salito al
trono nel 1556 alla morte di Carlo V) infatti sta conducendo una
feroce repressione contro i movimenti religiosi riformistici che
suscitano reazioni negli ambienti colti ispirati dal pensiero di
Erasmo da Rotterdam. Il pittore viene mostrato mentre sta
concependo l’opera all’interno della quali colloca se stesso e i
personaggi che lo circondano nella vita quotidiana.
Nell’Italia del ‘68/69 la
contestazione studentesca è forte, gli operai sono in lotta. Si
rivendicano diritti, si cerca un cambiamento che scuota anche il
nostro paese dal torpore e dall’arretratezza, portando modernità.
Le istituzioni vedono con allarme questi sommovimenti sociali. In
questo clima, il 12 dicembre del ’69, l’esplosione a Piazza Fontana
a Milano, alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. 17 morti e più di
80 feriti. Tutto questo è Romanzo di una
strage.
Su questo evento tragico della
nostra storia, ancora non è stata fatta piena luce, e anzi si sono
susseguite indagini, depistaggi, processi, affastellando dati e
informazioni spesso in contraddizione tra loro. Marco
Tullio Giordana raccoglie coraggiosamente questa sfida con
Romanzo di una strage, film corale nel solco
dell’esperienza del regista de La meglio gioventù,
ma anche de I Cento Passi e Pasolini, un
delitto italiano, con cui già aveva provato a far luce su
alcune pagine oscure italiane. Si cimenta dunque nel tirare le fila
di una vicenda intricata e di una stagione contraddistinta da altri
eventi tragici rimasti senza una spiegazione definitiva. Vicenda
intricata, ma sulla quale oggi, a distanza di 43 anni da quel ’69,
abbiamo almeno un certo numero di dati accertati. Così parte il
viaggio di ricostruzione del regista, coadiuvato dagli
sceneggiatori Rulli e Petraglia, nonché da un cast di validissimi
attori (Mastandrea,
Favino, Gifuni,
Lo Cascio, Antonutti, Colangeli, Tirabassi sono solo
alcuni). Nel film appare molto evidente l’intento di
chiarezza espositiva, esplicativo, ad uso delle giovani
generazioni che non hanno vissuto quegli anni, ma hanno
ereditato un mondo che ne portava il peso, e anche ad uso delle
meno giovani, che a caldo non hanno potuto guardare ai fatti
oggettivi e averne un panorama complessivo, come si è delineato poi
negli anni.
In dieci capitoli e con un lavoro
di scrittura certamente impegnativo, basato su atti processuali,
inchieste giornalistiche e altro materiale, Giordana assieme agli
sceneggiatori ricostruisce fatti e indagini, condotte dal
commissario Luigi Calabresi/Valerio
Mastandrea. Questi è inizialmente convinto che la
pista da seguire sia quella anarchica, per questa strage come per
altre bombe che da mesi mettono a rischio la città. Tra gli
anarchici fermati, Giuseppe Pinelli/Pierfrancesco
Favino, già noto a Calabresi come persona non
violenta, ma da cui spera di ottenere informazioni importanti,
in primis su Pietro Valpreda, l’anarchico che sarà poi
arrestato, in base alla testimonianza del tassista Rolandi. Dopo
tre giorni di fermo, la notte del 15 dicembre, Pinelli cade giù
dalla finestra dell’ufficio di Calabresi, che non è presente nella
stanza.
La versione ufficiale della
Questura giustifica in modo maldestro l’accaduto, lasciando spazio
al sospetto che Calabresi sia il diretto responsabile. Parte una
campagna di stampa e d’opinione contro di lui. Nel frattempo, in
Veneto, grazie al lavoro di due giudici, prende corpo un’altra
pista, che vede in organizzazioni neonaziste e in particolare in
Giovanni Ventura/Denis Fasolo e Franco
Freda/Giorgio Marchese, gli autori di alcuni degli
“attentati dimostrativi” dell’autunno. Ma su Piazza Fontana il
panorama è ben più complesso: ci sono i depistaggi e la copertura
di una parte dei servizi segreti italiani. Anche Calabresi, che
continua ad indagare sulla strage, arriva a comprendere che vi sono
legami, ancora oscuri, tra quest’eversione di destra e parti dello
Stato, ma viene assassinato poco dopo.
