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“Perché la Rai non ha ancora trasmesso il Caimano?”

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“Perché la Rai non ha ancora trasmesso il Caimano?”

 

Nanni Moretti chiede alla Rai di spiegare perché ha acquistato il suo «Il Caimano» ma non lo ha ancora trasmesso.


Il regista ha posto la domanda nella puntata di ieri sera di «In onda», il talk di approfondimento di La7, condotto da Luisella Costamagna e Luca Telese.

«Ho tanti difetti e non piace per niente fare la vittima -ha detto Moretti nel corso della registrazione della puntata- infatti sono tre anni che non dico nulla. Il film è costato tantissimo, 8 milioni e mezzo di euro, il 25% in più del previsto. Io co-produco solo con la Rai, ma questa è stata l’unica volta che ho preferito produrlo da solo. Dopo che il film è uscito è stato acquistato dalla Rai per un milione mezzo di euro per cinque passaggi in altrettanti anni».

«Sono già passati tre anni e un mese e ancora non è stato mai trasmesso. I miei genitori mi hanno insegnato ad assumermi la responsabilità di quello che dico e di quello che faccio delle mie scelte o delle mie non scelte. Per ora non è stato messo in onda. Qualcuno mi spieghi perchè», conclude Moretti. Nella puntata di «In onda» è stata trasmessa la scena finale di «Il caimano».

Uomini senza legge: recensione del film

Uomini senza legge: recensione del film

Dal prossimo 11 maggio uscirà nei cinema italiani l’ultimo film scritto e diretto da Rachid Bouchareb, Uomini senza legge – Hors la loi. Prodotto dalla Eagles Pictures, Uomini senza legge – Hors la loi è un film epico ed emozionante che racconta la lunga epopea della guerra di indipendenza algerina. Un film drammatico, violento ma anche dalla grande intensità emotiva che si è giustamente meritato una nomination agli ultimi Academy Awords 2011 come miglior film straniero. Uomini senza legge – Hors la loi narra le storie incrociate di tre fratelli i quali, ancora fanciulli, assistono inermi all’esproprio della terra a cui la famiglia era legata da generazioni, la terra ora  destinata a qualche nuovo colono francese.

Quando nel maggio del 1945, circa vent’anni dopo, per le vie di Setif sfilano pacifici dimostranti algerini per festeggiare la fine della guerra e reclamare maggiore indipendenza, i tre fratelli salveranno miracolosamente la vita dalla sanguinosissima repressione della polizia francese che provocherà migliaia di morti. Tra le vie cosparse di cadaveri sfileranno le colonne di prigionieri tra cui Abdelkader (Sami Bouajila) il secondo dei tre fratelli. Destinato ad anni di prigionia in un carcere parigino, il giovane idealista, avrà modo di entrare in contatto con alcuni leader del movimento indipendentista clandestino. Messaoud (Roschdy Zem), il maggiore, deciderà di   arruolarsi nell’esercito francese che prontamente lo invierà in Indocina a combattere l’insurrezione dei viet-cong. Said (Jamel Debbouze) rimarrà al fianco della madre (Chafia Boudraa) sconvolta e distrutta per la morte del marito e delle due figlie femmine trucidati nel massacro.

Uomini senza legge – Hors la loi, il film

Le vite e le strade dei tre fratelli sembrano irrimediabilmente divise ma sarà proprio Said a forzare il corso degli eventi affinché la famiglia possa riunirsi. Decide infatti di trasferirsi, insieme alla madre, direttamente a Parigi dove il fratello Abdelkader è stato incarcerato. Sistematisi in una baracca fatiscente e squallida della banlieue ai margini della capitale, Said rifiuta di unirsi agli altri emigranti come operaio in fabbrica e decide di seguire percorsi più brevi quanto meno onesti per guadagnarsi da vivere. Place Pigalle diventerà il teatro delle sue attività poco onorevoli, come il protettore di prostitute, e la madre presto capirà le sorgenti poco pulite del loro sostentamento. Dopo pochi anni la donna avrà però la soddisfazione di riavere accanto anche gli altri due figli, Messaoud tornato dalla guerra con un occhio in meno ed Abdelkader ormai completamente inserito nell’apparato clandestino del FLN, la frangia indipendentista a favore della lotta armata.