A livello istituzionale più alto,
poi, non mancano divisioni. I più cauti e lungimiranti di
fronte ai torbidi scenari che si configurano dietro la strage, che
vedono insieme movimenti eversivi di destra e pezzi deviati dello
Stato, vorrebbero fare chiarezza, per eliminare macchie dalle
istituzioni. Soprattutto Aldo Moro/Fabrizio
Gifuni, allora Ministro degli Esteri. Altri invece,
come il Presidente della Repubblica Saragat/Omero
Antonutti, preferiscono nascondere le responsabilità a più
alti livelli. Sarà alla fine questa la tesi che verrà seguita, e
alla quale anche Moro si sottometterà, nella convinzione comune che
il Paese non possa reggere la verità.
Romanzo di una strage, la verità
esiste?
Se vi aspettate che il film
risponda a tutti gli interrogativi, sarete in parte delusi. “La
verità esiste”, come si legge sulla locandina, ed è un filo che c’è
e che viene seguito per tutto il film, mettendo dei punti fermi
dove è possibile, come si diceva in apertura, ma restano
inevitabilmente aperte domande che il film ci pone e si pone,
cimentandosi in ipotesi ricostruttive, sulla base però dei dati
acclarati. È dunque un film aperto per molti aspetti. Giordana si
espone e non teme di mettersi in gioco e prendere una posizione:
descrive ad esempio in maniera precisa il rapporto tra Calabresi e
Pinelli come cordiale e reciprocamente rispettoso e accredita la
versione, suffragata dalle testimonianze, che il commissario non
fosse nella stanza al momento della caduta di Pinelli.
Affida a Moro alcune delle battute
più significative del film, come quelle del dialogo col confessore
in apertura, o del colloquio con Saragat a ridosso del Natale ’69,
in cui la sua visione pare molto presente nelle parole dell’allora
ministro. Il regista dà poi anche una sua lettura più ampia, che
vede in quella strage del ’69 il momento di rottura, quello
in cui si è persa l’occasione per la nostra democrazia, nata da
poco, di crescere, rafforzarsi e sperimentarsi liberamente. Quel
tragico evento, ma soprattutto la mancata chiarezza, le ombre,
l’opacità con cui l’intera vicenda e quelle ad essa legate sono
state gestite da parte delle istituzioni, hanno creato una frattura
estremamente difficile da ricomporre, tra cittadini e istituzioni.
Tra i primi si è fatta largo la diffidenza nei confronti delle
seconde, e ancora oggi il nostro sistema democratico paga le
conseguenze di quelle scelte. Ecco dunque l’importanza di
riesaminare quegli eventi, ora con maggiore serenità e
obiettività.
Veniamo al punto di vista
strettamente cinematografico. Qui, l’impressione è che si sia un
po’ sacrificato alla chiarezza espositiva l’aspetto del
coinvolgimento e dell’emozione. La divisione in capitoli, se da una
parte è funzionale al primo aspetto, dall’altra interrompe la
narrazione, spezzando il ritmo e allontanando lo spettatore. La
ricchezza della materia trattata è poi certo una delle ragioni per
cui non ci si è potuti soffermare a delineare in maniera molto
complessa i personaggi. Si è scelto ad esempio di lasciare fuori
quasi del tutto gli aspetti privati della vita di Calabresi e
Pinelli, i personaggi a cui si dà più risalto nel film. Tuttavia,
specie nel caso del commissario Calabresi, forse qualche elemento
in più poteva essere aggiunto, anche per aiutare a capire meglio la
sua figura, che invece resta per certi versi nebulosa,
criptica.
Si è scelta una chiave
interpretativa direi minimalista, a sottrarre, più adatta ad alcuni
frangenti, ma che in altri non riesce a coinvolgere molto,
nonostante la buona interpretazione di Valerio Mastandrea. In certi momenti cruciali,
ad esempio la caduta di Pinelli o la successiva riunione in
questura coi superiori, sembra strano che Calabresi non pronunci
qualche parola in più. Il personaggio e la vicenda di Pinelli
riescono invece comunque ad emergere bene, e ci regalano forse,
assieme alla dolente consapevolezza dei gesti e delle parole di
Moro, alcune delle parti più riuscite del film. Doverosa una
menzione per l’ottimo Omero Antonutti nei panni di
Saragat, ma come detto tutto il cast dà ottime prove. Tuttavia, il
complesso della vicenda, non coinvolge fino in fondo, non conquista
il cuore dello spettatore, non lo avvince del tutto, non fa venire
la pelle d’oca o commuovere, come in altre occasioni le pellicole
del regista, pur a confronto con vicende complesse, avevano saputo
fare. Molto curate sono la fotografia, la scenografia, le
musiche.
L’operazione era senz’altro ardua e
va reso merito a Giordana e al cast di aver avuto
grande coraggio nell’affrontare finalmente anche al cinema questa
pagina buia della nostra storia, inaugurando speriamo, una nuova
stagione di riflessione e chiarimento. E ricordandoci anche il
nostro diritto a chiedere quella parte di verità che ancora manca.
Non solo per rispetto nei confronti delle vittime e dei loro
familiari, cui il film è dedicato, ma anche perché solo così,
sembra dirci il regista, si potrà provare a ripartire dal punto in
cui quell’esplosione ci ha interrotti. Romanzo di una
strage sarà nelle sale dal 30 marzo.
Dopo Piccole Bugie tra Amici,
in questi giorni nelle sale italiane, Marion
Cotillard, la splendida attrice francese premio Oscar per La
vie en rose, verrà di nuovo diretta dal marito, l’attore e
regista
Era il 2008 quando Gomorra,
film di denuncia tratto dal romanzo-inchiesta di Roberto Saviano,
otteneva uno strepitoso successo di critica e pubblico,
collezionando riconoscimenti importanti come sette David, due
Nastri d’argento e quattro Ciak d’oro ma mancando clamorosamente la
nomination all’Oscar. Quasi quattro anni dopo quel successo, più di
10 milioni di euro incassati, Matteo Garrone torna nelle sale
cinematografiche italiane con un nuovo lavoro, Big
House, un film incentrato sui reality show e sul peso, il
ruolo, che essi occupano oggi nella quotidianità degli
italiani.
Partiranno tra agosto e
settembre le riprese del film Vinodentro diretto
dal regista, sceneggiatore e produttore Ferdinando Vicentini
Orgnani (regista tra gli altri di Mare Largo e Ilaria Alpi –
Rashomon è il film
culto del 1050 di Akira Kurosawa con
protagonisti Toshirô Mifune, Machiko Kyô, Masayuki
Mori, Takashi Shimura, Minoru Chiaki, Kichijiro Ueda, Fumiko
Honma.
Negli anni ’50 un vento nuovo
cominciò a soffiare da Oriente investendo la cinematografia
mondiale: un regista sconosciuto come Akira Kurosawa riuscì a
presentare al Festival del Cinema di Venezia, una delle rassegne
cinematografiche più prestigiose al mondo, il suo ultimo film
intitolato Rashomon. Un film rivoluzionario per
quanto riguarda la scrittura narrativa che non segue un ordine
cronologico predefinito né una rigida gerarchia: il film ha
scardinato uno dei precetti chiave del cinema classico aprendo le
porte alla disomogeneità temporale tipica del cinema moderno (la
Nouvelle Vague ne è un esempio).
Rashomon trae
spunto da un racconto dello studente ventitreenne Ryūnosuke
Akutagawa che, dopo una delusione d’amore, pubblicò nel 1915 su una
rivista un suo racconto breve intitolato proprio come il film:
Rashomon. Solo nel 1922 scrisse invece un racconto completo
intitolato “Nel bosco” che, fino ad oggi, è considerato il
capolavoro della sua produzione. Kurosawa prese spunto da
quest’ultimo ampliandolo però in alcune parti- perché altrimenti,
secondo lui, il film risultava incompleto- e modificandone il
finale, troppo nichilista nell’originale e più ottimista (forse
troppo) nella versione cinematografica.
Rashomon riflette maestosamente sulla
relatività e sulle innumerevoli facce che la verità mostra al
mondo; e lo fa in chiave storica, calando i suoi personaggi nel
Giappone medievale e feudale.