Il compito di Abdelkader è ora quello di creare cellule di collegamento operative nella capitale francese e le fabbriche dove lavorano migliaia di algerini sono ovviamente il luogo di reclutamento ideale. In questo difficile quando estenuante lavoro Abdelkader potrà contare sull’aiuto di Messaoud mentre Said non intenderà unirsi a loro preferendo dedicarsi ai suoi affari. Affari che però si legheranno immancabilmente alla causa quando il FLN contribuirà a fare di Said socio di un Cabaret a Pigalle cui metà dei proventi finirà nelle casse del Fronte. Con la metà degli anni cinquanta la guerra di indipendenza entra sempre più nel vivo, i vari movimenti clandestini rivoluzionari si scontrano più che collaborare e anche a Parigi la lotta per il predominio del territorio è senza sosta. Il FLN prende piede con sempre maggiore decisione ed Abdelkader ne diventa uno dei leader più affermati e importanti. Idealista e irreprensibilmente votato alla causa, Abdelkader abbandona gradualmente la sua umanità in nome del partito diventando una macchina incapace di provare sentimenti di pietà o commiserazione.

Il fratello Messaoud invece, suo fedele braccio destro, è costretto suo malgrado a sporcarsi le mani di sangue, sangue spesso innocente e spesso di compatrioti accusati di tradimento. La coscienza di Messoud vacilla, cede a forti momenti di sconforto e non sempre accetta o comprende la durezza e l’irremovibilità del fratello. La storia quindi prosegue in questo scenario di guerra, violenza, sentimenti contrastanti ed un legame forte, fortissimo che non abbandonerà mai i tre fratelli che proprio nell’epilogo finale ritroveranno anche il riavvicinamento di Said. Il loro amore, la loro unione di sangue sopra ogni cosa, più resistente di qualsiasi lotta o ideologia.

Con Uomini senza legge – Hors la loi Rachid Bouchareb riceve per la terza volta una nomination agli Oscar dopo le candidature del 2006 con “ Days of glory” e del 1995 con “Poussieres de vie”. Il film che, come afferma lo stesso regista, è una sorta di passo successivo del precedente “Days of Glory” ribadisce questa sorta di continuità richiamando nel cast molti attori già protagonisti di quel film tra cui, ovviamente, i tre interpreti principali. Uomini senza legge – Hors la loi è un film che lo stesso Bouchareb definisce epico, un appassionante romanzo storico che attraversa i capitoli più importanti e drammatici dell’epopea indipendentista algerina tramite le vite di tre fratelli, tanto uniti quanto diversi tra loro.

Uomini senza legge – Hors la loi, di cui Bouchareb è anche sceneggiatore insieme a Olivier Lorelle e Yannik Kergoat, da modo di conoscere pagine della storia contemporanea ancora oscure ai più e spesso appositamente celate dalla storiografia ufficiale europea. Far conoscere questi aspetti del colonialismo francese è sicuramente uno degli obbiettivi che il film si presuppone soprattutto, come afferma lo stesso regista, rivolgendosi alle generazioni più giovani spesso ignare di determinati eventi.

Ma se Uomini senza legge – Hors la loi è indubbiamente una storia raccontata dalla parte algerina è altresì doveroso ammettere come nel contesto storico descritto non si risparmino le sequenze dove si evidenzia la ferocia oltre che la fanatica irreprensibilità dei rivoluzionari del FLN. Eccellente la fotografia ed il montaggio, assolutamente da sottolineare la bravura dei tre interpreti protagonisti su cui spicca a mio avviso Roschdy Zem eccezionale nella parte di Messaoud, il combattente diviso tra il suo attaccamento alla causa e la sua coscienza di uomo onesto.

Uomini senza legge – Hors la loi di Bouchareb è intenso quanto avvincente, una sceneggiatura mai stucchevole e solo raramente retorica. Ammirevoli le ricostruzioni scenografiche e le sequenze a campo largo con un massiccio utilizzo di comparse. Particolare riferimento va alla scena relativa alle manifestazioni di Setif con successivo massacro che per monumentalità ed effetto visivo riporta quasi involontariamente alla memoria alcune sequenze della “Battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo da cui molto probabilmente Bouchereb avrà preso spunto. E’ rassicurante constatare come ancora oggi esistano registi capaci di affrontare con risultati tanto ammirevoli, progetti cinematografici così impegnativi. Film storici dalla fedele ricostruzione narrativa immuni da tentazioni di demagogia o retorica patriottarda e liberi da obblighi spettacolaristici ma comunque in grado di commuovere, far riflettere e far conoscere.