Durante una giornata uggiosa, tre
uomini (un monaco, un boscaiolo e un comune passante) si fermano a
commentare un cruento fatto di cronaca avvenuto qualche tempo
prima: un samurai è stato ucciso da un brigante che ha persino
abusato di sua moglie. La storia è raccontata da quattro testimoni
che forniscono quattro versioni totalmente differenti dei fatti, e
tra questi troviamo le voci del brigante stesso, la moglie del
samurai e suo marito (che comunica solo attraverso un medium) e,
infine, un narratore. Le versioni sembrano totalmente diverse l’una
dall’altra e discostano vistosamente tra loro e sono raccontate
attraverso l’uso di una serie di flashback man mano che i vari
personaggi- il bandito, la moglie del samurai, la vittima e
l’anonimo boscaiolo- procedono con la narrazione.
Le prime tre versioni sono fornite
dal monaco che era stato l’ultimo testimone ad aver visto vivi i
coniugi prima della tragica vicenda; è il boscaiolo che smentisce
queste versioni e fornisce, infine, la sua che non è comunque
completamente attendibile. Alla fine le quattro versioni sono
raccontate da un comune cittadino mentre tutti insieme attendono la
fine del temporale (ecco che la vicenda si ricollega con l’inizio)
riparandosi sotto la porta Rashomon, che delimita a sud la città di
Kyoto.
Le influenze e i
debiti di Kurosawa verso un altro modo di concepire e fare cinema
sono notevoli, infatti il regista stesso dichiara che una delle sue
fonti d’ispirazione primaria è stato proprio il cinema muto, che ha
cercato di ricreare (almeno nelle dinamiche) grazie a delle
scenografie minimaliste e a un continuo processo di semplificazione
delle scene, visto che- sempre secondo la sua opinione- il sonoro
tendeva a moltiplicare le difficoltà. Molto forte e
determinante è, allo stesso tempo, il ruolo della luce:
Kurosawa avrebbe voluto utilizzare soltanto la luce naturale come
fonte d’illuminazione ma, essendo troppo fioca, preferì sostituirla
con degli specchi che “illuminavano” i volti degli attori
inquadrati. Secondo alcuni critici (Tadao Sato, Nda) l’anomalo uso
della luce nel film ripropone i temi del male e del peccato, mentre
invece secondo altri (K.I.McDonald) l’illuminazione ripropone il
tipico binomio manicheo bene/male: la luce indica la ragione, le
tenebre il male e l’impulsività.
La struttura anti-narrativa del
film, che procede per flashback e frammenti senza rispettare
nessuna consecutio temporum, ha rivoluzionato il modo di concepire
e fare cinema fino a oggi, influenzando non solo alcuni registi che
ne hanno realizzato dei remake (più o meno pregevoli) come quello
realizzato da Martin Ritt nel 1964, L’Oltraggio, un western con
protagonisti Paul Newman ed Edward G. Robinson; oppure il nostrano
Mario Bava – re dell’horror gore – che diresse nel 1969 una
versione italiana in chiave comico erotica intitolata “Quante
volte… quella notte” fino ad arrivare a pellicole più
contemporanee, come il bellissimo e poetico Hero (2002),
distribuito nelle sale americane e poi mondiali grazie alle
pressioni di Quentin Tarantino (appassionato dei
film cinesi di genere wuxiapian). Ma nemmeno la televisione è
rimasta immune al richiamo di Kurosawa: perfino un longevo serial
tv come CSI-Crime Scene Investigation ha omaggiato il film del
maestro giapponese attraverso un episodio della sesta stagione
intitolato Rashomama e riprendendo la decostruzione cronologica e
l’uso dei flashback per esprimere una propria versione,
relativistica, della verità.
Will Ferrell, in questi giorni nei cinema
con Casa de mi Padre, prenderà parte in veste di attore e
produttore al film Crazy U, ispirato al libro non finzionale Crazy
U:
Jane Fonda entra
nel cast di
The Butler, nuovo film di Lee Daniels
(Precious) incentrato sulla vita di Eugene Allen (1919-2010),
maggiordomo afroamericano della Casa Bianca dal 1952 al 1986;
interpreterà la first lady Nancy Reagan, schierandosi fedelmente e
fittiziamente al fianco del presidente conservatore Ronald
Reagan.