Senza arte né parte: recensione del film

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Senza arte né parte: recensione del film

Nel film Senza arte né parte il Pastificio salentino Tammaro chiude la propria fabbrica e a farne le spese sono i dipendenti. La storia segue quindi tre di questi, Enzo, Carmine e Bandula, rimasti senza lavoro, che cercano di reinventarsi dopo il crollo improvviso delle loro vite. Aurora, moglie di Enzo, viene però assunta dallo stesso Tammaro, che volendo entrare nel mercato delle opere d’arte, ha bisogno di un’interprete. Grazie ad Aurora, i tre diventeranno custodi (sottopagati) del deposito di pezzi d’arte del vecchio datore di lavoro. Senza Arte né Parte comincia da questo semplice, e potenzialmente vincente, presupposto: gli umili, operai e magazzinieri, messi a confronto con le grandi opere d’arte contemporanea, gioia e desiderio di ogni collezionista.

Il mondo umile e laborioso, artigianale, entra in contatto con ciò che di più futile ed alto conosce la nostra cultura: l’uovo di Manzoni, la famosa ‘merda d’artista’ dello stesso, il Baco da Setola di Pascali e i ‘tagli’ di Fontana. Ma cosa succede quando nelle loro mani maldestre l’uovo si rompe? I tre scopriranno così per caso l’incredibile proprietà dell’arte contemporanea: la riproducibilità. Da qui il passo è breve ed Enzo, Carmine e Bandula diventeranno una banda di falsari, ingenui ed ‘onesti’, come Totò e Peppino, senza però il loro mordente spirito farsesco.

Senza arte né parte, il film

Nel caso di Senza arte né parte di Giovanni Albanese, mai titolo fu più appropriato, perché senza arte né parte è i film stesso, la sceneggiatura e ahiloro lo diventano anche i bravi attori appiattiti dalla noia del racconto. La ricerca ostentata e forzata verso la risata contrae il racconto che non sembra mai scorrere con leggerezza, e il risultato è un film che viene percepito molto più lungo dei suoi onesti 90 minuti. Nota di colore è il gallerista senza scrupoli interpretato con il giusto tocco viscido da Ninni Bruschetta, a lui sono affidate le parole che pongono fine alle peripezie di questi falsari per caso, e lui si fa portavoce di un problema, quello della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, che nell’era di internet, della pirateria e del digitale è più che mai attuale e scottante, e per l’arte contemporanea soprattutto diventa nevralgico.

Il problema però viene lasciato lì, a mezz’aria, senza la forza di farlo diventare il vero centro della narrazione, senza il coraggio per una volta (che fosse una) di far finire ‘in tragedia’ un film italiano.

Uscite al cinema del 6 maggio 2011

Uscite al cinema del 6 maggio 2011

Fast & furious 5 – Dopo aver attaccato un bus di detenuti per permettere a Dominic Toretto di sfuggire alla prigione, Mia Toretto e l’ex agente Brian O’Conner scappano in Brasile. Qui, durante una spettacolare rapina a un treno, ritrovano Dominic e scoprono che il mandante del furto è un ricco affarista corrotto di Rio De Janeiro, Hernan Reyes, interessato a recuperare un chip nascosto nell’autoradio di una macchina rubata contenente tutte le tracce dei suoi traffici illeciti da centinaia di milioni di dollari. Dom e Brian decidono così di utilizzare le informazioni del chip per fare un ultimo colpo e derubare tutte le finanze di Reyes. Ma per farlo hanno bisogno di formare una nuova squadra.

Dopo gli inizi a tutto gas, nel suo lungo e costante tragitto, la saga di Fast and Furious sembrava destinata a sbandare. Invece, due anni fa, complice la volontà di tornare a “sporcarsi le mani” (anche come produttore) da parte di Vin Diesel, la saga ha ritrovato i suoi pezzi originali e ha saputo tornare in pista, recuperando anche il controllo di una narrazione seriale finita in testacoda.