Non esattamente la sponda politica
reale di Jane Fonda, attivista contro la guerra in
Vietnam negli anni ’70 – si guadagnò l’appellativo “Hanoi Jane” – e
negli ultimi anni impegnata in un processo di maturazione politica
e filosofica che concilia liberalismo, femminismo e ideali
cristiani. L’ultimo film di Jane Fonda è stato Donne, regole…e
tanti guai! al fianco di Lindsay Lohan. Il protagonista, Eugene
Allen, dovrebbe essere interpretato da Forest Whitaker (L’ultimo re
di Scozia), sua moglie dalla conduttrice Oprah Winfrey. A John
Cusack e Liam Neeson potrebbero andare, rispettivamente, i ruoli di
Richard Nixon e Lyndon B. Johnson.
Joel Kinnaman (Snabba
Cash) ha parlato del remake di Robocop diretto da Josè Padilha
(Tropa de Elite) che lo vedrà vestire i metallici panni del
protagonista
Battleship : un altro gioco al
cinema, dal 13 aprile
Che la saga di Transformers sia stata
una miniera d’oro è sicuro, e quindi come biasimare la Hasbro se
prova a bissare il grande successo targato Michael Bay con un altro
storico gioco? Nasce così l’idea di realizzare un film sulla
leggendaria battaglia navale, compagna di giochi di moltissimi
bambini e, in versione fatta in casa, indispensabile mezzo di
sopravvivenza durante la noiose ore scolastiche.
Al festival di Berlino, la bella
Angelina Jolie aveva ufficializzato la sua partecipazione al film
Maleficent, sorta di rilettura de La Bella Addormentata nel Bosco
in chiave dark, che dovrebbe vedere
Ghost Rider
2 apre in testa, seguito da E’ nata una
star?. Quasi amici scende
al terzo posto, entrando nella storia del box office nostrano. Non
pervenute le altre new entry.
Non tutti avrebbero scommesso
sull’attuale esito della classifica italiana dei film più visti
negli ultimi tre giorni. C’erano infatti tutte le probabilità che
il fenomeno Quasi amici rimanesse in testa, dopo la
performance sorprendente che sta dimostrando.
Invece, a conquistare il primo
posto al box office italiano è Nicolas Cage in Ghost
Rider – Spirito di Vendetta, con 1,2 milioni di euro
raccolti. Il sequel del primo discusso capitolo non può tuttavia
essere considerato il vincitore del weekend su tutti i fronti,
considerando il 3D che ha gonfiato l’incasso. Quanto a numero di
biglietti staccati, infatti, si impone E’ nata una
star?. La commedia con Rocco Papaleo e Luciana
Littizzetto debutta in seconda posizione con 1,2 milioni: 173.000
spettatori paganti rispetto ai 143.000 di Ghost Rider
2.
Chi continua a sorprendere in
positivo è Quasi amici. La commedia
francese scende al terzo posto, ma la tenuta è decisamente
invidiabile dopo oltre un mese di sfruttamento: con 1 milione
raccolto negli ultimi tre giorni, il fenomeno della stagione giunge
così a ben 9,5 milioni di euro totali, entrando nella storia del
box office italiano. Quasi amici è infatti il film
francese più visto di sempre in Italia, imponendosi sui quindici
anni di primato de Il quinto elemento di Luc Besson (fermo
a 8,7 milioni di euro).
Magnifica
presenza continua a non decollare, scendendo al
quarto posto con 630.000 euro, arrivando a 2,3 milioni
complessivi.
The Raven
esordisce in quinta posizione con 606.000 euro, un risultato un po’
al di sotto delle aspettative. Segue una panoramica di pellicole in
calo: Posti in piedi in Paradiso (435.000
euro), L’altra faccia del diavolo
(389.000 euro) e John Carter (210.000
euro), giunti rispettivamente a 8,7 milioni, 2,8 milioni e 1,8
milioni.
Chiudono la top10 10
regole per farla innamorare (145.000 euro), arrivato
a 705.000 euro, e Viaggio nell’isola
misteriosa, che ottiene altri 132.000 euro per 4,6
milioni totali.
Da segnalare infine il pessimo
risultato ottenuto dalle new entry ‘di qualità’ del week-end: ad
esempio, The Lady si piazza soltanto al
quattordicesimo posto con 98.000 euro raccolti in una settantina di
sale, mentre Cosa piove dal cielo?,
vincitore dell’ultimo Festival del Film di Roma, debutta al
quindicesimo posto con 59.000 euro incassati in 30 sale.
Nelle scorse settimane si era
creata moltissima attesa intorno all’uscita di Hunger
games, e il risultato al botteghino ha di fatto confermato
le previsioni: in una sola settimana il film, che narra di un
gioco, una specie di reality in cui un ragazzo e una ragazza
vengono selezionati per darsi la caccia a vicenda (un po’ come
avveniva ne La decima vittima di Elio Petri una
trentina di anni fa), ha incassato ben 155 milioni di dollari,
l’attesa adesso è per le prossime settimane, per vedere se
continuerà a tenere questo passo da record.
La seconda posizione è occupata
dalla versione cinematografica della serie tv 21 Jump
street, che comunque raggiunge un dignitoso incasso totale
di 71 milioni di dollari. Scende in terza posizione, dopo
quattro settimane di classifica, il film d’animazione Universal
The Lorax, che con questa settimana raggiunge i
177 milioni di dollari. Il quarto posto lo occupa John
Carter, che nonostante non abbia di certo avuto il
consenso che forse in casa Disney si aspettavano, si mantiene
comunque dall’uscita nella parte alta della classifica, incassa 5
milioni di dollari questa settimana e raggiunge un totale di
62. A metà classifica troviamo Act of valor,
che risale addirittura di qualche posizione, incassando 2 milioni
di dollari questa settimana per un totale di 66. In sesta
posizione scende Project X, alla quarta settimana
in sala e in classifica, sembra non avere più appeal questo college
party, visto che la pellicola incassa solo un milione di dollari
raggiungendo i 58 milioni. In settima posizione resta stabile
il film con Eddie Murphy A thousand words che
incassa questa settimana poco meno di due milioni di dollari,
portandosi ad un totale di quasi 15. All’ottavo posto appare
October baby, una storia anti-aborto,ì su di una
ragazza che scopre di essere stata adottata dopo un’interruzione di
gravidanza fallita. Il film incassa 1.7 milioni di
dollari. Safe house resiste ancora nella
classifica dei dieci film più visti questa settimana negli Stati
Uniti, è alla settima settimana, un incasso di 123 milioni di
dollari per il film indipendente diretto da Daniel
Espinosa. Chiude la classifica Journey 2: mysterious
Island, che incassa poco più di un milione di dollari
raggiungendo un totale di 92 milioni di dollari.
La prossima settimana si attendono
le uscite di Wrath of the titans, il seguito di
Scontro di titani, un classico dei film in
costume, uscito alcuni anni fa e Mirror, mirror, l’adattamento,
sicuramente visionario di Tarsem Singh della favola di Biancaneve,
per il quale c’è grande attesa, soprattutto per vedere come Julia
Roberts interpreterà la strega cattiva.
Attraverso il suo profilo via
Twitter, ha informato i suoi fan di essere sceso sul fondale marino
più profondo al mondo, la Fossa delle Marianne. Si tratta di
una profondità di due chilometri superiore all’altezza del monte
Everest.
Continua il casting del
Fantascientifico Oblivion,
che sarà interpretato fra gli altri da Tom Cruise
e diretto da Joseph Kosinski. Oggi si aggiunge
alla rosa degli attori già confermati Melissa Leo,
apprezzata nel ruolo di madre-manager in The Fighter. Fra gli altri
nel film ci sono già Andrea Riseborough, Olga
Kurylenko e Morgan Freeman. Ricordiamo che la storia
vede un uomo, addetto alla manutenzione su una Terra contaminata,
alle prese con un capovolgimento delle sue convinzioni, dopo
l’incontro con una donna misteriosamente precipitata sulla
superficie.