Machete – Machete è un agente federale che si pensa sia morto in uno scontro con la banda del pericolosissimo boss Torrez. Ma non è così. Machete ha cercato rifugio in Texas dove viene coinvolto nell’attentato a un senatore xenofobo. Scoprirà di essersi infilato in un machiavellico complotto che vede lui come capro espiatorio. Ha contro il capo dei vigilantes Von, il perfido uomo di affari Booth e, ancora una volta, Torrez. Al suo fianco c’è solo Sartana Rivera, giovane e seducente ufficiale della squadra anti-immigrazione che ha compreso che non tutto è come sembra.

A partire dalla sequenza iniziale sino ad arrivare all’ultima inquadratura di un film in cui non ci sono ruoli cameo ma attori che si mettono in gioco come De Niro, Steven Seagal, Don Johnson facendo ironia su se stessi divertendosi (lo si percepisce) enormemente e divertendo il pubblico. Il pupillo di Quentin Tarantino – noto ai più per aver diretto Sin City – Robert Rodriguez firma il suo sedicesimo film. Un regista che fa sentire al pubblico tutta la sua voglia di fare cinema, senza secondi fini o sofisticate pretese.

Come l’acqua per gli elefanti – Nell’America della Grande Depressione, Jacob Jankowski è a un esame dalla laurea e da una notte d’amore con la più bella ragazza del corso di medicina veterinaria. Un tragico incidente, in cui muoiono i genitori, sconvolge la sua vita e i suoi piani di studente, conducendolo su un binario alternativo e imprevisto. Lasciata la propria casa per coprire i debiti accumulati dal padre e abbandonata l’università, Jacob sale su un treno in corsa e spera nella buona sorte che avrà il volto dolce di Marlena, stella equestre del Benzini Bros Circus e moglie dell’instabile August, impresario e domatore crudele di artisti e animali. Rivelate presto le sue evidenti doti di veterinario, Jacob viene accolto con entusiasmo da August e promosso al ruolo di addestratore dell’elefantessa Rosie, ingombrante ‘primadonna’ col vizio del whisky. Innamoratosi perdutamente della bionda Marlena, il ragazzo dovrà vedersela coi reiterati soprusi di August e trovare come un funambolo un nuovo equilibrio nell’universo circense.

Nell’America ‘depressa’ di fine anni ‘20 si svolge il melodramma circense di Francis Lawrence, ispirato dalle pagine di Sara Gruen (“Acqua per gli elefanti”) e idealmente prossimo al Trapezio e al ménage à trois di Carol Reed. Accantonati re biblici e leggende moderne (come Costantine o Io sono Leggenda), il regista americano rispolvera leoni, elefanti e bionde acrobate, sceneggiando il Circus di Britney Spears, diretta tre anni prima nell’omonima clip musicale. D’altronde ha diretto anche altre clip musicali di altri artisti pop: Justin Timberlake, Janet Jackson, Will Smith (per il film Men in Black II), Aerosmith.

Senza arte né parte – Siamo in Salento. Il Premiato Pastificio Tammaro decide di modernizzarsi. La vecchia fabbrica viene chiusa e se ne apre una nuova, completamente meccanizzata. Tutta la squadra di operai addetti allo stoccaggio manuale, tra cui Enzo, Carmine e Bandula, si ritrovano disoccupati. Enzo è sposato con Aurora che lavora saltuariamente come traduttrice, e hanno due figli piccoli. Carmine vive con la vecchia madre e con Marcellino, il fratello minore e scapestrato. Bandula è un’immigrato indiano, ormai al verde e senza più un posto dove dormire.

La situazione è drammatica. In quei giorni, la moglie di Tammaro eredita una bizzarra collezione d’arte contemporanea, che viene sistemata proprio nel vecchio pastificio. Tammaro offre a Enzo un lavoro provvisorio in nero: guardiano del magazzino dove è custodita la collezione d’arte. Enzo e i suoi amici, scoprono sbalorditi l’arte contemporanea, e soprattutto, che quegli oggetti all’apparenza strani e privi di senso, valgono così tanti euro. Ed ecco che si inventano inventori di improbabili opere di arte moderna…

Secondo film per Giovanni Albanese, dopo A.A.A.ACHILLE uscito ben dieci anni fa. Una commedia gradevole e divertente, che sdrammatizza sulla crisi economica e sui licenziamenti, e che al contempo esalta la proverbiale “arte di arrangiarsi” tipica dei meridionali. Nel cast spicca la presenza di Vincenzo Salemme nei panni di Enzo, e quella di Donatella Finocchiaro in quelli della moglie ereditiera Aurora.

Hai paura del buio – Eva è una ragazza di poco più di vent’anni che lavora in una fabbrica a Bucarest. Nel suo ultimo giorno dopo che non le è stato rinnovato il contratto, decide di mettere in vendita tutto quello che possiede e di comprare un biglietto per l’Italia. Raggiunge la stazione di Melfi e trascorre la notte vagabondando senza meta finché trova un’auto aperta dove ripararsi dal freddo. La macchina appartiene ad Anna, giovane operaia presso la fabbrica della FIAT, che decide di accoglierla nella casa in cui vive assieme ai genitori e alla nonna malata.

Nel suo percorso come autore televisivo, Massimo Coppola si è mosso in una direzione opposta rispetto ai flussi e alle formule dei format popolari. Attraverso monologhi brand new, anti-reality di finzione e documentari sui ventenni ai margini di servizi e talk show, Coppola ha sempre cercato di mostrare, all’interno di un canale giovanile e “giovanilista” come Mtv, un’alternativa al pensiero comune e alla visione a senso unico sulle nuove generazioni. Dallo sguardo maturato coi ritratti giovanili di “Avere Ventanni” e da quel bisogno di porre una frattura fra rappresentazione e identità dei giovani d’oggi, sembra nascere anche il suo ingresso nel cinema di (cosiddetta) finzione.

Dopo i due documentari Politica zero – nato sempre dall’esperienza maturata da Massimo Coppola e dai suoi fidati amici e collaboratori, Giovanni Giommi e Alberto Piccinini, con il programma “Avere Ventanni” in onda su Mtv – e Bianciardi! del 2007, Coppola arriva dunque al suo primo e autentico lungometraggio non-documentario. Capace di stesso a parlare dei giovani e dei loro problemi.

Tatanka – Dopo ”Gomorra” e’ la volta di ”Tatanka Scatenato”. Un racconto di Roberto Saviano estratto dal libro “La bellezza e l’inferno” (ed. Mondadori), portato sul grande schermo questa volta da Giuseppe Gagliardi, alla sua opera seconda dopo ”La vera leggenda di Tony Vilar” con la produzione di Margherita Film e Minerva.

La sceneggiatura, firmata dal regista insieme a Maurizio Braucci, Massimo Gaudioso, Salvatore Sansone e Stefano Sardo ha ottenuto 1.400.000 euro di contributo da parte del Ministero dei Beni Culturali, che ha riconosciuto di interesse culturale il progetto. Questo racconto di Saviano e’ incentrato sui pugili di Marcianise e sul loro rappresentante principe, il vicecampione olimpico Clemente Russo, che sara’ anche protagonista del film. Le riprese si sono svolte tra l’Italia e Berlino.

Un film sull’esaltazione dello sport come mezzo per evadere dai contesti sociali difficili in cui si vive. E magari, uno dei “salvati”, sfiora anche l’oro alle Olimpiadi.

Il primo incarico – Puglia, anni ’50. Nena è una giovane maestra, innamorata di un ragazzo dell’alta borghesia, messa sotto pressione dalle preoccupazioni della madre. Quando arriva la lettera di assunzione in una piccola scuola nel sud salentino, fa le valigie e parte a malincuore, curiosa della sua nuova esperienza ma triste per la lontananza dal suo amore. Dopo le prime difficoltà di integrazione nella piccola comunità agreste, riesce a trovare un equilibrio che verrà nuovamente messo in discussione dalla notizia dell’innamoramento del fidanzato per un’altra donna. Scegliere come protagonista di un film una professoressa degli anni Cinquanta, vuol dire prediligere il punto di vista femminile a quello maschile. Gli uomini, nel film, non fanno bella figura: sono rozzi e insensibili o vittime inconsapevoli di un sistema classista, irrigidito sul lusso di privilegi atavici. Le donne sanno far da mangiare e si occupano della casa.

Isabella Ragonese, senza trucco e senza vezzi, dimostra ancora una volta di essere un’ottima interprete versatile. Il tocco elegante della regista Giorgia Cecere, al suo primo film, rende apprezzabile una storia piccola che, per essere raccontata, ha bisogno di un narratore che sappia osservare. Un film sulle difficoltà che incontrava, e in fondo incontra ancora, una donna che vuole emanciparsi nel Sud Italia.

La misura del confine – In cima al Monte Rosa, sotto nubi prepotenti, è stata ritrovata una mummia ma nessuno ha ancora stabilito se il luogo della scoperta sia terra italiana o svizzera. Così due squadre di esperti partono alla ricerca del soggetto ma il maltempo smarrisce nelle nebbie la spedizione svizzera e spinge quella italiana a ripararsi in un rifugio accogliente. Dopo aver dichiarato che il corpo è “italiano”, i due gruppi si uniscono a festeggiare insieme e, chiacchierando di amori del passato e affetti del presente, si accorgono di avere a che fare con un misterioso delitto.
La montagna, silenziosa e ruvida, accoglie una storia intrigante che comincia come una sorta di documentaristica cronaca di una spedizione scientifica per trasformarsi poi in un raffinato giallo investigativo.

Secondo film per Andrea Papini, dopo La velocità della luce del 2008, un Noir esistenziale che indaga sulle ombre e sullo smarrimento dell’animo umano. Anche La misura del confine ha un nonsoché di misterioso ma al contempo razionale, che a molti farà venire in mente serie tv americane alla Csi Miami.

Il primo incarico: recensione del film con Isabella Ragonese

Il primo incarico: recensione del film con Isabella Ragonese

Al suo esordio dietro la macchina da presa Giorgia Cecere, già assistente alla regia di Gianni Amelio (Porte aperte, Il ladro di bambini) e sceneggiatrice per Edoardo Winspeare (Sangue vivo, Il miracolo) ha scelto di raccontare ciò che conosce meglio: la sua terra d’origine e una storia d’ispirazione familiare. Il primo incarico, infatti, è ambientato in Puglia negli anni ’50: una Puglia cittadina, ma anche e soprattutto rurale, aspetto dominante della regione almeno fino a qualche decennio fa, e ancora vivo soprattutto in certe zone.

Al centro della vicenda, una giovane maestra di modeste origini, Nena/Isabella Ragonese, che dalla cittadina del sud in cui vive, deve trasferirsi nella campagna pugliese per il suo primo incarico. Si trova così di fronte a una realtà per lei nuova: una vita semplice, una casa spoglia, una scuola con una sola aula – una stanza col soffitto crepato – e dei contadini ospitali, ma taciturni e fieri. Una vita in mezzo alla natura, con tutti i pro e i contro che questo comporta. In più, il nuovo incarico affidatole la porta a separarsi dal suo amato: un giovane di famiglia altolocata, con il quale stava costruendo il suo sogno d’amore. Il primo incarico è il racconto di una crescita, di molteplici mutamenti, che Nena attraversa, ritrovandosi, alla fine, una persona nuova.

Il primo incarico, il film

Il suo amore “da favola” non reggerà la lontananza, rivelandosi inconsistente. Mentre nella sua nuova vita troverà posto una relazione molto meno “perfetta” ma più reale. È un percorso di crescita e un viaggio interiore – un western dei sentimenti l’ha definito la stessa regista – alla ricerca di ciò che veramente si vuole. Questo è ciò che fa Nena, prima costretta dagli eventi, poi scegliendo consapevolmente per il suo futuro. All’inizio, il trasferimento, il matrimonio con un uomo che non vuole, la conseguente vita nel ruolo di moglie e casalinga, che non sente suo, sono vissute da lei come costrizioni, come una specie di incubo in cui s’è ritrovata senza volerlo e che le fa letteralmente “sbattere la testa al muro”. Le nuove condizioni e il nuovo ambiente le permettono però, col tempo, di capire meglio sé stessa e di comprendere  che lì c’è proprio ciò che vuole e di cui ha bisogno. Alla fine sarà lei a scegliere di tornarci non perché costretta, ma perché lo vuole.

Dallo scontro tra due mondi apparentemente inconciliabili, si passa, quindi, a una relazione a volte conflittuale, ma viva e non priva di momenti felici: così con i bambini cui Nena insegna, così col marito Giovanni, giovane muratore sposato sull’onda della delusione per l’abbandono del suo precedente amore e per ottemperare alle vigenti convenzioni sociali. Così con tutto quel mondo arcaico e maschilista. Un mondo che lascia però spazi di libertà inaspettati. Emblema ne è la relazione tra i due protagonisti: non un rapporto di subalternità, di costrizione, come forse ci si  sarebbe aspettati, ma davvero libero. Ciascuno infatti fa quello che vuole e il matrimonio resta per lungo tempo un sigillo formale, che ciascuno dei due ha posto non per convinzione, ma per convenienze di tipo diverso. Altrettanto libera e forte la scelta finale della protagonista.

Isabella Ragonese  –  unica attrice professionista – sa ben interpretare l’evoluzione del complesso personaggio di Nena, dalle illusioni dell’adolescenza alla pienezza della vita adulta, passando per un ampio ventaglio di emozioni: dall’ingenuità sognante dell’inizio, allo straniamento, all’autentica disperazione, alla rabbia, alla frustrazione, fino alla lenta scoperta della felicità, che può dare una vita del tutto diversa da quella che aveva immaginato. La rigidità e l’impaccio dell’esordiente Francesco Chiarello a tratti si notano, ma sono adatti a rendere l’atmosfera tesa del rapporto con Nena  e caratterizzano bene il personaggio: il tipico contadino del sud, dal carattere chiuso, rude, fiero. Ben costruiti i dialoghi, asciutti e incisivi.

Nel seguire il viaggio esistenziale di Nena riviviamo – elemento fondamentale del film –  la realtà di quegli anni e di quei luoghi (la pellicola è stata girata in vari comuni del Salento, tra cui Cisternino e Castrignano del Capo). La ricostruzione è assai convincente, accurata nei particolari e riesce davvero a trasportare indietro nel tempo e altrove nello spazio, per farci conoscere uno spaccato di storia italiana del nostro recente passato, o farcelo ricordare se, come chi scrive, condividiamo con la regista le origini e abbiamo visto o sentito raccontare quella realtà, non così lontana.

Quello che regista e sceneggiatori sono riusciti ad ottenere (accanto alla Cecere collaborano alla sceneggiatura Pierpaolo Pirone e Li Xiang-Yang), però, non è, almeno non soltanto, un affresco nostalgico – una nostalgia che potremmo dire pasoliniana per un mondo contadino (quasi) scomparso. Sono vividamente presenti, infatti, anche gli aspetti duri e aspri della vita di campagna, la semplicità si muove accanto alla rudezza, alla fissità quasi granitica di tradizioni e abitudini che paiono invariate da secoli, e asfitticamente invariabili. E lo straniamento iniziale di Nena è simile a quello dello spettatore odierno, posto di fronte a quella realtà, così diversa dall’attuale.

In Il primo incarico Molto bella la fotografia di Gianni Troilo. Grande attenzione è riservata ai colori, alle inquadrature, alla luce, in generale alla cura dell’immagine, in special modo laddove Nena è immersa nella natura. Le inquadrature hanno un gusto “pittorico” – il che dipende certo dalla sensibilità particolare del cinese Li Xiang-Yang, appunto pittore, e qui al suo esordio come sceneggiatore,  che si fonde abilmente con quella della regista.

X-Men – L’inizio: trailer del film in arrivo al cinema

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X-Men – L’inizio: trailer del film in arrivo al cinema

La 20th Century Fox ha diffuso il trailer ufficiale italiano di X-Men – L’inizio, prequel della trilogia cinematografica dedicata ai personaggi della Marvel, gli X-Men (X-Men, X-Men 2, X-Men – Conflitto finale), narra le vicende di Charles Xavier (Professor X), Erik Lehnsherr (Magneto) e del loro primo tentativo di formare una scuola per i ragazzi mutanti.

Tutto quello che sappiamo su X-Men – L’inizio

Nel cast di X-Men – L’inizio protagonisti Michael Fassbender, James McAvoy, Jennifer Lawrence, Rose Byrne, Nicholas Hoult, January Jones, Oliver Platt, Kevin Bacon, Edi Gathegi, Lucas Till, Alex Gonzalez, Morgan Lily, Jason Flemyng, Caleb Landry Jones,  Corey Johnson, Glenn Morshower, Matt Craven, Laurence Belcher, Bill Milner, Zoë Kravitz, Demetri Goritsas, James Remar, Rade Sherbedgia, Ray Wise.

Tratto dall’omonimo fumetto della Marvel, il film racconta della giovinezza di due amici che scoprono di avere poteri speciali, Charles Xavier e Erik Lensherr; del loro lavorare assieme, con altri mutanti, contro la più grande minaccia che il mondo abbia affrontato; del loro allontanarsi causa un dissidio che li vedrà diventare arcirivali con i nomi di Professor X e di Magneto. Il film è ambientato negli anni ’60, all’alba dell’era spaziale, l’epoca di JFK. Un periodo storico all’insegna della Guerra Fredda, in cui l’intero pianeta era minacciato dalle crescenti tensioni fra Stati Uniti e Russia. L’era in cui il mondo scoprì l’esistenza dei mutanti.

La Banda degli Onesti

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La Banda degli Onesti

Metti l’esilarante e affiatata coppia Totò e Peppino, aggiungici una spalla simpatica e buffa come Giacomo Furia, il tutto contestualizzato nell’Italia degli ingenui, onesti e squattrinati, e otterrai La Banda degli onesti. Scritto dalla coppia Age & Scarpelli, questo film datato 1956 è diretto da Camillo Mastrocinque, regista che ha firmato 64 film, tra cui diversi lungometraggi con la coppia Totò-Peppino, o anche uno solo dei due, e Walter Chiari. Lavorando con autentici geni della comicità, Mastrocinque limitava molto il suo intervento sul set, lasciando carta bianca alla spontaneità degli attori protagonisti.

Antonio Buonocore (Totò), portiere di uno stabile di Roma con una moglie tedesca, si trova per caso ad assistere il signor Andrea, un anziano inquilino che, prima di morire, gli rivela di essere in possesso di una valigia con all’interno alcuni cliché originali della banca d’Italia, di cui egli era stato a lungo dipendente, nonché della carta filigranata per stampare le banconote da 10.000 lire, materiale che egli aveva rubato con l’intenzione di vendicarsi del suo licenziamento e fabbricare soldi falsi ma che non aveva mai avuto il coraggio di fare e che consegna a Buonocore chiedendogli di buttare al fiume la valigia distruggendone così il contenuto.

Buonocore però sta attraversando un brutto periodo: persona fondamentalmente onesta, si è rifiutato di diventare complice del ragioniere Casoria, il nuovo amministratore del condominio, che gli aveva proposto di effettuare una serie di operazioni truffaldine ai danni del condominio medesimo, e per tale ragione è sotto minaccia di licenziamento. Egli così decide di non distruggere la valigia ma, ignorante dei metodi per stampare le banconote, chiede l’intervento del tipografo Giuseppe Lo Turco e (Peppino De Filippo), successivamente, del pittore Cardone (Giacomo Furia), tutti e due variamente indebitati come lui, per produrre le banconote da 10.000 lire. Facendo leva sui bisogni economici dei suoi compari, organizza delle furtive ed esilaranti riunioni notturne per dar vita a una banda di falsari. I tre riescono a stampare le banconote, ma le cose si complicano quando Buonocore scopre che suo figlio finanziere, da poco trasferito a Roma, è sulla pista di una partita di banconote false…

Film divertente, piacevole, rilassante, semplice. Un autentico inno all’onestà, all’amicizia, alla sana ingenuità. Può essere guardato svariate volte, offre sempre il piacere di vederlo. Memorabili alcune scene, come quando il portiere Buonocore cerca di convincere il tipografo Lo Turco nel bar con ingarbugliati giri di parole. O quando i tre provetti falsari sono alle prese con la prima banconota da stampare. O ancora, quando Buonocore spaccia per la prima volta una banconota stampata in una tabaccheria.

Anche Joe Mantegna sul Walk of Fame

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Festeggiato durante la breve cerimonia da David Mamet che per l’occasione ha regalato all’attore un “piede di porco” con tanto di dedica, insieme ad amici e colleghi tra cui Andy Garcia e Denniz Franz.

Vin Diesel presenta il suo quinto Fast & Furious

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Belli, muscolosi e sorridenti, così i protagonisti di Fast & Furious 5 si sono presentati questa mattina alla conferenza stampa per presentare ai giornalisti romani il nuovo capitolo della saga più roboante di sempre: mattatore dell’incontro un Vin Diesel su di giri che ha confessato, apparentemente senza riserve, il suo amore per Roma